REIMPOSTARE LA DISCUSSIONE SUL CLIMA
Qual è la causa del riscaldamento globale, l’anidride carbonica o il sole?
Gli allarmi sul clima si moltiplicano. Le banchise polari si stanno ritirando, così come i ghiacciai in montagna, e non c’è documentario naturalistico che non si concluda così: com’è bella la natura, peccato che il riscaldamento globale la stia distruggendo.
Oggi tutto quello che di negativo sta avvenendo nel mondo viene attribuito al surriscaldamento del pianeta, con la sola eccezione, per adesso, della caduta di meteoriti. E se non faremo qualcosa di drastico, se non abbandoneremo l’attuale modello di sviluppo, se non sostituiremo i combustibili fossili con le energie alternative, entro la fine del secolo lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente sollevamento dei mari sommergeranno le città costiere.
Ma è proprio vero?
Le macchie solari e la radiazione cosmica.
Il surriscaldamento del pianeta degli ultimi decenni non è in discussione. Quello che gli scienziati stanno cercando di capire è se esso sia stato causato dall’anidride carbonica che abbiamo aggiunto all’atmosfera bruciando combustibili fossili, oppure dal sole.
L’energia che ci arriva dal sole è la condizione perché ci sia la vita sulla Terra. Inoltre è sempre più evidente che l’attività della nostra stella non è costante e che gli alti e bassi della sua attività possono influenzare profondamente il clima terrestre.
Anche se nei pochi anni di osservazioni la radiazione solare che arriva sulla Terra per unità di superficie (costante solare) non è cambiata molto, ci sono altre manifestazioni della nostra stella che influenzano il clima terrestre e che sono molto più variabili. Però se potessimo conoscere il valore della costante solare per periodi più lunghi, probabilmente scopriremmo che anche questo fattore è variabile. Come si potrebbero spiegare altrimenti le glaciazioni e i cicli interglaciali?
Un importante indicatore dell’attività (magnetica) del sole sono le macchie solari. Esse sono state osservate per la prima volta da Galileo Galilei tra il 1609 e il 1610 e poco tempo dopo anche da altri astronomi.
All’inizio le osservazioni erano sporadiche perché erano fatte a occhio nudo, all’alba o al crepuscolo. Ma osservare il sole in questo modo è molto pericoloso, tanto che il Galilei ci ha rimesso la vista. Ma ben presto qualcuno si è accorto che si poteva osservare la nostra stella senza rischi proiettando su un foglio di carta l’immagine del sole formata dal cannocchiale. Da quel momento le osservazioni delle macchie solari da parte di diversi astronomi in Europa sono state sistematiche e continue, e di esse ci rimangono i disegni.
Insomma le macchie solari vengono osservate da più di 400 anni e in questo periodo esse hanno mostrato una grande variabilità. Tra il 1645 e il 1715 erano quasi del tutto scomparse. E la loro scomparsa, con un ritardo di 15 / 20 anni, è coincisa con il culmine della “piccola glaciazione”. Un periodo di grande freddo nel quale per esempio ogni anno il Tamigi a Londra ghiacciava e il ghiaccio era così spesso che sopra ci camminavano le carrozze e si tenevano i mercati. Ci furono anni in cui si era coperta di ghiaccio persino la laguna di Venezia.
E poi c’è un altro periodo, tra la seconda metà del Novecento e i primi anni Duemila, nel quale invece le macchie solari hanno raggiunto il loro livello più alto, che è coinciso con la temperatura massima raggiunta in questi quattro secoli.
La superficie del sole si trova ad una temperatura di 5.500 gradi, mentre la sua atmosfera, quella che si vede durante le eclissi e che chiamiamo corona solare, ha una temperatura di un milione di gradi. Inoltre è da questa atmosfera che nasce il vento solare.
Qual è la sorgente dell’energia che scalda l’atmosfera del sole e che alimenta il vento solare? Gli scienziati pensano che sia la sua forte attività magnetica, che nasce all’interno della stella, emerge attraverso le macchie solari e si estende in profondità nella corona. Le immagini ad alta risoluzione riprese dai satelliti mostrano degli enormi archi magnetici che nascono alla periferia delle macchie solari, che a poco a poco si deformano e alla fine si spezzano con una grande esplosione.
Quindi un maggior numero di macchie solari è il segno di una maggiore attività magnetica e di un più intenso vento solare. Inoltre la ricerca ha dimostrato che c’è un collegamento tra le macchie solari e la radiazione cosmica che raggiunge la Terra dallo spazio profondo. Infatti un vento solare più intenso devia una maggiore quantità di raggi cosmici e quindi riduce la radiazione cosmica che raggiunge la Terra.
Infine gli scienziati hanno scoperto, anche se non tutti i dettagli sono stati chiariti, che la radiazione cosmica favorisce la formazione delle nuvole. Pertanto se la radiazione cosmica è più intensa si formano più nuvole, e se ci sono più nuvole diminuisce la radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre, con la conseguenza che il pianeta si raffredda.
“Poiché diversi isotopi vengono prodotti dalla frammentazione di atomi colpiti dai raggi cosmici primari, è possibile determinare una variazione del flusso dei raggi cosmici misurando la concentrazione di questi isotopi - ad esempio, negli anelli degli alberi, nei nuclei di ghiaccio, nei sedimenti del fondo marino e nei meteoriti” (frase ripresa dal libro L’UNIVERSO NASCOSTO di Alessandro de Angelis – pag. 211).
Studiando questi isotopi gli scienziati hanno potuto ricostruire l’intensità della radiazione cosmica indietro nel tempo fino a 9400 anni fa. E questo dato lo hanno confrontato con il numero delle macchie solari registrato negli ultimi quattro secoli.
Questo confronto ha confermato che un numero più alto di macchie solari è correlato con una diminuzione della radiazione cosmica (vedi a pag. 221 del libro sopra citato il paragrafo “I raggi cosmici e il clima”, nonché i grafici della tavola 38 che mostrano che l’intensità della radiazione cosmica è inversamente correlata con il numero delle macchie solari).
Quindi se le macchie solari più numerose, attraverso una minore radiazione cosmica e una minore formazione di nuvole, esse causano un aumento della temperatura globale. Una conclusione che sembra confermata dalla constatazione che quando le macchie solari erano di meno faceva molto freddo, mentre quando erano più numerose il pianeta si è surriscaldato.
Qualcuno ha cercato di collegare i cicli di macchie solari più o meno alti di livello intermedio con il clima delle epoche corrispondenti, ma senza successo. Ma ciò lo si può spiegare osservando che quando il numero delle macchie solari è molto alto o molto basso, l’effetto è chiaramente visibile. Quando invece è su valori intermedi, gli altri fattori che influenzano il clima rendono meno evidente il contributo del sole.
