ENERGIA NUCLEARE PULITA E SICURA

Il problema dell’energia è strategico sia per lo sviluppo che per la sostenibilità ambientale. I paesi emergenti hanno bisogno di energia per la loro crescita e anche quelli più sviluppati non ne possono fare a meno. Ma è decisivo il modo con cui viene prodotta, e le centrali nucleari sono la soluzione ideale perché possono generare tutta l’energia di cui abbiamo bisogno a costi bassi, in totale sicurezza e in maniera quasi miracolosa, cioè senza bruciare combustibili fossili.
Perché allora sono state osteggiate al punto che diversi paesi europei e alcuni stati americani hanno chiuso quelle che avevano costruito?
E’ uscito da poco un libro intitolato “L’AVVOCATO DELL’ATOMO – In difesa dell’energia nucleare”, autore Luca Romano laureato in fisica, scritto con un linguaggio comprensibile e ricchissimo di informazioni e dati scientifici sull’energia nucleare e sull’energia in generale. Un libro che smentisce decenni di disinformazione e di fake news e che in questo articolo verrà citato spesso. E’ talmente importante che se fosse comparso nelle librerie negli anni ’70, forse oggi l’Italia sarebbe un paese di serie A e non di serie B.


Come sono fatte e come funzionano le centrali nucleari.
L’energia nucleare non deriva da reazioni chimiche come la combustione, che modificano l’assetto degli elettroni che orbitano intorno al nucleo degli atomi, ma da reazioni che modificano il nucleo stesso, da cui il nome. Le reazioni nucleari che vengono sfruttate sono i decadimenti radioattivi, che sono reazioni di fissione nucleare o di divisione del nucleo.
Ogni atomo di un particolare elemento radioattivo ha una probabilità ben precisa di spaccarsi, di espellere una parte del nucleo ed emettere dell’energia, che è prima di tutto energia cinetica dei frammenti della fissione, ma anche radiazione gamma (. E dato che viene espulsa una parte del nucleo tra cui dei protoni, l’elemento si trasmuta in un altro, più leggero. Pertanto la quantità dell’elemento radioattivo di partenza diminuisce e il tempo che impiega a dimezzarsi si chiama “emivita”. Ogni elemento o isotopo radioattivo ha una propria emivita.
Se l’emivita è più breve, significa che ci sono più atomi che si rompono (decadono) in un tempo dato. Viceversa se l’emivita è più lunga, significa che meno atomi si spaccano e che la radioattività è meno intensa.
I decadimenti radioattivi, così come le reazioni di fusione nucleare che avvengono nel cuore del Sole e delle stelle, trasformano della materia in energia secondo la famosa formula di Einstein e = mc2.
Questa formula afferma che a livello elementare la materia e l’energia sono la stessa cosa (e = m) e che in particolari condizioni la materia può trasformarsi in energia o l’energia in materia. La seconda cosa importante è che il fattore di conversione della materia in energia è un numero enorme, la velocità della luce al quadrato (c2), e questo significa che minuscole quantità di materia si trasformano in enormi quantità di energia. Per esempio un solo chilogrammo di materia che si annichila durante l’esplosione di una bomba atomica produce una quantità di energia pari a quella generata dall’esplosione di 20 milioni di tonnellate di tritolo (20 megaton).
Ma come si fa a sfruttare per usi pacifici l’energia emessa dalle sostanze radioattive? Infatti se sono molto radioattive e se producono una quantità di energia sufficiente per essere sfruttata, esse diminuiscono velocemente e si possono trovare in natura solo in piccolissime quantità. Quelle che invece hanno un’emivita molto lunga, come l’uranio o il torio, sono molto più abbondanti ma nello stesso tempo sono così poco radioattive da produrre una quantità di energia insignificante.
E’ stato lo scienziato italiano Enrico Fermi a scoprire come aumentare il numero degli atomi di uranio che decadono in modo da produrre una quantità di energia sufficiente per essere sfruttata. L’uranio si trova in natura sotto forma di due isotopi: l’uranio 235 (235U) presente nella percentuale dello 0,720% e con un’emivita di 703 milioni di anni e l’uranio 238 (238U) presente nella percentuale del 99,274% e con un’emivita di 4,5 miliardi di anni.
L’uranio 235 è un isotopo fissile, cioè che è in grado di sostenere la reazione a catena. Un atomo di 235U quando decade emette anche due o tre neutroni (particelle del nucleo prive di carica elettrica). Capita a volte, anche se raramente, che uno di essi venga catturato da un altro atomo di 235U, che diventa instabile e decade a sua volta.
Se Fermi fosse riuscito ad aumentare il numero dei neutroni che venivano catturati e se questo numero fosse stato superiore a quello degli atomi che decadevano, avrebbe innescato una reazione a catena che in poco tempo avrebbe aumentato l’energia emessa fino ad un livello sufficiente per essere sfruttata.
Nelle centrali nucleari più diffuse, che sono quelle dette “ad acqua bollente”, le condizioni per dare inizio alla reazione a catena sono due. La prima è che 235U venga arricchito dallo 0,720% ad almeno il 3% (di solito viene concentrato al 5%) . La seconda è che i neutroni vengano rallentati in modo che possano essere più facilmente catturati da altri atomi di 235U. E per rallentarli il modo più semplice è interporre dell’acqua che deve rimanere allo stato liquido.
