Proposta per i problemi del traffico di una città italiana

In Italia i problemi del traffico possono quasi essere definiti drammatici.

Le strade urbane sono perennemente intasate da un traffico caotico e da file continue di auto in sosta, mentre quelle extraurbane e le autostrade devono sopportare quasi tutto il traffico merci con strutture che sono ancora quelle di trenta o quarant’anni fa. E anche la manutenzione del manto stradale e la segnaletica sono quasi sempre su standard insufficienti

I costi sono altissimi: gli incidenti stradali provocano ogni anno un numero altissimo di vittime, e danni che ammontano al 2,5% del Prodotto Interno lordo. Ai danni degli incidenti stradali vanno poi aggiunti i costi dovuti alle perdite di tempo per gli intasamenti di strade e autostrade, e infine i costi del continuo rallentamento del traffico urbano.

Finalmente (ma con trent’anni di ritardo) sono stati decisi interventi per l’adeguamento della rete autostradale, che puntano a superare i principali punti di crisi e i peggiori colli di bottiglia. Ma è altrettanto necessario affrontare i problemi del traffico che affliggono le città italiane.

Le città americane

La situazione delle città italiane è molto diversa da quella delle città americane, che viene proposta qui a titolo di confronto.

Le città americane non hanno centro storico, e le principali attività terziarie (uffici pubblici, sedi di società, grandi magazzini, cinema, ristoranti ecc.) cercano di insediarsi nel luogo che, sia dal punto di vista spaziale che dei collegamenti, è quello più centrale. Questo accentramento avviene in maniera spontanea, ed è funzionale dal punto di vista urbanistico, perchè quelle dei servizi sono le attività che richiamano i più grandi flussi di persone, attirate per ragioni di affari, di lavoro, per il disbrigo di pratiche amministrative, per acquisti, divertimenti ecc.

E’ del tutto naturale che queste attività tendano a collocarsi nelle zone più centrali, che sono anche quelle meglio collegate e più facilmente raggiungibili.

In queste aree il valore dei terreni è molto alto, e di conseguenza si cerca di sfruttare al massimo lo spazio costruendo edifici di molti piani e con una profondità maggiore rispetto alle normali case d’abitazione. Una soluzione che consente di sfruttare molto meglio la superficie disponibile. Inoltre gli edifici sono soggetti ad un veloce rinnovo, con demolizioni sostituite da nuove edificazioni, senza i vincoli e le limitazioni dei centri storici. Quando le città superano una certa dimensione, i problemi di collegamento con i quartieri residenziali vengono affidati ai servizi di trasporto pubblico, in particolare alle metropolitane. La grande concentrazione di volumetria edilizia in uno spazio ristretto contribuisce a rendere ancora più razionale il sistema urbano.

Le città italiane

La dislocazione delle attività commerciali e di servizi in uno spazio centrale e ben collegato, avviene spontaneamente ed è di per sè funzionale. La città di New York, per esempio, dove hanno sede una gran quantità di servizi e attività commerciali che richiamano ogni giorno grandi folle di visitatori, non ha praticamente problemi di traffico, mentre, per fare un altro esempio, una modesta città di provincia come Ferrara, è paralizzata ad ogni ora del giorno da un traffico caotico e da un problema parcheggi quasi irrisolvibile.

Il fatto è che a New York la quasi totalità di queste attività sono concentrate nel quartiere di Manhattan, dove confluisce l’intera rete metropolitana, che soddisfa quasi tutte le esigenze di spostamento delle persone. E per quanto riguarda i quartieri residenziali periferici, le necessità di spostamento degli abitanti non sono mai tali da creare particolari problemi.

In una tipica città italiana, invece, a complicare il quadro ci sono i centri storici.

Fino alla Seconda guerra mondiale i vecchi centri abitati potevano ancora far fronte alle esigenze di un terziario non ancora sviluppato. Nei primi decenni del dopoguerra l’Italia ha conosciuto una forte crescita, con processi di inurbamento che hanno comportando una veloce espansione delle città. L’economia si è trasformata da agricola a industriale, e poi in economia di servizi. I centri storici sono stati sottoposti alla pressione esercitata dalle nuove attività terziarie in cerca di spazio, e sono stati assediati da disordinate periferie.

La pressione congiunta del traffico automobilistico e delle nuove attività terziarie ha provocato, a seconda dei casi, lo snaturamento, la disgregazione o la totale distruzione degli antichi centri abitati.