Ma adesso c’è un’importante novità. Il picco delle macchie solari viene raggiunto ogni 11 anni, e gli ultimi due cicli (l’ultimo è del 2024) mostrano che il loro numero si è circa dimezzato rispetto ai sei cicli precedenti, quelli nei quali le macchie erano più numerose.
A questo punto, se l’ipotesi solare è corretta, e ci sono un mucchio di motivi per pensare che lo sia, dovremmo aspettarci un cambiamento del clima. Da almeno una dozzina d’anni la minore attività magnetica del sole sta indirettamente raffreddando il nostro pianeta, e questo potrebbe spiegare alcuni dati climatici recenti. Per esempio negli ultimi anni, e ancora di più nel 2024, nel Nord Italia le estati sono diventate più brevi perché sono aumentati i giorni di copertura nuvolosa.
Ad ogni modo i dati scientifici ci stanno dicendo che l’attuale fase di riscaldamento globale è destinata a finire. Non subito, però, perché prima è necessario che venga smaltito il calore che si è accumulato negli ultimi decenni, e in particolare quello che ha aumentato la temperatura superficiale dei mari e degli oceani.
Ancora per un po’ di tempo le perturbazioni che vengono dall’Atlantico porteranno aria e pioggia un po’ più calde, che continueranno ad alzare la temperatura in Europa e a rendere meno frequenti le nevicate in inverno. D’altra parte diversi anni sono già trascorsi, perché questo è il secondo ciclo in cui le macchie solari sono diminuite. Pertanto, se l’ipotesi solare è corretta, nel giro dei prossimi 5 o 10 anni dovremmo vedere dei segni inequivocabili di cambiamento: la neve dovrebbe riprendere ad accumularsi nei ghiacciai di montana e le banchise polari ad espandersi.
Rimangono però ancora alcune incognite. Nessuno al momento è in grado di prevedere come sarà, fra altri 11 anni, il prossimo ciclo delle macchie solari. Però i dati degli ultimi quattro secoli mostrano che i cicli con macchie solari più o meno numerose tendono a raggrupparsi, e gli ultimi due cicli potrebbero quindi indicare un cambiamento di tendenza.
Inoltre nessuno è in grado di spiegare perché le macchie solari hanno questa periodicità. Per capire questo e altri misteri negli ultimi anni sono stati mandati diversi veicoli spaziali ad osservare sempre più da vicino la nostra stella e la sua atmosfera.
Ma se il sole è la causa di gran lunga più probabile del riscaldamento globale, perché ci hanno fatto il lavaggio del cervello per convincerci che esso è stato causato dall’anidride carbonica?
Il ruolo dell’anidride carbonica.
La domanda è: perché si è voluto attribuire il recente surriscaldamento del pianeta all’anidride carbonica, con l’esclusione di qualsiasi altra possibile causa?
La risposta è che questa ipotesi si presta a mettere sotto accusa la società “capitalista”, la crescita economica e lo sviluppo. Infatti se questo gas serra è aumentato, è a causa delle attività umane, che così diventano responsabili anche di tutte le conseguenze negative, presenti e future, che sono state associate al riscaldamento globale.
Questa però è una grave forzatura. Innanzi tutto l’anidride carbonica non è il principale gas serra. Quello di gran lunga più importante è l’umidità atmosferica, perché è molto più abbondante. Ma non è altrettanto facilmente misurabile.
L’anidride carbonica si distribuisce uniformemente nell’aria, e bastano poche misure per sapere se aumenta o diminuisce. Questo non vale per il vapore acqueo. Ci sono regioni in cui l’aria è secchissima e altre in cui l’umidità è del 100%. Inoltre i venti spostano in continuazione le masse d’aria e le nuvole più o meno cariche di umidità. Pertanto se volessimo sapere se l’umidità atmosferica aumenta o diminuisce, dovremmo fare un numero infinito di misurazioni.
E poi, nonostante quello che hanno voluto farci credere, nessuno ha mai dimostrato che una maggiore quantità di anidride carbonica abbia un effetto riscaldante (o raffreddante). Questo perché la CO2, molto prima di essere un gas serra, nell’ambito del ciclo del carbonio è il principale fattore di crescita delle piante. E quando questo gas aumenta o diminuisce, causa una serie di conseguenze alcune delle quali hanno un effetto riscaldante e altre raffreddante. E queste conseguenze sono così complesse e intricate che non si possono seguire fino in fondo.
Le piante sono fatte principalmente di carbonio, e questo elemento lo prendono dall’aria dove si trova sotto forma di anidride carbonica. Sulla superficie delle foglie ci sono delle piccole aperture invisibili ad occhio nudo, dette stomi, attraverso le quali entra l’anidride carbonica. Se però questo gas è più abbondante, le piante possono assumere la CO2 di cui hanno bisogno lasciano gli stomi meno aperti. E dato che attraverso queste stesse aperture le piante disperdono del vapore acqueo, se c’è più anidride carbonica esse conservano una maggiore quantità di acqua e resistono meglio alla siccità. Inoltre, dato che il vapore acqueo è un gas serra, se le piante ne disperdono di meno, l’effetto è raffreddante.
Ma questa è solo una delle numerose conseguenze di una maggiore o minore quantità di anidride carbonica. In realtà la situazione è così complessa che nessuno ha mai dimostrato che l’anidride carbonica aggiunta all’atmosfera bruciando combustibili fossili è la causa del riscaldamento globale. C’è solo una coincidenza temporale tra l’alto livello attuale della CO2 e la temperatura raggiunta negli ultimi decenni, che però viene spiegata in maniera più convincente dalle variazioni dell’attività magnetica del sole.
Al riscaldamento globale sono stati attribuiti tutti i danni e le catastrofi possibili immaginabili. Certo, se la temperatura globale dovesse aumentare per dei secoli, ci sarebbero dei profondi cambiamenti a cui dovremmo adattarci. Però sia il più alto tasso di anidride carbonica che il riscaldamento globale avvenuto finora hanno quasi solo degli effetti positivi.
Sono tre i fattori principali che accelerano la crescita vegetativa: la temperatura, il tasso di umidità e quello dell’anidride carbonica. Di solito più alti sono questi valori, meglio è.
Sono state fatte molte ricerche per capire come si comportano le piante, coltivaste in un ambiente chiuso, quando l’anidride carbonica viene aumentata o diminuita.
Ogni pianta reagisce in maniera un po’ diversa, ma in generale maggiore è la quantità di anidride carbonica, più veloci sono la fotosintesi e la crescita vegetativa. Raddoppiando questo gas la velocità di crescita delle piante aumenta in media del 30%. Aumentando ancora la quantità, la crescita delle piante diventa ancora più veloce. Un fatto che viene sfruttato nelle coltivazioni in serra.