Come si fa a mantenere l’acqua allo stato liquido alla temperatura di diverse centinaia di gradi? E’ sufficiente aumentare la pressione a 50 / 60 atmosfere (però la pila atomica costruita da Fermi nel 1939 usava dell’uranio naturale non arricchito e della grafite come moderatore).
In queste condizioni la reazione a catena raggiunge un livello di radioattività abbastanza alto da poter essere sfruttato e lì si stabilizza. Se la reazione a catena continuasse senza mai fermarsi il risultato sarebbe un’esplosione nucleare. Per questo però l’uranio dovrebbe essere arricchito almeno al 90%.
In definitiva le centrali nucleari sfruttano delle reazioni nucleari, i decadimenti radioattivi, che avvengono spontaneamente anche sulla superficie della Terra e che sono quindi assolutamente naturali. Vengono solo intensificate quel tanto che basta per produrre dell’energia sfruttabile.


Le centrali nucleari sono sicure? Il disastro di Cernobyl.
Quindi le centrali nucleari possono produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno in maniera quasi miracolosa, cioè senza bruciare combustibili fossili e con un impatto ambientale minimo. Ma qual’ è il rischio che corre chi lavora in una centrale nucleare o che vive nelle sue vicinanze? Il modo migliore per rispondere a questa domanda è esaminare come si sono comportate finora.
Le centrali nucleari hanno cominciato ad essere costruite dalla fine degli anni Cinquanta. Quelle oggi in attività sono 441 e 51 sono in costruzione. Gli incidenti principali sono stati tre. Il primo è avvenuto nella centrale di Three Mile Island, Stati Uniti, nel 1979. Un malfunzionamento delle pompe di raffreddamento ha provocato il surriscaldamento del nocciolo del reattore fino a provocarne la fusione. Ma la cupola di spesso cemento armato ha impedito la fuoriuscita di radioattività. Il territorio circostante non è stato contaminato e nessuno ha assorbito radiazioni.
Questo incidente suscitò molto allarme nell’opinione pubblica, ma fu anche l’occasione per rafforzare i sistemi di sicurezza e rendere ridondanti gli impianti di raffreddamento. Da allora tutte le centrali nucleari hanno una spessa doppia cupola di cemento armato e impianti multipli di raffreddamento. Ma nell’Unione sovietica le cose andavano diversamente.
La centrale nucleare di Cernobyl era stata progettata per produrre sia energia elettrica che plutonio per le bombe atomiche. Durante il funzionamento di una centrale nucleare l’uranio 235 (235U), quello fissile, emette dei neutroni e alcuni di essi vengono catturati dall’uranio 238 (238U) che trasmuta in plutonio 239 (239Pu), che pure è fissile. Ma perché il plutonio sia abbastanza puro per armare una bomba, deve essere estratto dal reattore subito dopo che si è formato. Per questo la centrale di Cernobyl doveva essere spenta ogni due settimane per estrarre le barre di combustibile da cui ricavare il plutonio. Per agevolare l’operazione il tetto era stato rimosso e il reattore operava a cielo aperto. Inoltre i tre dirigenti della centrale non avevano una specifica competenza per questo tipo di impianti, ed erano stati scelti per la loro fedeltà al partito.
L’incidente è avvenuto mentre veniva condotto un test “per la sicurezza”.
Questo esperimento era stato già tentato in un’altra centrale, ma i sistemi di sicurezza avevano spento il reattore prima che il test venisse completato. Questa volta, per portare a termine l’esperimento e per fare bella figura a Mosca, i sistemi di sicurezza erano stati disattivati!
Poi durante l’esperimento i responsabili della centrale hanno preso delle decisioni che, senza che se ne rendessero conto, hanno reso instabile il reattore nucleare fino a perderne il controllo. Cernobyl è l’unico caso di una centrale nucleare sfuggita al controllo. Alla fine il 26 aprile 1986 c’è stata un’esplosione (non nucleare perché sarebbe stata impossibile) che ha scoperchiato il reattore rovesciando un coperchio di mille tonnellate. A questo punto il nocciolo, senza la cupola di cemento, senza il tetto e senza nemmeno il coperchio, era esposto all’aria aperta. Subito dopo c’è stata una seconda esplosione che ha provocato un incendio che è durato a lungo perché questo reattore era moderato dalla grafite che, essendo fatta di carbonio, se si incendia è difficilissima da spegnere (vedi L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Darwinite atomica”, che contiene una dettagliata ricostruzione della dinamica di questo disastro).
L’incendio, senza più nulla che lo potesse impedire, ha trasportato in alto e diffuso nell’ambiente una grande quantità dei materiali radioattivi contenuti all’interno. Quelli più leggeri sono stati sollevati fino a diversi chilometri di altezza e da lì i venti li hanno dispersi in mezza Europa, mentre quelli più pesanti sono saliti solo di qualche centinaio di metri e sono ricaduti nei pressi della centrale. Sono andate disperse, a seconda del loro peso, dal 30% al 70% delle sostanze radioattive contenute nel reattore.
E’ evidente che quello che è avvenuto a Cernobyl non può essere considerato rappresentativo della pericolosità delle centrali nucleari, nemmeno di quelle dell’epoca sovietica, perché anch’esse avevano degli efficaci sistemi di sicurezza. La vera causa di questo disastro non è stata l’intrinseca pericolosità delle centrali nucleari, ma il modello di potere sovietico nel quale la fedeltà al partito era più importante della competenza.
