LA GUERRA CONTRO LA SOCIETA' MODERNA

Se la povertà e le ingiustizie sociali sono i problemi più importanti, allora la società moderna è la rivoluzione più significativa nella storia dell’umanità.
La società moderna ha migliorato la qualità della vita al punto da triplicarne la durata e ha anche ridotto le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Ha abolito la schiavitù e ha dato il diritto di voto alle donne e ai poveri.
Quindi è proprio questa la rivoluzione più importante della Storia. Inoltre, contrariamente a quello che molti pensano, la società moderna è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale. Per esempio essa sta raggiungendo la stabilità demografica, che il fattore più importante sia della sostenibilità sociale che ambientale.
Ma questa rivoluzione è stata accompagnata da grandi cambiamenti cui è stato necessario adattarsi. I vecchi mestieri sono stati sostituiti da nuove tecniche produttive basate su un processo di innovazione continua, molto più efficienti nell’uso del lavoro e delle risorse naturali.
La nobiltà è stata rimpiazzata dalla nuova borghesia economica, mentre il popolo ha assunto il doppio ruolo di produttore e di consumatore, e quindi anche un determinante ruolo politico attraverso le forme della democrazia rappresentativa (vedi l’articolo “Breve storia della democrazia”).


La guerra contro la società moderna.
Però fin dall’inizio la società moderna ha suscitato non solo consenso, ma anche una forte opposizione. La condanna è venuta prima di tutto dalle vecchie elite dominanti che, pur avendo perso la loro supremazia, non erano affatto scomparse. Anzi, per lo più esse avevano mantenuto molti dei loro privilegi, per esempio le loro proprietà fondiarie. Ma l’opposizione è venuta anche da strati sociali molto più estesi, che temevano i cambiamenti, non li capivano o facevano fatica ad adattarvisi.
Gli intellettuali, legati alle vecchie forme del potere, dipingevano un quadro negativo della società che si stava industrializzando. Al fumo e al rumore delle fabbriche essi contrapponevano i valori tradizionali, che sembravano calpestati anche dalla brama di arricchirsi e dal desiderio di sovvertire l’ordine sociale.
Secondo Deirdre Nansen McCloskey (La Grande Ricchezza - pag. 77), ”Charles Dickens, contrariamente a quanto si pensa, non sapeva quasi niente della rivoluzione industriale che stava avvenendo molto più a nord della Londra dei suoi romanzi e non può essere considerato un esperto di economia. Conosceva la povertà tradizionale, quella non industrializzata di Londra. Scrisse il suo solo romanzo sul nord industriale, Tempi Difficili, dopo una breve e sporadica visita in quelle zone, senza capire a fondo i processi produttivi”.
E più avanti: “Ci sono lettori devoti del Manifesto del partito comunista scritto nel 1848 da Karl Marx e Friedrich Engels, ma per quanto sia un testo brillante e pieno di passione, dal punto di vista storico ed economico non va oltre la fiction”.
Anche il famoso romanzo I Miserabili di Victor Hugo ha contribuito alla formazione di molti socialisti, perché dà un’immagine negativa della società francese dell’Ottocento, senza però accorgersi che le condizioni di vita della gente comune stavano a poco a poco migliorando proprio grazie alla nascente economia industriale.
Queste correnti intellettuali ostili alla modernità non sono mai venute meno, come dimostrano le decine di libri che si possono trovare ancora oggi nelle librerie, che mettono sotto accusa o condannano la società moderna. Libri che sottolineano gli aspetti negativi, ma che non parlano dell’enorme arretramento della povertà degli ultimi 50 / 60 anni, né delle tantissime nuove opportunità, per l’economia e per l’ambiente, dell’innovazione tecnologica.
Dal marxismo e dai movimenti socialisti nati dalla Rivoluzione francese hanno avuto origine i regimi di tipo sovietico. Questi regimi hanno dichiarato guerra a ciascuno dei tre elementi che stanno alla base della società moderna, che sono la rivoluzione scientifica e tecnologica, l’economia di mercato e la libertà. Nell’Unione sovietica la libertà e il mercato erano stati aboliti, mentre la scienza e la tecnologia erano stati messi al servizio del solo appartato militare.
