ENERGIA NUCLEARE PULITA E SICURA
Il problema dell’energia è strategico sia per lo sviluppo che per la sostenibilità ambientale. I paesi emergenti hanno bisogno di energia per completare la loro crescita e anche quelli più sviluppati non ne possono fare a meno. Ma è decisivo il modo più o meno sostenibile con cui viene prodotta, e le centrali nucleari sono la soluzione ideale, perché possono generare tutta l’energia di cui abbiamo bisogno a costi bassi, in totale sicurezza e in maniera quasi miracolosa, cioè senza bruciare combustibili fossili.
Perché allora sono state osteggiate al punto che diversi paesi europei e alcuni stati americani hanno chiuso quelle che avevano costruito?
E’ uscito da poco un libro intitolato “L’AVVOCATO DELL’ATOMO – In difesa dell’energia nucleare”, autore Luca Romano laureato in fisica, scritto con un linguaggio comprensibile e ricchissimo di informazioni e dati scientifici sull’energia nucleare e sull’energia in generale. Un libro che smentisce decenni di disinformazione e di fake news e che in questo articolo verrà citato spesso. Ma si può visitare anche la pagina Facebook con lo stesso titolo, molto conosciuta e seguita.
Come sono fatte e come funzionano le centrali nucleari.
L’energia nucleare non deriva da reazioni chimiche come la combustione, che modificano l’assetto degli elettroni che orbitano intorno al nucleo degli atomi, ma da reazioni che modificano il nucleo stesso, da cui il nome. Le reazioni nucleari che vengono sfruttate sono i decadimenti radioattivi, che sono reazioni di fissione nucleare o di divisione del nucleo.
Ogni atomo di un particolare elemento radioattivo ha una probabilità ben precisa di spaccarsi e di espellere una parte del nucleo e nello stesso tempo emettere dell’energia, che è prima di tutto energia cinetica dei frammenti della fissione, ma anche radiazione gamma (. E dato che viene espulsa una parte del nucleo, l’elemento si trasmuta in un altro, più leggero. Pertanto la quantità dell’elemento radioattivo di partenza diminuisce e il tempo che impiega a dimezzarsi si chiama “emivita”. Ogni elemento o isotopo radioattivo ha una propria emivita.
Una conseguenza è che, più breve è l’emivita, più intensa è la radioattività. Infatti se l’emivita è più breve, significa che ci sono più atomi che si rompono (decadono) in un tempo dato. Viceversa se l’emivita è più lunga, significa che meno atomi si spaccano e che la radioattività è meno intensa.
I decadimenti radioattivi, così come le reazioni di fusione nucleare che avvengono nel cuore del Sole e delle stelle, trasformano della materia in energia secondo la famosa formula di Einstein e = mc2.
Questa formula dice che a livello elementare la materia e l’energia sono la stessa cosa (e = m) e che in particolari condizioni la materia può trasformarsi in energia o l’energia in materia. La seconda cosa importante è che il fattore di conversione della materia in energia è un numero enorme, la velocità della luce al quadrato (c2), e questo significa che minuscole quantità di materia si trasformano in enormi quantità di energia.
Per esempio un solo chilogrammo di materia che si annichila durante l’esplosione di una bomba atomica produce una quantità di energia pari a quella generata dall’esplosione di 20 milioni di tonnellate di tritolo (20 megaton).
Ma come si fa a sfruttare per usi pacifici l’energia emessa dalle sostanze radioattive? Infatti esse o sono presenti in quantità insignificante oppure, come l’uranio e il torio, hanno un’emivita molto lunga e sono quindi ben poco radioattive.
E’ stato lo scienziato italiano Enrico Fermi a scoprire come aumentare il numero degli atomi che decadono in modo da produrre una quantità di energia sufficiente per essere sfruttata. L’uranio si presenta in natura come uranio 235 (235U) che si trova nella percentuale dello 0,720%, come uranio 238 (238U) che si trova nella percentuale del 99,274% e come uranio 233 (233U) presente nella percentuale dello 0,006%.
L’uranio 235 è un isotopo fissile, cioè è in grado di sostenere la reazione a catena. Un atomo di 235U quando decade emette due o tre neutroni (particelle del nucleo prive di carica elettrica). Se un altro atomo di 235U cattura un neutrone, diventa instabile e decade a sua volta. Però in condizioni normali sono pochi i neutroni catturati da altri atomi di 235U . E’ stato sempre Fermi a scoprire le condizioni per aumentare il numero di atomi che decadono attivando la reazione a catena.
La prima è che 235U deve essere concentrato dallo 0,720% ad almeno il 3%. La seconda è che i neutroni devono essere rallentati in modo che possano essere più facilmente assorbiti da altri atomi di 235U. E per rallentarli c’è un modo molto semplice: è sufficiente interporre dell’acqua che deve rimanere allo stato liquido anche alla temperatura di centinaia di gradi. Cosa che si può ottenere aumentandone la pressione a 50 / 60 atmosfere (però la pila atomica costruita da Fermi nel 1939 usava dell’uranio naturale non arricchito e della grafite come moderatore).
Con la reazione a catena si raggiunge un livello di radioattività abbastanza alto da poter essere sfruttato. Ma non si può arrivare ad un’esplosione nucleare perché per costruire una bomba atomica l’uranio dovrebbe essere arricchito almeno al 90%.
Quindi le centrali nucleari sfruttano delle reazioni che avvengono spontaneamente anche sulla superficie della Terra e che sono quindi assolutamente naturali. Vengono solo intensificate.
Ma non sono meglio le energie rinnovabili?
Ma perché ricorrere alla tecnologia delle bombe atomiche quando potremmo sfruttare il sole e il vento che sono gratuiti e a disposizione di tutti?
Purtroppo, contrariamente a quello che molti pensano, le cosiddette energie rinnovabili hanno dei costi altissimi sia diretti che indiretti, un grosso impatto ambientale e paesaggistico e, quello che più conta, non sono in grado di sostituire i combustibili fossili.
Per una potenza di 1,6 GW (che è quella di una centrale nucleare francese) servono 20 Km2 di pannelli solari. Ma un pannello solare produce in media una quantità di energia pari al 18 % della sua potenza nominale. Per produrre 1,6 GW serve quindi una superficie di oltre 100 Km2. Inoltre nella pianura padana dove sono stati costruiti molti di questi impianti, siamo molto al di sotto di questo valore, perché per l’80% dei giorni dell’anno il cielo è coperto da nuvole. Quindi sarebbe necessaria una superficie molto più grande.
Stesso discorso per quanto riguarda l’energia eolica. 160 turbine da 10 MW, che devono essere distanziate tra loro per non rubarsi il vento, hanno bisogno di una superficie di 160 Km2 . Però in Italia, paese poco ventoso, le pale eoliche producono molto meno del 20% della loro potenza nominale, e quindi anche qui la superficie impegnata deve essere ancora più grande (vedi l’articolo: La costosa follia delle energie alternative).
Infine di questi impianti non ce n’è nemmeno bisogno perché, anche senza pensare al nucleare, ci sono delle soluzioni molto più efficaci ed economiche come le auto elettriche e il teleriscaldamento.
Finora l’Italia, tra costi diretti e indiretti e senza considerare l’inflazione, ha speso per le rinnovabili circa 250 miliardi, e il nuovo governo di destra ha deciso di aggiungerne altri 60. A sua volta la Germania ha chiuso le sue 19 centrali nucleari, ha speso 600 miliardi di Euro per sostituirle con le rinnovabili, ma è tornata al gas naturale e sta addirittura riaprendo delle miniere di carbone!
A ulteriore dimostrazione che questa politica è sbagliata, c’è la constatazione che i paesi che hanno investito di più nelle “energie alternative” sono anche quelli che hanno il costo dell’energia più alto e che bruciano più combustibili fossili.
Se questi soldi, compresi i 10 miliardi che paghiamo in più ogni anno sulle bollette elettriche, li avessimo spesi per delle centrali nucleari, avremmo raggiunto la quasi totale autonomia energetica, avremmo abbattuto le nostre emissioni di gas serra, non avremmo deturpato migliaia di chilometri quadrati di territorio, pagheremmo l’energia molto di meno e non dovremmo continuare ad impoverirci importandola dall’estero.
Le centrali nucleari sono sicure?
Quindi gli impianti eolici e fotovoltaici, nonostante quello che molti pensano, sono incredibilmente costosi sia dal punto di vista economico che ambientale e non potranno mai sostituire, se non in misura insignificante, né le normali centrali elettriche né i combustibili fossili.
Invece le centrali nucleari possono risolvere il problema in maniera quasi miracolosa, perché possono produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno senza bruciare combustibili fossili e con un impatto ambientale minimo. Ma allora perché non le possiamo usare e addirittura abbiamo chiuso quelle che avevamo costruito?
Perché delle campagne di stampa pluridecennali e quasi mai contrastate hanno convinto l’opinione pubblica che esse comportano dei rischi inaccettabili e che un disastro nucleare renderebbe inabitabile una vasta regione per migliaia di anni. Però queste paure sono infondate perché in realtà esse sono gli impianti industriali di gran lunga più sicuri che esistano.
Ma qual’ è il rischio che corre chi lavora in una centrale nucleare o che vive nelle sue vicinanze? Il modo migliore per rispondere a questa domanda è esaminare come si sono comportate finora.
Le centrali nucleari hanno cominciato ad essere costruite dalla fine degli anni Cinquanta. Quelle oggi in attività sono 441 e 51 sono in costruzione. Gli incidenti principali sono stati tre. Il primo è avvenuto nella centrale di Three Mile Island, Stati Uniti, nel 1979. Un malfunzionamento delle pompe di raffreddamento ha provocato il surriscaldamento del nocciolo del reattore fino a provocarne la fusione. Ma la cupola di spesso cemento armato ha impedito la fuoriuscita di radioattività. Il territorio circostante non è stato contaminato e nessuno ha assorbito radiazioni.