L’esigenza di sempre maggiori superfici coperte ha portato in molti casi alla trasformazione delle antiche case d’abitazione in uffici e negozi, o alla loro demolizione per sostituirle con edifici di maggiori dimensioni. I palazzi antichi, quando non sono stati a loro volta demoliti, sono stati deturpati da ampliamenti e aggiunte che hanno occupato anche gli spazi dei cortili e delle poche aree verdi. Sul fronte strada, le esigenze di negozi e garages, hanno comportato aperture continue nelle pareti delle case con la demolizione di molti portali.

Una tale concentrazione di attività terziarie ha richiamato un traffico sempre più intenso, che le strette viuzze non sono in grado di sostenere. La mancanza di parcheggi ha aggravato la situazione, perchè le strade cittadine sono state occupate da file continue di auto in sosta che ne riducono ulteriormente la sezione.

Il grande afflusso di traffico verso il centro, l’inadeguatezza dei mezzi pubblici, le strade ridotte ad un’unica corsia, i sensi unici, i giri a vuoto alla ricerca di un parcheggio, hanno condotto i centri storici alla quasi totale paralisi.

Alla fine, dei vecchi centri abitati e dei loro antichi equilibri rimane ben poco: spesso persino i palazzi nobili e le chiese (quando non sono stati demoliti), sono stati snaturati da insostenibili modifiche nella destinazione d’uso. E anche il rimanente tessuto urbano fatto di edilizia minore, quando non è scomparso, è stato anch’ esso spesso associato a stridenti elementi di modernità.

Eppure tutto questo non è ancora bastato: da quando norme più restrittive hanno impedito nei centri storici nuove edificazioni e nuove distruzioni, l’ulteriore espansione delle attività terziarie ha dovuto trovare sfogo altrove, e grandi magazzini, sedi di società e uffici pubblici si sono distribuiti a caso nei quartieri residenziali di periferia.

Così anche le periferie sono state investite da un traffico aggiuntivo rispetto a quello dei soli residenti, e il caos urbanistico dell’età dell’automobile ha fatto il resto.

Prima che si diffondessero le automobili, i centri abitati erano stati sempre costruiti in maniera compatta e il più possibile ordinata, in modo che le distanze potessero essere percorse anche a piedi. Con l’avvento delle auto, invece, dato che si poteva arrivare facilmente dappertutto, la pianificazione dei nuovi quartieri non sembrava più necessaria. E così anche i nuovi quartieri residenziali sono soffocati da un traffico sempre più intenso e caotico.

La città di Ferrara, nonostante un centro storico di grandi dimensioni e una crescita economica nel dopoguerra relativamente modesta, non fa eccezione.

Storia urbanistica di Ferrara

Il primo nucleo abitato nasce probabilmente in epoca romana, anche se le prime notizie certe della sua esistenza risalgono al VII secolo d.C. La città, situata in una zona ricoperta da paludi, si sviluppa prima linearmente, su quello che era allora l’argine del ramo principale del Po, e poi con caseggiati disposti trasversalmente, a pettine. Una tipologia che caratterizza anche le altre città lagunari dell’alto Adriatico come Comacchio, Venezia e Chioggia.

I primi abitanti avevano costruito le loro case sugli argini e sui dossi, cioè sui punti più rilevati, ma le successive fasi di crescita avrebbero richiesto la bonifica e il consolidamento di tratti di territorio paludoso. Per bonificare il terreno erano necessari lo scavo di canali di drenaggio e altre opere impegnative che solo la comunità nel suo insieme poteva intraprendere. Di conseguenza la crescita della città è sempre avvenuta in maniera pianificata, come sta a dimostrare la struttura regolare, detta appunto “a pettine”, delle aree urbane più antiche.

Ma Ferrara è rimasta una città lagunare solo per la prima parte della sua storia. All’inizio del dodicesimo secolo il corso principale del Po ha cambiato direzione riversandosi nel letto attuale, ed il territorio in cui sorge la città si è a poco a poco asciugato, i canali di drenaggio sono stati colmati e trasformati in strade, e l’antica città lagunare si è trasformata gradualmente in una città di terraferma.

L’abitudine della comunità a pianificare l’espansione urbana non è però venuta meno. Caratteristica peculiare di Ferrara, infatti, è che anche le successive fasi di crescita sono sempre avvenute attraverso “addizioni” urbanistiche, quasi tutte ancora riconoscibili nella pianta della città.