Oggi per diverse ragioni questo disastro non può più ripetersi, perché tutte le centrali nucleari hanno una doppia cupola di spesso cemento armato che poggia su una base di cemento altrettanto solida, e qualunque cosa succeda all’interno nulla può uscire. Inoltre l’IAEA, l’ente dell’ONU che controlla la sicurezza delle centrali nucleari, verifica anche la preparazione del personale. E quindi non può più succedere che questi impianti siano diretti da persone che non sanno nemmeno come sono fatti e come funzionano. Infine i sistemi di sicurezza sono stati moltiplicati e sono fatti in modo da non poter essere disattivati: appena c’è un parametro fuori controllo la centrale si spegne automaticamente da sola.
Come si fa a spegnere una centrale nucleare? Sospese sopra il reattore ci sono le barre di controllo, fatte di materiali che assorbono i neutroni. Se vengono fatte scendere esse ne rallentano l’attività, mentre se vengono calate completamente lo spengono. Pertanto manovrando le barre di controllo si può regolare l’attività del reattore nucleare oppure spegnerlo. Nel caso in cui tutto smetta di funzionare, manca l’elettricità ecc., le barre di controllo scendono da sole per gravità e spengono il reattore nucleare.
Le vittime accertate furono 56, compresi i pompieri eroi che si sacrificarono per spegnere l’incendio. Ci sono stati anche 350.000 sfollati (tre quarti dei quali avrebbero potuto rimanere nelle loro case perché il livello di contaminazione era rimasto sotto i limiti di sicurezza), che hanno sofferto di molti problemi di disadattamento. Però dalle indagini di tipo statistico svolte da allora non risulta che siano aumentate le malattie o i decessi attribuibili alla radioattività.
Adesso il reattore è protetto da una rassicurante cupola di cemento armato dotata anche delle gru che dovranno servire per il suo smantellamento. Ma non c’è fretta, perché più si aspetta, più diminuiscono gli elementi radioattivi e specialmente quelli con l’emivita più breve e che emanano più radioattività.
Però persino da Cernobyl arriva una notizia positiva. Gli scienziati che studiano la fauna selvatica che vive nelle aree più contaminate hanno fatto una scoperta importante. Hanno trovato che alcuni antiossidanti (principi nutritivi che si trovano nella frutta e nella verdura colorata) sono molto efficaci nel difenderci dai danni della radioattività. Per esempio in un esperimento dei topolini ai quali erano stati somministrati questi nutrienti godevano di buona salute, a differenza di quelli che non ne mangiavano. Adesso, in caso di necessità, sapremmo come proteggerci.
Bisogna però aggiungere che non è vero che qualsiasi livello di radioattività, per quanto basso, sia dannoso per la salute. Infatti la ricerca ha dimostrato che la radioattività naturale, anche quando è 50 volte più alta della media, non comporta alcun rischio per la salute. Evidentemente il nostro organismo si è ben adattato alla radioattività ambientale.
Ci era stato sempre raccontato che un disastro nucleare avrebbe reso inabitabile un vasto territorio per centinaia di migliaia di anni, e quello di Cernobyl è stato il disastro nucleare più grande che si possa immaginare. Eppure oggi quasi tutto il territorio evacuato è di nuovo abitabile, e anche da molto tempo, perché la radioattività è sotto i limiti di sicurezza. Anzi, non solo questa non è un’area devastata e inabitabile, ma è il territorio più ricco di biodiversità in Europa.
Per un confronto la sola estrazione del carbone causa ben altri danni. Per esempio in India in una grande miniera di carbone c’è un’area di 450 Km2 nella quale si sono sviluppati una settantina di incendi impossibili da spegnere e, data la dimensione del giacimento, si stima che essi continueranno a bruciare per 5.000 anni. E questo non è certo l’unico caso, perché sono molte le miniere di carbone in cui sono scoppiati degli incendi altrettanto difficili da estinguere (vedi l’articolo “Jharia brucia” nel libro l’AVVOCATO DELL’ATOMO). I danni all’ambiente dell’estrazione del carbone vanno ad aggiungersi a quelli della sua combustione. Basti dire l’inquinamento dell’aria dovuto ai combustibili fossili causa ogni anno cinque milioni di morti.


Fukushima.
Il terzo incidente nucleare è avvenuto nel complesso di Fukushima Dai-ichi in Giappone l’11 marzo 2011. Queste piccole centrali, costruite a partire dal 1967 e nel corso degli anni Settanta, erano obsolete, non avevano una cupola di cemento armato e stavano per essere chiuse. Ciò nonostante esse avevano resistito al quarto terremoto più violento mai registrato. I tre reattori nucleari in attività in quel momento erano stati spenti e le pompe di raffreddamento erano in funzione. Poi però è arrivata un’onda di tsunami alta 13 metri che ha scavalcato il muro di recinzione e le ha messe fuori servizio.
Perché sono necessarie delle pompe di raffreddamento dopo che una centrale è stata spenta? Perché nel reattore nucleare si formano dei materiali radioattivi a breve o brevissimo periodo di dimezzamento che emanano il 6% del calore che viene prodotto. Quando una centrale viene spenta questo calore deve essere asportato, altrimenti la temperatura aumenta fino a danneggiare il nocciolo.
Con l’impianto di raffreddamento fuori servizio la temperatura è salita fino al punto in cui le molecole dell’acqua hanno cominciato a scindersi nei loro costituenti, l’idrogeno e l’ossigeno. L’idrogeno, più leggero dell’aria, si è accumulato sotto il soffitto piatto dei locali che contenevano i reattori. Inoltre questo gas è molto infiammabile e ben presto una scintilla lo ha fatto esplodere. Con l’esplosione il tetto è saltato ed è andata dispersa l’aria contaminata che era contenuta all’interno. Ma nulla è uscito dal nocciolo dei tre reattori nucleari.