Questo incidente suscitò molto allarme nell’opinione pubblica, ma fu anche l’occasione per rafforzare i sistemi di sicurezza e rendere ridondanti gli impianti di raffreddamento. Da allora tutte le centrali nucleari hanno una spessa doppia cupola di cemento armato e impianti multipli di raffreddamento. Ma nell’Unione sovietica le cose andavano diversamente.
La centrale nucleare di Cernobyl era stata progettata per produrre sia energia elettrica che plutonio per le bombe atomiche. Durante il funzionamento di una centrale nucleare l’uranio 235 (235U), quello fissile, emette dei neutroni e alcuni di essi vengono catturati dall’uranio 238 (238U) che si trasmuta in plutonio 239 (239Pu), che pure è fissile. Ma perché il plutonio sia abbastanza puro per armare una bomba, bisogna estrarlo dal reattore subito dopo che si è formato. Per questo la centrale di Cernobyl doveva essere spenta ogni due settimane per estrarre il plutonio. Per agevolare l’operazione il tetto era stato rimosso e il reattore operava a cielo aperto. Inoltre i tre dirigenti della centrale non avevano una specifica competenza per questo tipo di impianti, ed erano stati scelti per la loro fedeltà al partito.
L’incidente è avvenuto mentre veniva condotto un test “per la sicurezza”.
Questo esperimento era già stato tentato in un’altra centrale, ma non era stato completato perché i sistemi di sicurezza avevano spento il reattore prima che venisse completato. Questa volta, per completarlo, tutti i sistemi di sicurezza vennero disattivati!
Poi durante l’esperimento i responsabili della centrale hanno preso delle decisioni che, senza che se ne rendessero conto, hanno reso instabile il reattore nucleare fino a perderne il controllo. Cernobyl è l’unico caso di una centrale nucleare sfuggita al controllo. Alla fine il 26 aprile 1986 c’è stata una grossa esplosione (non nucleare perché sarebbe stata impossibile) che ha scoperchiato il reattore – un coperchio di mille tonnellate. A questo punto il nocciolo del reattore, senza la cupola di cemento, senza il tetto e senza nemmeno il suo coperchio, era esposto all’aria aperta. Subito dopo c’è stata una seconda esplosione che ha provocato un incendio che è durato a lungo perché questo reattore aveva come moderatore la grafite, e se la grafite si incendia è difficilissima da spegnere (vedi L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Darwinite atomica”, che contiene una dettagliata ricostruzione della dinamica di questo disastro).
Questo incendio ha trasportato i materiali radioattivi più leggeri fino a diversi chilometri di altezza, da dove poi i venti li hanno dispersi in mezza Europa, mentre quelli più pesanti sono saliti solo di qualche centinaio di metri e sono ricaduti nei pressi della centrale.
Quindi a Cernobyl è avvenuto l’incidente nucleare più grande che si possa immaginare: una centrale nella quale si è sviluppato un incendio durato a lungo e che ha diffuso nell’ambiente una grande quantità del materiale radioattivo che conteneva perché non c’era più nulla che lo potesse impedire. Sono andate disperse, a seconda del loro peso, dal 30% al 70% delle sostanze radioattive contenute nel nocciolo. Sarebbe stato sufficiente che il coperchio del reattore fosse rimasto al suo posto e non sarebbe successo nulla.
E’ evidente che quello che è avvenuto a Cernobyl non può essere considerato rappresentativo della pericolosità delle centrali nucleari, nemmeno di quelle dell’epoca sovietica. Oggi tutte le centrali nucleari hanno una doppia cupola di spesso cemento armato che poggia su una base di cemento altrettanto solida, e qualunque cosa succeda all’interno, nulla può uscire. Inoltre l’IAEA, l’ente dell’ONU che si occupa della sicurezza delle centrali nucleari, verifica la preparazione del personale. Infine i sistemi di sicurezza sono fatti in modo che non possano essere disattivati. E appena c’è un parametro fuori controllo, la centrale si spegne automaticamente da sola.
Come si fa a spegnere una centrale nucleare? Esse sono dotate di barre di controllo, fatte di materiali che assorbono i neutroni, che stanno sospese sopra il reattore. Se vengono fatte scendere si inseriscono nel nocciolo del reattore e ne rallentano l’attività, mentre se vengono inserite totalmente lo spengono. Pertanto manovrando le barre di controllo si può regolare in maniera precisa l’attività del reattore nucleare oppure spegnerlo. Nel caso in cui tutto smetta di funzionare, manca l’elettricità ecc., esse scendono da sole per gravità e lo spengono.
Le vittime accertate furono 56, compresi i pompieri eroi che si sacrificarono per spegnere l’incendio. Ci sono stati anche 350.000 sfollati (tre quarti dei quali avrebbero potuto rimanere nelle loro case perché il livello di contaminazione era rimasto sotto i limiti di sicurezza), che hanno sofferto di molti problemi di disadattamento. Però dalle indagini di tipo statistico svolte da allora non risulta che siano aumentate le malattie o i decessi attribuibili alla radioattività.
Adesso il reattore è protetto da una rassicurante cupola di cemento armato, dotata delle gru che dovranno servire per il suo smantellamento. Ma non c’è fretta, perché più si aspetta, più diminuiscono gli elementi radioattivi e specialmente quelli con l’emivita più breve e che emanano più radioattività.
Però persino da Cernobyl arriva una notizia positiva. Gli scienziati che studiano la fauna selvatica che vive nelle aree più contaminate hanno fatto una scoperta importante. Hanno trovato che alcuni antiossidanti (principi nutritivi che si trovano nella frutta e nella verdura colorata) sono molto efficaci nel difenderci dai danni della radioattività. Per esempio in un esperimento dei topolini ai quali erano stati somministrati questi nutrienti godevano di buona salute, a differenza di quelli che non ne mangiavano. Adesso, in caso di necessità, sapremmo come proteggerci.
Bisogna però aggiungere che non è vero che qualsiasi livello di radioattività, per quanto basso, sia dannoso per la salute. Infatti la ricerca ha dimostrato che la radioattività naturale, anche quando è 50 volte più alta della media, non comporta alcun rischio. Evidentemente il nostro organismo si è ben adattato alla radioattività ambientale.
Ci era stato sempre raccontato che un disastro nucleare avrebbe reso inabitabile un vasto territorio per centinaia di migliaia di anni, e quello di Cernobyl è stato il disastro nucleare più grande che si possa immaginare. Eppure oggi quasi tutto il territorio evacuato è di nuovo abitabile perché la radioattività è sotto i limiti di sicurezza, mentre quello che rimane potrebbe essere bonificato asportando lo strato superficiale di terreno. Anzi, non solo questa non è un’area devastata e inabitabile, ma è il territorio più ricco di biodiversità in Europa.
Per un confronto la sola estrazione del carbone causa all’ambiente ben altri danni, che vanno ad aggiungersi a quelli causati dalla sua combustione. Per esempio in India in una grande miniera di carbone c’è un’area di 450 Km2 nella quale si sono sviluppati una settantina di incendi impossibili da spegnere e, data la dimensione del giacimento, si stima che essi continueranno a bruciare per 5.000 anni. E questo non è certo l’unico caso, perché sono molte le miniere di carbone in cui sono scoppiati degli incendi altrettanto difficili da estinguere (vedi l’articolo “Jharia brucia” nel libro l’AVVOCATO DELL’ATOMO).
Il terzo incidente nucleare è avvenuto nel complesso di Fukushima Dai-ichi in Giappone l’11 marzo 2011. Queste quattro piccole centrali, costruite a partire dal 1967 e nel corso degli anni Settanta, erano obsolete, non avevano una cupola di cemento armato e stavano per essere chiuse. Ciò nonostante esse avevano resistito al quarto terremoto più violento mai registrato. I reattori nucleari si erano spenti come dovevano fare e le pompe di raffreddamento funzionavano. Poi però è arrivata un’onda di tsunami alta 13 metri che le ha messe fuori servizio.
Perché sono necessarie delle pompe di raffreddamento quando una centrale viene spenta? Perché durante la sua attività nel reattore nucleare si formano dei materiali radioattivi a breve o brevissimo periodo di dimezzamento che emanano il 6% del calore che viene prodotto. Quando una centrale viene spenta questo calore deve essere asportato, altrimenti la temperatura aumenta fino a danneggiare il nocciolo.
Con l’impianto di raffreddamento spento la temperatura è salita fino al punto in cui le molecole dell’acqua hanno cominciato a scindersi nei loro costituenti, l’idrogeno e l’ossigeno. L’idrogeno, più leggero dell’aria, si è accumulato sotto il soffitto piatto dei locali che contenevano i quattro reattori. Inoltre questo gas è molto infiammabile e ben presto una scintilla lo ha fatto esplodere. Con l’esplosione il tetto è saltato ed è andata dispersa l’aria contaminata che era contenuta all’interno. Ma nulla è uscito dal nocciolo dei quattro reattori nucleari.
Dodici operai della centrale sono stati lievemente contaminati, ma senza conseguenze. Sono state sfollate per precauzione 170.000 persone che vivevano nei pressi della centrale, anche se la contaminazione del territorio circostante non aveva superato i limiti di sicurezza. Anche qui nessuno è morto o si è ammalato a causa della radioattività. Quindi da questo punto di vista è stato un incidente senza conseguenze.
Quello che è avvenuto a Fukushima è il risultato di una combinazione di circostanze che non si potranno più presentare insieme e quindi, paradossalmente, dimostra quanto in realtà le centrali nucleari siano sicure. Terremoti di questa violenza possono capitare solo in pochi posti al mondo, e lo stesso vale per gli tsunami. Inoltre ad essere coinvolte sono state delle centrali obsolete, che avevano un solo impianto di raffreddamento, erano prive di una struttura di contenimento e stavano per essere chiuse. Ciononostante la reazione nucleare non è andata fuori controllo, nulla è uscito dal nocciolo dei quattro reattori, c’è stata una dispersione minima di radioattività e non ci sono state vittime.