I marxisti considerano il “capitalismo”, cioè l’arricchimento borghese conseguente alla rivoluzione industriale, il loro nemico. In realtà l’accumulo di capitale c’era anche prima. Però nell’epoca moderna per lo più esso viene reinvestito nelle nuove attività produttive che fanno crescere l’economia, invece di essere tesaurizzato oppure speso per costruire chiese e palazzi.
Ma neppure l’economia di mercato è un prodotto dell’epoca moderna, perché il commercio è presente in tutte le civiltà. Mentre il baratto, cioè lo scambio di beni tra tribù diverse, risale addirittura alla lontana preistoria (vedi l’articolo “Lo scambio ci rende unici”).
Ma alla fine cos’è il mercato? Se io trovo lo stesso paio di scarpe in due negozi diversi, uno a 50 Euro e l’altro a 100 Euro e lo compro dove costa meno, la mia è una speculazione?
L’economia di mercato è tutta qui. Quando compio questa scelta inevitabilmente premio qualcuno e danneggio qualcun altro. Ma comprando al prezzo inferiore faccio il mio interesse e quello dell’economia nel suo insieme, perché premio la catena di produzione e di commercio più efficiente.
Dobbiamo risarcire chi vende lo stesso paio di scarpe a 100 Euro perché viene danneggiato? No, perché se lo facessimo creeremmo una situazione molto più insostenibile sia dal punto di vista economico che sociale. E se qualcuno per questo dovesse perdere il lavoro, bisogna aiutarlo a trovarne un altro, ma sempre all’interno della logica del mercato. E la soluzione non è nemmeno il salario minimo che oggi viene riproposto, perché distruggerebbe molti posti di lavoro invece di crearne di nuovi: questo è solo un altro modo per ammazzare il mercato (del lavoro) e sovietizzare l’economia .
Anche la Chiesa in alcuni momenti della sua storia ha condannato il modernismo, anche se nel suo DNA ci sono il razionalismo e l’umanesimo universale, che sono il fondamento della società moderna (vedi l’articolo “Dieci come i dieci comandamenti”). Così come lo hanno condannato gli stati islamici fondamentalisti, anche se la formula magica del benessere ha dimostrato di funzionare sempre, qualunque siano le credenze religiose.
Anche i regimi dittatoriali come il fascismo e il nazismo, che si sono ispirati ai modelli di potere del passato come l’impero romano, hanno combattuto la società moderna. Essi non hanno capito che l’interesse di un paese è una sana crescita economica, non le guerre di conquista.
L’ultimo nemico della società moderna è Putin. Anche lui non ha capito che l’interesse di un paese non è la conquista di un territorio ricco di risorse minerarie, ma una sana economia di mercato, che è l’unica strada per rendere più prospera l’economia e migliorare le condizioni di vita della gente. Al contrario le ricchezze naturali, invece di costituire un vantaggio, hanno spesso scatenato (come in questo caso) delle dittature predatorie, dando vita al paradosso dell’abbondanza secondo il quale spesso i paesi più poveri sono proprio quelli più ricchi di risorse naturali.


La folle politica energetica di questi anni.
Ma la società moderna ha molti nemici anche nei paesi più sviluppati, che sono quelli che l’hanno inventata e che sono usciti per primi dalla povertà.
Dopo che l’economia moderna era cresciuta al punto da soddisfare i bisogni fondamentali della gente comune, si è formata un’opinione pubblica che si preoccupa dell’ambiente. Ma questi sentimenti sono stati strumentalizzati dai nemici della società moderna per poterla combattere in modo più efficace. E le loro idee hanno influenzato molti governi e le massime istituzioni internazionali.
Allo scopo di fare il massimo danno all’economia i nemici della società moderna hanno preso di mira il settore strategico dell’energia. Con dei pretesti ambientali hanno messo sotto accusa, ostacolato o bloccato “tutte” le fonti di energia affidabili, che hanno preteso di sostituire con le costosissime e inutili energie alternative, imposte attraverso aiuti di stato e pesanti forzature del mercato (vedi l’articolo “Governare l'economia scavalcando il mercato”).
