Astronomia

SE CI SIA L’ELEMENTO DEL FUOCO

Che ci sia l’elemento del fuoco, è comune opinione conservata per molti secoli.
Che gli elementi siano quattro, lo prova Aristotile col mezzo delle quattro qualità prime, caldo, e freddo, umido, e secco; perciochè non ci sarebbono le qualità, se non ci fosse il suggetto, dove appoggiarle; nè le combinazioni riuscirebbono quattro, se tre solamente fossero gli elementi.
Di più vedendo noi manifesto, che nella generatione de gli animali concorre il calore, e convenendo di necessità confessare, che ci sia il principio di esso calore, non pare, che si possa dir’altro, se non che questo sia l’elemento del fuoco.
Vediamo eziandio, che questo nostro fuoco composto ha il movimento suo naturale allo’nsù; e che quanto più s’avvalora, tanto più si solleva; il perchè par da dire, che’l suo principio sia colà su.
Oltre a ciò, essendoci la terra semplicemente grave, e l’aria, e l’acqua rispettivamente gravi, e leggieri; pare anco da confessare, che ci sia il fuoco semplicemente leggiero, come estremo corrispondente alla terra.
Le comete, e l’impressioni di fuoco, che sotto il concavo della Luna, nella suprema regione dell’aria s’accendono, paiono argomentare anch’elleno, che ivi quell’elemento si trovi, poichè se non vi fosse fuoco, non vi s’accenderebbono.
Gli Alchimisti ultimamente nelle distillazioni loro (oltre la feccia, che rappresenta la terra) mostrano tre sorti d’umori cavati d’un corpo stesso, l’uno de’ quali, che pende in rosso, e sempre sovrasta a gli altri, vogliono, che chiaramente denoti il fuoco.
Altri, altre ragioni hanno detto: ma di poco valore.
Dall’altra parte contra l’elemento del fuoco si dice; Che il lasciare il senso, per andar cercando col discorso le sottigliezze, ha dello svanito. Coll’occhio si vede chiaro, che da terra al luogo della Luna non v’è altro che aria; adunque è vanità l’andar coll’intelletto fantasticando, che vi sia fuoco. Questo fu anche pensier del Cardano. Ma perchè gli introdottori, e difensori del fuoco dicono, che egli sia corpo raro in guisa, che inganni il senso, come fa l’aria; io dico, che se il fuoco vi fosse, ei si vedrebbe chiaro, e non ingannarebbe la vista. Perochè sendo corpo lucidissimo, e secco: ed essendo proprio del secco l’esser densato, e proprio del lucido l’esser visibile, non si vedrebbe men chiaro, che le stelle del Cielo. Anzi aggiungo, che per lo stesso rispetto non potrebbe circondar l’aria, nè esser diffuso d’intorno a lei.
Imperochè se è proprio del calore l’unire le cose uniformi, e disunir le composte di parti diverse, come l’aria, che è sempre piena d’esalazioni, e vapori: e se proprio è dell’umido, in che predomina l’aria medesima l’essere sparso, diffuso, vano, e molle; e del secco l’esser densato, e ristretto: L’aria, che ha due qualità, ch’ambedue la disgregano, e la diffondono, e che per questo si spande per tutto, e occupa maggior luogo di tutti gli altri corpi; non è verisimile, nè possibile, che sia ristretta, e contenuta dal fuoco corpo omogeneo caldo, e secco, qualità ristrettive, e condensanti amendue, secondo Aristotile stesso.
Ma dato eziandio, che il calore dilatasse il fuoco, poichè veggiamo, che la dottrina d’Aristotile non è assolutamente vera; e che il calore dilata l’oro, e l’argento puro, e altre tali materie uniformi, e all’incontro condensa l’huova, e la torta, e altri tali corpi di parti diverse; dico, che in ogni modo il secco solo, qualità ristringente, basterebbe a non lasciar dilatare il fuoco più dell’aria, la quale ha l’una, e l’altra delle sue prime qualità, che la diffondono; diciamo, o che sia uniforme, com’è veramente di sua natura; o misturata d’esalazioni, e vapori, com’è quaggiù.
