REIMPOSTARE LA DISCUSSIONE SUL CLIMA

Dal 1850 a oggi la temperatura globale è aumentata di un grado. Ma quasi la metà di questo aumento si è verificato tra il 1910 e il 1940. L’altro aumento consistente, di 0,4 gradi, è avvenuto nell’ultima ventina d’anni del secolo scorso. Bisogna però ricordare che tra la seconda metà del Seicento e i primi decenni del Settecento eravamo al culmine della “piccola glaciazione”, un periodo di grande freddo nel quale in inverno a Londra il Tamigi ghiacciava, e il ghiaccio era così spesso che sopra ci camminavano le carrozze.
Se siamo usciti dalla piccola glaciazione è perché da allora la temperatura è salita, e l’aumento della prima metà del Novecento potrebbe essere la continuazione di questa tendenza. Del resto un secolo fa il tasso di anidride carbonica era ancora molto basso.
Da alcuni decenni i ghiacci artici si stanno ritirando, ma fino a una decina di anni fa questo calo era compensato dell’espansione delle banchise in Antartide. Nell’ultimo decennio, però, anche le banchise antartiche stanno arretrando. E ciò sarebbe dovuto alla temperatura più calda dell’acqua, che scioglie il ghiaccio da sotto. Allora, hanno ragione coloro che lanciano degli allarmi sul clima?
E’ molto difficile interpretare questi dati. L’arretramento dei ghiacci artici e antartici potrebbe dipendere da molte cause. Per esempio da un aumento dell’attività vulcanica sottomarina.
L’80% dei vulcani sono sottomarini, ma non sappiamo se in questi anni la loro attività sia nella media, sopra la media o sotto la media. L’altra possibilità è che tutto dipenda dal riscaldamento dell’atmosfera, che è quello che pensano molti scienziati, anche se l’aumento è di solo mezzo grado in 80 anni.


Reimpostare la discussione sul clima.
L’IPCC, l’ente dell’ONU che si occupa del clima, ha previsto per la fine del secolo un forte aumento della temperatura globale. E ha delineato diversi scenari nei quali l’economia cresce sempre. Nel periodo compreso tra il 1990 e il 2100 il volume dell’economia mondiale nell’ipotesi minima quadruplica e in quella massima aumenta di 18 volte.
Ma se cresce l’economia, cresce il fabbisogno di energia. Se cresce il fabbisogno di energia, cresce il consumo dei combustibili fossili. E se aumenta il consumo dei combustibili fossili aumentano, sempre nella stessa misura, anche le emissioni di anidride carbonica. E dato che molti scienziati hanno collegato l’aumento della temperatura globale degli ultimi decenni alle emissioni antropiche di questo gas serra, una forte crescita dell’economia provocherebbe il surriscaldamento del clima con effetti catastrofici. Da qui la necessità di sostituire i combustibili fossili, e l’unica possibilità sarebbero le “energie alternative”.
A prima vista questo discorso sembra plausibile. In realtà, se prendiamo per buona l’affermazione che un aumento dell’anidride carbonica atmosferica fa aumentare la temperatura globale, tutti gli altri passaggi di questo ragionamento sono smentiti da quello che sta accadendo. Inoltre le energie alternative non sono in grado di sostituire le centrali elettriche e quindi nemmeno di diminuire le emissioni di gas serra.
Innanzitutto il presupposto di una crescita sostenuta che prosegue all’infinito non è realistico. Nei paesi più sviluppati, dopo il boom economico degli anni ’50 e ’60, la produzione dei beni materiali è stata in gran parte sostituita da quella dei servizi, che oggi occupano i tre quarti dell’economia. Ma i servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali che spingono l’economia con meno forza, con il risultato di rallentarne la crescita. Inoltre la produzione dei servizi, che non sono altro che beni immateriali, ha bisogno di molta meno energia.
E non è nemmeno vero il presupposto secondo il quale uguali consumi di energia producono sempre le stesse quantità di anidride carbonica. Nei paesi più sviluppati molti consumi energetici sono stati trasferiti dal carbone e dal petrolio al gas naturale e dalle centrali convenzionali a quelle a turbogas.
Le centrali a turbogas hanno un’efficienza quasi doppia di quelle che hanno sostituito a partire dalla metà degli anni Novanta, e questo significa che per produrre la stessa quantità di energia elettrica consumano poco più della metà del combustibile. E un combustibile, il metano, che a parità di calorie produce un terzo in meno di anidride carbonica rispetto alla nafta e il 60% in meno rispetto al carbone. Pertanto dal 1990 ad oggi, nonostante un certo aumento dei consumi energetici, questi paesi hanno diminuito le loro emissioni di gas serra di circa il 25 %. Ma se consideriamo anche le conseguenze indirette, la diminuzione potrebbe essere stata del 50%.
