ALIMENTAZIONE E SALUTE - THE CHINA STUDY

Ecco un libro importante. The China Study (1), questo il titolo anche nella versione italiana, presenta in maniera chiara ed esauriente i risultati della ricerca scientifica sul rapporto alimentazione e salute. Indagini pluridecennali, prima sui modelli animali e poi su soggetti umani, dimostrano che maggiore è il consumo di cibi di origine animale, più alto è il rischio di incorrere nelle malattie degenerative tipiche della società moderna, che sono dette anche per questo “malattie del benessere”. Viceversa, maggiore è la presenza nella dieta di frutta, verdura e carboidrati provenienti da cereali integrali, maggiori sono i vantaggi. E si tratta di conclusioni molto solide, che non potranno più essere smentite da ulteriori ricerche. Cardiopatie, cancro, obesità, diabete e molte altre malattie degenerative e autoimmuni possono essere prevenute, e anche a volte fatte regredire, semplicemente modificando la dieta. Un’alimentazione sana e naturale, che deve essere per questo in prevalenza vegetariana, è quindi l’unica vera cura di queste malattie, mentre i farmaci e la chirurgia possono riparare solo qualche danno. Questo libro costituisce una lettura indispensabile per chiunque, grasso o magro, sano o malato, sia interessato alla propria salute.


La dieta ideale sulla base dei nostri adattamenti alimentari.
Un modo per affrontare il problema degli effetti dell’alimentazione sulla salute, è ricostruire le tappe principali della nostra evoluzione biologica, e in particolare il nostro adattamento nei confronti dei cibi che consumiamo.
Alla base c’è il principio secondo il quale un adattamento alimentare, se non è mai venuto meno, più è antico più è profondo. E più l’adattamento del nostro organismo è profondo, più è difficile immaginare che quel determinato alimento possa procurare danni o inconvenienti di qualche tipo.
Sicuramente i cibi a cui siamo meglio adattati sono quelli vegetali. Infatti i nostri lontani progenitori vissuti decine di milioni di anni fa erano scimmie frugivore che vivevano sugli alberi e si nutrivano di frutti, bacche, noci, germogli ecc. Tutti cibi che non abbiamo mai abbandonato.
Questo è quindi il nostro adattamento alimentare più antico e profondo. Poi 6 / 8 milioni di anni fa abbiamo attraversato una fase in cui ci siamo parzialmente adattati alla vita acquatica e abbiamo acquisito tutte quelle caratteristiche anatomiche che ci differenziano dalle scimmie. In questo nuovo ambiente, costituito dalle spiagge marine, abbiamo aggiunto alla nostra dieta i frutti di mare, alcuni pesci, le uova degli uccelli e la carne di alcuni mammiferi. Tutti alimenti che possiamo anche mangiare crudi (vedi la descrizione della “teoria acquatica” nell’articolo “Perché gli esseri umani sono diversi”.
Infine, con il controllo progressivo del fuoco, da circa due milioni di anni la nostra dieta si è arricchita di tutti quei cibi, animali e vegetali, che possiamo mangiare solo dopo averli cotti. In particolare i cereali, i legumi e le radici e i tuberi che necessitano di un bastone da scavo. Infine gli animali che richiedono elaborate tecniche di caccia e di pesca.
Il latte e i latticini, invece, risalgono a tempi molto più recenti, cioè all’epoca in cui è iniziato l’allevamento degli animali, che precede di poco l’agricoltura. L’adattamento verso di essi, quindi, è limitato e incompleto, nonostante che per molti aspetti il latte possa sembrare l’alimento ideale. Lo è ovviamente per i lattanti, ma non necessariamente per gli adulti.
Utile è anche il confronto con la dieta delle ultime popolazioni di cacciatori – raccoglitori, cioè delle ultime popolazioni che vivevano di un’economia pre agricola. Presso di essi i cibi di origine vegetale erano largamente prevalenti ed erano consumati con continuità, tutti i giorni, mentre la carne dipendeva dalle fortune della caccia, ed il suo consumo era molto più limitato e discontinuo.
Quindi, sulla base dei dati riguardanti la nostra evoluzione biologica, la dieta ideale dovrebbe comprendere una larga prevalenza di alimenti vegetali, più una certa quantità di cibi di origine animale. Tutti dovrebbero essere naturali e integri, cioè non contaminati da sostanze estranee e non deprivati di qualcuno dei loro principi nutritivi. Pertanto dalla dieta dovrebbero essere esclusi i cibi impoveriti, per esempio quelli fatti con farine ridotte quasi ad amido puro, oppure quelli contenenti zuccheri industriali (cioè che sono stati ridotti a saccarosio puro) e sale raffinato, e anche quelli molto elaborati, cioè che hanno subito manipolazioni tali da allontanarli da uno stato di naturalità.