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CHE SIA IL PRIMO MOTORE DE’ CIELI

Aristotile nell’ottavo libro de’ naturali principij si sforza di provare con diverse ragioni per via del moto, che sia necessario venire ad un Primo Motore immobile, separato, e perpetuo; e questi la comune tiene, che sia Dio, che separato da’ Cieli sovrasta, e dà legge a tutti i Cieli. E non ha dubbio, che senza Dio, nè il Cielo, nè qual si voglia cosa nell’Universo si muove: A primo enim principio dependet celum, et tota natura, disse Aristotile stesso nel 2. Della Metafisica. Iddio è immenso, e infinito, e per tutto diffonde, e spande l’onnipotenza sua; e opera nelle cose create con la sovrana sua intelligenza, conforme alla natura, che da principio fu lor data da lui. Ma perchè questo è il principio, che considerano il Teologo, e’l Metafisico, e noi favellando naturalmente de’ globi celesti, corpi naturali, ricerchiamo la prossima, naturale, e immediata cagione de’ moti loro; però diciamo, che come sarebbe disdicevole a un Prencipe della Terra il non haver sotto di sè Ministri, che a suoi cenni s’impiegassero ne’ ministerij del suo governo; tanto più sarebbe ciò disdicevole a Dio principe, e Signore dell’Universo. Ministri adunque di Dio sono i naturali principij, e le cause seconde, che operano applicate da lui, secondo i cenni della virtù, che ricevono dalla sua onnipotenza. Iddio nella creazione de’ Cieli ordinò loro il moto perpetuo per la generazione, e conservazione delle cose inferiori; e al moto assegnò il suo principio infallibile, e immediato, che fu il calore, imperciochè tutte le cose, che si muovono da sè, o sono mosse (eccettuando quelle che in virtù del freddo precipitano, e cadono verso il centro, e alcune mosse, o dall’impeto del vento, o dal corso dell’acqua, o da contrapesi) tutte si muovono in virtù del calore; che dove Aristotile disse, che il moto cagionava il calore; noi diciamo, che questo è per accidente; ma che per natura il calore cagiona il moto. Se la terra trema, il calor dell’esalazioni concentrate in essa, e racchiuse è quello, che la scuote; se’l mare è agitato; se l’aria è spinta o folgorata, o girata, i fulmini, e i venti sono quelli, che fanno il tutto. Se la palla è percossa; se il disco è lanciato; se l’arco è teso, il calore del braccio è quel solo, che opera: E quelle, che si muovono da se stesse, hanno conforme alla qualità del calore il moto veloce, e tardo. I razzi, l’esalazioni, e la fiamma si muovono velocemente verso il cielo per l’eccesso del calore, dal quale sono predominati; i vapori, e il fumo si muovono più tardi, perchè sono men caldi; gli uccelli volano, perchè sono caldi sovra gli altri animali, e quanto più caldi, tanto volano più velocemente. Per lo contrario le serpi, e i vermini non si muovono da terra, nè hanno il moto veloce, perchè hanno poco calore, e i Ghiri, e i Tassi stanno immoti, dormendo la gran parte dell’anno, per lo poco calore, di che partecipano. E questa fu anche dottrina d’Averroe nel libro De somno, et vigilia, ove egli disse, che la cagione della tardità del moto era il freddo, come per lo contrario il calore della velocità.
Dunque se questo è vero, chi potrà dubitare, che il calore non sia quello, che dia il moto a tutte le cose, che si muovono da se stesse, secondo l’esser loro, eternamente all’eterne, e finitamente alle corruttibili, e finite? Gli animali si muovono, e si vivono per quanto dura loro il calore nel cuore, e nel sangue; e mancato quello si muoiono, e si rimangono immoti, e freddi: la fiamma si muove per quanto dura il nutrimento del suo calore; le comete, le stelle cadenti, e l’altre impressioni si muovono per quanto dura in esse l’esalazion calda: e i cieli, e le stelle si muovono eternamente, perchè sono di materia eterna, e incombustibile, che senza fine fomenta il calor, che gli muove: e qui finisce il moto, perchè sopra i corpi celesti non è calore, nè materia mobile. Che poi i globi celesti non si muovano tutti uniformemente, nè coll’istessa misura, ciò procede dalla conservazione, e dal bene dell’universo, che è dato per loro fine. Ma a quello, che verso l’ultimo dell’ottavo della Fisica cerca di provare Aristotile, che sia necessario venire ad un primo motore separato, eterno, e totalmente immobile, si risponde: Che Aristotile havendo constituito il cielo corpo semplice distinto da gli elementi, e senza calore alcuno, non gli potè assegnare un principio interno, e innato, che lo movesse: e però gli fu necessario ricorrere ad un principio assistente immobile totalmente, per non andare in infinito di motore in motore, il qual principio non si conchiude, con tutto ciò che sia Dio immediatamente; perciochè l’immediata cagione di tal moto è il calore. E in questo sentimento disse lo Scaligero anch’egli; Non enim primi mobilis Motor est Deus. Si quidem primum movens finitum est essentia, circumscriptione, et potentia. Ma il calore posto da noi, eccettuata la Divina virtù, non ha bisogno d’esser mosso da cosa eterna, movendo egli per sua natura senza esser mosso, come si vede nel fuoco. E però il cielo, che ha in se stesso un così fatto principio, si muove da sè, come fa l’animale, che non ha bisogno di motore estrinseco, havendo in se stesso l’anima, che lo muove senza esser mossa da alcun’altro movente.