Spesso in inverno nelle serre viene bruciato un po’ di metano, che serve sia ad alzare la temperatura che ad aumentare il tasso di anidride carbonica. Se nelle serre è necessaria la presenza umana, ci si ferma ad un raddoppio o poco più, perché quando la percentuale è più alta ci sono dei problemi di respirazione. Ma nelle coltivazioni idroponiche dove non è necessaria la presenza umana la percentuale di CO2 viene alzata molto di più.
Quindi l’aumento dell’anidride carbonica avvenuto nell’ultimo secolo e mezzo è di per sé un fatto positivo. Se poi aggiungiamo una temperatura più alta e una maggiore umidità atmosferica (dovuta alla maggiore evaporazione dell’acqua del mare), oggi la velocità di crescita delle piante sia selvatiche che coltivate potrebbe essere più veloce di un buon 30 o 40% rispetto a qualche secolo fa.
Spesso ci si è lamentati del fatto che l’attuale tasso di CO2 è il più alto dell’ultimo milione di anni, come se questo fosse un fatto innaturale e negativo. In realtà più si va indietro nel tempo più aumenta nel lungo periodo il tasso di anidride carbonica atmosferico. Per esempio cento milioni di anni fa, all’epoca dei dinosauri, il tasso era 2,5 volte più alto di oggi, mentre nell’era carbonifera, 300 milioni di anni fa, era 5 volte più alto di quello attuale. E se andiamo ancora più indietro nel tempo, la CO2 aumenta ancora.
Ma da dove veniva l’anidride carbonica prima che cominciassimo a bruciare i combustibili fossili? Dalle eruzioni vulcaniche. E più andiamo indietro nel tempo nella storia della Terra, più intensa è l’attività vulcanica.
Viceversa andando avanti nel tempo l’attività vulcanica diminuisce, e con essa il tasso di CO2 atmosferico. Fino ad arrivare a prima dell’era industriale, quando il tasso era così basso che se fosse diminuito ancora per qualche decina di milioni di anni (poco in termini geologici) molte piante non sarebbero state più in grado di sopravvivere.
Pertanto, almeno da questo punto di vista, l’aumento recente del tasso di CO2 è provvidenziale. E se venisse meno l’ipotesi del riscaldamento globale causato dalle attività antropiche, quasi tutto quello che rimane sono dei vantaggi.
Ma se invece questa ipotesi fosse vera?
Le conseguenze a lungo termine del riscaldamento globale.
In questo caso le conseguenze a lungo termine non sarebbero quelle che sono state ipotizzate.
L’IPCC, l’ente dell’ONU che si occupa del clima, ha previsto per la fine del secolo un ulteriore, forte aumento della temperatura globale, con tutte le conseguenze catastrofiche immaginabili. Nel 1990 ha delineato diversi scenari, che sono stati poi aggiornati più volte, nei quali l’economia cresce sempre. Nel periodo compreso tra il 1990 e il 2100 il volume dell’economia mondiale nell’ipotesi minima quadruplica e in quella massima aumenta di 18 volte.
Ma se l’economia cresce, cresce il fabbisogno di energia. Se aumenta il fabbisogno di energia, aumenta il consumo dei combustibili fossili. E se aumenta il consumo dei combustibili fossili aumentano, sempre nella stessa misura, le emissioni di anidride carbonica. E dato che l’aumento della temperatura globale è stato attribuito alle emissioni antropiche di questo gas serra, una forte crescita dell’economia provocherebbe un forte aumento della temperatura globale, con tutte le conseguenze del caso.
L’unica soluzione è raggiungere la “neutralità climatica”. Cioè dovremmo fermare la crescita economica, sostituire la normale produzione elettrica con le “energie alternative” e diminuire la quantità di anidride carbonica presente nell’aria con la “de carbonizzazione”.
A prima vista questo discorso sembra plausibile. In realtà ogni singolo passaggio di questo ragionamento è smentito da quello che sta accadendo. Per di più le energie alternative non sono in grado di sostituire le centrali elettriche e i combustibili fossili, e quindi nemmeno di diminuire le emissioni di gas serra.
Innanzi tutto il presupposto di una crescita economica sostenuta che va avanti all’infinito non è realistico. Nei paesi più sviluppati, dopo il boom economico degli anni ’50 e ’60, la produzione dei beni materiali ha raggiunto i limiti del mercato e da allora è molto diminuita per essere sostituita da quella dei servizi, che oggi occupano i tre quarti dell’economia. Ma i servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali che spingono l’economia con meno forza, con il risultato di un forte rallentamento della crescita economica. Inoltre la produzione dei servizi, che non sono altro che beni immateriali, consuma molta meno energia, materie prime e territorio (vedi l’articolo lo sviluppo come soluzione dei problemi dell'ambiente).
Lo dimostrano i paesi più sviluppati, le cui economie sono fatte per il 75% di servizi, che sono oggi molto più sostenibili di 50 o 60 anni fa. Mentre i paesi emergenti stanno percorrendo questa stessa strada, che è una strada obbligata, con solo qualche decennio di ritardo.
Un esempio è la Turchia che dopo una veloce crescita economica da qualche anno è entrata a far parte della categoria dei paesi più sviluppati. Un grande risultato: la sconfitta di una povertà plurimillenaria! Ma proprio perché i bisogni fondamentali sono stati soddisfatti, la produzione dei beni materiali che servono a soddisfarli è stata in gran parte sostituita da quella dei servizi. Anche qui con la conseguenza di un forte rallentamento della crescita. Ma va bene così perché l’alto livello di benessere raggiunto viene comunque mantenuto e, sia pure più lentamente, incrementato.
L’esperienza della Turchia (e di tanti altri paesi) ancora una volta dimostra che l’attuale trend di crescita dei paesi emergenti non durerà all’infinito, ma solo fino a quando anch’essi avranno raggiunto lo stesso alto livello di vita. E dato che, a seconda del loro stadio di sviluppo, essi si trovano al punto in cui noi eravamo negli anni ‘50, ‘60 e ’70, nel giro di 5, 10 o 20 anni anche loro arriveranno al punto in cui si espanderà il settore dei servizi e la loro economia subirà un forte rallentamento.
Inoltre non è vero che uguali consumi di energia producono sempre la stessa quantità di anidride carbonica.
A partire dalla metà degli anni Novanta il carbone e il petrolio sono stati in gran parte sostituiti dal gas naturale e dalle centrali a turbogas.
Le centrali a turbogas hanno un’efficienza quasi doppia di quelle che hanno sostituito e questo significa che per produrre la stessa quantità di energia elettrica esse consumano poco più della metà del combustibile. E un combustibile, il metano, che è molto più pulito del carbone e del petrolio e che a parità di calorie produce molta meno anidride carbonica.