Nel 2008 l’Italia doveva importare l’85% dell’energia di cui aveva bisogno perché da molti anni, con una decisione politica, aveva chiuso i suoi impianti per l’estrazione del gas. Già in tempi normali la nostra bolletta energetica era pari al 3 / 4 % del P.I.L., un fiume di denaro che ogni anno se ne andava all’estero e impoveriva tutto il sistema paese. Ma in pochi mesi i prezzi si impennarono e il costo delle importazioni di energia arrivò a superare il 10% del Prodotto Interno Lordo.
E’ stata questa la causa della crisi economica che dura da allora, perché nessun paese può resistere ad un impoverimento di questa portata protratto per molti anni. Poi negli anni successivi, a causa dei prezzi alti, gli impianti di estrazione del gas erano stati riattivati e la nostra dipendenza dalle importazioni era scesa sotto il 60%. Ma qualche anno fa il governo li ha di nuovo fatti chiudere e senza che nessuno abbia cercato di impedirlo. E con cosa abbiamo sostituito questa mancata produzione? Con il gas importato dalla Russia!
Inoltre in Italia, con un’unica eccezione, era stata sempre impedita l’installazione dei rigassificatori, necessari per andare a comprare il gas con le navi metaniere là dove non arrivano i metanodotti. Gas che di solito viene bruciato appena sale in superficie quando si estrae il petrolio, e che noi adesso potremmo usare per rimpiazzare del gas naturale estratto in qualche altra parte del mondo.
Però anche l’Europa ha fatto la sua parte. Ha imposto ai paesi membri di installare impianti “rinnovabili” con una capacità produttiva prima del 20% e poi del 30%.
Ma capacità produttiva non vuol dire energia elettrica prodotta. In Italia essa è sempre molto inferiore al 20%. Inoltre due terzi dell’energia eolica vengono prodotti di notte o nei giorni non lavorativi, cioè quando non ce n’è bisogno. E quella che rimane viene comunque prodotta in maniera discontinua e imprevedibile. Inoltre per fabbricare gli impianti fotovoltaici bisogna spendere una quantità di energia maggiore di quella che essi produrranno in tutta la loro vita. E per quanto riguarda l’energia fotovoltaica nella Pianura padana essa è ancora più assurda, perché il 70 / 80% dei giorni dell’anno siano di copertura nuvolosa. E a Ferrara ancora di più.
A Ferrara era stata da poco costruita una centrale a turbogas e si discuteva della possibilità di usarne l’acqua di raffreddamento per scaldare case e uffici in inverno. Usando una risorsa già esistente avremmo potuto risparmiare la maggior parte del gas naturale che usiamo in inverno per il riscaldamento. Invece si preferì spendere 20 milioni di Euro di una ventina di anni fa per un impianto fotovoltaico. Ma gli impianti fotovoltaici non sono stati costruiti solo a Ferrara, ma forse in tutte le province della pianura padano – veneta.
In una democrazia degna di questo nome gli elettori avrebbero il diritto di conoscere i dati più importanti sulle diverse forme di energia. Cioè da una parte la quantità e il valore dell’energia elettrica prodotta e dall’altra tutti i costi sia diretti che indiretti.
Una stima sommaria dei costi sostenuti finora per le energie alternative ammonta a 300 miliardi di Euro di qualche anno fa. Ad essi poi bisogna aggiungere quello delle maggiori importazioni di gas naturale, che impoverisce tutto il sistema paese e che è servito addirittura a finanziare la guerra contro l’Ucraina.
Poi però, dopo che questa guerra è iniziata, in poco tempo l’Europa è riuscita a fare a meno del gas russo. Ma la politica folle delle “energie alternative” non è stata abbandonata e continua a fare danni.
Come può essere interpretata la politica energetica di questi anni, dell’Europa e persino del nuovo governo italiano di destra, se non come una guerra contro la società moderna?
Qual è il problema? Le emissioni di anidride carbonica? La Francia produce la sua energia elettrica con il nucleare ad un costo che è il più basso d’Europa e con emissioni di gas serra che sono un quinto di quelle della Germania.
