I Viaggi di Gulliver: racconto di satira politica

PRESENTAZIONE

E’ stato finalmente individuato uno dei luoghi visitati da Gulliver nel corso dei suoi famosi viaggi: quel paese ridotto in condizioni miserabili nel tentativo scombinato di rendere felice l’umanità, il paese in cui tutto funziona alla rovescio, è sicuramente l’Italia.
E’ stato definitivamente risolto anche il mistero di quella strana isola galleggiante nello spazio (che solo la fantasia d’un marinaio poteva concepire).
L’isola volante era in realtà un antesignano dei moderni dirigibili, fatto costruire dai Savoia per compiti di spionaggio.
Corrisponde invece fedelmente alla verità, anche se non si hanno più notizie dell’Accademia degli Inventori, la descrizione del paese di Balnibarbi, dato che essa coincide esattamente con i racconti di altri viaggiatori che hanno attraversato l’Italia nella stessa epoca. Ma la prova più convincente che è proprio questo il paese visitato da Gulliver nel suo terzo viaggio, è che anche l’Italia di oggi è stata rovinata da idealisti intolleranti che, col pretesto della perfetta giustizia e parità sociale, non hanno esitato a sacrificare l’economia, il lavoro e le pensioni, ma anche la verità, la coerenza, il buon senso, la compatibilità economica e la stessa giustizia sociale.

LA TEMPESTA
IL DIRIGIBILE SCAMBIATO PER UN’ ISOLA VOLANTE
SULL’ISOLA VOLANTE
DESCRIZIONE DEL PAESE DI BALNIBARBI, L’OSPITALITA’ DI LORD MUNODI E LA VISITA ALL’ACCADEMIA DEGLI INVENTORI
IL MODERNO PAESE DI BALNIBARBI
LA PERFETTA GIUSTIZIA FISCALE
LA PERFETTA GIUSTIZIA E PARITA’ SOCIALE: LE PENSIONI
LA SCUOLA
QUALCHE RITARDO E DIVERSI INCONVENIENTI NELLA REALIZZAZIONE DELLA SOCIETA’ IDEALE.

LA TEMPESTA

Dopo lunghe ricerche è stato finalmente individuato il misterioso paese visitato da Gulliver nel suo terzo viaggio. Sono state necessarie lunghe indagini di carattere bibliografico, storiografico e geografico. Alla fine è risultata decisiva la consultazione dei documenti messi a disposizione degli storici dagli eredi di Casa Savoia in occasione del loro recente rimpatrio. Ma ormai non ci sono più dubbi: quel bizzarro paese dove tutto funziona alla rovescio è proprio l’Italia! Non tutto quello che racconta il capitano Lemuel Gulliver, però, dovrebbe essere preso alla lettera. Gulliver, come ogni marinaio, era facile alle esagerazioni (basti pensare alla sua descrizione, veramente spropositata, degli abitanti di Lilliput e di Brobdingnag!). Mai, per esempio, questo ardimentoso navigatore, diventato famoso grazie ai suoi racconti di viaggio riordinati dal suo amico J. Swift, avrebbe ammesso di essere arrivato nell’esotico paese dei campanili in conseguenza di un errore di rotta durante una gara di Coppa America. Gulliver era un abile marinaio, e gli ordini che aveva dato al suo equipaggio durante una furiosa tempesta, ne sono una sufficiente dimostrazione. Prevedendo che presto si sarebbe scatenata una burrasca, fece ammainare le vele di bompresso e imbrogliare la vela di trinchetto accodando le scotte, e ordinò di tenere la barra tutta a vento. Poi, man mano che il mare diventava sempre più grosso, pensò che sarebbe stato meglio affrontare i marosi, piuttosto che rimaner lì alla cappa. Si assicurò quindi che fossero saldamente fissati i cannoni, fece imbrogliare la vela di mezzana e alare la scotta di poppa. Intanto il timone era controvento, e la nave si difendeva bravamente. Fece issare la vela di maestra, ma venne squarciata dalla tempesta. L’antenna venne ammainata, furono tagliati via i cordami, le ghie e tutto, e la vela raccolta sulla tolda. Era proprio un violentissimo fortunale, e i marosi s’infrangevano sulle murate con pericoloso e insolito vigore. Gulliver diede ordine ai marinai di alar con forza sui frenelli della ruota di maneggio per aiutar l’uomo al timone. Finita la tempesta fece issare la vela di trinchetto e la maestra, poi la mezzana, il gran velaccio e il velaccino. Ordinò di tirare a bordo le scotte dei coltellacci di tribordo, di mollare i bracci di sopravvento e i mantigli, e di mettere in opera il braccio di sopravvento. Poi fece alare la scotta di mezzana, e ordinò di procedere con le boline tese e imbrogliate di sopravvento. Purtroppo i marinai, storditi dalla tempesta e da tutti questi ordini, fecero un po’ di confusione: tirarono a bordo le scotte dei coltellacci di babordo (e non di tribordo!), e mollarono per errore i bracci di sottovento e non di sopravvento! E’ così la nave è andata fuori rotta ed è finita in Italia.