Eppure il disastro di Fukushima ha scatenato uno tsunami di notizie false diffuse dai giornali di tutto il mondo. I nemici dell’energia nucleare ne hanno approfittato per dare il colpo di grazia alla fonte di energia più pulita, economica e sicura che abbiamo. L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Un’eccellenza italiana”, contiene una rassegna delle balle spaziali inventate per l’occasione che vale la pena di leggere. Il titolo si spiega con il fatto che, secondo alcuni siti giapponesi, sono stati proprio i media italiani a distinguersi su chi le sparava più grosse.
Molti giornali e televisioni hanno parlato di apocalisse nucleare o hanno mostrato un fungo atomico sopra il Giappone. Altri hanno parlato di 16.000 vittime della radioattività (che erano invece quelle del terremoto). Oppure: “Tokio sarà inabitabile per migliaia di anni” (infatti nel 2021 ci hanno fatto le olimpiadi), “i livelli di radioattività sono 7,5 milioni di volte superiori alla norma” – se fosse vero non potrebbero sopravvivere neanche le piante ecc.
Berlusconi aveva proposto un piano per la costruzione di alcune centrali nucleari, ma poco prima del referendum del 2011 c’è stato il disastro di Fukushima. Le forze contrarie al nucleare hanno scatenato una campagna di disinformazione di dimensioni colossali. E in Italia questa campagna è stata ancora più intensa perché tutte le forze politiche contrarie a Berlusconi si sono impegnate per fargli perdere il referendum. Però noi oggi basiamo la nostra politica energetica su queste falsità!
L’ondata emotiva è stata forte prima di tutto in Giappone, che ha chiuso le sue centrali nucleari, anche se adesso alcune le ha già riaperte, altre le sta aggiornando e ne sta costruendo di nuove. Ma il danno maggiore l’hanno avuto l’Italia e alcuni altri paesi europei. Infatti questa campagna di disinformazione ha determinato l’esito del referendum italiano sul nucleare del 12 e 13 giugno 2011 e la decisione della Germania di smantellare le sue centrali nucleari. Centrali che questi due paesi hanno preteso di sostituire con le costosissime e inutili “energie alternative”.
Le scorie radioattive.
Un’altra accusa che viene rivolta alle centrali nucleari è che esse producono delle scorie radioattive che dovrebbero essere sorvegliate per migliaia o milioni di anni. Innanzitutto se le sostanze radioattive durano per milioni di anni, significa che la loro radioattività è molto bassa. Inoltre si tratta sempre di quantità molto piccole.
Il combustibile nucleare produce 24.000 volte più energia del carbone. In un anno un grosso reattore produce una quantità di scorie radioattive, cioè di combustibili esausti nei quali la percentuale di materiale fissile è troppo bassa per sostenere la reazione a catena, uguale a un cubo di un metro e mezzo di lato. Infine queste scorie sono sotto forma di materiali inerti e non di liquidi corrosivi che potrebbero contaminare il terreno o i corsi d’acqua.
Per un confronto ogni anno vengono scaricate nell’ambiente migliaia di tonnellate di rifiuti tossici in forma liquida o gassosa contenenti cianuro, arsenico, mercurio, cadmio, cromo esavalente ecc. E sono tutti rifiuti che, a differenza dei materiali radioattivi, non diminuiscono con il tempo (L’AVVOCATO DELL’ATOMO - “Gli incidenti di altra natura”).
Ma decenni di disinformazione hanno creato nell’opinione pubblica il terrore della radioattività, come se fosse un rischio qualitativamente diverso dagli altri. Certo, un alto livello di radioattività è pericoloso. Ma è pericoloso anche il metano che usiamo in cucina, perché miscelato con l’aria forma una miscela esplosiva. Però con impianti a norma il rischio è azzerato. Ma questo vale anche per la radioattività: se viene schermata il rischio scompare.
In realtà non solo le centrali nucleari, salvo che a Cernobyl, non hanno mai ucciso nessuno ma, dato che ogni anno 5 milioni di persone muoiono a causa dell’inquinamento causato dai combustibili fossili, esse potrebbero azzerare queste forme di inquinamento e tutte le morti che si portano dietro (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – pag. 126).
Stesso discorso per quanto riguarda i danni all’ambiente: a differenza dei combustibili fossili, le centrali nucleari non hanno esternalità negative (inquinamento, CO2, deturpamento del paesaggio, componenti pericolose da smaltire) e quasi azzerano l’impatto ambientale della produzione di energia.
Infine le scorie radioattive possono essere riprocessate. Per lo più oggi si preferisce usare uranio vergine a causa del suo basso costo, e i combustibili esausti vengono conservati presso la centrale in attesa di questo trattamento. Con il riprocessamento si recuperano l’uranio e il plutonio per un altro ciclo di combustione e la quantità di scorie viene sostanzialmente diminuita. Ma i reattori veloci, detti anche auto fertilizzanti, possono fare ancora meglio.
Oggi nella maggior parte dei reattori nucleari (ad acqua bollente) i neutroni vengono rallentati da acqua in pressione perché possa rimanere allo stato liquido anche alla temperatura di centinaia di gradi. Come abbiamo visto sopra, questo favorisce il loro assorbimento da parte di altri atomi di 235U. Interponendo un altro materiale adatto o del vapore acqueo, i neutroni vengono rallentati di meno e aumentano quelli che vengono assorbiti da 238U, che si trasforma in 239Pu che è fissile.
In questo modo viene prodotto, a spese di 238U che è molto più abbondante, 30 volte più combustibile nucleare di quello che viene consumato. Inoltre vengono trasformate in materiali fissili anche le scorie radioattive più problematiche, che poi vengono anch’esse consumate all’interno del reattore. Pertanto le scorie radioattive si riducono a pochi residui a breve periodo di dimezzamento che diminuiscono e scompaiono in fretta.
Qualcuno ha calcolato che se dieci miliardi di persone con livelli di consumo europeo producessero tutta l’energia di cui hanno bisogno in questo modo, i rifiuti radioattivi (a breve periodo di dimezzamento) prodotti in un secolo occuperebbero il volume di una nave portacontainer. I reattori veloci più avanzati hanno una carica sufficiente per dieci anni e gli esperti ritengono che entro il 2040 la maggior parte delle centrali nucleari di media potenza sarà di questo tipo (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Vecchio a chi?”).
Ma non è ancora tutto, perché le centrali nucleari stanno anche eliminando dei materiali molto pericolosi. Dopo che l’America e la Russia hanno smantellato quasi il 90% delle loro testate atomiche, l’uranio e il plutonio delle bombe, dopo essere stati diluiti al 5%, oggi alimentano delle centrali nucleari.
Le centrali nucleari hanno una settantina d’anni, la metà dei quali trascorsi durante la guerra fredda. Allora c’era il sospetto che lo scopo principale del nucleare civile fosse quello di alleggerire il costo degli arsenali atomici. In effetti le super tecnologiche centrifughe, che concentrano l’uranio al 90% per le bombe atomiche, servono ad ambedue gli scopi. Inoltre le centrali nucleari dovevano produrre anche il plutonio per le bombe.
Però oggi la situazione è cambiata, perché da molto tempo nessuno costruisce più bombe atomiche e perché le tecnologie del nucleare civile e di quello militare sono sempre più divaricate. Così siamo tornati allo scopo originario della pila atomica costruita da Enrico Fermi nel 1939: produrre energia per l’umanità. Ed è un paradosso che proprio il paese che ha dato i natali a questo grande scienziato oggi sia uno dei pochi al mondo ad aver rifiutato questa straordinaria fonte di energia.
Proliferazione nucleare.
L’unica cosa che collega le centrali nucleari alle bombe atomiche sono le sofisticate centrifughe che concentrano l’uranio 235 al 5% per i reattori ad acqua bollente, al 15 / 20% per i reattori veloci e al 90% per le bombe atomiche.
Però l’ente dell’ONU che vigila sulla sicurezza delle centrali nucleari controlla tutti i passaggi di mano dell’uranio e in particolare quello che entra ed esce dalle centrifughe, che solo poche potenze nucleari possiedono.
Se l’Italia volesse dotarsi di un parco di centrali nucleari, non avrebbe bisogno di costruirsele, perché comprerebbe l’uranio arricchito da qualche altro paese, per esempio dalla Francia. Pertanto il rischio di proliferazione nucleare sarebbe nullo.
Ma ci sono anche delle centrali nucleari che non hanno bisogno di uranio arricchito.
Infatti se si usa come moderatore dei neutroni dell’acqua pesante, si può usare l’uranio naturale.
Una molecola d’acqua (formula chimica H2O) è formata da due atomi di idrogeno (H) e uno di ossigeno (O). L’idrogeno, l’elemento più leggero della tavola periodica, ha un nucleo costituito da un solo protone, intorno al quale orbita un elettrone che pesa quasi 2.000 volte di meno. Però ogni tanto c’è un atomo di idrogeno che nel nucleo ha in più un neutrone, e che pesa quindi circa il doppio del normale idrogeno. E’ il deuterio (D). Mettendo insieme una certa quantità di deuterio e facendolo reagire con l’ossigeno, si ottiene dell’acqua pesante (D2O), che pesa circa il 9% in più dell’acqua normale. Dato che il deuterio tende a catturare meno neutroni dell’idrogeno, usando come moderatore dell’acqua pesante un numero maggiore di neutroni può essere catturato da altri atomi di 235U.
