REIMPOSTARE LA DISCUSSIONE SUL CLIMA
La crisi economica in cui siamo precipitati dura ormai da molti anni, e adesso è aggravata dalla pandemia. La disoccupazione è raddoppiata, con dati devastanti per quanto riguarda i giovani: un terzo di essi sono disoccupati, la metà nel Meridione. Una crisi ancora più assurda perché è avvenuta in un periodo forte crescita dell’economia mondiale.
Bisogna far ripartire l’economia per creare molti nuovi posti di lavoro. Ma per superare la crisi bisogna prima di tutto rimuoverne le cause. E la causa principale è stata la politica energetica basata sulle rinnovabili, volute come alternativa ai combustibili fossili allo scopo di diminuire le emissioni di anidride carbonica e prevenire il surriscaldamento del pianeta.
Reimpostare la discussione sul clima.
A prevedere un forte aumento della temperatura globale entro la fine del secolo in conseguenza delle emissioni di anidride carbonica è stato l’IPCC, l’ente dell’ONU che si occupa del clima. Esso ha delineato diversi scenari nei quali l’economia cresce sempre. Nel periodo compreso tra il 1990 e il 2100 il volume dell’economia mondiale nell’ipotesi minima quadruplica e in quella massima aumenta di 18 volte. Ma se cresce l’economia, cresce il fabbisogno di energia. Se cresce il fabbisogno di energia, cresce il consumo dei combustibili fossili. E se aumenta il consumo dei combustibili fossili aumentano, sempre nella stessa misura, anche le emissioni di anidride carbonica. E dato che molti scienziati hanno collegato l’aumento della temperatura globale degli ultimi decenni alle emissioni antropiche di questo gas serra, una forte crescita dell’economia provocherà il surriscaldamento del clima con effetti catastrofici. Da qui la necessità di sostituire i combustibili fossili, e l’unica possibilità sono le “energie alternative”.
A prima vista questo discorso sembra plausibile. In realtà, se prendiamo per buona l’affermazione che un aumento dell’anidride carbonica atmosferica fa aumentare la temperatura globale, tutti gli altri passaggi di questo ragionamento sono smentiti da quello che sta accadendo. Inoltre le energie alternative non sono in grado di sostituire le centrali elettriche e quindi nemmeno di diminuire le emissioni di gas serra.
Innanzitutto il presupposto di una crescita sostenuta che prosegue all’infinito non è realistico. Nei paesi più sviluppati, dopo il boom economico degli anni ’50 e ’60, la produzione dei beni materiali è stata in gran parte sostituita dai servizi, che oggi occupano i tre quarti dell’economia. Ma i servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali che spingono l’economia con meno forza, con il risultato di rallentarne la crescita. Inoltre la produzione dei servizi, che non sono altro che beni immateriali, consuma molta meno energia.
E non è nemmeno vero il presupposto secondo il quale uguali consumi di energia producono sempre le stesse quantità di anidride carbonica. Dalla metà degli anni ’90 nei paesi più sviluppati molti consumi energetici sono stati trasferiti dal carbone e dal petrolio al gas naturale e dalle centrali convenzionali a quelle a turbogas.
Le centrali a turbogas hanno un’efficienza quasi doppia di quelle che hanno sostituito, e questo significa che per produrre la stessa quantità di energia elettrica consumano poco più della metà del combustibile. E un combustibile, il metano, che a parità di calorie produce un terzo in meno di anidride carbonica rispetto alla nafta e il 60% in meno rispetto al carbone. Pertanto dal 1990 ad oggi, nonostante un certo aumento dei consumi energetici, questi paesi hanno diminuito le loro emissioni di gas serra di circa il 25 %. Ma se consideriamo anche le conseguenze indirette, la diminuzione potrebbe essere stata del 50%.
I giacimenti di petrolio sono fatti di tre strati di dimensione variabile. Sotto c’è uno strato di acqua, più pesante. Sopra l’acqua, più leggero c’è il petrolio. Sopra il petrolio, ancora più leggero, c’è il gas naturale. Quando si estrae il petrolio si può escludere l’acqua che sta più in basso, ma non il gas naturale. E in media sale in superficie una quantità di gas grande quanto quella del petrolio estratto.
E fin dall’inizio delle estrazioni petrolifere il gas che saliva in superficie veniva subito incendiato, perché il metano, miscelato con l’acqua, forma una miscela esplosiva. E ancora alla metà degli anni ’90 circa l’80% del gas naturale che saliva in superficie insieme con il petrolio, veniva distrutto in questo modo.