L’ultima di queste fasi di sviluppo, la più grande e quella meglio documentata, è l’addizione di Ercole I d’ Este, detta per questo “erculea”, che ha praticamente raddoppiato le dimensioni dell’area urbana tra il 1490 e il 1500.

Sono proprio questi piani urbanistici ben congegnati, le cui qualità si apprezzano ancora oggi, che hanno reso la Ferrara del Rinascimento la città più moderna d’Europa

La fine del ducato estense nel 1598 e la sua incorporazione nello stato pontificio, hanno provocato il rapido declino economico di questo importante centro di commerci, che doveva la sua fortuna al controllo dei traffici fluviali della Pianura Padana prima del loro sbocco in mare. Il trasferimento della corte estense a Modena, ed il soffocamento della sua vocazione commerciale attuato dalle autorità pontificie, hanno trasformato in pochi anni Ferrara in un centro rurale periferico, nel quale la base dell’economia era ora la rendita fondiaria.

Alla crisi economica è seguita la crisi demografica, che ha dimezzato la popolazione rispetto ai livelli massimi raggiunti sotto la dominazione estense. In questi due secoli e mezzo la crescita della città si è fermata; anzi la sua superficie è addirittura diminuita, perchè nei primi decenni del 1600 è stato spianato un intero quartiere di 20.000 abitanti per far posto ad una imponente fortezza militare.

E’ questa la situazione della città al momento della sua incorporazione nel regno d’Italia: un modesto centro rurale, sprofondato nella miseria più nera, ma insediato in uno dei più estesi e pregevoli centri storici italiani.

Nel ventennio fascista viene costruito un piccolo quartiere residenziale per pubblici funzionari nell’area prima occupata dalla fortezza (demolita a furor di popolo subito dopo la fine della dominazione pontificia), ma rimangono ancora inedificate vaste aree all’interno del perimetro, ancora intatto, delle mura rinascimentali.

Nel dopoguerra Ferrara, al pari delle altre città italiane, è stata investita dalla crescita economica e da massicci fenomeni di inurbamento, che sono stati comunque di portata più limitata rispetto a tutte le altre città dell’Emilia Romagna. La città ha anche raddoppiato le proprie dimensioni, riempiendo gli spazi vuoti all’interno dell’addizione erculea, ed espandendosi poi oltre la cinta con una crescita casuale e disordinata, tipica dell’Italia di questo periodo.

Anche Ferrara quindi, nonostante una minore crescita economica e un centro storico di grandi dimensioni, non fa eccezione. Dalla pressione delle nuove attività terziarie si salvano, all’interno delle mura, le aree ad esclusiva destinazione residenziale, mentre tutti gli assi portanti del traffico, sia all’interno che all’esterno, sono impegnati da un traffico intenso, con ingorghi e rallentamenti sempre più frequenti.

Una proposta per Ferrara

Ma se questa è la situazione, cosa si può fare per decongestionare il centro storico di Ferrara (e delle altre città italiane), riqualificarlo e valorizzare la sua vocazione turistica? E cosa si può fare per rendere più vivibili i quartieri residenziali di periferia? La prima cosa da fare, la più semplice e la meno costosa per una città come Ferrara, è costruire piste ciclabili.

Negli ultimi anni per incentivare le due ruote molto è stato fatto. Sono state realizzate diverse piste ciclabili o piste protette per biciclette, compresa quella di via Bologna. Oltre al quartiere di via Bologna, il più importante fuori dalle mura, sono state collegate anche diverse frazioni, cosa che avvicina la capitale italiana della bicicletta al resto dell’Europa e in particolare alle città tedesche.

Ma la bicicletta da sola non basterà, e non basterebbero nemmeno i supermercati virtuali. Se venissero incentivati, comunque, i consumatori potrebbero fare i loro acquisti su Internet, risparmierebbero tempo, e un unico furgoncino che porta a casa la spesa settimanale a trenta famiglie potrebbe sostituire altrettante automobili che attraversano la città per andare al supermercato.

Ma occorre pensare anche a soluzioni che abbiano lo scopo di alleggerire il centro e le periferie dalla pressione di tutte quelle attività commerciali e di servizi che richiamano i maggiori flussi di traffico.