Inoltre con le centrali a turbogas il metano è diventato quasi più importante del petrolio e non viene quasi più sprecato. Infatti fino a pochi anni fa il gas naturale che veniva su insieme con il petrolio veniva bruciato appena saliva in superficie, perché il metano miscelato con l’aria forma una miscela esplosiva. Pertanto nel calcolo bisognerebbe tenere conto anche del gas naturale che una volta veniva bruciato inutilmente appena saliva in superficie e che adesso alimenta delle centrali elettriche che sono anche molto più efficienti.
Inoltre molti paesi emergenti consumano grandi quantità di carbone e lo bruciano in centrali elettriche a bassissima efficienza. E quando decideranno di sostituire il carbone con il gas naturale oppure, meglio ancora, con le centrali nucleari, le loro emissioni di anidride carbonica crolleranno. Pertanto viene meno il presupposto di una forte crescita economica da qui alla fine del secolo e a maggior ragione la previsione di un ulteriore forte aumento del tasso di CO2 atmosferico.
E la de carbonizzazione?
Ma anche se adesso smettessimo di aggiungere anidride carbonica all’atmosfera, la sua quantità è già troppo alta, e per diminuirla l’unica soluzione è la de carbonizzazione. Cioè dovremmo sottrarre dall’aria una grossa quantità di questo gas per stoccarla in qualche profonda miniera.
In realtà questo è solo un altro pretesto per costringere i paesi “capitalisti” a distruggere delle altre ingenti risorse economiche.
Infatti la previsione più ragionevole è che non sarà necessario, perché la ricrescita spontanea delle foreste assorbirà gran parte di questo gas serra.
La modernizzazione dell’agricoltura, in corso da molto tempo nei paesi emergenti, sta aumentando le rese agricole e causando l’esodo della popolazione dalle aree rurali alle città, come è avvenuto da noi nella prima metà del dopoguerra. Anche qui con la conseguenza di una ricrescita delle foreste nelle aree abbandonate, che nella fascia tropicale è ancora più veloce.
Inoltre sulla Terra ci sono in cifra tonda 10 milioni di chilometri quadrati di terreni degradati o impoveriti da secoli di agricoltura e pascolo eccessivi e che potrebbero essere rimboschiti. E gli alberi che piantiamo oggi continueranno a crescere, e a sottrarre anidride carbonica all’atmosfera, per molto tempo.
Tra i terreni degradati che potrebbero essere recuperati c’è la fascia del Sahel, che ha una superficie di alcuni milioni di chilometri quadrati.
Negli ultimi anni l’Italia e la Germania hanno speso cifre assurde per ricoprire intere regioni di impianti eolici e fotovoltaici, con risultati fallimentari. Se un decimo di quello che hanno speso o che dovrebbero spendere nei prossimi anni fosse destinato al progetto Grande muraglia verde del Sahel, essi otterrebbero il doppio risultato di rinverdire grandi superfici di territorio e di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera, ammesso che questo sia un obiettivo desiderabile.
E’ questa la de carbonizzazione intelligente, perché gli alberi continueranno a crescere per secoli. Inoltre verrebbero create delle occasioni di vita e di lavoro per milioni di persone in una delle aree più povere del mondo. E l’Europa dovrebbe essere ancora più interessata perché è proprio da lì che parte l’immigrazione.
In definitiva l’attuale robusta crescita dei paesi emergenti non durerà all’infinito e le emissioni globali di anidride carbonica, che negli ultimi anni hanno già smesso di aumentare, alla fine del secolo saranno probabilmente molto più basse di oggi, non molto più alte. Infine la ricrescita spontanea delle foreste e i rimboschimenti continueranno a sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera per molto, molto tempo. Pertanto anche nell’ipotesi che l’anidride carbonica sia la causa del riscaldamento globale, le conseguenze non sarebbero affatto catastrofiche. Anzi, il moderato aumento della temperatura globale avvenuto finora ha conseguenze quasi solo positive, non negative.
La caduta di un dogma.
Ma allora qual è il motivo delle interminabili campagne mediatiche che spaventano l’opinione pubblica agitando la prospettiva di un drammatico aumento della temperatura globale per la fine del secolo?
Lo scopo è sempre quello di mettere sotto accusa l’economia moderna, lo sviluppo e il capitalismo. E l’ostilità è arrivata al punto da criminalizzare e impedire tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, comprese le tecnologie che potrebbero abbattere le emissioni di anidride carbonica (vedi per esempio l’articolo Cambiare le politiche ambientali).
Lo spasmodico desiderio di mettere sotto accusa la società moderna ha creato il mito del riscaldamento globale causato dalle attività antropiche. E su questo mito sono fondati gli scenari inventati dall’IPCC, l’ente dell’ONU che si occupa del clima. Un ente politico, non scientifico, il cui scopo è trovare dei pretesti per mettere sotto accusa la crescita economica e lo sviluppo.
Che sia un ente politico e non scientifico lo dimostra il fatto che gli scienziati dissenzienti sono stati cacciati via, mentre chi ha osato mettere in dubbio questo dogma è stato accusato di “negazionismo”, cioè è stato equiparato ai neonazisti che negano l’olocausto.
Un dogma che ha giustificato le politiche anti sviluppo adottate negli ultimi decenni da molti paesi e dalle massime istituzioni internazionali. Politiche che hanno provocato danni immensi a centinaia di milioni di persone e ritardato di oltre trent’anni la corsa dell’Africa per sfuggire alla povertà! (vedi l’articolo “Lo sviluppo dell’Africa”).
Ci si augura che adesso l’ONU e le altre istituzioni internazionali comincino a sostenere lo sviluppo, invece di fare il contrario.
Ma se la causa del riscaldamento globale non è l’anidride carbonica, possiamo continuare a bruciare allegramente il carbone, il petrolio e il gas naturale?
No. Dovremmo diminuire il più possibile il consumo del carbone e del petrolio, perché il solo inquinamento dell’aria causato da questi combustibili fossili provoca ogni anno la morte di 5 milioni di persone ed è responsabile di molti danni ambientali. Però il carbone e il petrolio li potremmo sostituire con il gas naturale, che è abbondante e molto più pulito, con l’energia nucleare e con le auto elettriche, che consumano un decimo dell’energia delle auto di oggi. E se per caso l’abbandono del carbone e del petrolio non ci sembrasse ancora sufficiente, ci sono dieci milioni di chilometri quadrati di terreni degradati o desertificati che possono essere rinverditi.
Dobbiamo cominciare a fare le cose giuste, sia per la nostra società che per l’ambiente. Ma per sapere quali sono le cose giuste ci vuole un’analisi del tema ambiente e sviluppo basata sui dati della realtà come quella presentato in questo sito, e non su un’ideologia bocciata dalla Storia. Un’analisi che è arrivata alla conclusione che la società in cui viviamo non è la causa di ogni male come molti pensano, ma l’unico modello sostenibile sul piano sociale e ambientale mai comparso nella storia umana.
