BREVE STORIA DELLA DEMOCRAZIA

Nel discorso generale sull’ambiente e lo sviluppo la democrazia ha un ruolo centrale, perché questo è lo strumento che permette di distribuire la ricchezza a tutto il popolo e di rendere la società più giusta.
Bisogna partire da quello che è un semplice dato storico: in tutte le altre epoche e civiltà, a causa della crescita demografica e della trappola della povertà, l’umanità è sempre vissuta in condizioni di miseria assoluta. Una popolazione che cresce all’infinito, con un tasso di crescita esponenziale, rende inevitabile la scarsità delle risorse. E’ questo il fattore che rende le società del passato ad un tempo molto povere e diseguali. Infatti la crescita demografica determina una competizione per le risorse vitali dalla quale emerge una piccola minoranza che si accaparra quasi tutta la ricchezza a scapito della maggioranza che viene così a trovarsi in condizioni di miseria assoluta. E questa miseria è proprio inevitabile. Infatti, se la società fosse perfettamente egualitaria, ben presto la crescita demografica farebbe sì che nessuno avrebbe risorse sufficienti per vivere e tutti morirebbero di fame. Del resto questa è anche la condizione nel mondo della natura: la crescita demografica determina una competizione per le risorse che a sua volta è la causa della “selezione naturale”, il motore dell’evoluzione.
Ma allora, come abbiamo fatto ad uscire dalla trappola della povertà e a conquistare quella straordinaria abbondanza rispetto a tutte le altre epoche di cui oggi, in misura maggiore o minore, godiamo tutti? E come hanno fatto ad emergere da una condizione di miseria assoluta le prime società che, grazie a qualche forma di democrazia, sono riuscite a distribuire la ricchezza al popolo? E infine come siamo arrivati alla società moderna, che è capace di creare così tanta ricchezza e di distribuirla all’intera popolazione?
A questo punto l’attenzione si sposta sulla prima e più famosa democrazia del mondo, quella della Grecia antica. Una democrazia giustamente famosa, che ha fatto da modello a tutte le democrazie che sono venute dopo. Per una discussione sulla democrazia greca e in particolare ateniese si può partire dal libro dello storico Luciano Canfora “Il mondo di Atene”, il cui argomento è appunto la più antica democrazia del mondo.
Da questa descrizione viene fuori un ritratto dell’Atene di Pericle che è forse un po’ diverso da quello che potremmo aspettarci. Questa era una democrazia limitata a soli 30 mila uomini. Ma lo stato dell’Attica faceva 350.000 abitanti, e la grande maggioranza erano schiavi. Un altro aspetto fondamentale di questa prima democrazia è la sua politica imperialista e guerrafondaia.
Molti studiosi hanno dato della democrazia ateniese dei giudizi sprezzanti. Per esempio essa è stata definita come “una gilda che si spartisce il bottino”. In effetti questa era una democrazia piena di contraddizioni, se la paragoniamo a quelle moderne. Ma gli elementi fondamentali ci sono già tutti. C’era una politica (imperialista e guerrafondaia) che accumulava ricchezza, un popolo (demos in greco) di cittadini / soldati o marinai che la produceva e infine dei meccanismi istituzionali controllati dal popolo stesso che la distribuivano.
La Grecia antica era all’avanguardia un po’ in tutto. Si era dotata del primo alfabeto comprensivo delle vocali che aveva facilitato la diffusione della parola scritta (ad Atene tutti i cittadini liberi sapevano leggere, scrivere e far di conto). L’alfabeto greco ha favorito anche lo sviluppo del pensiero e spiega l’abbondanza degli scritti storici, letterari, filosofici o scientifici, molti dei quali sono giunti fino a noi. E’ in questo ambiente stimolante che si sono formati il pensiero critico e la filosofia razionalista, a cui è seguito uno straordinario sviluppo della scienza e della tecnologia in quasi tutti i settori. A dimostrarlo ci sono anche i risultati straordinari e mai più superati nelle varie forme d’arte: pittura, scultura, architettura, poesia, teatro ecc.
Gli ateniesi erano diventati esperti anche nell’arte delle costruzioni navali e della navigazione, dove pure non temevano concorrenza. E’ grazie a questa superiorità che avevano distrutto la flotta persiana nella battaglia di Salamina, costringendo l’esercito di terra, ormai privo del supporto logistico, a tornare nel proprio paese.
E sempre grazie a questa superiorità l’Atene di Pericle aveva attuato una politica imperialista che aveva il preciso scopo di procurare allo Stato abbondanti risorse economiche. Questo è il primo punto. Il secondo sono i meccanismi istituzionali attraverso i quali la ricchezza veniva distribuita ad un popolo di soldati o marinai che attuava questa politica. Senza la democrazia tutta questa ricchezza sarebbe finita nella mani delle famiglie più ricche, mentre il popolo sarebbe stato ridotto alla fame.
Nonostante i giudizi sprezzanti di molti studiosi e nonostante tutti i suoi innegabili limiti, quella di Atene e della Grecia antica era quindi una vera democrazia, con un alto livello di competenza politica e una dialettica evoluta e sofisticata. Infatti fin da allora erano stati individuati i principali problemi dei sistemi democratici, che erano oggetto di vivace discussione. Per esempio la presenza nello stato dell’Attica di una maggioranza di schiavi che però, in quanto esseri umani, non erano diversi dai cittadini liberi.