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CHE COSA SIENO LE COMETE, E COME SALISCANO ALL’OTTAVA SFERA

Che le Comete trapassino il cerchio della Luna, e salgano fino all’ottava sfera, già è provato; e chiaro a dì nostri non ostante che alcuni filosofastri di stoppa ardiscano tutta via di negare le dimostrazioni Matematiche; di maniera, che da questo si vede, che non solamente non è quello vero, che disse Aristotile intorno al luogo delle Comete: ma ne anche quello, ch’ei disse dell’elemento, che per difetto di nome egli chiama fuoco: poichè se tale elemento vi fosse, l’esalazioni calde, e secche, e sottili non vi passerebbono per entro senza infiammarsi. Si conosce parimente, che’l Cielo non è, quale ei ce lo dipinge, quinto corpo incomunicabile, distinto in varie sfere, nè leggiero, nè grave: perciochè se quel tutto, che è sopra la Luna, fosse un quinto corpo semplice, e distinto in maniera, che non ammettesse materia esterna, e non fosse nè leggiero, nè grave, l’esalazioni della terra calde, e secche, e leggieri in tanta copia non penetrerebbono, nè si fermerebbono in esso. Penetranvi dunque, perchè non vi sono sfere, e perchè quel corpo, per entro’l quale si muovono il Sole, e le stelle, non è altro, che un aere purificato, e leggiero. E perchè come corpo tenue i globi celesti col loro continuo moto lo fan girare, e anche le Comete, quando vi saliscano, a secondar quel moto sono forzate, come secondano le nuvole il moto del vento.  Ma quanto all’essenza delle Comete pur io stimo falsa la opinione d’Aristotile, e quella del Telesio se non vera, molto più verisimile almeno. Dice Aristotile nel cap. 8 del I lib. delle Meteore, che la Cometa non è altro, che esalazione condensata, ed accesa nella sfera del fuoco, o nella suprema regione dell’aria. Dice il Telesio nel trattato delle comete, e della via lattea, che la cometa è un globo di vapore condensato, e purificato, il quale senza essere acceso riceve l’imagine dalla luce del Sole, e la riflette nella guisa, che fa la Luna, e che fanno le corone, e l’Iride, ed altre impressioni descritte da Aristotile stesso. Il che parimente tennero Eraclide Pontico fra gli antichi, e fra i moderni il Cardano; ne forse senza ragione, imperochè se le comete fossero di materia accesa, non è verisimile, che l’esalazione, che è cosa pura, tenue, calda, secca, e disposta ad arder subito tutta, come la polvere delle bombarde, mantenesse tanto tempo la fiamma; essendosi vedute comete, che hanno durato gli anni intieri. E tanto più vedendo noi, che le stelle cadenti, e l’altre impressioni, che per l’aria s’accendono, subito accese strisciano, scorrono, e spariscono in un momento divorate dalla fiamma. E se si rispondesse, che le comete possano mantenersi lungamente accese coll’andarsi di continuo aggregando materia nuova; Si risponde, che le comete, che appariscono nell’ottava regione maggiori di qual si voglia stella, conviene eziandio, che sieno maggiori della terra: però se a cotanta copia d’esalazione accesa, che supera il circuito della terra tutta, e del mare, si dovesse andare aggregando sempre tanta copia di nuova materia, che per quindici mesi continui mantenesse l’istesso fuoco, l’istessa luce, e l’istessa grandezza in lei (come si vide già in quella, che apparve nella coscia della Cassiopea l’anno 1572.) senza dubbio gli si converrebbe, che tutta la terra, e’l mare si convertissero in esalazione: non si discernendo massimamente, che mai ricada a basso materia alcuna di quella, che vuole Aristotile, che salga ad infiammarsi nelle comete.

PER CHE CAGIONE LA TERRA, E L’ACQUA STIENO UNITE AL CENTRO DEL MONDO

Chi avesse addimandato ad Aristotile, per che cagione la terra, e l’acqua stieno unite al centro del mondo; egli secondo i principi della dottrina sua avrebbe risposto, che tutte le cose gravi tendono al centro, e le leggieri alla circonferenza del mondo;  e che per ciò essendo l’acqua, e la terra gravi, tendano sempre alla parte bassa detta del centro. Ma chi havesse domandato al medesimo, per che cagione le cose gravi tendano sempre al centro, e le leggieri alla circonferenza, non so quello, ch’egli s’havesse risposto: non bastando il dire, che le particelle divise concorrano al centro per esser ivi il lor tutto. Imperochè io addimando, perchè il tutto non si parta dal centro, essendo circondato d’aria vana da tutte le parti, che cederebbe dovunque così gran peso inclinasse.
