LA GUERRA CONTRO LA SOCIETA' MODERNA

L’invenzione più importante della Storia
Se la povertà e l’ingiustizia sono i problemi più importanti, allora la società moderna è l’invenzione più significativa della storia dell’umanità. La società nata con la rivoluzione industriale ha migliorato la qualità della vita al punto da triplicarne la durata e ha anche ridotto le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Ha abolito la schiavitù e ha dato il diritto di voto alle donne e ai poveri.
Quindi la società moderna è l’unica sostenibile sul piano sociale. Ma, dopo la fase di crescita che porta dalla povertà al benessere, essa è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale. Lo dimostrano i paesi più sviluppati che sono oggi da ogni punto di vista molto più sostenibili di mezzo secolo fa, e sostenibili col tempo lo diventano sempre di più (vedi l’articolo “Politica e ambiente”).
Ma la società moderna è stata accompagnata anche da profondi da rivolgimenti sociali, da un maggiore impatto delle attività antropiche sull’ambiente e da molti cambiamenti ai quali è stato necessario adeguarsi. I vecchi mestieri sono stati sostituiti da attività produttive molto più efficienti basate su un processo di innovazione continua. La nobiltà è stata rimpiazzata dalla nuova borghesia economica, mentre il popolo ha assunto il doppio ruolo di produttore e consumatore e quindi anche un determinante ruolo politico attraverso le forme della democrazia rappresentativa (vedi l’articolo “Breve storia della democrazia”).


La guerra contro la società moderna
Per tutti questi motivi la società moderna ha suscitato fin dall’inizio anche una forte opposizione. La condanna è venuta prima di tutto dalle elite dominanti che, pur avendo perso la loro supremazia, non erano affatto scomparse. Anzi, per lo più esse avevano mantenuto molti dei loro privilegi, per esempio le loro proprietà fondiarie. Ma l’opposizione è venuta anche da strati sociali molto più estesi, che temevano i cambiamenti, non li capivano o facevano fatica ad adattarvisi.
Gli intellettuali legati all’aristocrazia dipingevano un quadro negativo della società che si stava industrializzando. Al fumo e al rumore delle fabbriche essi contrapponevano i valori tradizionali, che sembravano calpestati anche dalla brama di arricchirsi e di sovvertire l’ordine sociale.
Secondo Deirdre Nansen McCloskey (La Grande Ricchezza - pag. 77), ”Charles Dickens, contrariamente a quanto si pensa, non sapeva quasi niente della rivoluzione industriale che stava avvenendo molto più a nord della Londra dei suoi romanzi e non può essere considerato un esperto di economia. Conosceva la povertà tradizionale, quella non industrializzata di Londra. Scrisse il suo solo romanzo sul nord industriale, Tempi Difficili, dopo una breve e sporadica visita in quelle zone, senza capire a fondo i processi produttivi”.
E più avanti: “Ci sono lettori devoti del Manifesto del partito comunista scritto nel 1848 da Karl Marx (vissuto a lungo in Inghilterra) e Friedrich Engels, ma per quanto sia un testo brillante e pieno di passione, dal punto di vista storico ed economico non va oltre la fiction”.
Anche il famoso romanzo I Miserabili di Victor Hugo ha contribuito alla formazione di molti socialisti, perché dà un’immagine negativa della società francese dell’800, senza però accorgersi che le condizioni di vita della gente comune stavano a poco a poco migliorando proprio grazie alla nascente economia industriale.
Queste correnti intellettuali ostili alla modernità o che non l’hanno capita, da allora non sono mai venute meno, come dimostrano le decine di libri che si possono trovare oggi nelle librerie, che mettono sotto accusa o condannano la società moderna. Libri che sottolineano gli aspetti negativi, ma che non parlano dell’enorme arretramento della povertà su scala mondiale degli ultimi 50 / 60 anni, né delle tantissime nuove opportunità, per l’economia e per l’ambiente, dell’innovazione tecnologica.
Dal marxismo e dai movimenti socialisti nati dalla Rivoluzione francese hanno avuto origine i regimi di tipo sovietico, che considerano il “capitalismo”, cioè l’arricchimento borghese conseguente alla rivoluzione industriale, il loro nemico. In realtà l’accumulo di capitale c’era anche prima. Però nell’epoca moderna per lo più il capitale viene reinvestito in nuove attività produttive che fanno crescere l’economia a beneficio di tutti, invece di essere tesaurizzato oppure speso per costruire chiese e palazzi.
I regimi di tipo sovietico hanno dichiarato guerra a ciascuno dei tre elementi che caratterizzano la società moderna, che sono la rivoluzione scientifica e tecnologica, l’economia di mercato e mercato e la libertà. Nell’Unione sovietica la libertà e il mercato erano stati aboliti, mentre la scienza e la tecnologia erano stati messi al servizio del solo appartato militare.