La caduta del dogma del riscaldamento globale ne è un’ulteriore conferma.
Oggi tutto quello che di negativo sta avvenendo nel mondo viene attribuito al surriscaldamento del pianeta, con la sola eccezione, per adesso, della caduta di meteoriti. E se non faremo qualcosa di drastico, se non abbandoneremo l’attuale modello di sviluppo, se non sostituiremo i combustibili fossili con le energie alternative, entro la fine del secolo lo scioglimento dei ghiacci e il conseguente sollevamento dei mari sommergeranno le città costiere.
Ma è proprio vero?
Le macchie solari e la radiazione cosmica.
Il surriscaldamento del pianeta degli ultimi decenni non è in discussione. Quello che gli scienziati stanno cercando di capire è se esso sia stato causato dall’anidride carbonica che abbiamo aggiunto all’atmosfera bruciando combustibili fossili, oppure dal sole.
L’energia che ci arriva dal sole è la condizione perché ci sia la vita sulla Terra. Inoltre è sempre più evidente che l’attività della nostra stella non è costante e che gli alti e bassi della sua attività possono influenzare profondamente il clima terrestre.
Anche se nei pochi anni di osservazioni la radiazione solare che arriva sulla Terra per unità di superficie (costante solare) non è cambiata molto, ci sono altre manifestazioni della nostra stella che influenzano il clima terrestre e che sono molto più variabili. Però se potessimo conoscere il valore della costante solare per periodi più lunghi, probabilmente scopriremmo che anche questo fattore è variabile. Come si potrebbero spiegare altrimenti le glaciazioni e i cicli interglaciali?
Un importante indicatore dell’attività (magnetica) del sole sono le macchie solari. Esse sono state osservate per la prima volta da Galileo Galilei tra il 1609 e il 1610 e poco tempo dopo anche da altri astronomi.
All’inizio le osservazioni erano sporadiche perché erano fatte a occhio nudo, all’alba o al crepuscolo. Ma osservare il sole in questo modo è molto pericoloso, tanto che il Galilei ci ha rimesso la vista. Ma ben presto qualcuno si è accorto che si poteva osservare la nostra stella senza rischi proiettando su un foglio di carta l’immagine del sole formata dal cannocchiale. Da quel momento le osservazioni delle macchie solari da parte di diversi astronomi in Europa sono state sistematiche e continue, e di esse ci rimangono i disegni.
Insomma le macchie solari vengono osservate da più di 400 anni e in questo periodo esse hanno mostrato una grande variabilità. Tra il 1645 e il 1715 erano quasi del tutto scomparse. E la loro scomparsa, con un ritardo di 15 / 20 anni, è coincisa con il culmine della “piccola glaciazione”. Un periodo di grande freddo nel quale per esempio ogni anno il Tamigi a Londra ghiacciava e il ghiaccio era così spesso che sopra ci camminavano le carrozze e si tenevano i mercati. Ci furono anni in cui si era coperta di ghiaccio persino la laguna di Venezia.
E poi c’è un altro periodo, tra la seconda metà del Novecento e i primi anni Duemila, nel quale invece le macchie solari hanno raggiunto il loro livello più alto, che è coinciso con la temperatura massima raggiunta in questi quattro secoli.
La superficie del sole si trova ad una temperatura di 5.500 gradi, mentre la sua atmosfera, quella che si vede durante le eclissi e che chiamiamo corona solare, ha una temperatura di un milione di gradi. Inoltre è da questa atmosfera che nasce il vento solare.
Qual è la sorgente dell’energia che scalda l’atmosfera del sole e che alimenta il vento solare? Gli scienziati pensano che sia la sua forte attività magnetica, che nasce all’interno della stella, emerge attraverso le macchie solari e si estende in profondità nella corona. Le immagini ad alta risoluzione riprese dai satelliti mostrano degli enormi archi magnetici che nascono alla periferia delle macchie solari, che a poco a poco si deformano e alla fine si spezzano con una grande esplosione.
Quindi un maggior numero di macchie solari è il segno di una maggiore attività magnetica e di un più intenso vento solare. Inoltre la ricerca ha dimostrato che c’è un collegamento tra le macchie solari e la radiazione cosmica che raggiunge la Terra dallo spazio profondo. Infatti un vento solare più intenso devia una maggiore quantità di raggi cosmici e quindi riduce la radiazione cosmica che raggiunge la Terra.
Infine gli scienziati hanno scoperto, anche se non tutti i dettagli sono stati chiariti, che la radiazione cosmica favorisce la formazione delle nuvole. Pertanto se la radiazione cosmica è più intensa si formano più nuvole, e se ci sono più nuvole diminuisce la radiazione solare che raggiunge la superficie terrestre, con la conseguenza che il pianeta si raffredda.
“Poiché diversi isotopi vengono prodotti dalla frammentazione di atomi colpiti dai raggi cosmici primari, è possibile determinare una variazione del flusso dei raggi cosmici misurando la concentrazione di questi isotopi - ad esempio, negli anelli degli alberi, nei nuclei di ghiaccio, nei sedimenti del fondo marino e nei meteoriti” (frase ripresa dal libro L’UNIVERSO NASCOSTO di Alessandro de Angelis – pag. 211).
Studiando questi isotopi gli scienziati hanno potuto ricostruire l’intensità della radiazione cosmica indietro nel tempo fino a 9400 anni fa. E questo dato lo hanno confrontato con il numero delle macchie solari registrato negli ultimi quattro secoli.
Questo confronto ha confermato che un numero più alto di macchie solari è correlato con una diminuzione della radiazione cosmica (vedi a pag. 221 del libro sopra citato il paragrafo “I raggi cosmici e il clima”, nonché i grafici della tavola 38 che mostrano che l’intensità della radiazione cosmica è inversamente correlata con il numero delle macchie solari).
Quindi se le macchie solari più numerose, attraverso una minore radiazione cosmica e una minore formazione di nuvole, esse causano un aumento della temperatura globale. Una conclusione che sembra confermata dalla constatazione che quando le macchie solari erano di meno faceva molto freddo, mentre quando erano più numerose il pianeta si è surriscaldato.
Qualcuno ha cercato di collegare i cicli di macchie solari più o meno alti di livello intermedio con il clima delle epoche corrispondenti, ma senza successo. Ma ciò lo si può spiegare osservando che quando il numero delle macchie solari è molto alto o molto basso, l’effetto è chiaramente visibile. Quando invece è su valori intermedi, gli altri fattori che influenzano il clima rendono meno evidente il contributo del sole.
Ma adesso c’è un’importante novità. Il picco delle macchie solari viene raggiunto ogni 11 anni, e gli ultimi due cicli (l’ultimo è del 2024) mostrano che il loro numero si è circa dimezzato rispetto ai sei cicli precedenti, quelli nei quali le macchie erano più numerose.