Essi dovrebbero essere sostituiti da cibi freschi e integri, da cui non possono mancare dosi abbondanti di frutta e verdura cruda. Anche le tecniche di cottura dovrebbero essere compatibili con quelle della preistoria, che sono la cottura per arrostimento e a stufato, mentre dovrebbero essere evitate, con poche eccezioni, la frittura e la bollitura. Infine i vegetali dovrebbero essere mangiati tutti i giorni e costituire la base dell’alimentazione, al contrario della carne che non dovrebbe essere presente con la stessa continuità.


Il confronto con i risultati dello Studio Cina.
Tutto quello che sappiamo sulla nostra evoluzione biologica conferma l’importanza dei vegetali freschi, naturali e integri. Ed è anche in grado di darci delle indicazioni sulle proporzioni degli alimenti che dobbiamo assumere. Però non è in grado di prevedere le conseguenze per la salute di un regime divergente da questo standard.
Questo importante risultato è stato invece ottenuto dallo Studio Cina, che ha dimostrato che i rischi per la salute sono limitati finché il consumo di proteine animali non supera il fabbisogno del nostro organismo (per un adulto circa il 5 / 6 % del suo fabbisogno calorico). Inoltre questa ricerca ha quantificato i rischi in funzione delle quantità di alimenti di origine animale presenti nella dieta. In pratica al di sopra di questo limite maggiore è il consumo, maggiori sono i rischi per la salute.
Un altro risultato dello Studio è l’avere chiarito che i cibi di origine vegetale sono in grado di coprire tutte le nostre esigenze nutrizionali, e che una dieta interamente vegetariana, anzi vegana, è priva di rischi. In altre parole i vegetali sono in grado di fornire tutti, o quasi tutti, i nutrienti di cui abbiamo bisogno, cioè i carboidrati, le proteine, i grassi, le vitamine, i sali minerali, le fibre e gli anti ossidanti. Però non proprio tutti, perché altre ricerche, per esempio, hanno messo in evidenza l’importanza della carnitina, che si trova solo nella carne.
Al contrario negli alimenti di origine animale sono presenti solo alcuni di questi principi nutritivi. Essenzialmente le proteine, i grassi e alcuni sali minerali e vitamine (quasi solo le vitamine A e D, il Calcio e il Ferro). Tutti gli altri nutrienti si trovano solo nei vegetali, che però possono contenere anche quelli presenti nei cibi animali. Per quanto riguarda le proteine, lo Studio dimostra che quelle vegetali, a differenza di quelle animali, non comportano rischi per la salute nemmeno se vengono assunte in quantità superiore al fabbisogno.
D’altra parte, pur avendo raccolto una grande mole di dati, lo Studio non è riuscito a mettere a fuoco tutti i dettagli. In particolare non è riuscito a fare distinzioni all’interno dell’ampia categoria dei cibi di origine animale, cioè non è stato in grado di determinare eventuali differenze tra la carne, il pesce, le uova, il latte e i latticini, nonché tra i cibi di origine animale crudi e cotti, e tra quelli cotti in un modo o in un altro.
Altri dati provenienti da ricerche indipendenti dimostrano però che questi cibi non sono tutti uguali. Da una parte, infatti, diversi studi hanno trovato un collegamento tra il consumo di latte e latticini e il diabete di tipo1, il cancro alla prostata e l’osteoporosi. Dall’altra le statistiche che riguardano il Giappone, dove non vengono consumati latticini e carni rosse, ma molto pesce in gran parte crudo, ci dicono che questo regime alimentare comporta rischi minori.
In conclusione già le statistiche dello Studio Cina dimostrano che un consumo limitato di cibi di origine animale comporta rischi ridotti. Se poi questi sono costituiti in prevalenza da pesce, sono cotti con metodi di cottura “naturali” e consumati solo qualche volta alla settimana, il danno per la salute dovrebbe essere trascurabile o nullo. Del resto è difficile credere che dei cibi presenti con una certa continuità nella dieta da circa due milioni di anni, e in maniera più discontinua da molto più tempo, possano ancora provocare inconvenienti di qualche tipo, sempre che vengano consumati nella misura e con delle modalità compatibili con quelle della preistoria.
A questo punto ci si può chiedere perché nell’epoca moderna si è diffusa l’abitudine di consumare i cibi di origine animale in misura così superiore al fabbisogno e tale da comportare gravi problemi di salute. La risposta è che questa è un’eredità dei secoli passati.
Nella società medioevale da una parte c’erano i nobili che avevano tutto il potere e tutta la ricchezza; dall’altra c’era la grande maggioranza della popolazione, estremamente povera, che di carne ne mangiavano ben poca. E i nobili, per distinguersi socialmente dagli altri, di carne ne mangiavano il più possibile. Per esempio il loro hobby era la caccia.