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IL DIRIGIBILE SCAMBIATO PER UN’ ISOLA VOLANTE 

Oggi possiamo dire con una certa sicurezza che la nave di Gulliver, dopo la tempesta, è approdata in Italia. E’ stato possibile arrivare a questa conclusione solo dopo che è stato risolto il mistero di quella strana isola volante, chiamata Laputa, che aveva finora impedito di collocare storicamente e geograficamente il misterioso paese di Balnibarbi. Un’isola, secondo Gulliver, sospesa per aria per effetto di una particolare situazione del magnetismo locale, in grado di spostarsi e di sorvolare il paese, di alzarsi e di abbassarsi da terra a discrezione del suo augusto proprietario, il re di Balnibarbi. Un’isola tanto grande da contenere la reggia con il suo immenso parco e tutta la corte. Adesso sappiamo che l’isola volante era in realtà un dirigibile camuffato da nuvola, fatto costruire dal regno sabaudo per controllare il pagamento delle tasse e per compiti di spionaggio. Nei documenti messi a disposizione dagli eredi di Casa Savoia in occasione del loro rientro in Italia, sono state trovate solo alcune scarne informazioni, sufficienti però a ricostruire le caratteristiche di questo particolarissimo mezzo di trasporto, con il quale il regime sabaudo esercitava in maniera occhiuta e dispotica il suo potere. Il dirigibile (o se si preferisce l’isola volante) aveva una forma sostanzialmente ma non esattamente circolare, perchè una forma geometrica perfetta lo avrebbe reso facilmente riconoscibile. Il suo diametro era di circa 200 metri (e non di 7.837 metri come afferma con evidente esagerazione il signor Lemuel Gulliver). Il fondo era piatto, se non che in volo era un po’ spanciato verso il basso per via del peso che gravava nella zona centrale. La forma complessiva lo faceva assomigliare un po’ ad un catino, con il bordo esterno più alto, circa 30 metri, e la superficie superiore che digradava dolcemente verso il centro. Era questa la parte “abitata”: un grande spazio chiuso dal bordo esterno più alto, di forma circolare, di 180 metri di diametro. Al centro, nella parte più bassa, come riferisce correttamente Gulliver (che però ci ha molto ricamato sopra), c’era un padiglione di legno largo una quindicina di metri e alto altrettanto, disposto su tre piani più un ampio sotterraneo per la servitù. Lo spazio era organizzato in maniera regolare e simmetrica. Tutto attorno al padiglione, ad una decina di metri di distanza, correva una canaletta larga un paio di metri, che fungeva da riserva d’acqua. Il resto della superficie era ricoperto da un palmo di terra tenuta a prato in cui pascolavano dei cavalli. L’aspetto di parco o giardino era completato da diversi alberelli da frutto e dai quattro graziosi ponticelli per l’attraversamento della canaletta d’acqua. Tutto questo ha fatto immaginare a Gulliver una reggia immersa in un vasto parco. Sul dirigibile, tra funzionari e servitori, potevano vivere per brevi periodi una cinquantina di persone. Al centro, quindi esattamente sotto il padiglione (anche questo è un dettaglio riferito correttamente dal nostro bravo marinaio), c’era un passaggio verso il basso del diametro di alcuni metri. Durante la navigazione il fondo di questo passaggio veniva chiuso da tavole di legno, e da lì, attraverso dei fori, si poteva osservare il territorio sottostante. Da questo stesso passaggio, quando il dirigibile si posava a terra, salivano e scendevano le persone e i rifornimenti d’acqua, di legna da ardere e di viveri (e da qui anche Gulliver era salito a bordo). Molto interessanti sono anche le soluzioni, molto avanzate per quei tempi, escogitate dal signor di Montgolfier, l’autore di questo prodigio per conto degli eccentrici sovrani sabaudi, per la costruzione del dirigibile, e per far sì che esso potesse spostarsi nella direzione voluta, alzarsi, abbassarsi ecc. L’involucro, ottenuto incrociando tra di loro due strati del miglior tessuto di canapa prodotto nel Canavese, nella parte superiore era stato reso impermeabile da uno strato di bitume, mentre la parte inferiore e laterale, quella visibile dal basso, era stata ricoperta da seta incerata di colore bianco. Per completare il camuffamento e ottenere un realistico “effetto nuvola”, a volte dal fondo del passaggio centrale veniva fatto uscire del vapore, spinto verso il basso da una speciale pompa azionata dai cavalli. Il dirigibile era riempito di elio. Proprio così, di elio. Infatti, dopo essere stato progettato a Torino dal sig. di Montgolfier, era stato assemblato nel Granducato di Toscana, e precisamente a Monterotondo, località che in seguito avrebbe preso il nome di Larderello. Montgolfier, con un semplice esperimento, aveva dimostrato che i famosi soffioni di vapore, noti fin dall’antichità, contenevano un gas “lievitante”. Era stato sufficiente sovrapporre una piccola cupola di piombo ad una di queste sorgenti, per raccogliere gas lievitante a volontà, che funzionava ancora meglio dell’aria calda, dato che non aveva bisogno di essere riscaldato. Montgolfier costruì una prima “mongolfiera ad elio”, con la quale riuscì ad atterrare davanti alla palazzina reale di caccia di Stupinigi, dove presentò ad una corte oltremodo stupefatta un progetto per costruire una palazzina di Stupinigi volante! Ma come si spostava questa straordinaria reggia volante, il cui segreto, nonostante la descrizione di Gulliver, complice anche l’esilio dei Savoia, è stato mantenuto fino al giorno d’oggi? E’ molto semplice: con l’energia fornita dai cavalli. Erano i cavalli che, girando intorno, mettevano in movimento le pale che facevano avanzare il dirigibile, ed erano ancora i cavalli ad azionare la pompa che immetteva aria nel dirigibile (in un pallone interno dove l’aria era separata dall’elio), per aumentarne il volume e farlo salire di quota. Per molti anni questo dirigibile è stato usato per controllare che le tasse pagate dai contadini fossero proporzionate alla dimensione degli appezzamenti agricoli. Ma si sa che venne usato regolarmente anche per operazioni di spionaggio, dentro e fuori i confini, e persino per dirigere dall’alto delle operazioni militari. Per tutti questi motivi l’esistenza del dirigibile doveva rimanere segreta, e al signor di Montgolfier fu imposto di non costruire altre mongolfiere ad elio. Il dirigibile veniva fatto volare solo nella bella stagione, e comunque quando non c’era il pericolo che forti venti potessero spingerlo in direzioni non desiderate (ma poteva sempre atterrare prima di sfuggire al controllo). In condizioni normali i punti di atterraggio si trovavano nei parchi e nelle riserve reali, dove le discese e le ripartenze avvenivano prudentemente di notte. Durante l’inverno veniva parcheggiato in un terreno di proprietà della corona, in un luogo che non è stato ancora individuato. Lì c’era uno spiazzo lastricato attraversato da una trincea affinchè le persone potessero salire e scendere passando sotto il dirigibile e poi attraverso il passaggio centrale. Quando era parcheggiato non dava troppo nell’occhio, perchè poteva facilmente essere scambiato da lontano per un muro di recinzione.