Ma adesso che ci sono le centrali a turbogas, il gas naturale non viene quasi più sprecato. E nel conto delle emissioni di anidride carbonica dovrebbe essere considerato anche il gas naturale che una volta veniva distrutto inutilmente e che adesso alimenta queste centrali elettriche.
Inoltre nei prossimi anni anche i mercati dei beni materiali dei paesi emergenti arriveranno al punto di saturazione e non potranno più espandersi. E così come è già avvenuto nei paesi più sviluppati, anche in quelli emergenti la produzione di questi beni comincerà a diminuire, mentre a crescere saranno i servizi. E anche qui con la conseguenza di un forte rallentamento dell’economia e dei consumi energetici.
Lo dimostra la Turchia che ha appena raggiunto il livello di reddito dei paesi più sviluppati. Questo è un grandissimo risultato: la sconfitta di una povertà plurimillenaria. Ma proprio perché i principali bisogni materiali sono stati soddisfatti, i mercati dei beni che servono a soddisfarli sono stati saturati e la crescita economica si è quasi fermata. E questo ancora una volta dimostra che l’attuale trend di crescita degli emergenti non continuerà all’infinito, ma solo fino a quando anch’essi avranno raggiunto lo stesso alto livello di vita. E dato che, a seconda del loro stadio di sviluppo, essi si trovano al punto in cui noi eravamo negli anni ‘50, ‘60 e ’70, nel giro di 5, 10 o 20 anni anche loro arriveranno al punto in cui l’economia subirà un forte rallentamento e si espanderà il settore dei servizi.
In realtà in tutti i paesi emergenti c’è già una classe media, più o meno estesa e in espansione, che ha già soddisfatto i suoi bisogni primari e che si sta orientando sui servizi. Inoltre molti di questi paesi consumano molto carbone e lo bruciano in centrali elettriche poco efficienti. E quando decideranno di sostituire il carbone con il gas naturale o, meglio ancora, con le centrali nucleari, il consumo di combustibili fossili crollerà e le loro emissioni di anidride carbonica diminuiranno ancora di più.
Diminuire le emissioni di anidride carbonica.
Ma c’è abbastanza gas naturale per sostituire il carbone? Sì, perché oggi abbiamo la tecnologia per estrarre il gas contenuto nelle rocce argillose e impermeabili (shale gas). Questi giacimenti sono molto più grandi di quelli convenzionali, che a loro volta sono 3 o 4 volte più grandi di quelli del petrolio. Dopo avere messo a punto la tecnica di estrazione, gli Stati Uniti stanno trasferendo i loro consumi dal carbone al gas naturale e dalle centrali a carbone a quelle a turbogas. E stanno abbattendo le loro emissioni di gas serra al punto che negli ultimi anni a livello globale esse hanno smesso di aumentare (mentre prima crescevano del 2,5 % all’anno). Un dato che chi è preoccupato per il clima non dovrebbe trascurare.
Anche gli altri due maggiori consumatori di carbone, la Cina e l’India, hanno sul loro territorio grandi giacimenti di shale gas sfruttabili in zone deserte o semideserte. Inoltre le loro centrali hanno un’efficienza molto bassa, forse inferiore al 25 %, e quindi consumano molto più carbone e sono anche molto inquinanti. Pertanto per questi paesi è ancora più conveniente sostituirle con quelle a turbogas. Usando anche l’acqua di raffreddamento per gli usi civili, il loro rendimento potrebbe al limite triplicare. Quindi questi due grandi paesi avrebbero bisogno solo di un terzo del combustibile, diminuirebbero le loro emissioni di anidride carbonica anche del 90% e in più, gratis, risolverebbero il problema dell’inquinamento.
Ma la Cina e l’India sembrano ancora più interessate a sostituire le loro centrali a carbone con quelle nucleari che potrebbero alimentare senza costi aggiuntivi anche i veicoli elettrici. In questo caso le loro emissioni di anidride carbonica verrebbero quasi azzerate.
E la decarbonizzazione?
Però anche se adesso smettessimo di immettere altra anidride carbonica nell’atmosfera, il suo livello è già così alto non riusciremmo comunque ad impedire un forte aumento della temperatura globale e quindi il surriscaldamento del clima. Così dicono gli esperti. Pertanto, per scongiurare questo disastro non sarebbe sufficiente diminuire le emissioni di gas serra: bisognerebbe anche catturarne una parte per diminuire il tasso di CO2 atmosferico.