Ma neppure l’economia di mercato è un prodotto dell’epoca moderna, perché il commercio è presente in tutte le civiltà. Mentre il baratto, cioè lo scambio di beni tra tribù diverse, risale addirittura alla lontana preistoria (vedi l’articolo “Lo scambio ci rende unici”).
Ma alla fin fine cos’è il mercato? Se io trovo lo stesso paio di scarpe in due posti diversi, uno a 50 Euro e l’altro a 100 Euro e lo compro dove costa meno, è una speculazione? L’economia di mercato è tutta qui. Quando compio questa scelta inevitabilmente premio qualcuno e danneggio qualcun altro. Ma comprando al prezzo inferiore faccio il mio interesse e quello dell’economia nel suo insieme, perché premio la catena di produzione e di commercio più efficiente.
Dobbiamo risarcire chi vende lo stesso paio di scarpe a 100 Euro perché viene danneggiato? No, perché se lo facessimo creeremmo una situazione molto più insostenibile sia dal punto di vista economico che sociale. E se qualcuno per questo dovesse perdere il lavoro, bisogna aiutarlo a trovarne un altro, ma sempre all’interno della logica del mercato.
Anche la Chiesa in alcuni momenti della sua storia ha condannato il modernismo, anche se nel suo DNA ci sono il razionalismo e l’umanesimo universale, che sono il fondamento della società moderna (vedi l’articolo “Dieci”). Così come lo hanno condannato gli stati islamici fondamentalisti, anche se la formula magica del benessere (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà) ha dimostrato di funzionare sempre, qualunque siano le credenze religiose.
Anche i regimi dittatoriali come il fascismo e il nazismo, che si sono ispirati ai modelli di potere del passato come l’impero romano, hanno combattuto la società moderna. Essi non hanno capito che l’interesse di un paese è una sana crescita economica, non le guerre di conquista.
L’ultimo nemico della società moderna è Putin. Anche lui non ha capito che l’interesse di un paese non è la conquista di un territorio ricco di risorse minerarie, ma una sana crescita economica, perché questa è l’unica strada per migliorare le condizioni di vita della gente. In realtà le ricchezze minerarie hanno sempre scatenato le dittature predatorie, per cui c’è il paradosso che proprio i paesi più ricchi di risorse naturali sono spesso quelli più poveri.


La folle politica energetica di questi anni
Ma la società moderna ha molti nemici anche nei paesi più sviluppati, che sono quelli che l’hanno inventata e che sono usciti prima dalla povertà. Dopo che l’economia moderna era cresciuta al punto da soddisfare i bisogni fondamentali, l’opinione pubblica ha cominciato a preoccuparsi dei danni inferti all’ambiente durante la precedente fase di crescita. E i sentimenti pro ambiente della gente sono stati strumentalizzati da movimenti ambientalisti che li hanno usati come un’arma per combattere l’economia e la società moderna. E le loro idee hanno influenzato la politica delle istituzioni internazionali e di molti governi.
Allo scopo di fare il massimo danno all’economia essi hanno preso di mira il settore dell’energia, che è strategico. Con dei pretesti ambientali hanno messo sotto accusa, ostacolato o bloccato “tutte” le fonti di energia affidabili, che hanno preteso di sostituire con le inefficaci e costosissime energie alternative, imposte attraverso aiuti di stato e pesanti forzature del mercato (vedi l’articolo “Governare attraverso le distorsioni del mercato”).
Nel 2008 l’Italia doveva importare l’85% dell’energia di cui aveva bisogno perché da molti anni aveva chiuso i suoi impianti per l’estrazione del gas. Già in tempi normali la nostra bolletta energetica era pari al 3 / 4 % del P.I.L., un fiume di denaro che ogni anno se ne andava all’estero e impoveriva tutto il sistema paese. Ma in pochi mesi i prezzi si impennarono e il costo delle importazioni di energia arrivò a superare il 10% del Prodotto Interno Lordo.
E’ stata questa la causa della crisi economica che dura da allora, perché nessun paese può resistere ad un impoverimento di questa portata protratto per molti anni. Poi negli anni successivi, a causa dei prezzi alti, gli impianti di estrazione erano stati a poco a poco riattivati e la nostra dipendenza dalle importazioni era scesa a circa il 60%. Ma qualche anno fa essi sono stati di nuovo smantellati, e senza che nessuno abbia cercato di impedirlo. E con cosa abbiamo sostituito questa mancata produzione? Con il gas importato dalla Russia!
Inoltre a suo tempo in Italia era stata impedita la costruzione di diversi rigassificatori, che ci permetterebbero di andare a comprare il gas con le navi gasiere dove non arrivano i metanodotti. Gas che per lo più viene bruciato appena sale in superficie mentre si estrae il petrolio, e che noi adesso potremmo usare per diminuire l’estrazione del gas naturale in qualche altra parte del mondo.