Nel quartiere Centro (la parte più centrale del centro storico che gravita intorno al Castello Estense), i residenti sono ormai diventati rari. Se gran parte delle attività terziarie potessero insediarsi altrove, in un luogo adatto, ecco che diminuirebbero sia il traffico che le necessità di parcheggio. E il problema verrebbe risolto, non come ora ponendo limiti al traffico cioè comprimendo dei bisogni reali, ma riducendolo di dimensioni.

Un luogo adatto, anche se non molto grande, a Ferrara esiste. Come si può vedere dalla piantina, lo spazio una volta occupato dalla fortezza pontificia, viene ora a trovarsi nel baricentro della città. Quest’area, dopo lo smantellamento della fortezza, era rimasta inedificata per circa settant’anni, finchè negli anni Trenta è stato costruito il quartiere Giardino. Ma ancora all’inizio del dopoguerra metà di questa superficie era ancora libera.

Se questa grande spianata fosse stata usata per concentrarvi le attività terziarie, il centro storico avrebbe potuto conservarsi integralmente, le periferie sarebbero ora tranquille aree residenziali, il traffico sarebbe dovunque molto più scorrevole, e nel complesso la città sarebbe un luogo migliore in cui vivere.

Quest’area non è solo baricentrica, ma anche quella più centrale dal punto di vista dei collegamenti. E’ facilmente raggiungibile a piedi o in bicicletta da tutto il centro storico, più i quartieri di via Bologna e di Via Padova. Poi è vicina alla stazione ferroviaria e all’asse di Viale Cavour, che è quello percorso da quasi tutti gli autobus.

Attualmente gli spazi disponibili in quest’area sono due: quello occupato dallo stadio di calcio, e quello poco distante dell’ex mercato ortofrutticolo. Lo stadio potrebbe essere ricostruito a Nord delle mura, in una zona già destinata ad usi di questo tipo. Del resto è assurdo che una struttura di queste dimensioni, che viene usata solo un pomeriggio ogni due settimane, occupi un’area così strategica dal punto di vista urbanistico.

Ferrara non ha grandissime esigenze, e in una superficie di metri 250 per 180 quale quella occupata dallo stadio, si potrebbe realizzare una notevole volumetria edilizia. Non solo perchè vi si potrebbero costruire edifici di 8 o 9 piani, che non disturberebbero il centro storico e non sarebbero più alti della cortina di palazzi che prospettano su viale Cavour, ma anche perchè avrebbero una profondità di almeno 30 metri, e non di 10/12 come le normali case d’abitazione. Edifici così profondi e alti sono molto più funzionali per lo scopo cui devono servire, e risparmiano spazio. Qui si potrebbero trasferire gran parte degli uffici pubblici, degli studi professionali e delle attività commerciali che intasano il centro e sono disperse a caso nelle periferie.

La concentrazione di queste attività in un unico luogo, che è anche il più centrale e quello meglio collegato, renderebbe più funzionale l’intero sistema urbano.

Nel centro storico gli spazi lasciati liberi verrebbero restituiti all’uso abitativo. Il Comune avrebbe molti più utenti dei propri servizi a partire da quelli del trasporto pubblico, incasserebbe di più, e infine potrebbe meglio valorizzare la vocazione di Ferrara come città d’arte.

Un piano che guarda al futuro

Un centro di servizi in grado di decongestionare il traffico è l’unica vera soluzione, non solo per Ferrara, ma per tutte le città italiane (le città più grandi di centri ne potrebbero avere più di uno, ben collegati tra loro dalla rete metropolitana).

Delle due aree, quella occupata dallo stadio e più vicina alla stazione, verrebbe destinata ad attività che comportano una ridotta movimentazione di merci, mentre l’ex mercato sarebbe destinato ad ospitare, in un edificio a più piani adeguatamente attrezzato, esposizioni di mobili, elettrodomestici, mercati all’ingrosso ecc. ecc.

Al posto dello stadio, più o meno in corrispondenza delle tribune, potrebbero essere costruiti diversi edifici a circoscrivere una piazza, che diventerebbe un punto di richiamo del quartiere, con aiuole, fontane e panchine. I nuovi cantieri edili potrebbero dare una salutare spinta alla sempre malandata economia ferrarese.

L’autorità municipale dovrebbe assumersi l’onere della ricostruzione dello stadio, mettere a disposizione l’area e stabilire le specifiche dei nuovi edifici. Nello stesso tempo dovrebbe favorirvi l’insediamento delle attività terziarie e il ritorno degli abitanti nel centro storico.