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SULL’ISOLA VOLANTE

Il signor Lemuel Gulliver, approdato fortunosamente a Santa Margherita Ligure e creduto una spia perchè parlava inglese e prendeva appunti sul suo taccuino, era stato convinto a seguirli da due carabinieri in incognito. Dalla costa era stato condotto sulla sommità di una collina in un punto in cui stava per passare il dirigibile, e da lì tirato su con una catena a cui era legato un seggiolino per essere interrogato (la data del suo viaggio non coincide esattamente con quella dei documenti di Casa Savoia, ma questo piccolo dettaglio non può costituire una difficoltà insormontabile, perchè è ben noto che Gulliver non era sempre preciso nei suoi ricordi!). Salito a bordo e chiarito ben presto l’equivoco – aveva ancora addosso la divisa della squadra inglese -, Gulliver, fatta la tara delle sue solite esagerazioni, ebbe l’opportunità di vedere questo straordinario dirigibile e i suoi “abitanti”, ma ebbe anche modo di prendere contatto con l’ottusa burocrazia locale. Naturalmente non è vero (come racconta Gulliver) che gli ufficiali avevano un occhio fisso sulla punta del naso e l’altro rivolto al cielo, nè che dovessero essere avvertiti da un servitore con colpetti sulla bocca o sulle orecchie quando dovevano prendere la parola o ascoltare…. ma poco ci mancava. Infatti chi faceva tutto erano i loro attendenti, e tutto quello che questi nobili ufficiali dovevano fare era accennare ogni tanto di sì o di no con il capo e mettere qualche firma. Inoltre il loro sguardo era ad un tempo scrutatore (dall’alto in basso) e il loro atteggiamento così altezzoso (dal basso in alto), che potevano ben sembrare strabici. E quegli strani vestiti, tutti figure geometriche, stelle, pianeti e strani strumenti musicali, non erano altro che le loro divise che, come si sa, erano tutte di un’unica misura. Gulliver, con la sua sbrigliata fantasia, ha trasformato le decorazioni appuntate sul petto in stelle e pianeti, i cinturoni, le bandoliere e i cordoni in figure geometriche, e i fiocchetti e le altre cose ancora più strane in originali strumenti musicali. Quei nobili ufficiali e funzionari pubblici apparivano ai suoi occhi come del tutto avulsi dalla realtà, e non solo perchè vivevano a centinaia di metri dal suolo. Abituati a dare ordini e a non occuparsi mai di cose concrete, non erano certo in grado di capire i problemi del vivere quotidiano. La loro mente era occupata solo da speculazioni teoriche scollegate dalla realtà, i loro interessi erano rivolti alle discipline esoteriche, astrologiche, astronomiche e alchemiche; i loro discorsi avevano come principale se non unico argomento le arti e le scienze, ma non in funzione pratica, non in funzione della soluzione dei problemi quotidiani, ma solo allo scopo di dimostrare a se stessi di essere intellettualmente superiori.
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DESCRIZIONE DEL PAESE DI BALNIBARBI, L’OSPITALITA’ DI LORD MUNODI E LA VISITA ALL’ACCADEMIA DEGLI INVENTORI

Gulliver ben presto venne fatto scendere a terra, vicino alla città di “Lagado”, asserita capitale del preteso regno di Balnibarbi (quasi sicuramente i carabinieri lo avevano convinto a mantenere il segreto sul dirigibile, e per questo Gulliver ha cambiato i nomi, lasciando però intendere che si trattava di nomi italiani). Ebbe così modo di conoscere questo strano paese in cui tutto, a suo dire, funzionava alla rovescia. Secondo la sua descrizione, riportata sempre in modo fedele dal suo compaesano Jonathan Swift, che ha pazientemente trascritto e pubblicato tutti i suoi racconti, le campagne erano mal coltivate, la gente miserabile e coperta di stracci e le case in pessime condizioni.  Questa descrizione, peraltro, corrisponde esattamente a quella di altri viaggiatori inglesi che hanno visitato il Piemonte in quegli stessi anni. “Le strade sono spesso talmente in cattivo stato per la povertà della gente che se ne serve e che ne cura la manutenzione, da essere quasi impraticabili. I ricchi non lasciano quasi mai i loro palazzi di città e perciò di rado si rendono conto di questi inconvenienti…. ma il viaggio da una grande città all’altra è talmente scomodo e faticoso che il turista deve pagare, sia con la persona che con la propria tasca, il piacere di soddisfare il gusto e l’amore per le belle arti. Si direbbe davvero che gli abitanti di questo paese famoso per la sua bellezza considerino polvere, sporcizia, ragnatele, pulci, cimici ed ogni specie di immondizie come mortificazioni necessarie in questo mondo per renderci meritevoli di un trattamento migliore in quello futuro”. Dal “Viaggio Musicale in Italia” di Charles Burney – E.D.T. Edizioni di Torino (The Present State of Music in France and Italy) Queste condizioni miserevoli erano il risultato della mentalità dei governanti dell’epoca, talmente convinti della loro superiorità intellettuale, da trascurare del tutto il prosaico, comune e popolare “buon senso”. Essi si dedicavano esclusivamente alle attività più elevate, con la