Dodici operai della centrale sono stati lievemente contaminati, senza conseguenze. Sono state sfollate per precauzione 170.000 persone che vivevano nei pressi della centrale, anche se la contaminazione del territorio circostante non aveva superato i limiti di sicurezza. Anche qui nessuno è morto o si è ammalato a causa della radioattività. Secondo l’OMS a Fukushima nessuno è stato contaminato in maniera grave e l’incidente non avrà conseguenze a lungo termine sulla salute.
Inoltre quello che è avvenuto a Fukushima è il risultato di una combinazione di circostanze che non si potranno più presentare insieme e quindi, paradossalmente, dimostra quanto in realtà le centrali nucleari siano sicure. Terremoti di questa violenza possono capitare solo in pochi posti al mondo, e lo stesso vale per gli tsunami. Inoltre ad essere coinvolte sono state delle centrali obsolete, che avevano un solo impianto di raffreddamento, erano prive di una struttura di contenimento e stavano per essere chiuse. Ciononostante la reazione nucleare non è andata fuori controllo, nulla è uscito dal nocciolo dei reattori nucleari, c’è stata una dispersione minima di aria contaminata e non ci sono state vittime.
Eppure il disastro di Fukushima ha scatenato uno tsunami di notizie false diffuse dai giornali di tutto il mondo. I nemici dell’energia nucleare ne hanno approfittato per dare il colpo di grazia alla fonte di energia più pulita, economica e sicura che abbiamo. L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Un’eccellenza italiana”, contiene una rassegna delle balle spaziali inventate per l’occasione che vale la pena di leggere. Il titolo si spiega con il fatto che, secondo alcuni siti giapponesi, sono stati proprio i media italiani a distinguersi su chi le sparava più grosse.
Molti giornali e televisioni hanno parlato di apocalisse nucleare o hanno mostrato un fungo atomico sopra il Giappone. Altri hanno parlato di 16.000 vittime della radioattività (che erano invece quelle del terremoto). Oppure: “Tokio sarà inabitabile per migliaia di anni” (infatti nel 2021 ci hanno fatto le olimpiadi), “i livelli di radioattività sono 7,5 milioni di volte superiori alla norma” – se fosse vero non potrebbero sopravvivere neanche le piante ecc.
Berlusconi aveva proposto un piano per la costruzione di alcune centrali nucleari, ma poco prima del referendum del 2011 c’è stato il disastro di Fukushima. Le forze contrarie al nucleare hanno scatenato una campagna di disinformazione ancora più intensa per fargli perdere il referendum. Però oggi noi basiamo la nostra politica energetica, che è strategica per la prosperità del Paese e per l’ambiente, su tutte queste falsità!
L’ondata emotiva è stata forte prima di tutto in Giappone, che ha chiuso le sue centrali nucleari, anche se adesso alcune le ha già riaperte, altre le sta aggiornando e ne sta costruendo di nuove. Ma il danno maggiore l’hanno avuto l’Italia e alcuni altri paesi europei. Infatti questa campagna di disinformazione ha determinato l’esito del referendum italiano sul nucleare del 12 e 13 giugno 2011 e la decisione della Germania di smantellare le sue 19 centrali nucleari che ha preteso di sostituire con degli impianti eolici e fotovoltaici. E a dimostrazione che questi non saranno mai in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di un paese, essa è stata costretta a tornare al gas naturale e ha persino riaperto le sue miniere di carbone!
Inoltre i disastri di Cernobyl e Fukushima hanno spinto l’Europa ad applicare anche alla radioattività il folle “principio di precauzione” secondo il quale per evitare un danno microscopico dobbiamo accettare un danno di altro tipo molto più grande! Infatti essa ha deciso di non ammettere alcun aumento della radioattività che superi quella naturale di un millisievert (mSv) all’anno.
Di solito la radioattività naturale è di 3 / 4 mSv all’anno, e per raddoppiarla è sufficiente una pavimentazione in cubetti di porfido. Ma in molte parti del mondo è anche 50 volte più alta; però nemmeno in questi casi sono stati riscontrati dei danni per la popolazione.
Questa e altre limitazioni hanno spinto molti paesi ad abbandonare l’energia nucleare e a sostituirla con le “energie alternative” e con i combustibili fossili, che sono la causa di una estesa devastazione del territorio e di 5 milioni di morti all’anno. E forse in futuro dovremo sostituire anche i sampietrini!


Le scorie radioattive.
Un’altra accusa che viene rivolta alle centrali nucleari è che esse producono delle scorie radioattive che dovrebbero essere sorvegliate per migliaia o milioni di anni. Intanto se le sostanze radioattive durano per milioni di anni, significa che la loro radioattività è molto bassa e non costituisce un problema. Inoltre si tratta sempre di quantità molto piccole.
In un anno una grossa centrale produce una quantità di scorie radioattive, cioè di combustibili esausti nei quali la percentuale di materiale fissile è troppo bassa per sostenere la reazione a catena, che sta dentro un cubo di un metro e mezzo di lato. Inoltre queste scorie sono sotto forma di sferette vetrose e non di liquidi corrosivi che potrebbero diffondersi e contaminare il terreno o i corsi d’acqua. Gli elementi radioattivi più problematici sono gli attinidi minori, che hanno un tempo di dimezzamento di circa 1.000 anni e sono mediamente radioattivi. Ma la radiazione più importante che emettono è costituita dalle particelle alfa (che essendo massive sono schermate dalla pelle umana e possono provocare danni solo se ingerite.