Diciamo adunque (rispondendo conforme a principij posti da noi) che la cagione fondamentale, e prima dell’aderenza perpetua della terra, e dell’acqua al centro dell’universo non è la gravità, ma la freddezza di que’ due corpi, i quali si disuniscono, e s’allontanano quanto più possono dal contrario loro, che è il Cielo, dove è il principio del calore, e del moto. Se i contrarj hanno da conservarsi, conviene, che sieno l’uno dall’altro distinti in guisa, che l’uno non possa distrugger l’altro: perciò il caldo si fugge di quaggiù, e se ne vola verso il suo principio, che è in Cielo, per non esser distrutto dal freddo: e’l freddo si fugge,e s’allontana quanto più può dal Cielo per non esser distrutto dal caldo. E perchè nella terra, e nell’acqua consiste inseparabilmente il principio del freddo, e della quiete, come il contrario nel Cielo, quindi è, che la terra, e l’acqua cercano sempre di mantenersi il più, che possono lontane dal Cielo per conservarsi: il perchè sempre si mantengono unite al centro, che è il più distante luogo, che ci sia da’ corpi celesti; ed ivi secondo la lor natura freddi, e immoti eternamente si stanno.

PERCHE’ I GIORNI DELLA SETTIMANA NON HABBIANO L’ORDINE DE’ PIANETI, COME HANNO IL NOME

Il titolo di questo quisito, senza la risoluzione, si legge tra le Quistioni convivali di Plutarco. Ma Sifilino nel 36. dell’Istorie di Dione dice, che questa fu invenzione de gli Egiziani: e la ragione è Astronomica; imperochè dividendosi il giorno naturale in 24. hore, ed essendo ciascun’hora ad un Pianeta particulare assegnata, che ne ha il dominio; gli Egiziani nominarono ciascun giorno da quel Pianeta, che della prima hora di esso è signore, cominciando la prima hora dopo la calata del Sole, come si costuma in Italia. La regola, che si tiene per conoscere a qual Pianeta sia assegnata ciascun’hora del giorno, e quindi saper la prima di ciascuno di loro, è l’ordine retrogrado di essi Pianeti a rispetto di noi, che comincia da Saturno, e viene allo’ngiù; e per esempio, per sapere se la Luna è signora della prim’hora del Lunedì: comincisi con ordine retrogrado a compartir l’hore della Domenica, assegnando la prima al Sole dopo le 24. del Sabbato, la 2. a Venere, la 3. a Mercurio, la 4. alla Luna, la 5. a Saturno ritornando di sopra, la 6. a Giove, la 7. a Marte, l’8. al Sole, la 9. a Venere, la 10. a Mercurio, l’11. alla Luna, la 12. a Saturno, la 13. a Giove, la 14. a Marte, la 15. al Sole, la 16. a Venere, la 17 a Mercurio, la 18. alla Luna, la 19 a Saturno, la 20. a Giove, la 21. a Marte, la 22. al Sole, la 23. a Venere, la 24 a Mercurio, e la prima del giorno seguente, che è il Lunedì alla Luna. E così seguitando l’ordine stesso, la 22. del Lunedì vien pure medesimamente ad essere hora della Luna, e la 23. di Saturno, e la 24. di Giove, che è l’ultima; onde la prima, che segue è l’hora di Marte, da cui si nomina il Martedì. E quello, che si verifica in uno colla medesima regola, venendo da alto a basso, si verifica in tutti. Ma perchè il giorno di Saturno, e quello del Sole, non habbiano, come gli altri cinque, ritenuti gli antichi nomi, chiamandosi ora l’uno Sabbato e l’altro Domenica; Angelo Poliziano ne’ suoi Miscellanei assegna di ciò la ragione, dicendo, che a questi due furono in grazia de’ Christiani cambiati i nomi da Costantino Magno; come nelle lodi di quello Imperadore testimonia Niceforo.

SE LA TERRA SI MUOVA

Che la terra si muova, fu opinione d’alcuni antichi: ma non è antica la maniera, con la quale vengono a tempi nostri descritti, e difesi i suoi movimenti. Nicolò Cupernico sottilissimo ingegno moderno, per levar la confusione, che ne’ movimenti delle stelle a gli occhi nostri apparisce, cambiò luogo alla terra col Sole, mettendo il Sole nel centro del mondo; e alla terra diede due movimenti perpetui, l’uno d’intorno al suo proprio centro in ventiquattro hore; e l’altro d’intorno al centro del mondo in dodici mesi.