Però la previsione più ragionevole è che non sarà necessario. Infatti i paesi emergenti, una volta esaurita la necessità di nuovi terreni agricoli e da pascolo, non avranno più bisogno di distruggere altre foreste. Inoltre la modernizzazione dell’agricoltura, già in corso da molto tempo, sta aumentando le rese agricole e sta determinando un forte esodo della popolazione dalle aree rurali alle città, esattamente come è avvenuto da noi nella prima metà del dopoguerra. E anche qui con la conseguenza di una forte ricrescita del bosco o della foresta.
Sulla Terra ci sono in cifra tonda 10 milioni di chilometri quadrati di terreni degradati e impoveriti da secoli di agricoltura e pascolo eccessivi che potrebbero essere rimboschiti. E gli alberi che piantiamo oggi continueranno a crescere, e a sottrarre anidride carbonica all’atmosfera, per molto tempo.
Tra i terreni degradati che potrebbero essere recuperati c’è la fascia del Sahel, che ha una superficie di alcuni milioni di chilometri quadrati.
Negli ultimi anni l’Italia e la Germania hanno speso cifre esorbitanti per ricoprire intere regioni di impianti eolici e fotovoltaici, con risultati fallimentari. Se un decimo di quello che hanno speso o che dovrebbero spendere nei prossimi anni, fosse stata o venisse destinata al progetto Grande muraglia verde del Sahel, otterrebbero il doppio risultato di recuperare grandi superfici di territorio degradate e di sottrarre altra anidride carbonica all’atmosfera.
E’ questa la decarbonizzazione intelligente, perché gli alberi una volta piantati continueranno a crescere per secoli. Inoltre verrebbero create milioni di occasioni di vita e di lavoro in una delle aree più povere del mondo. E l’Europa dovrebbe essere interessata, perché è proprio da qui che parte l’immigrazione.
La principale causa della nostra crisi economica.
In conclusione l’attuale robusta crescita dei paesi emergenti non durerà all’infinito e le emissioni globali di anidride carbonica, che negli ultimi anni hanno già smesso di aumentare, alla fine del secolo saranno probabilmente molto minori di oggi, non molto maggiori. Infine la ricrescita spontanea delle foreste e i rimboschimenti continueranno a sottrarre anidride carbonica dall’aria per molto tempo. Pertanto i presupposti su cui si basa la previsione di un forte aumento della temperatura globale per la fine del secolo non sono realistici e come minimo dovrebbero essere rivisti.
Però è stata proprio la politica energetica delle energie alternative basata su questi presupposti la causa della nostra crisi economica. Infatti quando nel 2008 sono esplosi i prezzi del petrolio, l’Italia doveva importare l’85% dell’energia che consumava. Questo perché da 15 anni aveva bloccato l’estrazione del gas. Un fiume di denaro che ogni anno se ne andava all’estero e impoveriva tutto il sistema paese, pari a circa 3 punti di PIL. Ma nel momento in cui i prezzi sono aumentati di 3 / 4 volte, anche l’impoverimento del sistema paese è aumentato di altrettanto. E’ stata questa la causa della crisi economica, perché nessun paese può resistere ad una diminuzione annuale del PIL a due cifre protratta per molti anni!
Negli anni successivi l’estrazione del gas nei mari italiani era ripresa, ma qualche anno fa è stata bloccata di nuovo e la nostra dipendenza dalle importazioni di energia ha di nuovo superato l’80%.
A questo abbiamo aggiunto la spesa per eolico e fotovoltaico, che producono sì un po’ di energia, ma per lo più nei momenti sbagliati e in maniera discontinua e imprevedibile, quindi in una forma quasi inutilizzabile. Basti dire che per le energie “alternative” (una parola che indica quasi sempre un rovesciamento di valori) l’Italia ha già speso, tra costi diretti e indiretti ma reali, 250 miliardi di Euro, praticamente in cambio di nulla! Un’enorme distruzione di risorse economiche che va ad aggiungersi all’impoverimento causato dalle importazioni di energia. L’insistenza con cui si parla del riscaldamento globale quindi è servita solo a giustificare questa folle politica energetica che, senza diminuire le emissioni di gas serra, sta provocando danni infiniti all’economia e alla società italiana.