Per un confronto ogni anno vengono scaricate nell’ambiente migliaia di tonnellate di rifiuti tossici in forma liquida o gassosa contenenti cianuro, arsenico, mercurio, cadmio, cromo esavalente ecc. E sono tutti rifiuti che, a differenza dei materiali radioattivi, non diminuiscono con il tempo e che in teoria dovrebbero essere sorvegliati in eterno (L’AVVOCATO DELL’ATOMO - “Gli incidenti di altra natura”).
Ma decenni di disinformazione hanno creato nell’opinione pubblica il terrore della radioattività, come se fosse un rischio qualitativamente diverso dagli altri. Certo, un alto livello di radioattività è dannoso per la salute. Ma è pericoloso anche il metano che usiamo in cucina, perché miscelato con l’aria forma una miscela esplosiva. Però con impianti a norma il rischio è azzerato. Ma questo vale anche per la radioattività: se viene schermata il rischio scompare.
Inoltre, a differenza dei combustibili fossili, le centrali nucleari non hanno esternalità negative (inquinamento, CO2, deturpamento del paesaggio, componenti pericolose da smaltire) e quasi azzerano l’impatto ambientale della produzione di energia.
Infine le scorie radioattive possono essere riprocessate. Per lo più oggi si preferisce usare uranio vergine a causa del suo basso costo, e i combustibili esausti vengono conservati presso la centrale in attesa di questo trattamento. Con il riprocessamento si recuperano l’uranio e il plutonio, che costituiscono il 95% delle barre di combustibile esauste, per usarli in altri cicli di combustione. Il pericolo costituito dalle scorie radioattive è davvero un motivo sufficiente per impedirci di usare questa fonte di energia che di problemi ambientali ne risolve tantissimi altri?
Eppure i reattori veloci, detti anche auto fertilizzanti, possono fare ancora meglio.
Oggi nei reattori più diffusi, quelli ad acqua bollente, i neutroni vengono rallentati da acqua in pressione perché possa rimanere allo stato liquido anche alla temperatura di centinaia di gradi. Come abbiamo visto sopra, questo favorisce il loro assorbimento da parte di altri atomi di 235U. Interponendo un altro materiale adatto o del vapore acqueo, i neutroni vengono rallentati di meno e aumentano quelli che vengono assorbiti da 238U, che si trasforma in plutonio (239Pu) che è fissile. In compenso per dare inizio alla reazione a catena l’uranio 235 deve essere arricchito di più, dal 15 al 20%.
In questo modo viene prodotto, a spese di 238U che è molto più abbondante, trenta volte più combustibile nucleare di quello che viene consumato. Inoltre vengono trasformate in materiali fissili anche le scorie radioattive più problematiche, che poi vengono anch’esse consumate all’interno del reattore. Pertanto le scorie si riducono a pochi residui a breve periodo di dimezzamento.
Qualcuno ha calcolato che se dieci miliardi di persone con livelli di consumo europeo producessero tutta l’energia di cui hanno bisogno in questo modo, i rifiuti radioattivi (a breve periodo di dimezzamento) prodotti in un secolo occuperebbero il volume di una nave portacontainer e gli esperti ritengono che entro il 2040 la maggior parte delle centrali nucleari di media potenza sarà di questo tipo (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Vecchio a chi?”).
Ma non è ancora tutto, perché le centrali nucleari stanno anche eliminando dei materiali molto pericolosi. Dopo che l’America e la Russia hanno smantellato quasi il 90% delle loro testate atomiche, l’uranio e il plutonio delle bombe, dopo essere stati diluiti al 5%, oggi alimentano delle centrali nucleari.
Le centrali nucleari hanno una settantina d’anni, metà dei quali trascorsi durante la guerra fredda. Allora c’era il sospetto che lo scopo principale del nucleare civile fosse quello di alleggerire il costo degli arsenali atomici. In effetti le super tecnologiche centrifughe servono ad ambedue gli scopi. Inoltre molte centrali nucleari dovevano produrre anche il plutonio per le bombe.
Però oggi la situazione è cambiata, perché da molto tempo nessuno costruisce più bombe atomiche e perché le tecnologie del nucleare civile e del nucleare militare sono sempre più divaricate. Così siamo tornati allo scopo originario della pila atomica costruita da Enrico Fermi nel 1939: produrre energia per l’umanità. Ed è un paradosso che proprio il paese che ha dato i natali a questo grande scienziato, oggi sia uno dei pochi al mondo ad aver rifiutato questa straordinaria fonte di energia.


Proliferazione nucleare.
L’unica cosa che collega le centrali nucleari alle bombe atomiche sono le sofisticate centrifughe che concentrano l’uranio 235 al 5% per i reattori ad acqua bollente, al 15 / 20% per i reattori veloci e al 90% per le bombe atomiche.
Però l’ente dell’ONU che vigila sulla sicurezza delle centrali nucleari controlla tutti i passaggi di mano dell’uranio e in particolare tutto quello che entra ed esce dalle centrifughe, che solo poche potenze nucleari possiedono.
Se l’Italia volesse dotarsi di un parco di centrali nucleari, non avrebbe bisogno di costruirsele, perché comprerebbe l’uranio arricchito da qualche altro paese, per esempio dalla Francia. Pertanto il rischio di proliferazione nucleare sarebbe nullo.