Però anche l’Europa ha fatto la sua parte. Ha imposto ai paesi membri di produrre prima il 20% e poi il 30% dell’energia da fonti rinnovabili, nonostante che i costi siano altissimi e che eolico e fotovoltaico non siano in grado di sostituire le normali centrali elettriche e diminuire le emissioni di anidride carbonica. La Germania ha chiuso le sue 19 centrali nucleari, che ha preteso di sostituire con delle inutili pale eoliche, e adesso sta tornando al carbone!
Oggi, nel momento del bisogno, ci stiamo accorgendo che le energie “alternative” danno un contributo risibile alla produzione elettrica nazionale. E l’opinione pubblica avrebbe il diritto di conoscere sia il valore dell’energia elettrica realmente utilizzabile, sia il costo diretto e indiretto di queste fonti di energia, naturali sì, ma discontinue e inaffidabili. Una stima sommaria, che tiene conto anche dei costi indiretti, arriva a circa 250 miliardi di Euro. Costi imposti all’economia durante la crisi economica, praticamente in cambio di nulla! A questi costi bisogna poi aggiungere quello delle maggiori importazioni di gas naturale, sia prima sia durante l’attuale crisi energetica.
Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Europa ha adottato delle sanzioni economiche contro la Russia. Però, a causa di questa assurda politica energetica, è proprio l’Europa che sta finanziando le operazioni militari di Putin! (Vedi l’articolo di Ugo Arrigo “Liberi da Putin. Cinque soluzioni concrete per non dipendere più dal gas della Russia” pubblicato dal sito LINKIESTA nella pagina dell’economia).
Come può essere interpretata la politica energetica di questi anni, dell’Italia e dell’Europa, se non come una guerra contro la società moderna? Qual è il problema? Le emissioni di anidride carbonica? La Francia produce la sua energia elettrica con il nucleare ad un costo che è il più basso d’Europa e le sue emissioni di gas serra sono solo un quinto di quelle della Germania!
La Francia ha fatto la scelta giusta mentre noi, rinunciando negli anni ’60 al nucleare, abbiamo fatto quella sbagliata (vedi il paragrafo “Come siamo diventati dipendenti dai combustibili fossili” all’interno dell’articolo sull’Energia nucleare).
Il costo in più che da allora abbiamo dovuto pagare per importare energia ci ha impoverito a tal punto da trasformarci in un paese di serie B (enorme debito pubblico, troppe tasse, troppa disoccupazione, redditi sempre più bassi e poche risorse per i grandi progetti, per la ricerca scientifica e per la valorizzazione del nostro patrimonio storico e artistico). E sicuramente quella scelta, così contraria all’interesse nazionale, venne fatta dai politici nostrani in cambio di tangenti. Ma oggi il problema si ripresenta e l’opinione pubblica avrebbe il diritto di sapere se chi ha bloccato per la seconda volta gli impianti per l’estrazione del gas sul suolo nazionale, prendeva dei soldi da un dittatore guerrafondaio.


La disinformazione sui vaccini e la politica anti sviluppo
Ma la guerra contro la società moderna non si è limitata alla politica energetica. Quasi tutte le sue conquiste sono state criminalizzate. La condanna della modernità è arrivata al punto da mettere sotto accusa persino i vaccini.
La medicina moderna ha contribuito moltissimo all’allungamento della vita degli ultimi due secoli. I suoi principali successi vanno da una cura efficace contro la sifilide all’eliminazione del vaiolo, un vero e proprio flagello biblico che solo nel secolo scorso ha fatto 300 milioni di morti. Altre grandi conquiste sono state i vaccini e gli antibiotici, che hanno reso banali molte malattie infettive, comprese quelle che uccidevano quasi la metà dei bambini prima dei 5 anni. Infine i progressi degli ultimi vent’anni nel campo della genetica ci hanno messo a disposizione in tempi brevissimi dei vaccini anti COVID. Purtroppo la campagna di vaccinazione è stata ostacolata dalla disinformazione su questo straordinario strumento di prevenzione!
La società moderna viene combattuta anche nei paesi più poveri del mondo, usando gli “aiuti allo sviluppo” per impedire anziché aiutare la crescita economica, l’unico rimedio conosciuto contro la povertà. Per esempio le agenzie dell’ONU hanno rifiutato di finanziare un progetto come la Grande Inga, che prevede una serie di dighe sugli affluenti del fiume Congo per produrre 60.000 MW elettrici, sufficienti per tutta l’Africa centrale. Ma non si può uscire dalla povertà se si è costretti ad usare come unica fonte di energia la legna da ardere!