A questo punto, se l’ipotesi solare è corretta, e ci sono un mucchio di motivi per pensare che lo sia, dovremmo aspettarci un cambiamento del clima. Da almeno una dozzina d’anni la minore attività magnetica del sole sta indirettamente raffreddando il nostro pianeta, e questo potrebbe spiegare alcuni dati climatici recenti. Per esempio negli ultimi anni, e ancora di più nel 2024, nel Nord Italia le estati sono diventate più brevi perché sono aumentati i giorni di copertura nuvolosa.
Ad ogni modo i dati scientifici ci stanno dicendo che l’attuale fase di riscaldamento globale è destinata a finire. Non subito, però, perché prima è necessario che venga smaltito il calore che si è accumulato negli ultimi decenni, e in particolare quello che ha aumentato la temperatura superficiale dei mari e degli oceani.
Ancora per un po’ di tempo le perturbazioni che vengono dall’Atlantico porteranno aria e pioggia un po’ più calde, che continueranno ad alzare la temperatura in Europa e a rendere meno frequenti le nevicate in inverno. D’altra parte diversi anni sono già trascorsi, perché questo è il secondo ciclo in cui le macchie solari sono diminuite. Pertanto, se l’ipotesi solare è corretta, nel giro dei prossimi 5 o 10 anni dovremmo vedere dei segni inequivocabili di cambiamento: la neve dovrebbe riprendere ad accumularsi nei ghiacciai di montana e le banchise polari ad espandersi.
Rimangono però ancora alcune incognite. Nessuno al momento è in grado di prevedere come sarà, fra altri 11 anni, il prossimo ciclo delle macchie solari. Però i dati degli ultimi quattro secoli mostrano che i cicli con macchie solari più o meno numerose tendono a raggrupparsi, e gli ultimi due cicli potrebbero quindi indicare un cambiamento di tendenza.
Inoltre nessuno è in grado di spiegare perché le macchie solari hanno questa periodicità. Per capire questo e altri misteri negli ultimi anni sono stati mandati diversi veicoli spaziali ad osservare sempre più da vicino la nostra stella e la sua atmosfera.
Ma se il sole è la causa di gran lunga più probabile del riscaldamento globale, perché ci hanno fatto il lavaggio del cervello per convincerci che esso è stato causato dall’anidride carbonica?
Il ruolo dell’anidride carbonica.
La domanda è: perché si è voluto attribuire il recente surriscaldamento del pianeta all’anidride carbonica, con l’esclusione di qualsiasi altra possibile causa?
La risposta è che questa ipotesi si presta a mettere sotto accusa la società “capitalista”, la crescita economica e lo sviluppo. Infatti se questo gas serra è aumentato, è a causa delle attività umane, che così diventano responsabili anche di tutte le conseguenze negative, presenti e future, che sono state associate al riscaldamento globale.
Questa però è una grave forzatura. Innanzi tutto l’anidride carbonica non è il principale gas serra. Quello di gran lunga più importante è l’umidità atmosferica, perché è molto più abbondante. Ma non è altrettanto facilmente misurabile.
L’anidride carbonica si distribuisce uniformemente nell’aria, e bastano poche misure per sapere se aumenta o diminuisce. Questo non vale per il vapore acqueo. Ci sono regioni in cui l’aria è secchissima e altre in cui l’umidità è del 100%. Inoltre i venti spostano in continuazione le masse d’aria e le nuvole più o meno cariche di umidità. Pertanto se volessimo sapere se l’umidità atmosferica aumenta o diminuisce, dovremmo fare un numero infinito di misurazioni.
E poi, nonostante quello che hanno voluto farci credere, nessuno ha mai dimostrato che una maggiore quantità di anidride carbonica abbia un effetto riscaldante (o raffreddante). Questo perché la CO2, molto prima di essere un gas serra, nell’ambito del ciclo del carbonio è il principale fattore di crescita delle piante. E quando questo gas aumenta o diminuisce, causa una serie di conseguenze alcune delle quali hanno un effetto riscaldante e altre raffreddante. E queste conseguenze sono così complesse e intricate che non si possono seguire fino in fondo.
Le piante sono fatte principalmente di carbonio, e questo elemento lo prendono dall’aria dove si trova sotto forma di anidride carbonica. Sulla superficie delle foglie ci sono delle piccole aperture invisibili ad occhio nudo, dette stomi, attraverso le quali entra l’anidride carbonica. Se però questo gas è più abbondante, le piante possono assumere la CO2 di cui hanno bisogno lasciano gli stomi meno aperti. E dato che attraverso queste stesse aperture le piante disperdono del vapore acqueo, se c’è più anidride carbonica esse conservano una maggiore quantità di acqua e resistono meglio alla siccità. Inoltre, dato che il vapore acqueo è un gas serra, se le piante ne disperdono di meno, l’effetto è raffreddante.
Ma questa è solo una delle numerose conseguenze di una maggiore o minore quantità di anidride carbonica. In realtà la situazione è così complessa che nessuno ha mai dimostrato che l’anidride carbonica aggiunta all’atmosfera bruciando combustibili fossili è la causa del riscaldamento globale. C’è solo una coincidenza temporale tra l’alto livello attuale della CO2 e la temperatura raggiunta negli ultimi decenni, che però viene spiegata in maniera più convincente dalle variazioni dell’attività magnetica del sole.
Al riscaldamento globale sono stati attribuiti tutti i danni e le catastrofi possibili immaginabili. Certo, se la temperatura globale dovesse aumentare per dei secoli, ci sarebbero dei profondi cambiamenti a cui dovremmo adattarci. Però sia il più alto tasso di anidride carbonica che il riscaldamento globale avvenuto finora hanno quasi solo degli effetti positivi.
Sono tre i fattori principali che accelerano la crescita vegetativa: la temperatura, il tasso di umidità e quello dell’anidride carbonica. Di solito più alti sono questi valori, meglio è.
Sono state fatte molte ricerche per capire come si comportano le piante, coltivaste in un ambiente chiuso, quando l’anidride carbonica viene aumentata o diminuita.
Ogni pianta reagisce in maniera un po’ diversa, ma in generale maggiore è la quantità di anidride carbonica, più veloci sono la fotosintesi e la crescita vegetativa. Raddoppiando questo gas la velocità di crescita delle piante aumenta in media del 30%. Aumentando ancora la quantità, la crescita delle piante diventa ancora più veloce. Un fatto che viene sfruttato nelle coltivazioni in serra.
Spesso in inverno nelle serre viene bruciato un po’ di metano, che serve sia ad alzare la temperatura che ad aumentare il tasso di anidride carbonica. Se nelle serre è necessaria la presenza umana, ci si ferma ad un raddoppio o poco più, perché quando la percentuale è più alta ci sono dei problemi di respirazione. Ma nelle coltivazioni idroponiche dove non è necessaria la presenza umana la percentuale di CO2 viene alzata molto di più.