Ma ci sono anche delle centrali nucleari che non hanno bisogno di uranio arricchito.
Infatti se si usa come moderatore dei neutroni dell’acqua pesante, si può usare l’uranio naturale.
Infine c’è il Torio (232Th) che può essere trasformato nell’elemento fissile 233U senza bisogno di centrifughe. Il torio è quattro volte più abbondante dell’uranio, ha un tempo di dimezzamento di 14 miliardi di anni e può essere interamente trasformato in elemento fissile. Però per costruire delle centrali nucleari al torio bisogna ancora risolvere qualche problema. Diversi paesi ci stanno lavorando e il motivo di tanto interesse è facile da capire: chi riuscirà per primo a costruire delle centrali nucleari al torio, che saranno completamente svincolate dalla tecnologia militare, avrà a disposizione un mercato immenso. Auguri e buon lavoro!


L’energia nucleare è economica?
Se non ci fosse stata la Seconda guerra mondiale, non ci sarebbero state nemmeno le bombe atomiche. Infatti questa tecnologia venne sviluppata nel corso del progetto Manhattan per anticipare un analogo progetto del regime nazista. Senza le bombe atomiche non ci sarebbe stata la paura dell’energia nucleare e l’atomo sarebbe presto diventato la principale fonte di energia. Avremmo bruciato meno combustibili fossili e oggi il tasso di anidride carbonica atmosferica sarebbe molto più basso. Però possiamo ancora rimediare, perché l’energia nucleare è conveniente anche dal punto di vista economico. Ed è anche rinnovabile, perché di uranio ce n’è per milioni di anni. Infatti se fosse necessario lo si potrebbe estrarre anche dal mare.
La Francia, il paese più nuclearizzato d’Europa, ha anche il costo dell’energia più basso e produce un quinto dell’anidride carbonica della Germania. Mentre l’Italia, la Germania e la Danimarca, i paesi che hanno investito di più sulle rinnovabili, pagano tre volte di più l’energia elettrica e consumano molti più combustibili fossili.
Nelle centrali convenzionali il costo dell’energia elettrica è dovuto per circa il 90% al costo del combustibile, mentre il resto è costo di impianto. In quelle nucleari la situazione è rovesciata: il 75 / 80% è costo d’impianto e solo il 5 / 10% è costo del combustibile. Il resto sono i costi vivi di gestione e anche i fondi che la legge impone di accantonare per lo smantellamento. Costi questi ultimi che non vengono imposti agli impianti eolici e fotovoltaici, nonostante che dovranno essere sostituiti dopo 25 anni e che dovranno dismettere una quantità 300 volte maggiore di materiali problematici.
A rendere ancora più conveniente l’energia nucleare c’è anche il fatto che il costo che bisogna sostenere per importare il “combustibile” nucleare passa dal 90% al 5 / 10%; pertanto il ricorso a questa fonte di energia è anche un modo per diminuire le importazioni di energia e il conseguente impoverimento del nostro sistema paese.
Adesso la durata delle centrali nucleari è stata portata a 80 anni, e una volta ammortizzato il costo di impianto, per tutto il resto del tempo esse producono dell’energia quasi al solo costo del combustibile. Per questo motivo le centrali nucleari sono anche un ottimo investimento per i fondi pensione che devono garantire un reddito a lunga scadenza.
Oggi suscitano molto interesse anche i reattori modulari. Sono di taglia più piccola, con potenze che vanno dai 5/ 6 MW ai 400/450 MW. Il vantaggio è che potranno essere costruiti in fabbrica e poi montati sul posto, con un abbattimento sia dei costi che dei tempi di costruzione. Nei progetti in fase di sviluppo sono rappresentate un po’ tutte le tecnologie dei rettori più grandi e gli analisti ritengono che nell’arco del prossimo decennio i reattori modulari rivoluzioneranno il mercato dell’energia.
Il progetto più all’avanguardia nel campo dei reattori modulari è italiano. La startup Newcleo, che ha alle spalle il meglio della scienza e dell’industria italiana, sta sviluppando un modello di IV generazione con caratteristiche estremamente interessanti.
Innanzi tutto essendo modulari questi reattori abbatteranno i costi e i tempi di costruzione. Inoltre essi useranno come combustibile le scorie radioattive riprocessate dei reattori ad acqua bollente (che contengono ancora il 3% di materiale fissile). Ma dato che sono anche reattori “veloci”, essi moltiplicheranno il materiale fissile di trenta volte a spese del resto dell’uranio. Infine l’uso del piombo fuso come refrigerante aggiungerà un ulteriore strato di sicurezza.
Questi reattori hanno suscitato l’interesse dell’Europa, del Governo italiano e di altri paesi, in particolare della Francia e del Regno Unito per i quali nel 2031 verranno costruiti i primi due esemplari.


Ma non sono meglio le energie rinnovabili?
Ma perché ricorrere alla tecnologia delle bombe atomiche quando potremmo sfruttare il sole e il vento che sono gratuiti e a disposizione di tutti?
Il costo degli impianti eolici e fotovoltaici è diminuito con il tempo. Essi hanno anche il vantaggio di non dovere usare dei combustibili fossili e molti pensano che siano la soluzione ideale del problema dell’energia. Ma se eolico e fotovoltaico sembrano così convenienti, è anche perché godono di molti sussidi, tanto che nel Meridione i paesi che hanno installato più turbine eoliche non sono quelli con maggior presenza di vento, bensì quelli con maggior presenza di mafia (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – pag.348). Ma prima di tutto questi impianti producono la loro energia in maniera discontinua e imprevedibile oppure nei momenti sbagliati e pertanto non sono adatti a coprire il carico di base. In altre parole l’80 / 90% dell’energia deve essere necessariamente prodotta dalle centrali elettriche convenzionali, mentre le rinnovabili possono dare un contributo solo in alcune ore del giorno e in certe stagioni dell’anno (vedi L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Combattere con i mulini a vento”).