La Francia ha fatto la scelta giusta mentre noi, rinunciando negli anni ’60 al nucleare, abbiamo fatto quella sbagliata (vedi il paragrafo “Come siamo diventati dipendenti dai combustibili fossili” all’interno dell’articolo sull’Energia nucleare).
Il costo in più che da allora abbiamo dovuto pagare per importare energia ci ha impoverito a punto da trasformarci in un paese di serie B (enorme debito pubblico, troppe tasse, troppa disoccupazione, redditi sempre più bassi che mettono in difficoltà milioni di famiglie e poche risorse per i grandi progetti, per la ricerca scientifica e per la valorizzazione del nostro patrimonio storico e artistico). E sicuramente quella scelta, così contraria all’interesse nazionale, venne fatta dai politici nostrani in cambio di tangenti.
Ma oggi il problema si ripresenta e l’opinione pubblica avrebbe il diritto di sapere se chi ha bloccato per la seconda volta gli impianti per l’estrazione del gas sul suolo nazionale per costringerci a comprare il gas russo prendeva dei soldi da un dittatore guerrafondaio.


La disinformazione sui vaccini e le politiche anti sviluppo.
Ma la guerra contro la società moderna non si è limitata alla politica energetica. Quasi tutte le sue conquiste sono state criminalizzate. Il rifiuto della più grande rivoluzione nella storia dell’umanità è arrivato al punto da mettere sotto accusa persino i vaccini.
Negli ultimi due secoli la medicina moderna ha contribuito in misura enorme all’allungamento della vita. I suoi principali successi vanno da una cura efficace contro la sifilide all’eliminazione del vaiolo, un vero e proprio flagello biblico che solo nel secolo scorso ha fatto 300 milioni di morti. Altre grandi conquiste sono state i vaccini e gli antibiotici, che hanno reso banali molte malattie infettive, comprese quelle che uccidevano quasi la metà dei bambini prima dei 5 anni. Infine i progressi degli ultimi vent’anni nel campo della genetica ci hanno messo a disposizione in tempi brevissimi dei vaccini anti COVID. Purtroppo la campagna di vaccinazione è stata ostacolata dalla disinformazione su questo straordinario strumento di prevenzione.
La società moderna viene combattuta anche nei paesi più poveri del mondo, usando gli “aiuti allo sviluppo” per impedire anziché aiutare la crescita dell’economia, l’unico rimedio conosciuto contro la povertà.
Per esempio le agenzie dell’ONU hanno rifiutato di finanziare un progetto come la Grande Inga, che prevede la costruzione di una serie di dighe sugli affluenti del fiume Congo che potrebbero produrre 60.000 MW elettrici, sufficienti per tutta l’Africa centrale. Ma non si può uscire dalla povertà se si è costretti ad usare come unica fonte di energia la legna da ardere!
Anche qui la colpa è di un ambientalismo irrazionalista e anti umanista per il quale l’uomo è il male assoluto e non la misura di tutte le cose. Un ambientalismo disinteressato ai problemi e alle soluzioni e che rifiuta i dati della realtà, per esempio quelli presentati nel libro FACTFULNESS di Hans Rosling.
Questo accademico svedese ha preso i dati numerici sullo sviluppo pubblicati dall’ONU e li ha trasformati in grafici di facile lettura. Da questi dati risulta che nell’ultimo mezzo secolo tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento: reddito, speranza di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a istruzione, cure mediche, acqua potabile, elettricità ecc. E c’è anche da registrare il crollo dei tassi di natalità, tanto che in media mondiale è dalla metà degli anni Novanta che il numero di nuovi nati ha smesso di aumentare.
Ma quello che è avvenuto finora è ancora nulla rispetto a quello che ci riserva il prossimo futuro. Con una crescita del 2% all’anno il volume dell’economia mondiale raddoppierà tre volte in poco più di un secolo. E a crescere di più saranno proprio i paesi poveri.


La regola del 72.
Per capire come va il mondo bisogna conoscere la regola del 72.
Ma cos’ha di tanto speciale il 72?
Che è un numero, e come tutti i numeri non mente.
Una cosa qualsiasi, per esempio una popolazione, se cresce al ritmo dell’1% annuo per raddoppiare ci impiega 72 anni (chi non ci crede può verificarlo con la calcolatrice).