I giacimenti di petrolio sono sempre fatti di tre strati di spessore variabile. Sotto c’è uno strato di acqua, più pesante. Sopra l’acqua, più leggero c’è il petrolio. Sopra il petrolio, ancora più leggero, il gas naturale.
Quando si estrae il petrolio si può escludere l’acqua che sta più in basso, ma non il gas naturale. E in media sale in superficie una quantità di gas grande più o meno quanto quella del petrolio estratto. E fin da quando sono iniziate le estrazioni petrolifere il gas che saliva in superficie veniva subito incendiato, perché il metano, miscelato con l’aria, forma una miscela esplosiva. Ancora verso la metà degli anni ’90 circa l’80% del gas naturale che saliva in superficie insieme con il petrolio veniva bruciato in questo modo.
Ma adesso che ci sono le centrali a turbogas, il gas naturale è diventato quasi più importante dl petrolio stesso e non viene quasi più sprecato. E nel calcolo delle emissioni di anidride carbonica dovrebbe essere considerato anche il gas naturale che una volta veniva bruciato inutilmente e che adesso alimenta delle centrali elettriche. Infatti da allora sono stati costruiti molti metanodotti che trasportano il gas naturale dai pozzi di estrazione ai paesi consumatori.
Inoltre nei prossimi anni anche nei paesi emergenti i beni materiali arriveranno a saturare i relativi mercati e da quel momento la loro produzione comincerà a diminuire, mentre ad espandersi sarà il settore dei servizi. Anche qui con la conseguenza di un rallentamento dell’economia e di una diminuzione della produzione dei beni materiali e dei consumi energetici.
Lo dimostra la Turchia che ha appena raggiunto il livello di reddito dei paesi più sviluppati. Questo è un grandissimo risultato: la sconfitta di una povertà plurimillenaria. Ma proprio perché i principali bisogni materiali sono stati soddisfatti, i mercati dei beni che servono a soddisfarli sono stati saturati e la crescita economica si è quasi fermata. E questo ancora una volta dimostra che l’attuale trend di crescita degli emergenti non continuerà all’infinito, ma solo fino a quando anch’essi avranno raggiunto lo stesso alto livello di vita. E dato che, a seconda del loro stadio di sviluppo, essi si trovano al punto in cui noi eravamo negli anni ‘50, ‘60 e ’70, nel giro di 5, 10 o 20 anni anche loro arriveranno al punto in cui l’economia subirà un rallentamento e si espanderà il settore dei servizi.
Inoltre molti di questi paesi consumano grandi quantità di carbone e lo bruciano in centrali elettriche a bassa efficienza. E quando decideranno di sostituire il carbone con il gas naturale oppure, meglio ancora, con le centrali nucleari, le loro emissioni di anidride carbonica crolleranno.


Diminuire le emissioni di anidride carbonica.
Ma c’è abbastanza gas naturale per sostituire il carbone? Sì, perché oggi abbiamo la tecnologia per estrarre il gas contenuto nelle rocce argillose e impermeabili (shale gas). Questi giacimenti sono molto più grandi di quelli convenzionali, che a loro volta sono 3 o 4 volte più grandi di quelli del petrolio.
Dopo avere messo a punto la tecnica di estrazione, gli Stati Uniti stanno trasferendo i loro consumi dal carbone al gas naturale e dalle centrali a carbone a quelle a turbogas. E stanno abbattendo le loro emissioni di gas serra al punto che negli ultimi anni a livello globale esse hanno smesso di aumentare (mentre prima crescevano del 2,5 % all’anno). Un dato che chi è preoccupato per il clima non dovrebbe trascurare.
Anche gli altri due maggiori consumatori di carbone, la Cina e l’India, hanno sul loro territorio grandi giacimenti di shale gas sfruttabili in zone deserte o semideserte. Inoltre le loro centrali hanno un’efficienza molto bassa, forse inferiore al 25 %, e quindi consumano molto più carbone e sono anche molto inquinanti. Pertanto per questi paesi è ancora più conveniente sostituirle con quelle a turbogas. Usando anche l’acqua di raffreddamento per gli usi civili, il loro rendimento potrebbe al limite triplicare. Quindi questi due grandi paesi avrebbero bisogno solo di un terzo del combustibile, diminuirebbero le loro emissioni di anidride carbonica anche del 90% e in più, gratis, risolverebbero il problema dell’inquinamento.