Quindi l’aumento dell’anidride carbonica avvenuto nell’ultimo secolo e mezzo è di per sé un fatto positivo. Se poi aggiungiamo una temperatura più alta e una maggiore umidità atmosferica (dovuta alla maggiore evaporazione dell’acqua del mare), oggi la velocità di crescita delle piante sia selvatiche che coltivate potrebbe essere più veloce di un buon 30 o 40% rispetto a qualche secolo fa.
Spesso ci si è lamentati del fatto che l’attuale tasso di CO2 è il più alto dell’ultimo milione di anni, come se questo fosse un fatto innaturale e negativo. In realtà più si va indietro nel tempo più aumenta nel lungo periodo il tasso di anidride carbonica atmosferico. Per esempio cento milioni di anni fa, all’epoca dei dinosauri, il tasso era 2,5 volte più alto di oggi, mentre nell’era carbonifera, 300 milioni di anni fa, era 5 volte più alto di quello attuale. E se andiamo ancora più indietro nel tempo, la CO2 aumenta ancora.
Ma da dove veniva l’anidride carbonica prima che cominciassimo a bruciare i combustibili fossili? Dalle eruzioni vulcaniche. E più andiamo indietro nel tempo nella storia della Terra, più intensa è l’attività vulcanica.
Viceversa andando avanti nel tempo l’attività vulcanica diminuisce, e con essa il tasso di CO2 atmosferico. Fino ad arrivare a prima dell’era industriale, quando il tasso era così basso che se fosse diminuito ancora per qualche decina di milioni di anni (poco in termini geologici) molte piante non sarebbero state più in grado di sopravvivere.
Pertanto, almeno da questo punto di vista, l’aumento recente del tasso di CO2 è provvidenziale. E se venisse meno l’ipotesi del riscaldamento globale causato dalle attività antropiche, quasi tutto quello che rimane sono dei vantaggi.
Ma se invece questa ipotesi fosse vera?
Le conseguenze a lungo termine del riscaldamento globale.
In questo caso le conseguenze a lungo termine non sarebbero quelle che sono state ipotizzate.
L’IPCC, l’ente dell’ONU che si occupa del clima, ha previsto per la fine del secolo un ulteriore, forte aumento della temperatura globale, con tutte le conseguenze catastrofiche immaginabili. Nel 1990 ha delineato diversi scenari, che sono stati poi aggiornati più volte, nei quali l’economia cresce sempre. Nel periodo compreso tra il 1990 e il 2100 il volume dell’economia mondiale nell’ipotesi minima quadruplica e in quella massima aumenta di 18 volte.
Ma se l’economia cresce, cresce il fabbisogno di energia. Se aumenta il fabbisogno di energia, aumenta il consumo dei combustibili fossili. E se aumenta il consumo dei combustibili fossili aumentano, sempre nella stessa misura, le emissioni di anidride carbonica. E dato che l’aumento della temperatura globale è stato attribuito alle emissioni antropiche di questo gas serra, una forte crescita dell’economia provocherebbe un forte aumento della temperatura globale, con tutte le conseguenze del caso.
L’unica soluzione è raggiungere la “neutralità climatica”. Cioè dovremmo fermare la crescita economica, sostituire la normale produzione elettrica con le “energie alternative” e diminuire la quantità di anidride carbonica presente nell’aria con la “de carbonizzazione”.
A prima vista questo discorso sembra plausibile. In realtà ogni singolo passaggio di questo ragionamento è smentito da quello che sta accadendo. Per di più le energie alternative non sono in grado di sostituire le centrali elettriche e i combustibili fossili, e quindi nemmeno di diminuire le emissioni di gas serra.
Innanzi tutto il presupposto di una crescita economica sostenuta che va avanti all’infinito non è realistico. Nei paesi più sviluppati, dopo il boom economico degli anni ’50 e ’60, la produzione dei beni materiali ha raggiunto i limiti del mercato e da allora è molto diminuita per essere sostituita da quella dei servizi, che oggi occupano i tre quarti dell’economia. Ma i servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali che spingono l’economia con meno forza, con il risultato di un forte rallentamento della crescita economica. Inoltre la produzione dei servizi, che non sono altro che beni immateriali, consuma molta meno energia, materie prime e territorio (vedi l’articolo lo sviluppo come soluzione dei problemi dell'ambiente).
Lo dimostrano i paesi più sviluppati, le cui economie sono fatte per il 75% di servizi, che sono oggi molto più sostenibili di 50 o 60 anni fa. Mentre i paesi emergenti stanno percorrendo questa stessa strada, che è una strada obbligata, con solo qualche decennio di ritardo.
Un esempio è la Turchia che dopo una veloce crescita economica da qualche anno è entrata a far parte della categoria dei paesi più sviluppati. Un grande risultato: la sconfitta di una povertà plurimillenaria! Ma proprio perché i bisogni fondamentali sono stati soddisfatti, la produzione dei beni materiali che servono a soddisfarli è stata in gran parte sostituita da quella dei servizi. Anche qui con la conseguenza di un forte rallentamento della crescita. Ma va bene così perché l’alto livello di benessere raggiunto viene comunque mantenuto e, sia pure più lentamente, incrementato.
L’esperienza della Turchia (e di tanti altri paesi) ancora una volta dimostra che l’attuale trend di crescita dei paesi emergenti non durerà all’infinito, ma solo fino a quando anch’essi avranno raggiunto lo stesso alto livello di vita. E dato che, a seconda del loro stadio di sviluppo, essi si trovano al punto in cui noi eravamo negli anni ‘50, ‘60 e ’70, nel giro di 5, 10 o 20 anni anche loro arriveranno al punto in cui si espanderà il settore dei servizi e la loro economia subirà un forte rallentamento.
Inoltre non è vero che uguali consumi di energia producono sempre la stessa quantità di anidride carbonica.
A partire dalla metà degli anni Novanta il carbone e il petrolio sono stati in gran parte sostituiti dal gas naturale e dalle centrali a turbogas.
Le centrali a turbogas hanno un’efficienza quasi doppia di quelle che hanno sostituito e questo significa che per produrre la stessa quantità di energia elettrica esse consumano poco più della metà del combustibile. E un combustibile, il metano, che è molto più pulito del carbone e del petrolio e che a parità di calorie produce molta meno anidride carbonica.
Inoltre con le centrali a turbogas il metano è diventato quasi più importante del petrolio e non viene quasi più sprecato. Infatti fino a pochi anni fa il gas naturale che veniva su insieme con il petrolio veniva bruciato appena saliva in superficie, perché il metano miscelato con l’aria forma una miscela esplosiva. Pertanto nel calcolo bisognerebbe tenere conto anche del gas naturale che una volta veniva bruciato inutilmente appena saliva in superficie e che adesso alimenta delle centrali elettriche che sono anche molto più efficienti.