Infine c’è il Torio (232Th) che può essere trasformato nell’elemento fissile 233U senza bisogno di centrifughe. Il torio è quattro volte più abbondante dell’uranio, ha un tempo di dimezzamento di 14 miliardi di anni e può essere interamente trasformato in elemento fissile. Però per arrivare a costruire delle centrali nucleari al torio bisogna ancora risolvere qualche problema. Diversi paesi ci stanno lavorando, e il motivo di tanto interesse è facile da capire: chi riuscirà per primo a costruire delle centrali nucleari al torio, che saranno completamente svincolate dalla tecnologia militare, avrà a disposizione un mercato immenso. Auguri e buon lavoro!
L’energia nucleare è economica?
Se non ci fosse stata la Seconda guerra mondiale, non ci sarebbero state nemmeno le bombe atomiche. Infatti questa tecnologia venne sviluppata nel corso del progetto Manhattan per anticipare un analogo progetto del regime nazista. Senza le bombe atomiche non ci sarebbe stata la paura dell’energia nucleare e l’atomo sarebbe presto diventato la principale fonte di energia. Avremmo bruciato meno combustibili fossili e oggi il tasso di anidride carbonica atmosferica sarebbe molto più basso. Però possiamo ancora rimediare, perché l’energia nucleare è conveniente anche dal punto di vista economico. Ed è anche rinnovabile, perché di uranio ce n’è per milioni di anni. Infatti se fosse necessario lo si potrebbe estrarre anche dal mare.
La Francia, il paese più nuclearizzato d’Europa, ha anche il costo dell’energia più basso e produce un quinto dell’anidride carbonica della Germania. Mentre l’Italia, la Germania e la Danimarca, i paesi che hanno investito di più sulle rinnovabili, hanno i costi dell’energia e i consumi di combustibili fossili più alti. E questo nonostante che sia stato fatto di tutto per penalizzare l’energia nucleare e aiutare le “energie alternative”.
Nelle centrali elettriche convenzionali il costo dell’energia elettrica è dovuto per il 90% al costo del combustibile, mentre il resto è costo di impianto. In quelle nucleari la situazione è rovesciata: il 75 / 80% è costo d’impianto e solo il 5 / 10% è il costo del combustibile. Il resto sono i costi vivi di gestione e anche i fondi che la legge impone di accantonare per lo smantellamento. Costi questi ultimi che non vengono imposti agli impianti eolici e fotovoltaici, nonostante che dovranno essere sostituiti dopo 25 anni e che dovranno dismettere una quantità 300 volte maggiore di materiali problematici.
A rendere ancora più conveniente l’energia nucleare c’è il fatto che il costo per l’importazione del combustibile (nucleare) passa dal 90% al 5 / 10%; pertanto il ricorso a questa fonte di energia è anche un modo per diminuire le importazioni di energia e il conseguente impoverimento del sistema paese.
Adesso la durata delle centrali nucleari è stata portata a 80 anni, e una volta ammortizzato il costo di impianto, per tutto il resto del tempo esse producono energia quasi al solo costo del combustibile. Pertanto le centrali nucleari sono un ottimo investimento per dei fondi pensione che devono garantire un reddito a lunga scadenza.
Oggi suscitano molto interesse anche i reattori modulari, che proprio in questo momento cominciano a essere messi in produzione. Sono di taglia più piccola, con potenze che vanno dai 5/ 6 MW ai 400/450 MW. Il vantaggio è che possono essere costruiti in fabbrica e poi montati sul posto, con un abbattimento sia dei costi che dei tempi di costruzione. Nei progetti in fase di sviluppo sono rappresentate un po’ tutte le tecnologie dei rettori più grandi e gli analisti ritengono che nell’arco del prossimo decennio i reattori modulari rivoluzioneranno il mercato dell’energia (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Vecchio a chi?”).
Oggi per sostenere le energie alternative le famiglie italiane pagano un sovrapprezzo sulle bollette elettriche di 10 miliardi di Euro all’anno. Con questi soldi potremmo finanziare un piano nucleare che in vent’anni ci renderebbe quasi del tutto autonomi dal punto di vista energetico (e questo senza ancora tenere conto dei reattori modulari).
Ma non è meglio l’energia da fusione?
Però molti pensano che la soluzione verrà dalla fusione nucleare, che non ha bisogno di sostanze radioattive e che non produce scorie radioattive (forse).
Ma, anche nell’ipotesi più ottimistica, le centrali a fusione non saranno in grado di produrre più energia di quella che consumano prima della metà del secolo, e passerà ancora molto più tempo prima che ne producano in quantità significativa. Inoltre questa tecnologia è molto complessa e problematica. Infatti bisogna ricreare le condizioni fisiche davvero estreme presenti nel centro del Sole e delle stelle, che costringono quattro atomi di idrogeno a unirsi insieme per trasformarsi in un atomo di elio. Anche nelle reazioni di fusione c’è una piccola quantità di materia che si annichila e si trasforma in energia. Ma bisogna creare un plasma a 200 milioni di gradi e confinarlo con dei potenti campi magnetici. Il progetto più importante è ITER, per il quale sono già state investite somme ingenti.
Una volta in funzione esso dovrebbe produrre 500 MW di energia termica. Energia che poi dovrebbe essere convertita in energia elettrica con un rendimento di circa il 35%. Dall’energia elettrica prodotta bisogna però sottrarre quella spesa per innescare la fusione nucleare. Alla fine verrebbero prodotti circa 150 MW di energia elettrica utile. Pertanto per sostituire una centrale nucleare da 1600 MW ci vorrebbero una decina di impianti come questo. Impianti molto, molto più complessi, problematici e costosi. In pratica, chissà quando, forse si riuscirà a produrre dell’energia utilizzabile, ma ad un costo decine di volte più alto. Inoltre, anche se in partenza non ci sono sostanze radioattive il plasma, uno stato della materia nel quale gli elettroni non sono più legati ai nuclei atomici ma si muovono liberamente, emana una grande quantità di radiazioni che distruggono i materiali dell’impianto riducendone la vita utile a non più di 20 / 25 anni. Materiali che per di più vengono resi radioattivi e che dovranno pur essere sistemati da qualche parte.
Adesso nessuno se ne preoccupa perché le centrali a fusione sono ancora di là da venire, ma da ogni punto di vista le attuali centrali nucleari sono migliori. Sono molto più semplici, economiche e sicure, e collaudate da 70 anni di esperienza.
L’esempio della Francia. E della Cina.
Il paese che ha puntato di più sul nucleare è la Francia. Con le sue sessanta centrali nucleari la Francia ha già l’energia necessaria per alimentare le auto elettriche e per il riscaldamento invernale. La Francia ha fatto le scelte giuste, ed è già pronta per un futuro con pochi combustibili fossili, poche importazioni di energia e tante auto elettriche.
Ma non c’è solo la Francia. L’AVVOCATO DELL’ATOMO - capitolo “Around the world … “ presenta una panoramica sull’energia nucleare nel mondo. Alcuni paesi europei (l’Italia, la Germania, l’Austria, il Belgio, la Danimarca, l’Irlanda e il Portogallo) e qualche stato americano sono contrari. Gli altri stati europei e il resto del mondo sono invece favorevoli. Dappertutto ci sono centrali nucleari in costruzione, o che sono state ordinate o che sono in progetto: in Nord e Sud America, nei paesi asiatici e in quelli africani. Inoltre c’è un grande interesse per i reattori modulari e molti paesi stanno aspettando che vengano messi in produzione per fare le loro ordinazioni. E poi c’è la Russia, che è all’avanguardia nelle tecnologie nucleari e che è diventata il principale fornitore di centrali nucleari ai paesi emergenti. E’ questa la strada per fare gli interessi di un paese: sviluppare dei settori validi dell’economia, non le guerre di conquista!
Ma il paese che sta puntando di più sull’energia nucleare è la Cina.
Adesso il paese più grande del mondo produce l’energia di cui ha bisogno con delle centrali a carbone obsolete e a bassissima efficienza. Ma le sta velocemente sostituendo con delle centrali nucleari. Anche l’India ha molte centrali a carbone obsolete e inquinanti, ed è altrettanto interessata a sostituirle con degli impianti nucleari.
E chissà cosa penseranno in Cina e in molti altri paesi di un’Europa che chiude le sue centrali nucleari, spende delle cifre pazzesche per l’assurdità delle energie alternative, e che poi è costretta a tornare ai combustibili fossili e addirittura al carbone. I sentimenti pro ambiente della gente sono stati incanalati nella direzione sbagliata!
Tutto il mondo sta puntando sull’energia nucleare, tranne l’Italia e la Germania. L’Italia e la Germania sono come l’omino della barzelletta che ha imboccato l’autostrada contromano e che pensa che siano gli altri ad andare contromano: no, siamo noi che stiamo andando contromano!
Come siamo diventati dipendenti dai combustibili fossili
Negli anni Sessanta l’Italia ha rinunciato al nucleare e ha scelto di dipendere dalle importazioni di combustibili fossili. Nel capitolo “Il glorioso passato” dell’AVVOCATO DELL’ATOMO c’è una ricostruzione della politica energetica italiana dagli anni Sessanta in poi, che è un pezzo importante della storia recente del nostro Paese.
In pratica i politici italiani, di tutti i partiti, hanno rinunciato all’autonomia energetica e all’opzione nucleare in cambio di tangenti. Tangenti pagate da quelle stesse multinazionali del petrolio che avevano ucciso Mattei.
Oggi la guerra all’energia nucleare viene continuata da un finto ambientalismo il cui vero scopo è combattere l’economia e la società capitalista. Però questa è una guerra sbagliata fatta per motivi sbagliati, come sostiene da tempo questo sito.
A prescindere dagli schieramenti politici, tutte le forze responsabili che vogliono il bene di questo paese e non la sua rovina, dovrebbero contribuire ad informare l’opinione pubblica sul tema strategico dell’energia. La disinformazione finora è stata tale che ci sarebbe da augurarsi che un libro come L’AVVOCATO DELL’ATOMO arrivi in ogni casa o in ogni famiglia.