Ma la Cina e l’India sembrano più interessate a sostituire le loro centrali a carbone con quelle nucleari, le quali potrebbero alimentare senza costi aggiuntivi anche i veicoli elettrici. In questo caso le loro emissioni di anidride carbonica verrebbero quasi azzerate.


E la decarbonizzazione?
Però anche se adesso smettessimo di immettere altra anidride carbonica nell’atmosfera, il suo livello è già così alto non riusciremmo comunque ad impedire un forte aumento della temperatura globale e quindi il surriscaldamento del clima. Così dicono gli esperti. Pertanto, per scongiurare questo disastro non sarebbe sufficiente diminuire le emissioni di gas serra: bisognerebbe anche catturarne una parte per diminuire il tasso di CO2 atmosferico.
Però la previsione più ragionevole è che non sarà necessario. Infatti i paesi emergenti, una volta esaurita la necessità di nuovi terreni agricoli e da pascolo, non avranno più bisogno di distruggere altre foreste.
In realtà la modernizzazione dell’agricoltura, già in corso da molto tempo, sta aumentando le rese agricole e sta causando l’esodo della popolazione dalle aree rurali alle città, così come è già avvenuto da noi nella prima metà del dopoguerra. E anche qui con la conseguenza di una forte ricrescita del bosco o della foresta nelle aree abbandonate.
Inoltre sulla Terra ci sono in cifra tonda 10 milioni di chilometri quadrati di terreni degradati e impoveriti da secoli di agricoltura e pascolo eccessivi che potrebbero essere rimboschiti. E gli alberi che piantiamo oggi continueranno a crescere, e a sottrarre anidride carbonica all’atmosfera, per molto tempo.
Tra i terreni degradati che potrebbero essere recuperati c’è la fascia del Sahel, che ha una superficie di alcuni milioni di chilometri quadrati.
Negli ultimi anni l’Italia e la Germania hanno speso cifre esorbitanti per ricoprire intere regioni di impianti eolici e fotovoltaici, con risultati fallimentari. Se un decimo di quello che hanno speso o che dovrebbero spendere nei prossimi anni, fosse stata destinata al progetto Grande muraglia verde del Sahel, essi otterrebbero il doppio risultato di rinverdire grandi superfici di territorio degradate e di sottrarre anidride carbonica all’atmosfera.
E’ questa la decarbonizzazione intelligente, perché gli alberi continueranno a crescere per secoli. Inoltre verrebbero create occasioni di vita e di lavoro per milioni di persone in una delle aree più povere del mondo. E l’Europa dovrebbe essere ancora più interessata perché è proprio da lì che parte l’immigrazione.
Quindi l’attuale robusta crescita dei paesi emergenti non durerà all’infinito e le emissioni globali di anidride carbonica, che negli ultimi anni hanno già smesso di aumentare, alla fine del secolo saranno probabilmente molto minori di oggi, non molto maggiori. Infine la ricrescita spontanea delle foreste e i rimboschimenti continueranno a sottrarre anidride carbonica dall’aria per molto, molto tempo. Pertanto i presupposti su cui si basa la previsione di un forte aumento della temperatura globale per la fine del secolo non sono realistici e come minimo dovrebbero essere rivisti.
Ma allora qual’ è la ragione di questa strana politica ambientale che combatte le soluzioni più efficaci contro l’inquinamento e le emissioni di anidride carbonica, per imporre delle costosissime non soluzioni, le energie alternative, del tutto inefficaci e che per di più deturpano il paesaggio?
La risposta è che molti sono convinti che la società moderna sia la causa di ogni male e che debba essere combattuta con ogni mezzo, a partire dalla disinformazione e dalla strumentalizzazione dei temi ambientali. Viceversa non c’è alcune interesse per le soluzioni in positivo, perché esse aiuterebbero “il sistema” invece di combatterlo!
Però vent’anni di lavoro sui temi dell’ambiente e dello sviluppo sono giunti alla conclusione che la società in cui viviamo è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale. Lo dimostrano i paesi più sviluppati che sono oggi, da ogni punto di vista, molto più sostenibili di 50 o 60 anni fa.
I problemi globali dell’inquinamento e delle emissioni di anidride carbonica troveranno una soluzione solo quando i paesi maggiori consumatori sostituiranno il carbone con il gas naturale o con l’energia nucleare. Ma prima di tutto quando qualcuno si accorgerà che la società in cui viviamo non è il nemico da combattere, ma la soluzione dei principali problemi di oggi.