Inoltre molti paesi emergenti consumano grandi quantità di carbone e lo bruciano in centrali elettriche a bassissima efficienza. E quando decideranno di sostituire il carbone con il gas naturale oppure, meglio ancora, con le centrali nucleari, le loro emissioni di anidride carbonica crolleranno. Pertanto viene meno il presupposto di una forte crescita economica da qui alla fine del secolo e a maggior ragione la previsione di un ulteriore forte aumento del tasso di CO2 atmosferico.
E la de carbonizzazione?
Ma anche se adesso smettessimo di aggiungere anidride carbonica all’atmosfera, la sua quantità è già troppo alta, e per diminuirla l’unica soluzione è la de carbonizzazione. Cioè dovremmo sottrarre dall’aria una grossa quantità di questo gas per stoccarla in qualche profonda miniera.
In realtà questo è solo un altro pretesto per costringere i paesi “capitalisti” a distruggere delle altre ingenti risorse economiche.
Infatti la previsione più ragionevole è che non sarà necessario, perché la ricrescita spontanea delle foreste assorbirà gran parte di questo gas serra.
La modernizzazione dell’agricoltura, in corso da molto tempo nei paesi emergenti, sta aumentando le rese agricole e causando l’esodo della popolazione dalle aree rurali alle città, come è avvenuto da noi nella prima metà del dopoguerra. Anche qui con la conseguenza di una ricrescita delle foreste nelle aree abbandonate, che nella fascia tropicale è ancora più veloce.
Inoltre sulla Terra ci sono in cifra tonda 10 milioni di chilometri quadrati di terreni degradati o impoveriti da secoli di agricoltura e pascolo eccessivi e che potrebbero essere rimboschiti. E gli alberi che piantiamo oggi continueranno a crescere, e a sottrarre anidride carbonica all’atmosfera, per molto tempo.
Tra i terreni degradati che potrebbero essere recuperati c’è la fascia del Sahel, che ha una superficie di alcuni milioni di chilometri quadrati.
Negli ultimi anni l’Italia e la Germania hanno speso cifre assurde per ricoprire intere regioni di impianti eolici e fotovoltaici, con risultati fallimentari. Se un decimo di quello che hanno speso o che dovrebbero spendere nei prossimi anni fosse destinato al progetto Grande muraglia verde del Sahel, essi otterrebbero il doppio risultato di rinverdire grandi superfici di territorio e di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera, ammesso che questo sia un obiettivo desiderabile.
E’ questa la de carbonizzazione intelligente, perché gli alberi continueranno a crescere per secoli. Inoltre verrebbero create delle occasioni di vita e di lavoro per milioni di persone in una delle aree più povere del mondo. E l’Europa dovrebbe essere ancora più interessata perché è proprio da lì che parte l’immigrazione.
In definitiva l’attuale robusta crescita dei paesi emergenti non durerà all’infinito e le emissioni globali di anidride carbonica, che negli ultimi anni hanno già smesso di aumentare, alla fine del secolo saranno probabilmente molto più basse di oggi, non molto più alte. Infine la ricrescita spontanea delle foreste e i rimboschimenti continueranno a sottrarre anidride carbonica dall’atmosfera per molto, molto tempo. Pertanto anche nell’ipotesi che l’anidride carbonica sia la causa del riscaldamento globale, le conseguenze non sarebbero affatto catastrofiche. Anzi, il moderato aumento della temperatura globale avvenuto finora ha conseguenze quasi solo positive, non negative.
La caduta di un dogma.
Ma allora qual è il motivo delle interminabili campagne mediatiche che spaventano l’opinione pubblica agitando la prospettiva di un drammatico aumento della temperatura globale per la fine del secolo?
Lo scopo è sempre quello di mettere sotto accusa l’economia moderna, lo sviluppo e il capitalismo. E l’ostilità è arrivata al punto da criminalizzare e impedire tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, comprese le tecnologie che potrebbero abbattere le emissioni di anidride carbonica (vedi per esempio l’articolo Cambiare le politiche ambientali).
Lo spasmodico desiderio di mettere sotto accusa la società moderna ha creato il mito del riscaldamento globale causato dalle attività antropiche. E su questo mito sono fondati gli scenari inventati dall’IPCC, l’ente dell’ONU che si occupa del clima. Un ente politico, non scientifico, il cui scopo è trovare dei pretesti per mettere sotto accusa la crescita economica e lo sviluppo.
Che sia un ente politico e non scientifico lo dimostra il fatto che gli scienziati dissenzienti sono stati cacciati via, mentre chi ha osato mettere in dubbio questo dogma è stato accusato di “negazionismo”, cioè è stato equiparato ai neonazisti che negano l’olocausto.
Un dogma che ha giustificato le politiche anti sviluppo adottate negli ultimi decenni da molti paesi e dalle massime istituzioni internazionali. Politiche che hanno provocato danni immensi a centinaia di milioni di persone e ritardato di oltre trent’anni la corsa dell’Africa per sfuggire alla povertà! (vedi l’articolo “Lo sviluppo dell’Africa”).
Ci si augura che adesso l’ONU e le altre istituzioni internazionali comincino a sostenere lo sviluppo, invece di fare il contrario.
Ma se la causa del riscaldamento globale non è l’anidride carbonica, possiamo continuare a bruciare allegramente il carbone, il petrolio e il gas naturale?
No. Dovremmo diminuire il più possibile il consumo del carbone e del petrolio, perché il solo inquinamento dell’aria causato da questi combustibili fossili provoca ogni anno la morte di 5 milioni di persone ed è responsabile di molti danni ambientali. Però il carbone e il petrolio li potremmo sostituire con il gas naturale, che è abbondante e molto più pulito, con l’energia nucleare e con le auto elettriche, che consumano un decimo dell’energia delle auto di oggi. E se per caso l’abbandono del carbone e del petrolio non ci sembrasse ancora sufficiente, ci sono dieci milioni di chilometri quadrati di terreni degradati o desertificati che possono essere rinverditi.
Dobbiamo cominciare a fare le cose giuste, sia per la nostra società che per l’ambiente. Ma per sapere quali sono le cose giuste ci vuole un’analisi del tema ambiente e sviluppo basata sui dati della realtà come quella presentato in questo sito, e non su un’ideologia bocciata dalla Storia. Un’analisi che è arrivata alla conclusione che la società in cui viviamo non è la causa di ogni male come molti pensano, ma l’unico modello sostenibile sul piano sociale e ambientale mai comparso nella storia umana.
La caduta del dogma del riscaldamento globale ne è un’ulteriore conferma.