Presentazione

Al centro del discorso che il sito di Ecofantascienza cerca di portare avanti, c’è il nostro giudizio sulla società moderna. Che non è la causa di ogni male come molti pensano, ma l’unico modello sostenibile sul piano sociale e alla lunga anche sul piano ambientale mai comparso nella storia umana.
Prima di tutto essa è l’unica sostenibile sul piano sociale. Ha migliorato le condizioni di vista al punto che in media mondiale la sua lunghezza è triplicata. Oggi il 15% della popolazione vive nei paesi sviluppati, il 75 /80 % negli emergenti e il resto in paesi che ancora non hanno imboccato la strada della crescita o che addirittura combattono la società moderna.
Ma questa stessa società moderna, dopo la fase di crescita che porta dalla povertà al benessere, è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale.
Tutte le società del passato erano in crescita demografica esponenziale, che è il paradigma dell’insostenibilità. Producevano i loro beni con tecniche primitive e in quantità insufficiente. Non riuscivano a soddisfare i bisogni primari, e poiché i problemi di sopravvivenza hanno la precedenza su tutto il resto, non si preoccupavano dell’ambiente.
I paesi sviluppati invece, e quelli emergenti seguono a ruota, hanno raggiunto la stabilità demografica, producono i beni di cui hanno bisogno in maniera molto più efficiente e, dato che hanno già soddisfatto i loro bisogni più importanti, sono interessati a salvaguardare l’ambiente.
Una volta i contadini, a causa della bassa produttività agricola e di una crescita demografica fuori controllo, sfruttavano anche i terreni più poveri delle zone di montagna e, come in Italia, avevano ridotto al minimo la superficie dei boschi. I boschi stessi erano super sfruttati per la legna, che era l’unico combustibile per cucinare e per scaldarsi in inverno. Infine, nella perenne ricerca di qualcosa da mangiare, avevano sterminato la fauna selvatica.
La gente comune viveva in condizione di povertà estrema, non possedeva nulla e non aveva diritti. Abitava in baracche di legno o in tuguri malsani e sovraffollati, si vestiva di stracci ed era di bassa statura perché non assumeva abbastanza proteine. Era priva di istruzione, poteva spostarsi solo a piedi ed era esposta a violenze, carestie ed epidemie. Quasi la metà dei bambini moriva prima dei cinque anni e la lunghezza media della vita era di soli 24.
La crescita demografica esponenziale era anche la causa che rendeva inevitabili le profonde disparità sociali che oggi abbiamo dimenticato: una piccola minoranza di nobili che viveva di rendita aveva tutto il potere, tutta la ricchezza e ogni altro privilegio, mentre il resto della popolazione non possedeva nulla ed era in uno stato di schiavitù di nome o di fatto.
Oggi invece la gente comune gode di condizioni di vita che nessuno una volta avrebbe potuto anche solo immaginare. È ben nutrita, istruita, curata da un sistema sanitario efficiente, tanto che l’aspettativa di vita media in Italia ha raggiunto gli 83 anni. Ha anche delle possibilità di informarsi e di viaggiare che i sovrani onnipotenti del passato non potevano nemmeno sognare. Vive in case spaziose e accoglienti, pulite e riscaldate in inverno e in una società molto meno violenta nella quale il numero di omicidi è decine di volte più basso. Tutto questo è merito della società moderna, cioè della rivoluzione scientifica e tecnologica, dell’economia di mercato e della libertà.
Ma oggi molti si chiedono: questo straordinario aumento del benessere è sostenibile sul piano ambientale?
Gli italiani hanno raggiunto da tempo l’equilibrio demografico, che è la condizione fondamentale della sostenibilità. Ma per arrivarci è stato necessario passare attraverso la transizione demografica che ha moltiplicato la popolazione iniziale di circa sette o otto volte. Quindi l’agricoltura ha dovuto produrre molto più cibo, anche perché nel frattempo sono aumentati i consumi pro capite.
Nella prima fase della crescita, quando c’era bisogno di più cibo ma l’agricoltura era ancora quella tradizionale, aumentava la pressione sul territorio. Ma poi le moderne tecniche agronomiche hanno aumentato a tal punto le rese per ettaro che l’impatto sull’ambiente è addirittura diminuito.
Lo dimostra il fatto che in Italia nel dopoguerra la superficie dei boschi è più che raddoppiata. E ai boschi, che sono anche meno sfruttati, bisogna aggiungere molte aree aperte in zone di montagna, una volta sfruttate da un’agricoltura e da una pastorizia di sussistenza, che sono state abbandonate e oggi sono tenute a prato dagli erbivori selvatici. Questo perché nel frattempo è tornata la fauna selvatica.