Oggi quasi ogni giorno vengono lanciati degli allarmi sul riscaldamento globale, che diventano subito degli argomenti a favore delle energie alternative. Ma il fallimento della politica energetica adottata in questi anni dall’Italia e dalla Germania dimostra che per sostituire i combustibili fossili è necessaria l’energia nucleare. Che è economica, pulita, sicura e collaudatissima.
Perché allora sono state osteggiate al punto che diversi paesi europei e alcuni stati americani hanno chiuso quelle che avevano costruito?
E’ uscito da poco un libro intitolato “L’AVVOCATO DELL’ATOMO – In difesa dell’energia nucleare”, autore Luca Romano laureato in fisica, scritto con un linguaggio comprensibile e ricchissimo di informazioni e dati scientifici sull’energia nucleare e sull’energia in generale. Un libro che smentisce decenni di disinformazione e di fake news e che in questo articolo verrà citato spesso. Ma si può visitare anche la pagina Facebook con lo stesso titolo, molto conosciuta e seguita.
Come sono fatte e come funzionano le centrali nucleari.
L’energia nucleare non deriva da reazioni chimiche come la combustione, che modificano l’assetto degli elettroni che orbitano intorno al nucleo degli atomi, ma da reazioni che modificano il nucleo stesso, da cui il nome. Le reazioni nucleari che vengono sfruttate sono i decadimenti radioattivi, che sono reazioni di fissione nucleare o di divisione del nucleo.
Ogni atomo di un particolare elemento radioattivo ha una probabilità ben precisa di spaccarsi e di espellere una parte del nucleo e nello stesso tempo emettere dell’energia, che è prima di tutto energia cinetica dei frammenti della fissione, ma anche radiazione gamma (. E dato che viene espulsa una parte del nucleo, l’elemento si trasmuta in un altro, più leggero. Pertanto la quantità dell’elemento radioattivo di partenza diminuisce e il tempo che impiega a dimezzarsi si chiama “emivita”. Ogni elemento o isotopo radioattivo ha una propria emivita.
Una conseguenza è che, più breve è l’emivita, più intensa è la radioattività. Infatti se l’emivita è più breve, significa che ci sono più atomi che si rompono (decadono) in un tempo dato. Viceversa se l’emivita è più lunga, significa che meno atomi si spaccano e che la radioattività è meno intensa.
I decadimenti radioattivi, così come le reazioni di fusione nucleare che avvengono nel cuore del Sole e delle stelle, trasformano della materia in energia secondo la famosa formula di Einstein e = mc2.
Questa formula dice che a livello elementare la materia e l’energia sono la stessa cosa (e = m) e che in particolari condizioni la materia può trasformarsi in energia o l’energia in materia. La seconda cosa importante è che il fattore di conversione della materia in energia è un numero enorme, la velocità della luce al quadrato (c2), e questo significa che minuscole quantità di materia si trasformano in enormi quantità di energia.
Per esempio un solo chilogrammo di materia che si annichila durante l’esplosione di una bomba atomica produce una quantità di energia pari a quella generata dall’esplosione di 20 milioni di tonnellate di tritolo (20 megaton).
Ma come si fa a sfruttare per usi pacifici l’energia emessa dalle sostanze radioattive? Infatti esse o sono presenti in quantità insignificante oppure, come l’uranio e il torio, hanno un’emivita molto lunga e sono quindi ben poco radioattive.
E’ stato lo scienziato italiano Enrico Fermi a scoprire come aumentare il numero degli atomi che decadono in modo da produrre una quantità di energia sufficiente per essere sfruttata. L’uranio si presenta in natura come uranio 235 (235U) che si trova nella percentuale dello 0,720%, come uranio 238 (238U) che si trova nella percentuale del 99,274% e come uranio 233 (233U) presente nella percentuale dello 0,006%.
L’uranio 235 è un isotopo fissile, cioè è in grado di sostenere la reazione a catena. Un atomo di 235U quando decade emette due o tre neutroni (particelle del nucleo prive di carica elettrica). Se un altro atomo di 235U cattura un neutrone, diventa instabile e decade a sua volta. Però in condizioni normali sono pochi i neutroni catturati da altri atomi di 235U . E’ stato sempre Fermi a scoprire le condizioni per aumentare il numero di atomi che decadono attivando la reazione a catena.
La prima è che 235U deve essere concentrato dallo 0,720% ad almeno il 3%. La seconda è che i neutroni devono essere rallentati in modo che possano essere più facilmente assorbiti da altri atomi di 235U. E per rallentarli c’è un modo molto semplice: è sufficiente interporre dell’acqua che deve rimanere allo stato liquido anche alla temperatura di centinaia di gradi. Cosa che si può ottenere aumentandone la pressione a 50 / 60 atmosfere (però la pila atomica costruita da Fermi nel 1939 usava dell’uranio naturale non arricchito e della grafite come moderatore).
Con la reazione a catena si raggiunge un livello di radioattività abbastanza alto da poter essere sfruttato. Ma non si può arrivare ad un’esplosione nucleare perché per costruire una bomba atomica l’uranio dovrebbe essere arricchito almeno al 90%.
Quindi le centrali nucleari sfruttano delle reazioni che avvengono spontaneamente anche sulla superficie della Terra e che sono quindi assolutamente naturali. Vengono solo intensificate.
Ma non sono meglio le energie rinnovabili?
Ma perché ricorrere alla tecnologia delle bombe atomiche quando potremmo sfruttare il sole e il vento che sono gratuiti e a disposizione di tutti?
Purtroppo, contrariamente a quello che molti pensano, le cosiddette energie rinnovabili hanno dei costi altissimi sia diretti che indiretti, un grosso impatto ambientale e paesaggistico e, quello che più conta, non sono in grado di sostituire i combustibili fossili.
Per una potenza di 1,6 GW (che è quella di una centrale nucleare francese) servono 20 Km2 di pannelli solari. Ma un pannello solare produce in media una quantità di energia pari al 18 % della sua potenza nominale. Per produrre 1,6 GW serve quindi una superficie di oltre 100 Km2. Inoltre nella pianura padana dove sono stati costruiti molti di questi impianti, siamo molto al di sotto di questo valore, perché per l’80% dei giorni dell’anno il cielo è coperto da nuvole. Quindi sarebbe necessaria una superficie molto più grande.
Stesso discorso per quanto riguarda l’energia eolica. 160 turbine da 10 MW, che devono essere distanziate tra loro per non rubarsi il vento, hanno bisogno di una superficie di 160 Km2 . Però in Italia, paese poco ventoso, le pale eoliche producono molto meno del 20% della loro potenza nominale, e quindi anche qui la superficie impegnata deve essere ancora più grande (vedi l’articolo: La costosa follia delle energie alternative).
Infine di questi impianti non ce n’è nemmeno bisogno perché, anche senza pensare al nucleare, ci sono delle soluzioni molto più efficaci ed economiche come le auto elettriche e il teleriscaldamento.
Finora l’Italia, tra costi diretti e indiretti e senza considerare l’inflazione, ha speso per le rinnovabili circa 250 miliardi, e il nuovo governo di destra ha deciso di aggiungerne altri 60. A sua volta la Germania ha chiuso le sue 19 centrali nucleari, ha speso 600 miliardi di Euro per sostituirle con le rinnovabili, ma è tornata al gas naturale e sta addirittura riaprendo delle miniere di carbone!
A ulteriore dimostrazione che questa politica è sbagliata, c’è la constatazione che i paesi che hanno investito di più nelle “energie alternative” sono anche quelli che hanno il costo dell’energia più alto e che bruciano più combustibili fossili.
Se questi soldi, compresi i 10 miliardi che paghiamo in più ogni anno sulle bollette elettriche, li avessimo spesi per delle centrali nucleari, avremmo raggiunto la quasi totale autonomia energetica, avremmo abbattuto le nostre emissioni di gas serra, non avremmo deturpato migliaia di chilometri quadrati di territorio, pagheremmo l’energia molto di meno e non dovremmo continuare ad impoverirci importandola dall’estero.
Le centrali nucleari sono sicure?
Quindi gli impianti eolici e fotovoltaici, nonostante quello che molti pensano, sono incredibilmente costosi sia dal punto di vista economico che ambientale e non potranno mai sostituire, se non in misura insignificante, né le normali centrali elettriche né i combustibili fossili.
Invece le centrali nucleari possono risolvere il problema in maniera quasi miracolosa, perché possono produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno senza bruciare combustibili fossili e con un impatto ambientale minimo. Ma allora perché non le possiamo usare e addirittura abbiamo chiuso quelle che avevamo costruito?
Perché delle campagne di stampa pluridecennali e quasi mai contrastate hanno convinto l’opinione pubblica che esse comportano dei rischi inaccettabili e che un disastro nucleare renderebbe inabitabile una vasta regione per migliaia di anni. Però queste paure sono infondate perché in realtà esse sono gli impianti industriali di gran lunga più sicuri che esistano.
Ma qual’ è il rischio che corre chi lavora in una centrale nucleare o che vive nelle sue vicinanze? Il modo migliore per rispondere a questa domanda è esaminare come si sono comportate finora.
Le centrali nucleari hanno cominciato ad essere costruite dalla fine degli anni Cinquanta. Quelle oggi in attività sono 441 e 51 sono in costruzione. Gli incidenti principali sono stati tre. Il primo è avvenuto nella centrale di Three Mile Island, Stati Uniti, nel 1979. Un malfunzionamento delle pompe di raffreddamento ha provocato il surriscaldamento del nocciolo del reattore fino a provocarne la fusione. Ma la cupola di spesso cemento armato ha impedito la fuoriuscita di radioattività. Il territorio circostante non è stato contaminato e nessuno ha assorbito radiazioni.
Questo incidente suscitò molto allarme nell’opinione pubblica, ma fu anche l’occasione per rafforzare i sistemi di sicurezza e rendere ridondanti gli impianti di raffreddamento. Da allora tutte le centrali nucleari hanno una spessa doppia cupola di cemento armato e impianti multipli di raffreddamento. Ma nell’Unione sovietica le cose andavano diversamente.