Il pensiero fu curiosissimo, e la sua opinione è stata disputata a’ dì nostri da ingegni grandi, che in difenderla hanno fatte le prove di Carneade Cirenaico. Con tutto ciò noi speriam di mostrare, che come ella è contra la comune, così è contra la natura, contra l’astronomia, contra la Religione, contra il senso, e contra le ragioni fisiche, e matematiche.
Ch’ella sia contra la natura, si può intendere in due maniere, cioè, o contra la natura stessa della cosa, o contra l’ordine, e la disposizione delle cose naturali. Noi intendiamo nell’un modo, e nell’altro. Ch’ella sia contra la natura della stessa terra, si prova; perchè la terra non solamente è fredda, ma contiene in sè il principio del freddo: e’l freddo non solamente ripugna al moto, ma lo distrugge, come apertamente veggiamo ne gli animali, che si muovono in virtù de gli spiriti caldi; e subito, che li spiriti mancano, e la stanza loro è occupata dal freddo, gli animali si muoiono, e diventano immobili. E l’acqua, che come fluida scorre allo’ngiù in virtù dell’umido, se il freddo si fa eccessivo in lei, l’umido cessa dalla sua operazione, ed ella si congela, e diventa immobile. Tutti i misti ne’ quali predomina il calore, sono in continuo moto, o instabil quiete. E tutti quelli, ne’ quali predomina il freddo, e’l secco, come in marmi, e’l ferro, sono immobili eternamente. Adunque è contra la natura della terra il tenere, ch’ella, che fa immobili i misti, sia mobile per se stessa.
E anche contra l’ordine, e la disposizione delle cose naturali, le quali non sono confusamente locate, ma l’eterne dalle corruttibili sono distinte; e queste nell’infimo, e quelle nel più degno luogo è di ragione, che stieno: Ma il Cupernico mette nell’infimo luogo il Sole; e la terra corruttibile, e buia, in mezo alle stelle luminose, ed eterne; il che è contra l’ordine, che la natura richiede.
E contra l’Astronomia, perchè levando la terra dal centro del mondo, e mettendo in suo luogo il Sole, bisogna metter le terra o sotto la Luna, o sopra la Luna. Se la mettiam sotto la Luna, non si farà mai l’Ecclisse del Sole, perchè la Luna essendo sopra il Sole, e sopra la terra, non si potrà mai fraporre fra la terra, e’l Sole. Se la mettiamo sopra la Luna, non si farà mai l’ecclisse di essa Luna, perchè la terra essendole sopra, non si potrà mai frapporre fra lei, e’l Sole. Aggiungo, che la Luna, e Venere, e Mercurio spesso sarebbono sopra il Sole, cioè sempre, che si ritrovassero in opposizione della terra col Sole in mezzo; che è contra l’opinione comune.
Di più l’Astronomia non potrebbe, com’ella fa, predire il tempo de gl’eclissi Solari, e Lunari; perciochè regolando ella i suoi calcoli dal movimento del Sole, e della Luna, se il Sole non si muovesse l’arte sarebbe vana.
E contra la Religione, perchè se diciamo, che’l Sole sia nel centro del mondo, e che la terra si muova d’intorno a lui, come piace al Cupernico, ciò s’oppone alla Scrittura sacra, che nel primo dell’Ecclesiastico dice, Terra autem in aeternum stat, oritur Sol, et occidit, et ad locum suum revertitur, ibique renascens girat per meridiem, et flectitur ad Aquilonem, lustrans universa
in circuitu pergit, etc. E altrove habbiamo, che Giosuè fermò il corso del Sole miracolosamente. Expectavit itaque Sol, et Luna stetit, donec ulcisceretur se gens de hostibus suis, etc. E seguendo. Stetit itaque Sol in medio Coeli, et non festinavit occumbere spatio unius diei; nec fuit ante, vel postea tam longa dies, etc. Però se il Sole fosse stato nel centro, non era miracolo alcuno, e conveniva fermare la terra.
S’aggiugne; che ponendosi la terra tra le stelle, s’incorre nell’antico errore d’Eraclide, e di Pitagora, il quale, secondo Plutarco, era stato prima d’Orfeo: cioè, che le stelle sian tanti mondi, e che in particulare la Luna, come dalle sue macchie argumentarono Democrito, e Anassagora, sia un’altro globo simile a questo nostro composto d’acqua, e di terra, e abitato da altri huomini, e altri animali; Opinione, che per gli assurdi, che parturisce, fu tenuta eretica ancora tra la Gentilità.