Con il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale la produzione degli altri beni è cresciuta ancora di più di quella agricola e di conseguenza sono aumentati in maniera evidente l’inquinamento e l’impatto ambientale. Ma poi nel corso degli anni Settanta, man mano che i mercati dei beni materiali venivano saturati, a seconda dei settori la produzione si è stabilizzata, è diminuita o è crollata, per essere sostituita da quella dei servizi che oggi occupano i tre quarti dell’economia. Ma i servizi sono beni immateriali la cui produzione ha un impatto ambientale molto minore.
Inoltre i beni di cui abbiamo bisogno li produciamo con sempre maggiore efficienza, cioè consumando meno risorse naturali, che è quello che conta dal punto di vista ambientale. Infine, una volta soddisfatti i bisogni primari, passano in prima linea dei bisogni più sofisticati, soddisfatti dall’economia dei servizi, tra cui quello di salvaguardare l’ambiente. Pertanto la società moderna è anche l’unica che ha l’interesse, la capacità e i mezzi per ridurre al minimo la pressione delle attività umane sugli ecosistemi naturali.
La situazione dell’Italia ricalca quella dei paesi sviluppati. Per quanto riguarda gli emergenti, essi stanno percorrendo questa stessa strada con solo qualche decennio di ritardo. E non lo si può negare, perché la loro crescita travolgente sta avvenendo sotto i nostri stessi occhi.
Però dato che la loro popolazione è molto più numerosa, essi hanno aumentato in misura preoccupante la pressione sull’ambiente. Tuttavia, come è già avvenuto nei paesi che si sono sviluppati per primi, man mano che si modernizzano anche il loro impatto ambientale è destinato a diminuire. Cosa che del resto sta già avvenendo.
Ci sono ancora delle foreste che vengono abbattute per il legname e per espandere pascoli e coltivazioni, ma c’è anche un flusso costante di popolazione che si trasferisce dalla campagna alla città (come è avvenuto da noi nella prima metà del dopoguerra). E i terreni abbandonati, ancora più in fretta nella fascia tropicale, vengono subito riconquistati dalla foresta, tanto che già da molti anni la ricrescita supera gli abbattimenti.
E per quanto riguarda gli altri beni, anche le loro economie si stanno spostando dai beni materiali ai servizi, con le stesse benefiche conseguenze. Inoltre anche in questi paesi, man mano che l’economia arriva a soddisfare i bisogni primari, cresce l’interesse per l’ambiente. Vengono istituiti dei parchi naturali e si lavora per tutelare le specie a rischio. Infine oggi stiamo raggiungendo la stabilità demografica anche su scala globale, perché è dalla metà degli anni Novanta che in media mondiale il numero di nuovi nati ha smesso di aumentare.
Tutto questo dimostra che la società moderna, nonostante i problemi della crescita, è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale. I danni all’ambiente devono essere considerati un’eredità del passato, cioè di società in perenne crescita demografica e che producevano i loro beni in maniera altamente inefficiente.
Eppure, nonostante questi risultati straordinari, la società moderna ha molti nemici. Le vecchie classi dominanti hanno fatto ogni possibile resistenza contro il nuovo ordine sociale. Inoltre nell’Ottocento è nata un’ideologia che accusa la società “capitalista” di essere la causa delle ingiustizie sociali.
Marx, vissuto a lungo nell’Inghilterra che si stava industrializzando, non ha compreso questa epocale trasformazione. Non ha capito le leggi del mercato, che non sono state inventate dai “capitalisti”, ma che regolano gli scambi commerciali da migliaia di anni. Marx ha elaborato una propria visione della realtà, suggestiva ma profondamente sbagliata, che continua a confondere molte coscienze.
Anche le ingiustizie sociali non nascono nell’800. Marx non ha capito che i contadini facevano la fila per farsi assumere nelle nuove fabbriche, nonostante le paghe basse e i pesanti turni di lavoro, perché almeno lì il lavoro aveva un orario, la paga era sicura e perché adesso erano delle persone libere e non dei servi sempre a disposizione di un padrone.
L’ideologia marxista ha ispirato i regimi di tipo sovietico, nei quali la libertà e il mercato erano stati aboliti, mentre l’innovazione tecnologica era stata messa al servizio del solo apparato militare.
Dopo il crollo del regime sovietico i paesi “satelliti” hanno finalmente cominciato a crescere e gradualmente stanno raggiungendo, e in qualche caso hanno già raggiunto, gli altri paesi europei, dimostrando che l’Unione sovietica era una sorta di tappo che impediva loro di sfuggire alla povertà e al sottosviluppo.