La centrale nucleare di Cernobyl era stata progettata per produrre sia energia elettrica che plutonio per le bombe atomiche. Durante il funzionamento di una centrale nucleare l’uranio 235 (235U), quello fissile, emette dei neutroni e alcuni di essi vengono catturati dall’uranio 238 (238U) che si trasmuta in plutonio 239 (239Pu), che pure è fissile. Ma perché il plutonio sia abbastanza puro per armare una bomba, bisogna estrarlo dal reattore subito dopo che si è formato. Per questo la centrale di Cernobyl doveva essere spenta ogni due settimane per estrarre il plutonio. Per agevolare l’operazione il tetto era stato rimosso e il reattore operava a cielo aperto. Inoltre i tre dirigenti della centrale non avevano una specifica competenza per questo tipo di impianti, ed erano stati scelti per la loro fedeltà al partito.
L’incidente è avvenuto mentre veniva condotto un test “per la sicurezza”.
Questo esperimento era già stato tentato in un’altra centrale, ma non era stato completato perché i sistemi di sicurezza avevano spento il reattore prima che venisse completato. Questa volta, per completarlo, tutti i sistemi di sicurezza vennero disattivati!
Poi durante l’esperimento i responsabili della centrale hanno preso delle decisioni che, senza che se ne rendessero conto, hanno reso instabile il reattore nucleare fino a perderne il controllo. Cernobyl è l’unico caso di una centrale nucleare sfuggita al controllo. Alla fine il 26 aprile 1986 c’è stata una grossa esplosione (non nucleare perché sarebbe stata impossibile) che ha scoperchiato il reattore – un coperchio di mille tonnellate. A questo punto il nocciolo del reattore, senza la cupola di cemento, senza il tetto e senza nemmeno il suo coperchio, era esposto all’aria aperta. Subito dopo c’è stata una seconda esplosione che ha provocato un incendio che è durato a lungo perché questo reattore aveva come moderatore la grafite, e se la grafite si incendia è difficilissima da spegnere (vedi L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Darwinite atomica”, che contiene una dettagliata ricostruzione della dinamica di questo disastro).
Questo incendio ha trasportato i materiali radioattivi più leggeri fino a diversi chilometri di altezza, da dove poi i venti li hanno dispersi in mezza Europa, mentre quelli più pesanti sono saliti solo di qualche centinaio di metri e sono ricaduti nei pressi della centrale.
Quindi a Cernobyl è avvenuto l’incidente nucleare più grande che si possa immaginare: una centrale nella quale si è sviluppato un incendio durato a lungo e che ha diffuso nell’ambiente una grande quantità del materiale radioattivo che conteneva perché non c’era più nulla che lo potesse impedire. Sono andate disperse, a seconda del loro peso, dal 30% al 70% delle sostanze radioattive contenute nel nocciolo. Sarebbe stato sufficiente che il coperchio del reattore fosse rimasto al suo posto e non sarebbe successo nulla.
E’ evidente che quello che è avvenuto a Cernobyl non può essere considerato rappresentativo della pericolosità delle centrali nucleari, nemmeno di quelle dell’epoca sovietica. Oggi tutte le centrali nucleari hanno una doppia cupola di spesso cemento armato che poggia su una base di cemento altrettanto solida, e qualunque cosa succeda all’interno, nulla può uscire. Inoltre l’IAEA, l’ente dell’ONU che si occupa della sicurezza delle centrali nucleari, verifica la preparazione del personale. Infine i sistemi di sicurezza sono fatti in modo che non possano essere disattivati. E appena c’è un parametro fuori controllo, la centrale si spegne automaticamente da sola.
Come si fa a spegnere una centrale nucleare? Esse sono dotate di barre di controllo, fatte di materiali che assorbono i neutroni, che stanno sospese sopra il reattore. Se vengono fatte scendere si inseriscono nel nocciolo del reattore e ne rallentano l’attività, mentre se vengono inserite totalmente lo spengono. Pertanto manovrando le barre di controllo si può regolare in maniera precisa l’attività del reattore nucleare oppure spegnerlo. Nel caso in cui tutto smetta di funzionare, manca l’elettricità ecc., esse scendono da sole per gravità e lo spengono.
Le vittime accertate furono 56, compresi i pompieri eroi che si sacrificarono per spegnere l’incendio. Ci sono stati anche 350.000 sfollati (tre quarti dei quali avrebbero potuto rimanere nelle loro case perché il livello di contaminazione era rimasto sotto i limiti di sicurezza), che hanno sofferto di molti problemi di disadattamento. Però dalle indagini di tipo statistico svolte da allora non risulta che siano aumentate le malattie o i decessi attribuibili alla radioattività.
Adesso il reattore è protetto da una rassicurante cupola di cemento armato, dotata delle gru che dovranno servire per il suo smantellamento. Ma non c’è fretta, perché più si aspetta, più diminuiscono gli elementi radioattivi e specialmente quelli con l’emivita più breve e che emanano più radioattività.
Però persino da Cernobyl arriva una notizia positiva. Gli scienziati che studiano la fauna selvatica che vive nelle aree più contaminate hanno fatto una scoperta importante. Hanno trovato che alcuni antiossidanti (principi nutritivi che si trovano nella frutta e nella verdura colorata) sono molto efficaci nel difenderci dai danni della radioattività. Per esempio in un esperimento dei topolini ai quali erano stati somministrati questi nutrienti godevano di buona salute, a differenza di quelli che non ne mangiavano. Adesso, in caso di necessità, sapremmo come proteggerci.
Bisogna però aggiungere che non è vero che qualsiasi livello di radioattività, per quanto basso, sia dannoso per la salute. Infatti la ricerca ha dimostrato che la radioattività naturale, anche quando è 50 volte più alta della media, non comporta alcun rischio. Evidentemente il nostro organismo si è ben adattato alla radioattività ambientale.
Ci era stato sempre raccontato che un disastro nucleare avrebbe reso inabitabile un vasto territorio per centinaia di migliaia di anni, e quello di Cernobyl è stato il disastro nucleare più grande che si possa immaginare. Eppure oggi quasi tutto il territorio evacuato è di nuovo abitabile perché la radioattività è sotto i limiti di sicurezza, mentre quello che rimane potrebbe essere bonificato asportando lo strato superficiale di terreno. Anzi, non solo questa non è un’area devastata e inabitabile, ma è il territorio più ricco di biodiversità in Europa.
Per un confronto la sola estrazione del carbone causa all’ambiente ben altri danni, che vanno ad aggiungersi a quelli causati dalla sua combustione. Per esempio in India in una grande miniera di carbone c’è un’area di 450 Km2 nella quale si sono sviluppati una settantina di incendi impossibili da spegnere e, data la dimensione del giacimento, si stima che essi continueranno a bruciare per 5.000 anni. E questo non è certo l’unico caso, perché sono molte le miniere di carbone in cui sono scoppiati degli incendi altrettanto difficili da estinguere (vedi l’articolo “Jharia brucia” nel libro l’AVVOCATO DELL’ATOMO).
Il terzo incidente nucleare è avvenuto nel complesso di Fukushima Dai-ichi in Giappone l’11 marzo 2011. Queste quattro piccole centrali, costruite a partire dal 1967 e nel corso degli anni Settanta, erano obsolete, non avevano una cupola di cemento armato e stavano per essere chiuse. Ciò nonostante esse avevano resistito al quarto terremoto più violento mai registrato. I reattori nucleari si erano spenti come dovevano fare e le pompe di raffreddamento funzionavano. Poi però è arrivata un’onda di tsunami alta 13 metri che le ha messe fuori servizio.
Perché sono necessarie delle pompe di raffreddamento quando una centrale viene spenta? Perché durante la sua attività nel reattore nucleare si formano dei materiali radioattivi a breve o brevissimo periodo di dimezzamento che emanano il 6% del calore che viene prodotto. Quando una centrale viene spenta questo calore deve essere asportato, altrimenti la temperatura aumenta fino a danneggiare il nocciolo.
Con l’impianto di raffreddamento spento la temperatura è salita fino al punto in cui le molecole dell’acqua hanno cominciato a scindersi nei loro costituenti, l’idrogeno e l’ossigeno. L’idrogeno, più leggero dell’aria, si è accumulato sotto il soffitto piatto dei locali che contenevano i quattro reattori. Inoltre questo gas è molto infiammabile e ben presto una scintilla lo ha fatto esplodere. Con l’esplosione il tetto è saltato ed è andata dispersa l’aria contaminata che era contenuta all’interno. Ma nulla è uscito dal nocciolo dei quattro reattori nucleari.
Dodici operai della centrale sono stati lievemente contaminati, ma senza conseguenze. Sono state sfollate per precauzione 170.000 persone che vivevano nei pressi della centrale, anche se la contaminazione del territorio circostante non aveva superato i limiti di sicurezza. Anche qui nessuno è morto o si è ammalato a causa della radioattività. Quindi da questo punto di vista è stato un incidente senza conseguenze.
Quello che è avvenuto a Fukushima è il risultato di una combinazione di circostanze che non si potranno più presentare insieme e quindi, paradossalmente, dimostra quanto in realtà le centrali nucleari siano sicure. Terremoti di questa violenza possono capitare solo in pochi posti al mondo, e lo stesso vale per gli tsunami. Inoltre ad essere coinvolte sono state delle centrali obsolete, che avevano un solo impianto di raffreddamento, erano prive di una struttura di contenimento e stavano per essere chiuse. Ciononostante la reazione nucleare non è andata fuori controllo, nulla è uscito dal nocciolo dei quattro reattori, c’è stata una dispersione minima di radioattività e non ci sono state vittime.