Di conseguenza mangiavano troppo pochi vegetali e, pur vivendo un po’ meglio, nemmeno loro godevano di uno stato di salute decente e morivano anch’essi prima del tempo. Quando poi la rivoluzione industriale migliorò le condizioni economiche di strati sempre più ampi della popolazione, i neo benestanti imitarono lo stile di vita di chi benestante lo era da sempre, e pertanto anche loro si abituarono a consumare troppa carne.
Dato che i ricchi vivevano comunque meglio dei poveri, tutti erano convinti che un più alto consumo di prodotti animali fosse benefico per la salute. E la scienza sembrava confermarlo, perché aveva scoperto che gli alimenti animali contengono tutti gli amminoacidi essenziali di cui abbiamo bisogno, mentre nessun vegetale li possiede tutti. Inoltre le proteine animali di solito hanno tempi di assimilazione più brevi, e anche questo convinse tutti che erano “di più alto valore biologico”.
Tutto faceva pensare, anche il costo, che la carne fosse l’alimento più importante della dieta, e migliore di qualsiasi vegetale. Ma le ricerche più recenti, a partire proprio dallo Studio Cina, hanno invece dimostrato che un alto consumo di proteine animali comporta molti problemi per la salute.
Per quanto riguarda poi gli amminoacidi essenziali, se è vero che nessun legume offre una copertura completa, è sufficiente l’associazione cereali – legumi, per soddisfare tutto il nostro fabbisogno.
Pertanto la ricetta per mantenersi in buona salute è molto semplice: diminuirne il consumo di carne, latte e latticini, aumentare il consumo di frutta e verdura e sostituire i cibi spazzatura con alimenti sani e naturali.
Limitare il consumo di animali d’allevamento vorrebbe dire anche assumere una quantità minore degli antibiotici che spesso sono presenti nella carne. Gli antibiotici sono dannosi per la flora batterica intestinale, che è importante per la salute quasi quanto il nostro sistema immunitario (vedi il libro “I buoni e i cattivi” di Jessica Snyder Sachs).
Infine non bisogna dimenticare le ricadute sull’ambiente di un minor consumo di proteine animali. Per produrre carne latte e latticini bisogna esercitare un impatto ambientale da cinque a dieci volte superiore rispetto ai vegetali. E’ necessario destinare delle grandi superfici agricole all’allevamento degli animali allo stato brado o alla produzione dei mangimi.
Ma anche la pesca sta esercitando una pressione insostenibile sugli ecosistemi marini. Pertanto diminuire questi consumi nella misura suggerita dagli scienziati, migliorerebbe la nostra salute e avrebbe anche delle conseguenze positive per l’ambiente.
Però non è necessario abolire la carne e il pesce. Ci siamo adattati a questi alimenti da diversi milioni di anni e per questo possiamo considerarci animali onnivori. Eliminarli del tutto dalla dieta non sembra saggio.
La situazione è paragonabile a quella dell’alcool. A meno che non si tratti di piccole quantità, l’alcool fa sicuramente male alla salute. Se ne beviamo troppo, quello che il fegato non riesce a smaltire entra in circolazione nel nostro organismo e dovunque arriva provoca dei danni: al fegato stesso, ai reni, al cuore, ai polmoni, al cervello.
Una volta per lo più il vino era autoprodotto dai contadini ed era spesso di qualità scadente. Ma se ne beveva molto perché le bevande fermentate distruggono gli organismi patogeni, e una volta la maggior parte delle malattie derivavano dall’acqua contaminata. Stesso discorso per la birra.
Oggi la qualità del vino è sempre su un livello accettabile e i dietologi consigliano di berne poco. Ma se ne beviamo di meno, c’è più spazio per la qualità. Non è necessario eliminarlo dalla dieta: una piccola quantità da sorseggiare è sufficiente per gustarne il sapore, mentre per togliersi la sete è meglio bere dell’acqua. Se il vino lo beviamo in quantità moderata, i benefici di un buon bicchiere a tavola possono superare i danni dell’alcool.
Si dovrebbe fare la stessa cosa con la carne, il pesce e i formaggi: mangiarne di meno ma di qualità migliore. Se la quantità diminuisce, c’è più spazio per migliorare la qualità. Del resto già da tempo le aziende italiane stanno puntando sulla qualità.
Inoltre un regime dietetico che non preveda la totale abolizione delle proteine animali potrebbe essere adottato più facilmente, e così un regime alimentare più sano potrebbe diffondersi più in fretta.
Puntare sulla qualità permetterebbe anche di conservare molti prodotti tradizionali, come è già avvenuto per il vino che è diventato un punto di forza del made in Italy.
Ma è necessario che la gente sia meglio informata, anche perché non si può pensare di tenere nascosto all’infinito quello che la scienza ha da dire sul rapporto tra l’alimentazione e la salute.




(1)
THE CHINA STUDY
Lo studio più completo sull’alimentazione mai condotto finora.
T. Colin Campbell PhD e Thomas M. Campbell II
Cesena (FC) - Macro Edizioni, 2011