Anche qui la colpa è di un ambientalismo irrazionalista e anti umanista, per il quale l’uomo è il male assoluto, da annientare, e non la misura di tutte le cose. Un ambientalismo disinteressato ai problemi e alle soluzioni e che rifiuta i dati della realtà, per esempio quelli presentati nel libro FACTFULNESS di Hans Rosling.
Questo accademico svedese ha preso i dati numerici sullo sviluppo raccolti dall’ONU e li ha trasformati in grafici di facile lettura. Da questi dati risulta che nell’ultimo mezzo secolo tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento: reddito, speranza di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a istruzione, cure mediche, acqua potabile, elettricità ecc. E c’è anche da registrare il crollo dei tassi di natalità, tanto che sono più di 25 anni che in media mondiale il numero di nuovi nati ha smesso di aumentare.
Ma quello che è avvenuto finora è ancora nulla rispetto a quello che ci riserva il prossimo futuro. Con una crescita di poco più del 2% annuo, il volume dell’economia mondiale raddoppierà tre volte nel giro di un secolo, cioè aumenterà di 8 volte. E a crescere di più saranno i paesi poveri. Dopo avere innestato la marcia della crescita, paesi come l’India, il Bangladesh, l’Etiopia o la Nigeria, stanno crescendo a ritmi anche superiori a quelli del boom economico italiano degli anni ’50 e ’60, perché a spingere l’economia ci sono dei bisogni fondamentali insoddisfatti. In un secondo tempo, una volta soddisfatti i bisogni primari, l’economia si trasformerà per produrre meno beni materiali e più servizi. I servizi soddisfano dei bisogni più sofisticati ma meno fondamentali, che spingono l’economia con meno forza. Per questo dopo il boom economico la crescita è destinata a rallentare. Quindi sono proprio i paesi più poveri che nei prossimi decenni cresceranno più in fretta, col risultato di uscire velocemente dalla povertà (vedi l’art. “Lo sviluppo come soluzione dei problemi dell'ambiente”).
In questo momento il 15% della popolazione mondiale vive nei paesi più sviluppati. Poi c’è un altro 75%, i tre quarti della popolazione mondiale, che ha già innestato la marcia della crescita e che sta vivendo il proprio boom o che, come la Cina, lo ha già superato. Il restante 10% vive in paesi che non hanno ancora innestato la marcia della crescita, e guarda caso sono quasi tutte dittature (Corea del Nord, Afganistan, Venezuela, Siria e adesso anche la Russia).
Per questo sarebbe importante dare ad un paese come il Congo la possibilità di innestare la marcia della crescita. E per quanto riguarda la Russia, dopo 70 anni di comunismo ha avuto la disgrazia di incappare in un’altra dittatura. Anche se Putin riuscisse a conquistare un territorio ricco di risorse minerarie, queste non sarebbero sufficienti per rendere prospero un paese di 150 milioni di abitanti, e comunque alla gente non andrebbe nulla!


Dalla serie B alla serie A
Tornando all’Italia, la guerra contro la società moderna è stata un grande successo, visto che in 50 anni ha fatto così tanti danni all’economia e alla società civile da trasformarci in un paese di serie B, e forse l’opinione pubblica adesso se ne sta rendendo conto. E questo è avvenuto proprio nel momento in cui quasi tutto il mondo si è messo a correre per sfuggire alla povertà.
Se vogliamo tornare ad essere un paese di serie A, superare la crisi economica e creare nuovi, veri posti di lavoro, dobbiamo fare l’esatto contrario:
  • Rimettere in funzione gli impianti per l’estrazione del gas sul suolo nazionale, allo scopo di diminuire l’impoverimento del sistema paese causato dalle importazioni di energia e per non finanziare la guerra di Putin;
  • Costruire altri impianti di rigassificazione grazie ai quali potremmo andare a comprare il gas dove non arrivano i metanodotti;
  • Promuovere le auto elettriche perché ci faranno risparmiare moltissima energia (vedi l’articolo sull’auto elettrica);
  • Usare in maniera sistematica l’acqua di raffreddamento delle centrali elettriche per scaldare case e uffici in inverno, per risparmiare altra energia;
  • Bisogna anche ripensare la politica energetica basata sulle “energie alternative”, perché è una follia assoluta;
  • Infine, rimossi gli ostacoli alla crescita, ci sono diverse altre cose che potremmo fare per rilanciare la nostra economia e superare, dopo tanti anni, la crisi economica (vedi l’articolo “Proposte per l'economia”).


Adesso il Governo progetta di razionare il gas per il riscaldamento nel prossimo inverno. E’ la decisione giusta da prendere, per non finanziare la guerra di Putin, per diminuire l’impoverimento del sistema paese e perché gli errori del passato ci possano servire da lezione per il futuro. I problemi dell’ambiente e dello sviluppo sono troppo importanti per lasciarli alla demagogia.