Contra il senso, imperochè il moto circolare è repugnante alla natura nostra, e non solamente ne cagiona vertigine, e nausea: ma ne cagionerebbe eziandio morte, se fossimo lungamente aggirati. Però se la terra, come piace al Cupernico ne aggirasse continuamente, o il senso nostro nell’offesa, e nel patimento se n’avvederebbe;  o la natura nostra sarebbe amica a quel moto. Il fuoco (parlando di questo nostro) si vede, che è mobilissimo; l’aria si sente muovere: il mare agitato è palese, e navigando si conosce il movimento dell’acqua: Onde non è verisimile, che la terra più sensibile di tutti gli altri elementi, se si muovesse con la velocità, che dicono il Cupernico, e suoi seguaci, il senso nostro non se n’avesse da accorgere.
Ultimamente, che tale opinione sia contra le ragioni fisiche, e matematiche, con diversi argumenti si manifesta; E per cominciare dalle più sensibili prove; se la terra, come vuole il Cupernico, si girasse tutta in ventiquattro hore; quand’un arciero tira una saetta a diretto all’insù, quella saetta ricaderebbe a Occidente molte miglia distante da lui.
Nè basta il rispondere, che la saetta ha l’istessa inclinazione della terra, e che ricade girando seco, e tanto maggiormente venendo aiutata dall’aria, che anch’ella si muove in giro. Perciochè prima non è verisimile, che la saetta corpo misto faccia per appunto l’istesso moto, e con l’istessa velocità, che fa la terra corpo semplice. Secondariamente non è verisimile, che la saetta corpo misto, che fa due moti, l’uno ricadendo, e l’altro girando, s’accordi in guisa col girar solo della terra corpo semplice, che i suoi due moti corrispondano a questo solo a puntino, e ricada giusto a i piedi dell’arciero, che l’avventò. Ma quand’anche fosse vero, che la saetta nel ricadere a basso secondasse nell’aria il movimento dell’arciero, mentre è dalla terra portata in giro: non è però verisimile, nè possibile, che possa ciò fare, mentre è cacciata all’insù dalla violenza dell’arco, e fende a forza l’aria per diritta riga. Onde in quel tempo l’arciero si troverebbe sempre girato a Oriente, molto distante dalla caduta sua.
Il secondo argumento è di qual si voglia corpo composto, ma grave, che sia lasciato cadere da alto a basso; Diciamo dalla sumità d’una torre, o d’una antenna ficcata in terra; che sempre per diritta riga cade lambendo la torre, o l’antenna finchè arriva al suo piede. E non è verisimile, ch’essendo corpo composto, se si movesse in giro in virtù del predominante; si movesse con l’istessa velocità, che fa il predominante medesimo corpo semplice: sì che i due moti , ch’ei fa, l’uno per unirsi alla terra, e l’altro per secondar la terra, nol facessero punto variare dal semplice moto, che si suppone facciano l’antenna, e la torre portate in giro dalla terra.
Il terzo argumento è delle stelle dell’ottava sfera. I difensori dell’opinione del Cupernico non potendo escluder la quiete dalle cose naturali, la concedono nel firmamento, dicendo, che l’ottava sfera con le sue stelle è totalmente immobile. Hora se noi da stare in un pozzo miriamo di notte qual si voglia stella del firmamento, dato, che sia vero, che la terra in ventiquattro hore si giri tutta; quella stella a pena veduta sparirà in un’istante, perciochè noi non la veggiamo, se non per lo spazio di sei palmi d’apertura di terra, che in un’istante si gira dall’aspetto della stella, e la cuopre. Ma ciò non avviene; anzi chi farà tale sperienza, troverà, che la stella tarda un pezzetto a sparire; adunque non è vero, che la terra si muova, come gli Avversari suppongono. E perchè forse potrebbe credere alcuno, che vaglia l’istesso argomento, se diciamo secondo l’opinione comune, che la terra stia ferma, e l’ottava sfera si muova (poichè anch’ella si gira tutta in 24. hore) Rispondesi, che l’argomento non cammina al contrario, perciochè andando le spezie delle cose vedute a trovar la vista; dal cielo all’occhio di colui, che è nel pozzo, si forma una piramide, che con la base circonda la stella, e con la punta finisce nell’occhio: Onde se il diametro di detta base potesse misurarsi, sarebbe per essempio seicento miglia, dove il diametro della punta all’entrata del pozzo sarà sei palmi. Però dal movimento del Cielo a quello della terra (quanto allo sparir della stella) vi corre quella differenza che è tra sei palmi, e seicento miglia.