Per esempio la Germania ha chiuso le sue 19 centrali nucleari e per sostituirle ha speso più di 600 miliardi (di qualche anno fa) per installare degli impianti eolici e fotovoltaici per una potenza complessiva di 110 GW. Ma energia installata non significa energia elettrica prodotta. In Italia un pannello solare produce in media una quantità di energia pari al 18 % della sua potenza nominale e in Germania ancora di meno. Per produrre 1,6 GW serve quindi una superficie ben superiore ai 100 Km2. Stesso discorso per l’energia eolica. 160 turbine da 10 MW, che devono essere distanziate tra loro per non rubarsi il vento, per produrre questa stessa quantità di energia hanno bisogno di una superficie di 160 Km2, perché in Italia e in Germania, paesi poco ventosi, le pale eoliche producono circa il 20% della loro potenza nominale.
Per di più le energie alternative si presentano in una forma discontinua e imprevedibile, tanto che la Germania, nonostante i 600 miliardi spesi, è stata costretta prima a comprare il gas dalla Russia e poi, dopo che è iniziata la guerra contro l’Ucraina, a cercare altri fornitori per il gas e a riaprire le sue miniere di carbone. Inoltre ben sei centrali a carbone, quando c’è disponibilità di energia rinnovabile, vengono tenute accese e scollegate dalla rete, in modo che possano essere collegate immediatamente se il vento cala! (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – pag. 170)
Ma l’Italia non è da meno perché, tra costi diretti e indiretti e senza considerare l’inflazione, il nostro Paese ha speso finora per eolico e fotovoltaico circa 250 miliardi, e il nuovo governo di destra ha deciso di aggiungerne altri 60.
Quali sono i costi extra delle rinnovabili che ricadono sulla collettività? Queste fonti di energia aleatorie hanno bisogno di centrali di back up e di nuove linee elettriche in grado di sopportare dei grandi sbalzi di tensione. Inoltre le società elettriche sono costrette dalla legge a comprare questa energia “verde” anche se non sanno cosa farsene. Subiscono un danno e si rifanno sui consumatori, che ogni anno pagano per questo 10 miliardi in più. Infine non va dimenticato che una delle condizioni perché la produzione di energia sia sostenibile è che sia ad alta intensità energetica (non il contrario!). Infatti questi impianti deturpano decine di migliaia di chilometri quadrati del territorio del Bel Paese, uccidono migliaia di uccelli e miliardi di insetti trasportati dal vento ecc. Infine durano solo 25 anni e i materiali di cui sono fatti sono molto difficili da smaltire.


E l’energia da fusione?
Però molti pensano che la soluzione verrà dalla fusione nucleare, che non ha bisogno di sostanze radioattive e che non produce scorie radioattive (forse).
Ma, anche nell’ipotesi più ottimistica, le centrali a fusione non saranno in grado di produrre più energia di quella che consumano prima della metà del secolo, e passerà ancora molto più tempo prima che ne producano in quantità significativa. Inoltre questa tecnologia è molto complessa e problematica. Infatti bisogna ricreare le condizioni fisiche davvero estreme presenti nel centro del Sole e delle stelle, che costringono quattro atomi di idrogeno a unirsi insieme per trasformarsi in un atomo di elio. Anche nelle reazioni di fusione nucleare c’è una piccola quantità di materia che si annichila e si trasforma in energia. Ma bisogna creare un plasma a 220 milioni di gradi e confinarlo con dei potentissimi campi magnetici. Il progetto più importante è ITER, per il quale sono già stati già investiti oltre 22 miliardi.
E’ un progetto colossale; eppure una volta in funzione questo impianto dovrebbe produrre solo 500 MW di energia termica. Energia che poi dovrebbe essere convertita in energia elettrica con un rendimento di circa il 35%. Dall’energia elettrica prodotta bisogna però sottrarre quella spesa per innescare la fusione e tenere sotto controllo il plasma. Alla fine verrebbero prodotti forse un centinaio di MW di energia elettrica! Pertanto per sostituire una centrale nucleare francese da 1600 MW ci vorrebbero una quindicina di impianti come questo. E si tratta di impianti molto, molto più complessi, problematici e costosi. In pratica, chissà quando, forse si riuscirà a produrre dell’energia utilizzabile, ma ad un costo decine di volte più alto. Ma poi quali sarebbero i vantaggi della fusione nucleare? E’ vero che non ci saranno materiali radioattivi, ma l’elemento radioattivo delle centrali nucleari è l’uranio, che allo stato naturale è talmente poco radioattivo che è come che non lo sia.
E’ questa radioattività il problema? Nei reattori a fusione il plasma emette molte più radiazioni letali, che distruggono i materiali con cui sono fatti gli impianti riducendone la vita utile a non più di 20 o 25 anni; materiali che diventano a loro volta radioattivi e che dovranno pur essere sistemati da qualche parte.
Insomma da nessun punto di vista i reattori a fusione sono migliori delle normali centrali nucleari. Ma allora a cosa dovrebbero servire? Solo a farci pagare l’energia 30 volte di più. Perché c’è sempre qualcuno che vorrebbe venderci dell’energia al prezzo più alto possibile.