pretesa, non del tutto ingiustificata del resto, che attraverso le funzioni mentali superiori avrebbero individuato la migliore politica per il governo del loro paese. Un ruolo fondamentale a questo riguardo era quello svolto all’Accademia degli Inventori, visitata da Gulliver poco tempo dopo essere sceso dal dirigibile. Alcuni scienziati, sostenitori dell’assoluta superiorità dell’intelletto (una filosofia che costituiva una estremizzazione del pensiero del filosofo Platone), su ispirazione della corte costituirono questa accademia, che poi ebbe un periodo di fortuna, si ingrandì e influenzò profondamente la vita del paese. Vi venivano condotte ricerche riguardanti modi “alternativi” di coltivare i campi, sistemi rivoluzionari di costruire le case partendo dal tetto, invenzioni di nuovi strumenti e utensili per ogni tipo di lavoro, con l’intenzione di rendere i raccolti meno faticosi e cento volte più produttivi, di costruire in pochi giorni case che avrebbero sfidato i secoli ecc. Per esempio uno degli scienziati più famosi cercava di ricavare direttamente il cibo dagli escrementi, saltando tutta la fase della coltivazione. Come è noto, i vegetali si nutrono di questi “fertilizzanti” e li trasformano in cibo: se fosse stato possibile estrarre direttamente dagli escrementi i principi nutritivi che vi erano sicuramente contenuti, tutto il lavoro agricolo sarebbe stato reso superfluo. Altri interessanti studi, che una volta conclusi avrebbero reso felice l’intera umanità, avevano come scopo l’estrazione delle radiazioni solari dalle zucche, la trasformazione dell’aria in sostanza solida e compatta (che sarebbe stata molto utile per sostituire il vetro), il rammollimento del marmo allo scopo di fabbricare, a costi molto più bassi, materassi e cuscini ecc.  L’Accademia ebbe una grande influenza sulla vita politica del paese, che ugualmente si ispirava al principio, che sembra non abbia bisogno di essere dimostrato, dell’assoluta superiorità delle funzioni intellettuali superiori. Con la conseguenza che tutto quello che era semplice esperienza quotidiana, pratica concretezza, comune e prosaico buon senso, era bandito e socialmente condannato. Certo, ancora nessuna di quelle interessanti ricerche era arrivata a conclusione, e il risultato per il momento erano le campagne mal coltivate, le case in rovina e la gente priva di cibo e vestiario, ma alla fine esse avrebbero risolto brillantemente tutti i problemi, e nessuno sarebbe stato più costretto a lavorare e preoccuparsi. L’Accademia, anche se non aveva ancora prodotto risultati utili, era comunque riuscita a conquistarsi un vasto consenso popolare, perchè la gente era allettata dalla prospettiva di ottenere facilmente qualsiasi cosa senza dover lavorare. Anzi nell’opinione pubblica era montata una vera e propria ostilità nei confronti di tutti coloro che, non condividendo la filosofia dell’Accademia, continuavano a fare affidamento sulle tradizionali occupazioni, sul comune buon senso e sulle soluzioni consolidate e sperimentate. Chi si comportava così era considerato rozzo e ignorante e non al passo con i tempi, e veniva accusato di opporsi al progresso. In più era considerato antisociale ed egoista, perchè anteponeva un vantaggio privato ed immediato al benessere futuro di tutta la società. Come ben riferisce Gulliver, quei pochi che ancora rimanevano attaccati alle idee del passato, avevano case belle e ben costruite, campi ben coltivati e ricchi di ogni ben di Dio, cosa che contrastava vivamente con lo stato del resto degli abitanti, ridotti praticamente alla fame. Ed erano loro che mandavano avanti tutto quello che nel paese ancora funzionava. Ma non godevano per questo della riconoscenza della gente: anzi, erano particolarmente malvoluti! Perchè, alla convinzione che stavano ostacolando il progresso che avrebbe reso felice l’umanità, si aggiungeva una profonda e rancorosa invidia per la loro florida situazione economica. Per questo erano emarginati dalla società, costretti a rimanere nell’ombra e a giustificarsi, e a starsene lontani dalla vita di corte. Se ancora potevano resistere al conformismo generale e all’odio diffuso nei loro confronti, era solo perchè fra di loro c’era anche un parente stretto del re, che pur esendo molto malvisto, non poteva essere toccato. Gulliver descrive con dovizia di particolari l’ospitalità ricevuta da questa importante personalità che lui chiama, assegnandole un improbabile titolo anglosassone, “Lord Munodi” (altro nome italiano!). Questo personaggio è probabilmente da individuarsi nell’odiatissimo conte Berluscus che, pur essendo tra i più ricchi del paese, forse proprio per questo raramente viene ricordato nelle cronache dell’epoca. Non si sa come sia finita l’Accademia. Forse è stato Napoleone a farla chiudere quando ha occupato i domini continentali dei Savoia nel 1798. Ma è anche possibile che questa importante istituzione avesse cessato la propria attività ancora prima, a causa della totale mancanza di risultati. E anche del dirigibile da allora non si è saputo più nulla.