Nel centro servizi dovrebbero trasferirsi gran parte degli uffici pubblici statali e comunali, poi banche, assicurazioni, associazioni di categoria, grandi magazzini ecc. A questo punto sarebbero indotti a trasferirsi anche molti studi professionali che lavorano a stretto contatto con gli uffici pubblici, poi un certo numero di negozi, ristoranti, sedi di società ecc.

Non tutti gli uffici pubblici, però, dovrebbero trasferirsi, perchè molti di essi occupano antichi palazzi o conventi che, venuta meno la loro destinazione originaria, non potrebbero più averne una diversa. Per esempio, è difficile immaginare che il Castello Estense, per tre quarti occupato da uffici pubblici, possa essere trasformato in appartamenti!

Ma in molti altri casi proprio la necessità di nuovi spazi e di grandi ambienti ad uso di uffici, banche o grandi magazzini, ha comportato stravolgimenti delle antiche architetture, con sovraedificazioni, “riempimenti” di cortili interni, aggiunte varie ecc. Inoltre moltissimi semplici appartamenti sono stati destinati a studi professionali, sedi di società e così via. Se in questi appartamenti ci fossero delle famiglie, le loro esigenze di spostamento, e di spostamento in macchina, sarebbero parecchie volte inferiori a quelle generate dallo studio, per esempio, di un notaio o di un commercialista.

Ma questo centro di servizi non attirerebbe a sua volta traffico? Se è vero che molta gente potrà arrivare fin lì con la bicicletta, con l’autobus o con il treno, la maggior parte, probabilmente, continuerà a preferire l’automobile. E poi ci sarà il carico e lo scarico delle merci. Quest’area, e tutte le vie di adduzione, sarebbero in grado di sopportare questo traffico?

All’inizio, quando il centro servizi sarà ancora di dimensioni modeste, il traffico potrà essere agevolmente assorbito dalle strade esistenti. E per quanto riguarda le aree di sosta, costruendo degli edifici ex novo, si potrebbero realizzare parcheggi sotterranei in grado di far fronte ad ogni esigenza. Ma, man mano che il centro servizi crescerà di dimensioni, diventerà sempre più conveniente l’uso dei bus navetta e dei parcheggi scambiatori. Le corse diventerebbero più frequenti, e le navette più comode da usare.

Una volta esaurito questo spazio, sul quale si potrebbe realizzare una superficie coperta di almeno 150.000 metri quadrati, ci sarebbe già un polo di dimensioni sufficienti per attirare altre attività terziarie. A questo punto sarà il mercato a darsi da fare per reperire nuovi spazi. Col tempo il centro servizi potrebbe espandersi in tutta l’area che era ancora inedificata all’inizio del dopoguerra. In ogni caso anche una realizzazione parziale di questo progetto avrà comunque l’effetto di decongestionare il centro e migliorare la situazione del traffico.

Il centro storico potrebbe essere finalmente riqualificato, con interventi di ripristino anche limitati, ma significativi. Si potrebbero chiudere alcune aperture di negozi e garages in luoghi di pregio, migliorare l’arredo urbano e liberare dalle auto in sosta alcune delle vie più belle del centro. Avendo più mezzi si potrebbe pensare ad interventi più impegnativi, come per esempio la ricucitura e il ripristino di parti del tessuto urbano andate perdute nei decenni passati. La riqualificazione del centro storico a sua volta consentirebbe di meglio valorizzare sua la vocazione turistica.

L’uscita dal centro di un certo numero di uffici pubblici, banche, grandi magazzini, qualche negozio, ristorante, studi professionali ecc. non comporterebbe penalizzazioni per chi rimane, perchè tutti questi servizi sarebbero comodamente riuniti in un unico luogo poco distante.

Anche i quartieri di periferia, meglio collegati con il centro, con meno traffico e più spazi a disposizione, potrebbero essere riqualificati. Per esempio realizzando cunette e restringimenti delle sedi stradali per rallentare il traffico, migliorando l’arredo urbano e costruendo nuove piste ciclabili, e tutta la città diventerebbe più tranquilla e più piacevole da vivere.

Se poi al posto delle automobili di oggi ci fossero le auto leggere (Vedi racconto “Auto leggere“) le strade cittadine potrebbero essere liberate dalle file di auto in sosta perenne, e si potrebbe vivere ancora meglio. Ma questa, per adesso, è ancora fantascienza.