Se la velocità di crescita raddoppia, cioè se è del 2% l’anno, per un raddoppio della popolazione ci vorranno 36 anni (72 : 2). Se il ritmo di crescita è del 3%, il raddoppio avverrà fra 24 anni (72 : 3). Se è del 4% tra 18 anni (72: 4), se è del 6% tra 12 anni (72: 6) e se è del 12% tra soli 6 anni (72 : 12).
L’economia cinese è cresciuta per molo tempo al ritmo impressionante del 12% annuo, e questo significa che il ritmo di crescita era di un raddoppio ogni 6 anni. A questa velocità una economia raddoppia 3 volte in soli 18 anni, cioè aumenta di 8 volte. Adesso la velocità di crescita della Cina è “solo”del 7% annuo. Ma anche così la sua economia raddoppia ogni circa 10 anni.
Questa è anche la velocità di crescita dell’India e del Bangladesh, che stanno crescendo a un ritmo compreso tra il 6 e il 7% annuo. Negli anni Settanta questi due paesi e la Cina erano tra i più poveri del mondo, e all’epoca c’era chi sosteneva che non valeva la pena mandar loro degli aiuti perché, considerando anche la crescita demografica, non avevano alcuna speranza.
Invece adesso tutti e tre questi paesi hanno tassi di natalità su valori di equilibrio, e nella loro rincorsa al benessere hanno già percorso molta o moltissima strada. E se manterranno questo ritmo di crescita per altri 30 anni, moltiplicheranno il volume delle loro economie di altre 6 / 8 volte.
Ma siamo sicuri che questo ritmo verrà mantenuto così a lungo? No, però la cosa è tanto più probabile quanto più questi paesi sono poveri (vedi l’articolo “Paesi poveri: problema o opportunità?”).
Ad ogni modo con la crescita avvenuta finora è già quasi del tutto scomparsa la povertà estrema. Continuando di questo passo ce ne sarà ancora di povertà fra trent’anni?
Forse fra qualche decina d’anni saremo noi il paese più povero del mondo (almeno se continueremo ad andare indietro invece che avanti come stiamo facendo da molto tempo). Un paese che si è impoverito riempiendo il territorio di costosissimi e inutili pali di cemento e che non è capace di affrontare i suoi problemi di fondo.
La regola del 72 non dovrebbe essere dimenticata da chi pensa che i paesi poveri sono poveri perché sono sfruttati da quelli ricchi. Oppure da chi pensa che il mondo sarà sempre suddiviso tra ricchi e poveri e che noi continueremo a far parte del gruppo di quelli ricchi.
Ma la regola del 72 non dovrebbe essere dimenticata nemmeno da quelli che pensano che l’Italia possa ancora buttare centinaia di miliardi nella follia delle energie alternative, che si possano fermare le auto elettriche perché l’industria non è pronta, che si possa fare a meno dell’ingegneria genetica per rendere le piante resistenti ai parassiti, che si debba sovietizzare l’economia nonostante il fallimento, già molti anni fa, del comunismo in Cina e in Russia. Oppure che si possa continuare a fare disinformazione sull’energia nucleare e sulle energie alternative come se fosse un gioco di società.
A proposito, tutti e tre i paesi di cui si è appena parlato stanno costruendo delle centrali nucleari.
Anche il Bangladesh? Sì.


Un ambientalismo nemico dell’ambiente e dello sviluppo.
Molti dei problemi che dobbiamo affrontare oggi sono reali, ma altrettanti li dobbiamo ad un ambientalismo ideologico che ha deciso di fare la rivoluzione proprio contro la rivoluzione più importante della storia dell’umanità.
  • Un ambientalismo che ci impedisce di usare l’energia nucleare inventando falsi problemi di sicurezza. Se le contrali nucleari fossero state promosse e sostenute invece che ostacolate e impedite, oggi il tasso di CO2 atmosferico sarebbe molto più basso.
  • Che in Italia ha fatto la guerra alle centrali a turbogas, nonostante che fossero molto più efficienti di quelle che sostituivano e che usassero un combustibile molto più pulito e che all’epoca veniva quasi tutto sprecato.