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IL MODERNO PAESE DI BALNIBARBI

Un’ulteriore, indiretta conferma che il paese di Balnibarbi è sicuramente l’Italia, sta nella constatazione che, nonostante i fallimenti, l’ideologia dell’assoluta superiorità delle funzioni intellettuali superiori non è mai venuta meno. Dopo tanto tempo dalla scomparsa dell’Accademia degli Inventori, l’Italia è ancora il paese dove molti preferiscono coltivare il sogno utopico di una futura società perfetta, anzichè affrontare i problemi concreti. Un paese che ancora preferisce dare ascolto ad una classe di intellettuali completamente avulsa dalla realtà. E, come nel paese descritto da Gulliver, chi col suo lavoro raggiunge qualche risultato, chi studia i problemi e ne individua le soluzioni, chi mostra a tutti come bisogna fare, chi si dà da fare, lungi dal riscuotere la generale riconoscenza, diventa il vero nemico. Non solo perchè demolisce tante utopie facendone risaltare l’inconsistenza, ma anche perchè antepone il proprio interesse personale all’ideale di una futura società perfetta. Così, alla rabbia per la perdita delle proprie illusioni, si aggiunge l’invidia per i successi altrui, a cui segue la condanna morale e l’aggressione politica. Chissà come Gulliver avrebbe descritto oggi il paese di Balnibarbi!
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LA PERFETTA GIUSTIZIA FISCALE

Grazie ai moderni “inventori”, l’Italia è il paese che più si è avvicinato all’ideale della perfetta giustizia fiscale. L’Italia è il paese che ha fatto di più (più leggi) per raggiungere questo fondamentale risultato. Nessun altro paese al mondo ha esercitato tanto la fantasia per inventare sempre nuove leggi allo scopo di rendere millimetricamente esatto il dosaggio della pena fiscale. Questo è un paese all’avanguardia, da cui sta prendendo esempio tutta l’Europa, che sta a sua volta sommergendo i paesi membri di leggi ispirate all’ideale della perfetta giustizia fiscale e della parità sociale.

Cattedrale di Ferrara
Il diavolo rimesta nel pentolone per distribuire equamente la pena, immagine allegorica della giustizia fiscale
In Italia il fisco si occupa di tutto quello che può, anche indirettamente, dimostrare una capacità di spesa e quindi di pagare le tasse. Per questo sono state emanate miriadi di norme (quasi 3.500 tra leggi e decreti tuttora in vigore) che impongono ai contribuenti numerosissimi adempimenti contabili: raccolta dei dati più disparati, registrazioni, complicati conteggi ecc. Tutte queste leggi vanno a modificare o ad aggiungersi o ad integrare quelle precedenti, per cui hanno bisogno di continui aggiustamenti, di circolari interpretative, risoluzioni, comunicazioni, precisazioni ecc. Tutto questo con l’obiettivo di raccogliere i dati considerati necessari a determinare l’esatta capacità di ciascuno di pagare le tasse. Le dichiarazioni fiscali sono diventate grosse come libri, e sono piene di quadri da compilare, spesso con complessi conteggi e astruse formule matematiche. Per aiutare i contribuenti ha compilare le dichiarazioni fiscali, sono stati predisposti interi volumi di istruzioni (che vengono rinnovate ogni anno insieme ai modelli delle dichiarazioni) che, come viene detto nell’introduzione, è necessario leggere con attenzione prima della compilazione, se non si vuol poi perdere tempo inutilmente… Ma, nonostante le istruzioni, nemmeno gli specialisti si azzardano a compilare manualmente la propria dichiarazione: sono così tante le cose di cui bisogna tenere conto, così incerta l’interpretazione della normativa, così complessi a volte i conteggi, che è impossibile evitare degli errori. E le sanzioni per gli errori formali, che comprometterebbero il risultato della perfetta giustizia fiscale, sono naturalmente pesantissime e manderebbero sul lastrico, e qualche volta anche in galera, sia i contribuenti che i loro commercialisti. Per fortuna, non in Italia ma in qualche altro paese, qualcuno nel frattempo aveva inventato i computers e le fotocopiatrici, e per fortuna viene pubblicato un giornale che si chiama “Il Sole24Ore”. Il Sole24Ore non è un giornale qualsiasi, perchè è diventato quasi un organo ufficiale dello Stato. Di fatto le cose funzionano così: il giornale pubblica regolarmente tutte le nuove norme fiscali (un diluvio continuo) e, in base ai pareri dei principali esperti, vengono individuati per ogni categoria professionale e produttiva tutti gli adempimenti. Nello stesso tempo il giornale predispone i programmi per computer per la tenuta della contabilità e per la compilazione delle dichiarazioni. Così ognuno si deve preoccupare solo degli obblighi che lo riguardano, e tutto viene affidato ai computers. E quando, dopo mesi o anni, arrivano le circolari con l’interpretazione autentica del Ministero, se ci si è comportati diversamente non c’è il pericolo di andare in galera, perchè tutti possono dire: ho fatto come il Sole24Ore. E così, dato che non si possono mandare in galera milioni di contribuenti, alla fine quella del Sole24Ore diventa l’interpretazione ufficiale. I computer però, anche se finora hanno consentito di far fronte ad adempimenti così complessi (ma come avremmo fatto se qualcuno non li avesse inventati?), non possono risolvere tutti i problemi. Bisogna comunque raccogliere e registrare durante il corso dell’anno una grande quantità di dati, che sono poi quelli che finiscono nelle dichiarazioni. Quasi tutto il tempo di un piccolo imprenditore è ormai destinato a raccogliere e registrare informazioni per il fisco, ed il costo di questi adempimenti si mangia quasi tutti i suoi guadagni. Infatti la spesa del commercialista, almeno per le aziende più piccole che però sono la stragrande maggioranza, è quasi sempre maggiore delle stesse tasse da pagare (che a loro volta sono cresciute in maniera spropositata). Nonostante tutto, però, il sistema non è ancora perfetto, e sicuramente occorreranno ancora molte altre leggi e altrettanti nuovi adempimenti fiscali che i contribuenti, grazie alle fotocopiatrici, ai computers e al Sole 24Ore, possono ancora sopportare.