Anche la Russia aveva cominciato a crescere, ma poi è finita di nuovo sotto il tallone di una dittatura. Il vecchio apparato burocratico militare dell’epoca sovietica ha ripreso il sopravvento. Esso non ha più la giustificazione ideologica del marxismo: è solo la solita dittatura predatoria che, ancora una volta, sta impedendo a questo grande paese di uscire dalla povertà e dal sottosviluppo. Infine, per compensare i propri inevitabili fallimenti, essa ha intrapreso una guerra che sta producendo grossi danni non solo all’Ucraina, ma alla Russia stessa.
L’Unione sovietica e l’ideologia marxista hanno fatto gravi danni anche in molte altre parti del mondo. La Cina maoista è rimasta bloccata per molto tempo su livelli bassissimi. L’India, pur essendo una democrazia, aveva come modello l’economia statalizzata di tipo sovietico che per molto tempo ha rallentato la sua crescita, mentre in Africa le dittature marxiste hanno provocato disastri tali da ritardane lo sviluppo per almeno trent’anni.
Ma il modello di economia sovietica e le idee del marxismo hanno fatto e continuano a fare grossi danni anche ai paesi più sviluppati, che pure hanno raggiunto il loro alto livello di benessere grazie al modello dell’economia e della società moderna.
In questi paesi c’erano dappertutto dei partiti comunisti o socialisti che si ispiravano all’ideologia marxista e che nel periodo della guerra fredda erano apertamente schierati dalla parte dell’Unione sovietica.
Si potrebbe pensare che quando questo regime totalitario è fallito l’ideologia che l’aveva ispirato sia stata abbandonata. In realtà questo è avvenuto in molti paesi, perché quasi tutto il mondo ha capito cosa doveva fare per sconfiggere la povertà, e da allora lo sta facendo con risultati straordinari. Però paradossalmente le idee del marxismo si sono diffuse nei paesi ricchi, nonostante che essi siano diventati tali proprio grazie alla società moderna.
Quando è crollata l’Unione sovietica i partiti comunisti dei paesi occidentali hanno cambiato nome. Però, invece di prendere atto del loro fallimento (è difficile ammettere di avere fatto la cosa sbagliata per tutta la vita), non solo hanno continuato la loro guerra contro la società “capitalista”, ma hanno deciso di intensificarla. Per questo i marxisti sono diventati ambientalisti, perché hanno capito che sfruttando i sentimenti pro ambiente della gente (merito della società moderna), potevano fare gravi danni all’economia. E all’accusa alla società in cui viviamo di essere la causa delle ingiustizie sociali hanno aggiunto quella di essere responsabile dei danni all’ambiente.
Oggi essi parlano del divario tra i paesi ricchi e quelli poveri. Ma hanno messo sotto accusa proprio l’economia di mercato, la crescita economica e lo sviluppo, che sono l’unica strada conosciuta per sconfiggere la povertà e colmare questo divario.
Poi parlano dei problemi dell’ambiente e del riscaldamento globale. Però hanno ostacolato o bloccato tutte le soluzioni migliori che abbiamo per diminuire il consumo dei combustibili fossili, che hanno preteso di sostituire con le “energie alternative”, che però non funzionano o funzionano molto peggio e sono anche molto costose e impattanti.
Purtroppo queste idee sbagliate non sono state contrastate dallo schieramento politico opposto perché la destra, liberale o non che sia, non ha una propria elaborazione dei temi ambientali. E dato che questi sono diventati così importanti per l’opinione pubblica, essa ha adottato l’unica esistente che è quella inventata dalla sinistra.
I nemici della società moderna, stravolgendo i dati scientifici, hanno anche trasformato l’anidride carbonica, che è il principale fattore di crescita delle piante, nel principale nemico della natura e dell’ambiente. In realtà nei dati storici non c’è mai alcuna relazione tra il tasso di anidride carbonica e la temperatura globale, mentre invece è il sole la causa principale che influenza il clima. E oggi l’ipotesi solare può anche essere verificata.
Gli allarmi ingiustificati sul clima hanno ispirato la politica dell’Europa che ha imposto ai paesi membri le finte soluzioni delle energie alternative, dell’auto a idrogeno e dei biocarburanti, nonostante i loro costi astronomici e l’evidenza della loro inutilità.
Infatti è facile dimostrare che, se lo scopo è quello di diminuire l’uso dei combustibili fossili, ci sono delle soluzioni molto più efficaci, che invece di ammazzare l’economia la rafforzano. Esse vanno dalle auto elettriche al teleriscaldamento alle centrali nucleari, che però non interessano o vengono osteggiate e impedite.