  • Che ha fatto la guerra ai rigassificatori, grazie ai quali possiamo comprare il gas naturale là dove non arrivano i metanodotti; gas che altrimenti viene bruciato inutilmente appena sale in superficie mentre si estrae il petrolio.
  • Che ha imposto a molti paesi di installare degli impianti fotovoltaici, quando l’energia consumata per fabbricarli è superiore a quella che produrranno in tutta la loro vita.
  • Che ha imposto a molti paesi dei costi enormi per degli inutili impianti eolici, un’altra fonte di energia discontinua e imprevedibile e a bassa densità energetica.
  • Che costringe molti paesi a destinare grandi superfici di territorio alla produzione di biocarburanti, nonostante che essi contengano una quantità di energia circa uguale a quella che viene consumata nei vari stadi della produzione.
  • Che ha spinto molti paesi a puntare sull’auto a idrogeno nonostante che, per motivi fisici insuperabili, non potrà mai diventare realtà e che non è interessato alle auto elettriche, che farebbero crollare sia i consumi del petrolio che delle materie prime metalliche.
  • Che ha condannato l’ingegneria genetica, necessaria per rendere le piante resistenti ai parassiti facendo ameno dei pesticidi, per poi accusare l’agricoltura moderna di far morire le api che impollinano i fiori.
  • Infine un ambientalismo che accusa la società moderna di abbattere le foreste per espandere gli allevamenti di bovini, ma che non è disposto ad usare il suo immenso potere mediatico per informare la gente che la prima cosa da fare per prevenire le malattie più diffuse è diminuire il consumo delle proteine animali.


Questo stesso ambientalismo ideologico ha condannato la crescita economica e lo sviluppo e ha trasformato il benessere raggiunto in una colpa. Nello stesso tempo lavora per impedire la crescita dei paesi più poveri del pianeta, nonostante che nessuno sia uscito dalla povertà con la “redistribuzione” o con un’economia di tipo sovietico. Esso ha anche proibito l’uso di dosi minime di DDT per combattere la malaria.
Infine questo ambientalismo ideologico ha convinto dei governi di sinistra a smantellare a più riprese gli impianti di estrazione del gas sul suolo nazionale allo scopo di aumentare il più possibile le nostre importazioni di energia e l’impoverimento del sistema paese. Decisioni che hanno causato la crisi economica devastante iniziata nel 2008 e da allora diventata endemica, che ha gravemente peggiorato le condizioni di vita nel nostro Paese.
Di questa strategia fa parte anche la decisione di spalancare le porte all’immigrazione irregolare di disperati provenienti da ogni parte del mondo, che sta espropriando gli italiani anche del paese in cui abitano. E chissà se il popolo della sinistra sia d’accordo con una politica che, con pretesti ambientalisti e buonisti e l’approvazione e l’aiuto concreto di tanti altri paesi, ha proprio lo scopo di peggiorare le sue condizioni di vita!


Un Paese di serie B.
In Italia la guerra contro la società moderna ha fatto così tanti danni da trasformarci in un paese di serie B. E questo proprio quando il resto del mondo si è messo a correre per sfuggire alla povertà.
Dato che la politica delle energie alternative è stata inventata dai governi di sinistra allo scopo di fare il massimo danno all’economia, da un governo di destra ci si sarebbe aspettati l’abbandono di questa politica autolesionista. Invece il nuovo governo ha inserito nel punto n. 2 del PNRR l’ulteriore spesa di quasi 60 miliardi per eolico, fotovoltaico biocarburanti e addirittura per l’auto a idrogeno.
Per rilanciare l’economia e diminuire le emissioni di anidride carbonica abbiamo delle soluzioni molto efficaci ed economiche e che invece di soffocare l’economia la farebbero crescere.
Dall’ultimo cambio di governo ci si sarebbe aspettati una svolta, che invece non c’è stata. E se questa svolta non ci sarà nemmeno nei prossimi anni, l’Italia continuerà ad essere una terra di conquista per altri paesi o per le multinazionali dei combustibili fossili e ad impoverirsi sempre di più.
E le emissioni di gas serra?
Ah! Quelle sono solo un pretesto.