Il quarto argomento è del Sole, ed è anco più evidente del terzo. Vogliono i Cupernicei, che’l Sole si stia immobile locato nel centro del mondo, e che la terra in 24. hore tutta si raggiri al suo aspetto. Stiasi uno nel mezzo d’una camera fermo, e miri il Sole da una finestra, che l’abbia in prospettiva da mezzo giorno: Certo se il Sole sta fermo nel centro, e la finestra gira con tanta velocità, in un’istante sparirà il Sole dagli occhi di colui, che è nel mezzo della camera, per la ragione detta di sopra.
Il quinto argomento è de gli uccelli, che volano; imperciochè se la terra si girasse tutta in 24. hore, niun uccello volando potrebbe agguagliare il suo giro; non si trovando uccello alcuno, quando ben’anche fosse infaticabile, che volando potesse girare tutta la terra in 24. giorni, non che in 24. hore. Ma tutti gli uccelli volando superano la velocità del movimento della terra, che si suppone; adunque non è vero tal movimento. Che tutti gli uccelli, per lenti, che sieno, avanzino di gran lunga la velocità supposta della terra, si vede: perciochè mentre noi ci giriam con la terra verso Oriente, non si troverà uccello alcuno, che partendosi da Occidente non ci raggiunga, e non ci passi innanzi col volo, benchè ci mettiamo a correr di più a quella parte. E nondimeno il dover vorrebbe, che non ci poteste neanco raggiugnere stando fermi.
Ma perchè forse a questo potrebbe dirsi, che gli uccelli facciano l’effetto nell’aria, che fanno i pesci nell’acqua corrente, li quali sono portati da lei, e nuotandovi dentro a seconda, avanzano di gran lunga il corso, ch’ella fa: e perciò così anche gli uccelli volando portati dall’aria avanzino il corso dell’aria: Si risponde, che ciò non è vero, perchè se l’aria girandosi con la terra portasse gli uccelli a seconda, come fa l’acqua i pesci, quando gli uccelli volassero all’opposta parte ella ritarderebbe notabilmente il loro volo, come l’acqua correndo all’incontro ritarda il nuoto de’ pesci. Ma diasi una linea retta da Occidente a Oriente, il cui mezo sia C. e gli estremi A. e B. come in esempio A —— C —— B io dico, che nell’aria quieta l’istesso uccello volerà con la prestezza medesima da C. in B. che da C. in A. Adunque l’aria nol porta in alcuna parte: ma lo sostiene semplicemente, come i pesci dall’acqua cheta non sono portati, ma sostenuti. Aggiungo, che se l’aria si girasse con la terra in 24. hore, non vi sarebbe proporzione alcuna tra il suo moto, e quello dell’acqua, così anche gli uccelli potessero avanzare quello dell’aria.

Il sesto argomento è della grandine, la quale dura alle volte un’hora intiera cadendo, e vadano le nuvole o a Ponente, o a Levante, o a Settentrione, o a Mezzogiorno, mai non coglie per lunghezza più di venticinque, o trenta miglia di paese: e nondimeno se la terra si girasse con la velocità, che la Scuola del Cupernico tiene, quando le nuvole della grandine sono portate dal vento all’incontro del corso della terra, bisognerebbe, che grandinassero almeno sempre trecento, o quattrocento miglia di campagna per lungo.
Il settimo argumento è di certe nuvole bianche, che vanno per l’aria quando il tempo è tranquillo, le quali vadano a Ponente, o a Levante, a Mezzodì, o a Tramontana, pare a noi sempre, che vadano con l’istessa lentezza. E nondimeno quando vanno a Ponente dovrebbe parere, che andassero con immensa velocità, per rispetto della velocità del movimento della terra, che contra il corso loro ne girerebbe.
L’ottavo argomento è del moto degli animali terrestri, i quali essendo predominati dalla terra, di ragione dovrebbono havere la medesima inclinazione, e muoversi agilissimamente correndo verso Oriente, se la terra si gira a quella parte di sua natura, e con ripugnanza verso Occidente, se la terra ha il suo movimento naturale in contrario. Ma se questo succeda, o no, io ne lascio il giudicio a gli avversarj medesimi.
Il nono argomento è dell’Arciero, che tira saette a segno, perciochè dato il moto, che si suppone alla terra, s’egli metterà il segno a Tramontana, o a Mezzogiorno in luogo stabile, non vi potrà mai coglier dentro, se non tira a vantaggio verso Oriente, perciochè mentre la saetta fende nell’aria, e volando passa a diritto, dove fu presa la mira, il segno rapito dal corso della terra trascorre verso Oriente, e non aspetta il colpo della saetta.