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LA PERFETTA GIUSTIZIA E PARITA’ SOCIALE: LE PENSIONI

Ma non è solo con la politica fiscale che lo stato italiano persegue l’ideale della perfetta giustizia e parità sociale. Si sa che molti ricchi si godono i loro soldi divertendosi e viaggiando tutto l’anno senza bisogno di dover lavorare. E’ una vera ingiustizia, contro la quale si sono giustamente scagliati i sindacati, dato che i loro iscritti non possono permetterselo. Come sarebbe bello se chiunque potesse avere a disposizione tutto il suo tempo libero, come i ricchi! E così, alla fine, grazie all’impegno dei sindacati e dei partiti progressisti ispirati alla filosofia dell’Accademia, questo è diventato l’obiettivo del nostro sistema previdenziale. La previdenza “tradizionale” si limitava a garantire un decoroso livello di vita alle persone troppo anziane per poter lavorare. La nuova previdenza si è data invece uno scopo molto più ambizioso: assicurare a tutti la possibilità di godersi il proprio tempo libero anche quando si è nel pieno dell’età. In effetti, se ci si pensa bene, sarebbe molto meglio avere a disposizione il proprio tempo quando si è giovani, perchè quando si è vecchi e pieni di acciacchi è più difficile godersi la vita. Perciò le leggi italiane hanno cominciato a mandare in pensione i dipendenti pubblici all’età di 35/40 anni. Si è cominciato a sperimentare questa geniale soluzione per alcune limitate categorie più di 30 anni fa, e si è visto subito che la gente era contentissima, per cui ben presto questo regime pensionistico è stato esteso alle banche, allora quasi tutte pubbliche, e a tutto il settore dello stato. Con grande senso della cavalleria, le donne hanno avuto la possibilità di andare in pensione dopo 14 anni, sei mesi e un giorno di lavoro, mentre gli uomini dopo vent’anni di servizio. Meglio di tutti è riuscito a fare il Banco di Napoli, che mandava in pensione i suoi dipendenti dopo soli 12 anni. Ma poi, per divertirsi e godersi la vita, ci vogliono dei soldi, e allora lo stato italiano ha pensato anche a quello: l’importo della pensione è stato alzato fino a diventare almeno pari all’ultimo stipendio. Il pensionamento anticipato ha avuto subito un grandissimo successo, e i politici che con l’appoggio dei sindacati avevano preso queste decisioni, diventarono molto popolari. Finalmente un mucchio di gente nel pieno dell’età poteva dedicarsi alle attività che preferiva. Non più solo i ricchi, dunque, ma anche gli impiegati dello stato, gli insegnanti, e tutti i dipendenti pubblici, cioè almeno la metà di tutta la forza lavoro. Molti ne hanno approfittato per fare viaggi all’estero: in questo modo potevano anche dare negli altri paesi l’immagine di un’Italia ricca e benestante (cosa che ha fatto affluire milioni di poveri e disperati da tutto il mondo, attratti dal paese di Bengodi). Altri potevano esibire in pieno inverno una bella abbronzatura presa, per esempio, alle Maldive. Oppure potevano dedicarsi ad interessanti attività obbistiche, come eseguire decorazioni ad olio su vecchie tegole o sassi di fiume, coltivare filosofie esoteriche e new age, individuare da soli il proprio oroscopo, imparare a sferruzzare all’uncinetto (se uomini), allevare gatti ecc. Fu tale il successo che anche i dipendenti delle aziende private, appoggiati dai loro sindacati, chiesero di poter andare in pensione anticipatamente. Purtroppo però, nonostante gli scioperi e le manifestazioni di piazza, non sono riusciti ad ottenere quello che chiedevano. Infatti erano sorti infatti nel frattempo alcuni imprevisti che hanno reso la cosa per il momento irrealizzabile. Il fatto è che, per poter pagare le pensioni anticipate del settore pubblico, erano stati dilapidati già da molto tempo tutti i fondi pensione, nè ciò è stato sufficiente. Adesso le pensioni vengono pagate con i contributi previdenziali versati dai lavoratori in quello stesso anno. Ma questi contributi, nonostante siano nel frattempo raddoppiati, coprono solo i due terzi della spesa pensionistica: la parte rimanente viene pagata dallo Stato, che anche per questo ha dovuto a sua volta raddoppiare le aliquote delle tasse. Dato che sono stati da tempo dilapidati tutti i fondi pensione (un furto colossale perpetrato a danno dei lavoratori dipendenti), tutto il peso della previdenza adesso ricade sulle spalle quelli che lavorano. Questo è particolarmente vero per i lavoratori giovani, che non potranno andare in pensione prima dei 90 anni. Inoltre bisogna anche considerare che, per poter lavorare, è necessario prima di tutto riuscire a sopravvivere, e se per pagare le pensioni si aumenteranno le tasse fino all’80% dello stipendio, la sopravvivenza diventerebbe molto difficile. Così il bellissimo progetto di mandare tutti in pensione a 35 / 40 anni ha dovuto per il momento essere accantonato. Potrà, forse, essere ripreso fra non meno di una sessantina d’anni.