Eppure il disastro di Fukushima ha scatenato uno tsunami di notizie false diffuse dai giornali di tutto il mondo. I nemici dell’energia nucleare ne hanno approfittato per dare il colpo di grazia alla fonte di energia più pulita, economica e sicura che abbiamo. L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Un’eccellenza italiana”, contiene una rassegna delle balle spaziali inventate per l’occasione che vale la pena di leggere. Il titolo si spiega con il fatto che, secondo alcuni siti giapponesi, sono stati proprio i media italiani a distinguersi su chi le sparava più grosse.
Molti giornali e televisioni hanno parlato di apocalisse nucleare o hanno mostrato un fungo atomico sopra il Giappone. Altri hanno parlato di 16.000 vittime della radioattività (che erano invece quelle del terremoto). Oppure: “Tokio sarà inabitabile per migliaia di anni” (infatti nel 2021 ci hanno fatto le olimpiadi), “i livelli di radioattività sono 7,5 milioni di volte superiori alla norma” – se fosse vero non potrebbero sopravvivere neanche le piante ecc.
Berlusconi aveva proposto un piano per la costruzione di alcune centrali nucleari, ma poco prima del referendum del 2011 c’è stato il disastro di Fukushima. Le forze contrarie al nucleare hanno scatenato una campagna di disinformazione di dimensioni colossali. E in Italia questa campagna è stata ancora più intensa perché tutte le forze politiche contrarie a Berlusconi si sono impegnate per fargli perdere il referendum. Però noi oggi basiamo la nostra politica energetica su queste falsità!
L’ondata emotiva è stata forte prima di tutto in Giappone, che ha chiuso le sue centrali nucleari, anche se adesso alcune le ha già riaperte, altre le sta aggiornando e ne sta costruendo di nuove. Ma il danno maggiore l’hanno avuto l’Italia e alcuni altri paesi europei. Infatti questa campagna di disinformazione ha determinato l’esito del referendum italiano sul nucleare del 12 e 13 giugno 2011 e la decisione della Germania di smantellare le sue centrali nucleari. Centrali che questi due paesi hanno preteso di sostituire con le costosissime e inutili “energie alternative”.
Le scorie radioattive.
Un’altra accusa che viene rivolta alle centrali nucleari è che esse producono delle scorie radioattive che dovrebbero essere sorvegliate per migliaia o milioni di anni. Innanzitutto se le sostanze radioattive durano per milioni di anni, significa che la loro radioattività è molto bassa. Inoltre si tratta sempre di quantità molto piccole.
Il combustibile nucleare produce 24.000 volte più energia del carbone. In un anno un grosso reattore produce una quantità di scorie radioattive, cioè di combustibili esausti nei quali la percentuale di materiale fissile è troppo bassa per sostenere la reazione a catena, uguale a un cubo di un metro e mezzo di lato. Infine queste scorie sono sotto forma di materiali inerti e non di liquidi corrosivi che potrebbero contaminare il terreno o i corsi d’acqua.
Per un confronto ogni anno vengono scaricate nell’ambiente migliaia di tonnellate di rifiuti tossici in forma liquida o gassosa contenenti cianuro, arsenico, mercurio, cadmio, cromo esavalente ecc. E sono tutti rifiuti che, a differenza dei materiali radioattivi, non diminuiscono con il tempo (L’AVVOCATO DELL’ATOMO - “Gli incidenti di altra natura”).
Ma decenni di disinformazione hanno creato nell’opinione pubblica il terrore della radioattività, come se fosse un rischio qualitativamente diverso dagli altri. Certo, un alto livello di radioattività è pericoloso. Ma è pericoloso anche il metano che usiamo in cucina, perché miscelato con l’aria forma una miscela esplosiva. Però con impianti a norma il rischio è azzerato. Ma questo vale anche per la radioattività: se viene schermata il rischio scompare.
In realtà non solo le centrali nucleari, salvo che a Cernobyl, non hanno mai ucciso nessuno ma, dato che ogni anno 5 milioni di persone muoiono a causa dell’inquinamento causato dai combustibili fossili, esse potrebbero azzerare queste forme di inquinamento e tutte le morti che si portano dietro (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – pag. 126).
Stesso discorso per quanto riguarda i danni all’ambiente: a differenza dei combustibili fossili, le centrali nucleari non hanno esternalità negative (inquinamento, CO2, deturpamento del paesaggio, componenti pericolose da smaltire) e quasi azzerano l’impatto ambientale della produzione di energia.
Infine le scorie radioattive possono essere riprocessate. Per lo più oggi si preferisce usare uranio vergine a causa del suo basso costo, e i combustibili esausti vengono conservati presso la centrale in attesa di questo trattamento. Con il riprocessamento si recuperano l’uranio e il plutonio per un altro ciclo di combustione e la quantità di scorie viene sostanzialmente diminuita. Ma i reattori veloci, detti anche auto fertilizzanti, possono fare ancora meglio.
Oggi nella maggior parte dei reattori nucleari (ad acqua bollente) i neutroni vengono rallentati da acqua in pressione perché possa rimanere allo stato liquido anche alla temperatura di centinaia di gradi. Come abbiamo visto sopra, questo favorisce il loro assorbimento da parte di altri atomi di 235U. Interponendo un altro materiale adatto o del vapore acqueo, i neutroni vengono rallentati di meno e aumentano quelli che vengono assorbiti da 238U, che si trasforma in 239Pu che è fissile.
In questo modo viene prodotto, a spese di 238U che è molto più abbondante, 30 volte più combustibile nucleare di quello che viene consumato. Inoltre vengono trasformate in materiali fissili anche le scorie radioattive più problematiche, che poi vengono anch’esse consumate all’interno del reattore. Pertanto le scorie radioattive si riducono a pochi residui a breve periodo di dimezzamento che diminuiscono e scompaiono in fretta.
Qualcuno ha calcolato che se dieci miliardi di persone con livelli di consumo europeo producessero tutta l’energia di cui hanno bisogno in questo modo, i rifiuti radioattivi (a breve periodo di dimezzamento) prodotti in un secolo occuperebbero il volume di una nave portacontainer. I reattori veloci più avanzati hanno una carica sufficiente per dieci anni e gli esperti ritengono che entro il 2040 la maggior parte delle centrali nucleari di media potenza sarà di questo tipo (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Vecchio a chi?”).
Ma non è ancora tutto, perché le centrali nucleari stanno anche eliminando dei materiali molto pericolosi. Dopo che l’America e la Russia hanno smantellato quasi il 90% delle loro testate atomiche, l’uranio e il plutonio delle bombe, dopo essere stati diluiti al 5%, oggi alimentano delle centrali nucleari.
Le centrali nucleari hanno una settantina d’anni, la metà dei quali trascorsi durante la guerra fredda. Allora c’era il sospetto che lo scopo principale del nucleare civile fosse quello di alleggerire il costo degli arsenali atomici. In effetti le super tecnologiche centrifughe, che concentrano l’uranio al 90% per le bombe atomiche, servono ad ambedue gli scopi. Inoltre le centrali nucleari dovevano produrre anche il plutonio per le bombe.
Però oggi la situazione è cambiata, perché da molto tempo nessuno costruisce più bombe atomiche e perché le tecnologie del nucleare civile e di quello militare sono sempre più divaricate. Così siamo tornati allo scopo originario della pila atomica costruita da Enrico Fermi nel 1939: produrre energia per l’umanità. Ed è un paradosso che proprio il paese che ha dato i natali a questo grande scienziato oggi sia uno dei pochi al mondo ad aver rifiutato questa straordinaria fonte di energia.
Proliferazione nucleare.
L’unica cosa che collega le centrali nucleari alle bombe atomiche sono le sofisticate centrifughe che concentrano l’uranio 235 al 5% per i reattori ad acqua bollente, al 15 / 20% per i reattori veloci e al 90% per le bombe atomiche.
Però l’ente dell’ONU che vigila sulla sicurezza delle centrali nucleari controlla tutti i passaggi di mano dell’uranio e in particolare quello che entra ed esce dalle centrifughe, che solo poche potenze nucleari possiedono.
Se l’Italia volesse dotarsi di un parco di centrali nucleari, non avrebbe bisogno di costruirsele, perché comprerebbe l’uranio arricchito da qualche altro paese, per esempio dalla Francia. Pertanto il rischio di proliferazione nucleare sarebbe nullo.
Ma ci sono anche delle centrali nucleari che non hanno bisogno di uranio arricchito.
Infatti se si usa come moderatore dei neutroni dell’acqua pesante, si può usare l’uranio naturale.
Una molecola d’acqua (formula chimica H2O) è formata da due atomi di idrogeno (H) e uno di ossigeno (O). L’idrogeno, l’elemento più leggero della tavola periodica, ha un nucleo costituito da un solo protone, intorno al quale orbita un elettrone che pesa quasi 2.000 volte di meno. Però ogni tanto c’è un atomo di idrogeno che nel nucleo ha in più un neutrone, e che pesa quindi circa il doppio del normale idrogeno. E’ il deuterio (D). Mettendo insieme una certa quantità di deuterio e facendolo reagire con l’ossigeno, si ottiene dell’acqua pesante (D2O), che pesa circa il 9% in più dell’acqua normale. Dato che il deuterio tende a catturare meno neutroni dell’idrogeno, usando come moderatore dell’acqua pesante un numero maggiore di neutroni può essere catturato da altri atomi di 235U.
Infine c’è il Torio (232Th) che può essere trasformato nell’elemento fissile 233U senza bisogno di centrifughe. Il torio è quattro volte più abbondante dell’uranio, ha un tempo di dimezzamento di 14 miliardi di anni e può essere interamente trasformato in elemento fissile. Però per arrivare a costruire delle centrali nucleari al torio bisogna ancora risolvere qualche problema. Diversi paesi ci stanno lavorando, e il motivo di tanto interesse è facile da capire: chi riuscirà per primo a costruire delle centrali nucleari al torio, che saranno completamente svincolate dalla tecnologia militare, avrà a disposizione un mercato immenso. Auguri e buon lavoro!