I nemici della società moderna hanno messo sotto accusa anche i vaccini, l’ingegneria genetica applicata all’agricoltura, le centrali a turbogas, i rigassificatori ecc. E hanno convinto l’opinione pubblica che eolico, fotovoltaico e auto a idrogeno possano davvero soddisfare il fabbisogno energetico di un paese. Ma i problemi pratici devono essere giudicati sulla base dei dati della realtà, non di un’ideologia ottocentesca bocciata dalla Storia!
E anche la società in cui viviamo deve essere giudicata sulla base dei dati storici, i quali dimostrano che in tutte le altre epoche storiche e civiltà le condizioni di vita erano quelle di una miseria assoluta e di disparità sociali infinite e che è stata proprio la società moderna a sconfiggere la povertà e a rendere la società molto meno ingiusta.
Purtroppo bisogna riconoscere che in Italia la guerra alla società capitalista, giustificata con dei falsi pretesti ambientali e buonisti, è stata un grande successo. Infatti essa ha provocato una crisi economica devastante che dura dal 2008, ha aumentato la disoccupazione, ha messo in difficoltà milioni di famiglie e ha causato un preoccupante crollo della natalità, mentre non ha diminuito il consumo dei combustibili fossili. È questo il risultato che si voleva ottenere?
Eppure questo è solo l’inizio. Con l’Accordo di Parigi dell’anno 2015, firmato da quasi tutti i paesi occidentali, i nemici della società moderna stanno cercando di imporci, con il pretesto della lotta contro il cambiamento climatico, dei costi iperbolici che distruggerebbero la nostra economia e il nostro livello di vita, sempre in cambio di nulla. Invece di investire nelle tecnologie che potrebbero davvero sostituire i combustibili fossili, i paesi dell’Europa e dell’America si stanno impoverendo con l’unico risultato di lasciare alla Cina il monopolio di tecnologie strategiche come quelle delle batterie delle auto elettriche. Inoltre l’Europa e l’America, sempre con questi falsi pretesti ambientali, da anni stanno bloccando i finanziamenti alle infrastrutture di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita, l’unica strada conosciuta per uscire dalla povertà. Ed è un paradosso della Storia che sia la Cina a promuovere lo sviluppo di molti paesi poveri, compresi quelli dell’Africa.
I cinesi non sono andati in Africa per fare della beneficienza, ma per fare i propri interessi e anche per ampliare la propria sfera di influenza, ma bisogna ammettere che lo sviluppo recente del continente africano è merito della Cina.
Insomma è necessario che i paesi occidentali abbandonino la follia della “lotta contro il cambiamento climatico”, della decarbonizzazione e delle energie alternative e che investano invece nelle soluzioni migliori che abbiamo per diminuire l’uso del carbone e del petrolio (perché l’inquinamento uccide ogni anno cinque milioni di persone, mentre il gas naturale non inquina e produce solo un po’ di anidride carbonica che è benefica per l’ambiente e per l’agricoltura).
Essi dovrebbero anche fare concorrenza alla Cina nella promozione dello sviluppo e diminuire i dazi invece di aumentarli.
In politica la destra si contrappone alla sinistra. Ma c’è una destra liberale che promuove la crescita economica e lo sviluppo, come sta facendo il piano Mattei che finalmente sta investendo sullo sviluppo dei paesi africani, e una destra che soffoca il commercio aumentando i dazi e soffocando l’economia di mercato.
La società moderna ha ottenuto dei risultati straordinari. Ha liberato o sta liberando da una povertà abietta quasi tutta la popolazione. Ha abolito i titoli nobiliari e la schiavitù e ha reso la società molto più giusta. Sta mettendo fine alla crescita demografica: un altro risultato epocale. Negli ultimi decenni ha abbattuto l’impatto ambientale nei paesi sviluppati e oggi sta cominciando a fare la stessa cosa negli emergenti. E la situazione sarebbe ancora migliore se non fossero state criminalizzate e impedite tutte le tecnologie migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, che sono quelli della produzione del cibo e dell’energia, sia nei paesi più sviluppati che in quelli emergenti.
La società moderna è la rivoluzione più grande della Storia; anzi, è la rivoluzione più grande da quando è comparsa sul pianeta la specie Homo sapiens. Una rivoluzione profonda, la rivoluzione più importante di tutte, perché è quella che ha sconfitto o sta sconfiggendo in tutto il mondo la miseria assoluta e le disparità sociali infinite di tutte le altre epoche. Dobbiamo solo proseguire su questa strada.