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LA SCUOLA

Ma i nostri illuminati governanti, sempre ispirati dalla filosofia dell’Accademia, non hanno pensato solo alle pensioni e alla giustizia fiscale. Anche la scuola è diventata uno strumento per la costruzione di una società perfetta. E’ proprio con la scuola, infatti, che si può realizzare più profondamente l’ideale della perfetta giustizia e parità sociale. Per questo però è necessario che a tutti (e non solo a pochi privilegiati) vengano impartite le discipline intellettuali superiori, e quindi l’obiettivo è diventato quello di dare a tutti una cultura classica, la sola che può elevare l’animo della gente. Ma se tutti o quasi escono dalla scuola con una laurea o un diploma in materie classiche, quali saranno le loro possibilità di lavoro? Perchè certamente non possono essere molte le aziende che hanno bisogno di filosofi, sociologi, laureati in scienze politiche, storia antica, e poi di esperti d’arte, letteratura e così via. A trovar loro un lavoro, naturalmente, ci ha pensato lo stato. Quale miglior lavoro, infatti, per tutti questi diplomati e laureati, di un impiego pubblico, a partire proprio dalla stessa scuola? Così negli anni passati il numero degli insegnanti è aumentato a dismisura, fino al punto che il Ministero italiano della Pubblica Istruzione è diventato il secondo ente più grande del mondo dopo l’esercito degli Stati Uniti, con ben un milione e mezzo di dipendenti. Si è arrivati a quattro o cinque insegnanti per classe, e questo nonostante che nel frattempo il numero degli alunni si fosse dimezzato. In realtà le assunzioni di nuovi insegnanti sono state molte di più, perchè la maggior parte degli insegnanti erano donne, e quasi tutte approfittavano della possibilità di andare in pensione dopo quindici anni, sei mesi e un giorno di lavoro. Tutti questi insegnanti, riconoscenti ai politici per il regalo di un così bell’impiego, hanno efficacemente contribuito a diffondere capillarmente la filosofia dell’Accademia. Persino le scuole professionali, per quanto possibile, sono state orientate verso la cultura classica. Così adesso in Italia ci possiamo vantare che i nostri periti industriali sanno molto bene chi erano Dante e Virgilio, mentre gli studenti che escono dalle scuole americane non sanno nemmeno chi erano Giulio Cesare e Leonardo da Vinci (anche se poi loro possono consolarsi con il fatto che trovano subito lavoro, mentre i nostri diplomati rimangono disoccupati per anni). Contemporaneamente anche gli uffici dello stato, le banche e la sanità sono stati usati, come la scuola, per dare a tutti un impiego adeguato, e anche qui le possibilità di nuove assunzione sono state ulteriormente incrementate dai pensionamenti anticipati. In questo modo siamo andati veramente vicino alla realizzazione dello stato sociale perfetto: milioni e milioni di persone nel pieno dell’età potevano finalmente godere di tutto il proprio tempo libero, e avevano anche soldi a disposizione per viaggiare e divertirsi, superando certe odiose limitazioni di ceto sociale. Altri milioni di persone avevano trovato un lavoro molto vicino all’impiego ideale. Molti di loro erano insegnati, con classi ridotte e poco faticose da condurre, interessanti materie d’insegnamento, tanto tempo libero e tante ferie. E ben presto avrebbero potuto contare anche su una bella pensione. E poi moltissimi altri impiegati nelle banche e negli uffici pubblici. Anche qui una situazione quasi ideale: un buon impiego dignitoso anche se un po’ meno intellettuale, un buon orario di lavoro e poche responsabilità. Naturalmente l’obiettivo era di estendere l’impiego pubblico, con tutti i suoi evidenti vantaggi, all’intera società italiana. Purtroppo, però, anche questo interessantissimo progetto, così come quello delle pensioni, ha dovuto essere se non proprio abbandonato, perlomeno ridimensionato: quando il livello delle tasse è arrivato al 60 %, non ha più potuto essere aumentato pena il collasso completo dell’economia. Molti hanno incolpato per questo gli evasori fiscali: se tutti pagassero le tasse…. Così sono state inasprite le sanzioni per gli evasori, che in molti casi prevedono la prigione. E ad un certo punto, dato che, come tutti sanno, i lavoratori dipendenti pagano le tasse fino all’ultima lira mentre gli autonomi sono tutti evasori, si era pensato di costringerli a pagare almeno le tasse di chi ha uno stipendio fisso, che nella maggioranza dei casi è un dipendente dello stato (tasse che lo stato “preleva” dalle sue casse per depositarle direttamente in quelle dell’erario prima di pagare gli stipendi). Ma alla fine si è dovuto rinunciare perchè le piccolissime aziende, che il Italia sono la stragrande maggioranza, chiudevano in massa.