L’energia nucleare è economica?
Se non ci fosse stata la Seconda guerra mondiale, non ci sarebbero state nemmeno le bombe atomiche. Infatti questa tecnologia venne sviluppata nel corso del progetto Manhattan per anticipare un analogo progetto del regime nazista. Senza le bombe atomiche non ci sarebbe stata la paura dell’energia nucleare e l’atomo sarebbe presto diventato la principale fonte di energia. Avremmo bruciato meno combustibili fossili e oggi il tasso di anidride carbonica atmosferica sarebbe molto più basso. Però possiamo ancora rimediare, perché l’energia nucleare è conveniente anche dal punto di vista economico. Ed è anche rinnovabile, perché di uranio ce n’è per milioni di anni. Infatti se fosse necessario lo si potrebbe estrarre anche dal mare.
La Francia, il paese più nuclearizzato d’Europa, ha anche il costo dell’energia più basso e produce un quinto dell’anidride carbonica della Germania. Mentre l’Italia, la Germania e la Danimarca, i paesi che hanno investito di più sulle rinnovabili, hanno i costi dell’energia e i consumi di combustibili fossili più alti. E questo nonostante che sia stato fatto di tutto per penalizzare l’energia nucleare e aiutare le “energie alternative”.
Nelle centrali elettriche convenzionali il costo dell’energia elettrica è dovuto per il 90% al costo del combustibile, mentre il resto è costo di impianto. In quelle nucleari la situazione è rovesciata: il 75 / 80% è costo d’impianto e solo il 5 / 10% è il costo del combustibile. Il resto sono i costi vivi di gestione e anche i fondi che la legge impone di accantonare per lo smantellamento. Costi questi ultimi che non vengono imposti agli impianti eolici e fotovoltaici, nonostante che dovranno essere sostituiti dopo 25 anni e che dovranno dismettere una quantità 300 volte maggiore di materiali problematici.
A rendere ancora più conveniente l’energia nucleare c’è il fatto che il costo per l’importazione del combustibile (nucleare) passa dal 90% al 5 / 10%; pertanto il ricorso a questa fonte di energia è anche un modo per diminuire le importazioni di energia e il conseguente impoverimento del sistema paese.
Adesso la durata delle centrali nucleari è stata portata a 80 anni, e una volta ammortizzato il costo di impianto, per tutto il resto del tempo esse producono energia quasi al solo costo del combustibile. Pertanto le centrali nucleari sono un ottimo investimento per dei fondi pensione che devono garantire un reddito a lunga scadenza.
Oggi suscitano molto interesse anche i reattori modulari, che proprio in questo momento cominciano a essere messi in produzione. Sono di taglia più piccola, con potenze che vanno dai 5/ 6 MW ai 400/450 MW. Il vantaggio è che possono essere costruiti in fabbrica e poi montati sul posto, con un abbattimento sia dei costi che dei tempi di costruzione. Nei progetti in fase di sviluppo sono rappresentate un po’ tutte le tecnologie dei rettori più grandi e gli analisti ritengono che nell’arco del prossimo decennio i reattori modulari rivoluzioneranno il mercato dell’energia (L’AVVOCATO DELL’ATOMO – capitolo “Vecchio a chi?”).
Oggi per sostenere le energie alternative le famiglie italiane pagano un sovrapprezzo sulle bollette elettriche di 10 miliardi di Euro all’anno. Con questi soldi potremmo finanziare un piano nucleare che in vent’anni ci renderebbe quasi del tutto autonomi dal punto di vista energetico (e questo senza ancora tenere conto dei reattori modulari).
Ma non è meglio l’energia da fusione?
Però molti pensano che la soluzione verrà dalla fusione nucleare, che non ha bisogno di sostanze radioattive e che non produce scorie radioattive (forse).
Ma, anche nell’ipotesi più ottimistica, le centrali a fusione non saranno in grado di produrre più energia di quella che consumano prima della metà del secolo, e passerà ancora molto più tempo prima che ne producano in quantità significativa. Inoltre questa tecnologia è molto complessa e problematica. Infatti bisogna ricreare le condizioni fisiche davvero estreme presenti nel centro del Sole e delle stelle, che costringono quattro atomi di idrogeno a unirsi insieme per trasformarsi in un atomo di elio. Anche nelle reazioni di fusione c’è una piccola quantità di materia che si annichila e si trasforma in energia. Ma bisogna creare un plasma a 200 milioni di gradi e confinarlo con dei potenti campi magnetici. Il progetto più importante è ITER, per il quale sono già state investite somme ingenti.
Una volta in funzione esso dovrebbe produrre 500 MW di energia termica. Energia che poi dovrebbe essere convertita in energia elettrica con un rendimento di circa il 35%. Dall’energia elettrica prodotta bisogna però sottrarre quella spesa per innescare la fusione nucleare. Alla fine verrebbero prodotti circa 150 MW di energia elettrica utile. Pertanto per sostituire una centrale nucleare da 1600 MW ci vorrebbero una decina di impianti come questo. Impianti molto, molto più complessi, problematici e costosi. In pratica, chissà quando, forse si riuscirà a produrre dell’energia utilizzabile, ma ad un costo decine di volte più alto. Inoltre, anche se in partenza non ci sono sostanze radioattive il plasma, uno stato della materia nel quale gli elettroni non sono più legati ai nuclei atomici ma si muovono liberamente, emana una grande quantità di radiazioni che distruggono i materiali dell’impianto riducendone la vita utile a non più di 20 / 25 anni. Materiali che per di più vengono resi radioattivi e che dovranno pur essere sistemati da qualche parte.
Adesso nessuno se ne preoccupa perché le centrali a fusione sono ancora di là da venire, ma da ogni punto di vista le attuali centrali nucleari sono migliori. Sono molto più semplici, economiche e sicure, e collaudate da 70 anni di esperienza.
L’esempio della Francia. E della Cina.
Il paese che ha puntato di più sul nucleare è la Francia. Con le sue sessanta centrali nucleari la Francia ha già l’energia necessaria per alimentare le auto elettriche e per il riscaldamento invernale. La Francia ha fatto le scelte giuste, ed è già pronta per un futuro con pochi combustibili fossili, poche importazioni di energia e tante auto elettriche.
Ma non c’è solo la Francia. L’AVVOCATO DELL’ATOMO - capitolo “Around the world … “ presenta una panoramica sull’energia nucleare nel mondo. Alcuni paesi europei (l’Italia, la Germania, l’Austria, il Belgio, la Danimarca, l’Irlanda e il Portogallo) e qualche stato americano sono contrari. Gli altri stati europei e il resto del mondo sono invece favorevoli. Dappertutto ci sono centrali nucleari in costruzione, o che sono state ordinate o che sono in progetto: in Nord e Sud America, nei paesi asiatici e in quelli africani. Inoltre c’è un grande interesse per i reattori modulari e molti paesi stanno aspettando che vengano messi in produzione per fare le loro ordinazioni. E poi c’è la Russia, che è all’avanguardia nelle tecnologie nucleari e che è diventata il principale fornitore di centrali nucleari ai paesi emergenti. E’ questa la strada per fare gli interessi di un paese: sviluppare dei settori validi dell’economia, non le guerre di conquista!
Ma il paese che sta puntando di più sull’energia nucleare è la Cina.
Adesso il paese più grande del mondo produce l’energia di cui ha bisogno con delle centrali a carbone obsolete e a bassissima efficienza. Ma le sta velocemente sostituendo con delle centrali nucleari. Anche l’India ha molte centrali a carbone obsolete e inquinanti, ed è altrettanto interessata a sostituirle con degli impianti nucleari.
E chissà cosa penseranno in Cina e in molti altri paesi di un’Europa che chiude le sue centrali nucleari, spende delle cifre pazzesche per l’assurdità delle energie alternative, e che poi è costretta a tornare ai combustibili fossili e addirittura al carbone. I sentimenti pro ambiente della gente sono stati incanalati nella direzione sbagliata!
Tutto il mondo sta puntando sull’energia nucleare, tranne l’Italia e la Germania. L’Italia e la Germania sono come l’omino della barzelletta che ha imboccato l’autostrada contromano e che pensa che siano gli altri ad andare contromano: no, siamo noi che stiamo andando contromano!
Come siamo diventati dipendenti dai combustibili fossili
Negli anni Sessanta l’Italia ha rinunciato al nucleare e ha scelto di dipendere dalle importazioni di combustibili fossili. Nel capitolo “Il glorioso passato” dell’AVVOCATO DELL’ATOMO c’è una ricostruzione della politica energetica italiana dagli anni Sessanta in poi, che è un pezzo importante della storia recente del nostro Paese.
In pratica i politici italiani, di tutti i partiti, hanno rinunciato all’autonomia energetica e all’opzione nucleare in cambio di tangenti. Tangenti pagate da quelle stesse multinazionali del petrolio che avevano ucciso Mattei.
Oggi la guerra all’energia nucleare viene continuata da un finto ambientalismo il cui vero scopo è combattere l’economia e la società capitalista. Però questa è una guerra sbagliata fatta per motivi sbagliati, come sostiene da tempo questo sito.
A prescindere dagli schieramenti politici, tutte le forze responsabili che vogliono il bene di questo paese e non la sua rovina, dovrebbero contribuire ad informare l’opinione pubblica sul tema strategico dell’energia. La disinformazione finora è stata tale che ci sarebbe da augurarsi che un libro come L’AVVOCATO DELL’ATOMO arrivi in ogni casa o in ogni famiglia.
Oggi quasi ogni giorno vengono lanciati degli allarmi sul riscaldamento globale, che diventano subito degli argomenti a favore delle energie alternative. Ma il fallimento della politica energetica adottata in questi anni dall’Italia e dalla Germania dimostra che per sostituire i combustibili fossili è necessaria l’energia nucleare. Che è economica, pulita, sicura e collaudatissima.