E’ la stessa situazione dell’idrogeno e delle energie alternative, che sono solo un modo per farci pagare di più, con dei pretesti ambientali, le automobili e l’energia.
E oggi purtroppo, con il pretesto dell’ambiente, si riesce a far passare qualsiasi cosa, anche la più assurda. Come per esempio chiudere delle centrali nucleari per sostituirle con il carbone. Ma l’interesse della società è esattamente l’opposto: diminuire sia il costo unitario dell’energia che quello delle importazioni.
La crisi energetica del 2008 aveva moltiplicato il costo dell’energia di tre / quattro volte, e questo maggior costo ha provocato una crisi economica devastante dalla quale non siamo mai usciti che ha gravemente peggiorato le condizioni di vita della gente comune. Possiamo solo immaginare quali sarebbero gli effetti sull’economia di un aumento del costo dell’energia di 30 volte! Non sarebbe meglio usare i fondi della ricerca per cose più utili, per esempio per cercare dei nuovi materiali con i quali sostituire gli elementi rari contenuti nei dispositivi elettronici?
Adesso nessuno se ne preoccupa perché le centrali a fusione sono ancora di là da venire, ma da ogni punto di vista quelle attuali sono migliori. Sono molto più semplici, economiche e sicure, e collaudate da 70 anni di esperienza.


L’esempio della Francia. E della Cina.
Il paese che ha puntato di più sul nucleare è la Francia. Con le sue sessanta centrali nucleari oggi la Francia produce il 75% della sua energia elettrica, ha in programma di costruirne un’altra decina, ed è già pronta per un futuro con pochi combustibili fossili, poche importazioni di energia e tante auto elettriche.
Ma non c’è solo la Francia. L’AVVOCATO DELL’ATOMO - capitolo “Around the world … “ presenta una panoramica sull’energia nucleare nel mondo. Alcuni paesi europei (l’Italia, la Germania, l’Austria, il Belgio, la Danimarca, l’Irlanda e il Portogallo) e qualche stato americano sono contrari. Gli altri stati europei e il resto del mondo sono invece favorevoli. Dappertutto ci sono centrali nucleari in costruzione, o che sono state ordinate o che sono in progetto: in Nord e Sud America, nei paesi asiatici e in quelli africani. Inoltre c’è un grande interesse per i reattori modulari e molti paesi stanno aspettando che vengano messi in produzione per fare le loro ordinazioni. E poi c’è la Russia, che è all’avanguardia nelle tecnologie nucleari e che è diventata il principale fornitore di centrali nucleari ai paesi emergenti. E’ questa la strada per fare gli interessi di un paese: sviluppare dei settori validi dell’economia, non le guerre di conquista!
Ma il paese che sta puntando di più sull’energia nucleare è la Cina. Adesso il paese più grande del mondo produce l’energia di cui ha bisogno con delle centrali a carbone obsolete e a bassissima efficienza. Ma le sta velocemente sostituendo con delle centrali nucleari. Anche l’India ha molte centrali a carbone obsolete e inquinanti, ed è altrettanto interessata a sostituirle con degli impianti nucleari.
E chissà cosa penseranno in Cina e in molti altri paesi di un’Europa che chiude le sue centrali nucleari, spende delle cifre pazzesche per delle assurde energie alternative, e che poi, come la Germania, è costretta a tornare ai combustibili fossili e addirittura al carbone. I sentimenti pro ambiente della gente sono stati incanalati nella direzione sbagliata!
Tutto il mondo sta puntando sull’energia nucleare, tranne l’Italia e la Germania. L’Italia e la Germania sono come l’omino della barzelletta che ha imboccato l’autostrada contromano e che pensa che siano tutti gli altri ad andare contromano: no, siamo noi che stiamo andando contromano!


Come siamo diventati dipendenti dai combustibili fossili
Negli anni Sessanta l’Italia ha rinunciato al nucleare e ha scelto di dipendere dalle importazioni di combustibili fossili. Nel capitolo “Il glorioso passato” dell’AVVOCATO DELL’ATOMO c’è una ricostruzione della politica energetica italiana dagli anni Sessanta in poi, che è un pezzo importante della storia recente del nostro Paese.
In pratica i politici italiani, di tutti i partiti, hanno rinunciato all’autonomia energetica e all’opzione nucleare in cambio di tangenti. Tangenti pagate da quelle stesse multinazionali del petrolio che avevano ucciso Mattei!
Oggi la guerra all’energia nucleare viene continuata da un finto ambientalismo il cui vero scopo è combattere l’economia e la società capitalista. Però questa è una guerra sbagliata fatta per motivi sbagliati, come sostiene da tempo questo sito.
A prescindere dagli schieramenti politici, tutte le forze responsabili che vogliono il bene di questo paese e non la sua rovina, dovrebbero contribuire ad informare l’opinione pubblica sul tema strategico dell’energia. La disinformazione finora è stata tale che ci sarebbe da augurarsi che un libro come L’AVVOCATO DELL’ATOMO arrivi in ogni casa o in ogni famiglia.
Oggi quasi ogni giorno vengono lanciati degli allarmi sul riscaldamento globale, che diventano subito degli argomenti a favore delle energie alternative. Ma il fallimento della politica energetica adottata in questi anni dall’Italia e dalla Germania dimostra che per sostituire i combustibili fossili è necessaria l’energia nucleare. Che è economica, pulita, sicura e collaudatissima.