Il decimo argomento è delle cose lanciate, le quali sempre a doppio farebbono maggior percossa ferendo verso Occidente, che verso Oriente; imperochè la terra da quella parte girerebbe loro incontro il bersaglio, che andrebbe con impeto a incontrar la percossa nel supremo vigore della violenza sua.  Onde questo sarebbe un’ottimo avvertimento per aggiustar l’artiglierie contra le mura assediate, mettendole sempre da quella parte, che riguarda a Levante, perciochè da lontano, venendo le mura a incontrar le palle, farebbono maggior colpo, che da ponente molto vicine.
L’undecimo argomento è de’ tiri fatti all’Aria verso Ponente, e verso Levante, perciochè movendosi la terra con tanta velocità, con quanta suppongono gli Avversarj, quell’arco, che tira 300. passi verso Levante, ne tirerà tre mila verso Ponente, per rispetto della terra, che si gira velocissimamente verso Levante, mentre la saetta va fendendo l’aria verso Ponente.
Il duodecimo è della calma: perchè se l’acqua, e l’aria si girano con la terra verso Oriente (come vogliono i Cupernicei) quelli, che navigano verso Ponente, non havranno mai calma, perchè l’aria, che a Levante velocissimamente si gira, mancando il vento prospero, farà sempre effetto di vento contrario nelle lor vele.
Il terzodecimo argumento è delle palle di terra lanciate con la balestra a diritto all’insù, le quali se è vero, che le cose terree, mentre pendono in aria si girino dietro al corso, che fa la terra; al mancar della violenza, che le caccia, finendo di salire per ricadere a basso, sempre si piegheranno in arco verso Oriente. Ma facciasi l’esperienza con la balestra, o con la ciarbottana, e vedrassi, che le palle hora piegano a tramontana, hora a Ponente, hor all’Austro, senza secondare il corso della terra a Levante; Adunque non è vero, che la terra corra, nè si muova girando verso Oriente.

Queste ragioni furono scritte da me, non contra il Cupernico, il cui libro io non havevo veduto ancora; ma contro di alcuni, che non riferivano la sua dottrina, com’ella sta: Hora il Cupernico non dà solamente due movimenti alla terra, come riferivano questi; ma tre, cioè, uno in se stessa, come sì è detto, d’Occidente in Oriente in 24. hore; l’altro pur d’Occidente in Oriente, ma d’attorno al cerchio di Venere in un anno; e’l terzo ne’ lati, da Settentrione a Mezogiorno, e da Mezzogiorno a Settentrione, col quale salva l’inegualità de’ giorni, e’l variare delle stagioni. E mette la Luna nello stesso spazio tra Marte, e Venere, che in un’Epiciclo particulare si va girando d’intorno alla terra, mentre anch’essa, come la terra, è portata nel detto epiciclo verso Oriente.  Però ammettendosi questa nuova invenzione del Cupernico, non ha luogo ciò, ch’io dissi dell’ecclissi del Sole, e della Luna, perch’egli col metter la Luna, che si gira d’intorno alla terra d’Oriente in Occidente, salva questa difficultà. Risponde anche all’altra del poter essere alle volte Mercurio, e Venere sopra il Sole, allegando, che questa fu opinione antica d’Alpetragio, di Platone, e dopo di Marziano Cappella, e d’altri Astronomi, che dissero, che Venere, e Mercurio si giravano d’intorno al Sole, havendo i loro cieli voltato il concavo all’insù. Nel che io non farò punta; ma dirò bene, che tale opinione è contra la dottrina di tutti i più rinominati professori d’Astronomia: e che quel nuovo Epiciclo, che porta la Luna per lo spazio della quarta sfera, ha bisogno anch’egli di machine, e di girandole per salvar tutte l’apparenze, massimamente, che quel terzo moto della terra ne’ lati, non può succedere senza, che la terra cammini obliquamente. Aggiungo, che quanto alla Luna, s’ella si gira insieme con la terra nell’istesso Epiciclo, come vuole il Cupernico; e la terra in dodici mesi fa il suo corso maggiore, passando sotto i dodici segni del Zodiaco; io non intendo come la Luna, che non si parte mai dalla terra, passi per tutti li medesimi segni in trenta giorni soli, e non serbi il medesimo tenore, che serba la terra nel fare il giro grande; mentre il serba nel fare il giro piccolo delle ventiquattro hore.
Stimo anche inverisimile affatto, che quel principio di moto, che ha un elemento; non l’habbiano similmente le parti sue; e che se la terra di continuo si muove in giro, non faccia il medesimo ogni sua parte; come veggiamo avvenire in tutte le altre cose naturali, che quella virtù, o intrinseca qualità, che ha il tutto, l’hanno anche le parti sue: e con tutto ciò non si trova parte alcuna di terra, che da se stessa di moto alcuno si muova; anzi per fermar le cose, che si muovono, si mette lor sopra un pezzo di terra.