Ferrara e L’Italia.
Ecco un altro esempio. A Ferrara era stata da poco costruita una centrale a turbogas, e si sentiva parlare di un progetto per usare l’acqua di raffreddamento di questo impianto per riscaldare case e uffici. Sarebbe stato sufficiente trasportare l’acqua calda dalla centrale elettrica agli impianti di riscaldamento centralizzati dei condomini.
Una parte di Ferrara viene già riscaldata da un impianto geotermico. Ma l’acqua della centrale elettrica avrebbe dovuto percorrere una distanza minore. Inoltre questa è acqua pulita, che dopo l’uso può essere scaricata nell’ambiente, mentre quella della geotermia è inquinata da metalli pesanti e deve essere reimmessa in pressione nel sottosuolo. Questo progetto però non è mai andato in porto, perché gli è stato preferito un impianto fotovoltaico costato a suo tempo 20 milioni di Euro.
Usare l’acqua di raffreddamento della centrale sarebbe stata la soluzione migliore da ogni punto di vista. Sfruttando una risorsa già esistente, avremmo risparmiato una certa quantità di metano per il riscaldamento invernale (e le relative emissioni di anidride carbonica). Inoltre, dato che quasi tutto il gas che consumiamo lo importiamo dall’estero, avremmo diminuito di altrettanto anche le importazioni di energia e il conseguente impoverimento del sistema paese.
Avremmo dovuto seguire l’esempio di Torino, che ha due centrali elettriche di cui sfrutta anche l’acqua calda raggiungendo, secondo un servizio di RAI scuola, un rendimento complessivo dell’85%. Però al teleriscaldamento è stato preferito un impianto fotovoltaico costosissimo e inutile. Basti dire che a Ferrara l’80% dei giorni dell’anno sono di copertura nuvolosa totale o parziale!
Qualche anno dopo a pochi chilometri da Ferrara (a Formignana) è stato scoperto un giacimento di gas naturale. Vista la situazione, avremmo dovuto fare salti di gioia. Invece si è levato un coro di voci: “No, non lo vogliamo, mai e poi mai, not in my back yard!
Ma qual è l’impatto ambientale di una perforazione per l’estrazione del gas? Quando fra trent’anni il pozzo si sarà esaurito, l’impianto di estrazione verrà smontato e non rimarrà più nulla. L’impatto ambientale è uguale a zero.
Ma Ferrara non è un’eccezione. E’ invece un esempio rappresentativo della politica energetica italiana degli ultimi decenni. In tutto il Nord, in ogni provincia, ci sono degli assurdi impianti fotovoltaici, mentre nel Sud il territorio di intere regioni è stato deturpato da centinaia di altissimi pali di cemento visibili da decine di chilometri di distanza!
Cercare le soluzioni ai problemi.
Quindi gli allarmi sul clima non hanno lo scopo di diminuire le emissioni di gas serra, ma di imporre una politica energetica punitiva con un pretesto ambientale. E il paese che si è esposto di più in questa politica autolesionista è proprio l’Italia.
Ma qual’ è la ragione di questa strana politica ambientale che combatte le soluzioni più efficaci contro l’inquinamento e le emissioni di anidride carbonica, per imporre delle costosissime non soluzioni che per di più deturpano il paesaggio?
La risposta è che molti sono convinti che la società moderna sia la causa di ogni male e che debba essere combattuta con ogni mezzo, a partire dalla disinformazione e dalla strumentalizzazione dei temi ambientali. Viceversa non c’è alcune interesse per le soluzioni in positivo, perché esse aiuterebbero “il sistema” invece di combatterlo!
Però vent’anni di lavoro sui temi dell’ambiente e dello sviluppo sono giunti alla conclusione che la società in cui viviamo è l’unica sostenibile anche sul piano ambientale (vedi l’articolo “Lo sviluppo come soluzione dei problemi della povertà e dell’ambiente”). Lo dimostrano i paesi più sviluppati che sono oggi, da ogni punto di vista, molto più sostenibili di 50 o 60 anni fa.
I problemi globali dell’inquinamento e delle emissioni di anidride carbonica troveranno una soluzione solo quando i paesi maggiori consumatori sostituiranno il carbone con il gas naturale o con l’energia nucleare. Ma prima di tutto quando qualcuno si accorgerà che la società in cui viviamo non è il nemico da combattere, ma la soluzione dei principali problemi di oggi.