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QUALCHE RITARDO E DIVERSI INCONVENIENTI NELLA REALIZZAZIONE DELLA SOCIETA’ IDEALE

Insomma l’Italia è il paese che è andato più vicino alla realizzazione della società ideale. A questo obiettivo è stato veramente sacrificato tutto. Sono trent’anni che non si costruiscono più infrastrutture e altre opere pubbliche, che non si investe nella ricerca, che non si fanno interventi di politica urbanistica, che non si costruiscono impianti per la produzione di energia, che non si rinnovano le dotazioni dell’esercito, che non si ammodernano scuole, ospedali, università, uffici dello stato, e così sono stati risparmiati moltissimi soldi. Inoltre sono stati spesi tutti i fondi pensioni che erano destinati al pagamento delle pensioni future, sono stati raddoppiate tasse e contributi, e il debito pubblico, all’inizio pressochè inesistente, ha raggiunto il 125 % del prodotto interno lordo. E dato che ogni anno su questo debito lo stato deve pagare ingentissimi interessi, è stata messa anche una grossa ipoteca sul futuro del paese. Nell’impossibilità di aumentare ancora le tasse, alla fine si è dovuto mettere da parte, almeno per il momento, il progetto di dare a tutti un lavoro intellettuale ben remunerato seguito da una bella pensione. Ci si potrà ripensare, forse, fra qualche decina d’anni, dopo che un odioso governo filocapitalista sarà riuscito a rimettere ordine nei conti dello stato. L’ideale di una futura società perfetta è stato perseguito a costo di sacrificare i salari di chi col suo lavoro tiene in piedi l’economia, e poi i posti di lavoro, le garanzie sociali e le pensioni dei più giovani. Inoltre sono stati rovesciati valori universalmente riconosciuti come la verità, il buon senso, la compatibilità economica, e poi ancora la libertà, la giustizia, la sicurezza ecc. Alla fine i soldi sono finiti. Questo già una decina d’anni fa. Da allora di assunzioni nella scuola pubblica non ne sono più state fatte, con la bizzarra conseguenza che adesso non abbiamo più insegnanti giovani, e fra poco avremo solo insegnanti anziani. Inoltre gli stipendi, sia degli insegnanti che degli altri dipendenti pubblici, sono molto più bassi che nel resto dell’Europa, e non potranno crescere almeno finchè non riprenderà a crescere l’economia reale. Infatti, l’altissimo livello di tasse e contributi, e anche il costo dell’amministrazione fiscale, hanno prodotto stagnazione economica, alta disoccupazione, bassi stipendi e diffusione dell’economia in nero. I giovani che escono dalla scuola, poi, anche se hanno una laurea, fanno molta fatica a trovare un lavoro, e una volta che hanno trovato il “posto fisso”, non lo abbandonano facilmente, perchè trovarne un altro sarebbe come vincere alla lotteria. Questa pesante situazione ha comportato la perdita di fatto di molti diritti e tutele sindacali, e anche l’aumento degli incidenti sul lavoro. Infatti, pur di conservare il proprio stipendio, si è disposti ad accettare di tutto: ore di straordinario non pagate, inquadramento in qualifiche più basse, situazioni di rischio e di pericolo e ogni sorta di angherie. A loro volta le piccole aziende, strette tra una burocrazia soffocante, tasse altissime e servizi pubblici quasi inesistenti, sono costrette per non chiudere a sfruttare il lavoro dei propri dipendenti e degli stessi titolari, a cercare di evadere tasse e contributi, a sfruttare il lavoro nero di lavoratori esterni, e a vivere continuamente sotto la spada di Damocle di pesantissime multe e denunce penali. E poi si è diffuso un altro strano fenomeno. Sempre più persone, nell’impossibilità di trovare un lavoro “vero” o il lavoro che vorrebbero, accettano di vivere in una situazione di precarietà o di sopravvivere con redditi da fame. Non si tratta però dei più incapaci; al contrario, spesso sono proprio le persone più motivate, capaci e intelligenti. Persone, a volte, con un’alta competenza e professionalità che, pur di svolgere il lavoro per il quale si sentono dotate, accettano di non guadagnare nulla o quasi. A questi si aggiungono milioni di lavoratori “in nero”, che ugualmente svolgono normali lavori con paghe dimezzate e senza tutele. E poi ci sono tutti quelli che dopo la scuola o l’università un lavoro non l’hanno mai trovato, e che per non restare con le mani in mano, partecipano ad attività di volontariato, naturalmente senza compenso, e così sopperiscono di fatto alle inefficienze dei principali servizi pubblici, portando aiuto ed assistenza ai nuovi poveri. Ma loro stessi, di che cosa vivono? Nella maggior parte dei casi sono mantenuti dalle loro famiglie, in attesa di un lavoro “vero” che non arriva. In effetti, se l’economia ancora si regge in piedi, se l’intera società non è collassata, se ancora lo stato non è andato in bancarotta come nei paesi dell’Est Europa, è prima di tutto merito loro. Sono loro che producono beni e servizi, spesso di alta qualità, a costi bassi; sono loro che consentono a molte aziende grandi e piccole di non chiudere nonostante il livello delle tasse. Moltissime aziende, anche marchi famosi, delegano gran parte della produzione a lavoratori esterni che operano in nero, e solo così riescono a mantenere i conti in ordine. Ugualmente molti problemi sociali, grazie al volontariato, non arrivano a diventare esplosivi e destabilizzanti.
Ma le condizioni generali di vita si sono gravemente deteriorate. Superficialmente l’Italia è un paese dove regna il benessere. Ma la gente, pur di mantenere il proprio status, o per non perdere il proprio lavoro ed evitare la morte civile, è stata costretta a pagare un prezzo terribile: non solo ha dovuto correre di più, ha anche quasi rinunciato ad allevare dei figli. L’Italia ha il tasso di natalità del 1,2 %, il più basso del mondo, e Ferrara ha il tasso dello 0,8 %, il più basso d’Italia.
Altro che società più umana e più giusta: il famoso “modello emiliano”, adottato da tutto il paese, ha avuto l’effetto di una pulizia etnica!
Non ci potrebbe essere dimostrazione migliore che il bizzarro paese di Balnibarbi, dove gli intellettuali fanno disinformazione, i progressisti fanno arretrare la società, i difensori dello stato sociale hanno perpetrato i più colossali furti a danno delle categorie più deboli, i sindacati indicono scioperi contro la riduzione delle tasse e fanno aumentare disoccupazione e lavoro nero, gli ambientalisti non sono interessati alle soluzioni per l’ambiente e i pacifisti proteggono i regimi più sanguinari e guerrafondai del pianeta, il paese insomma in cui tutto funziona alla rovescio, è sicuramente l’Italia.