Inoltre, anche se per dimensioni non era paragonabile alle democrazie moderne, quella ateniese è stata di gran lunga la democrazia più ampia di tutta l’antichità. Per un confronto la Res Publica romana, era anch’essa una democrazia con un proprio parlamento, il Senato. Ma era limitata alle famiglie nobili che erano anche le sole che potevano ricoprire le cariche pubbliche attraverso il cursus honorum. Invece in Grecia era il proprio popolo, o una grossa parte di esso, che partecipava alle Assemblee e ricopriva per sorteggio diversi uffici pubblici importanti come il Tribunale.
In un secondo tempo la repubblica romana si è trasformata nell’Impero, assumendo la forma di un principato. Anche l’Atene di Pericle potrebbe essere considerata un principato, con una figura dominante che ha tirato i fili della politica per trent’anni. Nella Roma imperiale una parte della ricchezza veniva distribuita al popolo sotto forma di derrate agricole, ludi circensi e opere pubbliche intraprese per creare occasioni di lavoro. Ma questo avveniva per decisione dell’imperatore e in maniera paternalista. Mentre ad Atene era proprio il popolo che occupava le cariche pubbliche, dove assumeva decisioni a proprio favore e contrarie agli interessi dell’elite. E a volte nell’Assemblea decideva persino le guerre.
Nei secoli successivi sia la democrazia greca che la repubblica romana hanno fatto da modello a tutte le altre esperienze di democrazia, compresa la prima democrazia moderna. Ma le condizioni fondamentali rimangono sempre le stesse: una fonte straordinaria di ricchezza, un popolo che direttamente la produce e delle istituzioni occupate o controllate dal popolo che la distribuiscono.
Nel Medioevo in Europa c’è stata un’epoca, quella dei Comuni, nella quale sono nate molte democrazie cittadine, come nell’antica Grecia. Con la caduta dell’Impero romano le campagne e le città si erano spopolate. La maggior parte dei terreni coltivati vennero abbandonati e tornarono allo stato selvaggio ricoprendosi, a seconda dei casi, di boschi o di paludi. La popolazione era talmente diminuita che a Nord delle Alpi quasi tutte le città erano scomparse. In Italia le città non sono scomparse del tutto, ma si sono comunque spopolate. Il caso più estremo è quello di Roma, dove gli abitanti passarono da un milione a 30.000.
L’Europa, a causa dell’insicurezza creata dalle invasioni barbariche, è rimasta spopolata fino alla metà del decimo secolo, cioè finché non sono cessate le incursioni degli Ungari, gli ultimi barbari, dei Vichinghi e dei Saraceni. Ma una volta riconquistata la sicurezza è iniziata, prima lenta e poi più spedita, una lunga crescita economica e demografica, sia nelle campagne che nelle città, durata oltre tre secoli e mezzo. Una crescita eccezionalmente lunga perché per tutto questo tempo c’erano sempre dei terreni liberi da mettere a coltura. E di solito non capita che ci siano dei terreni liberi da occupare e in così grande quantità. E’ stata proprio questa straordinaria fonte di sempre nuova ricchezza la prima condizione per la nascita delle democrazie comunali. Nelle campagne vigeva il diritto feudale, mentre nelle città dove la nobiltà non era presente o aveva un potere limitato, le corporazioni di arti e mestieri hanno imparato presto ad auto amministrarsi, dotandosi di istituzioni “democratiche” sul modello della repubblica romana. Artigiani e commercianti producevano la ricchezza, la distribuivano ai soci delle corporazioni e governavano la città attraverso le istituzioni da loro stessi create.
Anche i successivi esperimenti di democrazia rispettano queste condizioni, per esempio l’Olanda del ‘600. Dopo avere conquistato con una lunga guerra l’indipendenza dalla Spagna, l’Olanda aveva creato una prospera economia basata sia sulla produzione artigianale che su una rete di commerci oltremare che arrivava fino all’estremo Oriente. E anche questo paese si era dotato di istituzioni all’avanguardia che in seguito hanno fatto da modello sia all’Inghilterra che ai nascenti Stati Uniti.
Viceversa la storia della Spagna è la dimostrazione che una nuova straordinaria fonte di ricchezza non è di per sé sufficiente a creare una democrazia. Dopo la scoperta dell’America le miniere del Nuovo mondo avevano inondato la Spagna con un’enorme quantità di oro e di argento. Ma questi metalli preziosi non erano “prodotti dal popolo”, ma venivano estratti sfruttando i nativi americani. Inoltre questa ricchezza veniva spesa dal re e dalla nobiltà in consumi di lusso e non veniva condivisa con il popolo spagnolo, che ha continuato a vivere in condizioni di totale miseria.
Anche gli Stati Uniti hanno potuto contare su una fonte di ricchezza straordinaria: un territorio immenso, adatto sia all’agricoltura che all’allevamento, praticamente vuoto e da conquistare. Anche questa una situazione eccezionale, che può essere paragonata solo a quella dell’Europa dei Comuni. E ben presto i suoi abitanti, che avevano attraversato l’Atlantico in cerca di fortuna e che non avevano più sopra le loro teste una classe nobile, hanno creato la prima democrazia moderna. E nel progettare la loro Costituzione del 1776 si sono ispirati alle precedenti esperienze di democrazia, sia della Grecia antica che dei Comuni.
Ma poi come ha fatto questa prima democrazia rappresentativa a diffondersi in Europa e in seguito nel resto del mondo, come sta avvenendo oggi? Ciò è stato possibile perché nel frattempo era nata l’economia industriale, una fonte di ricchezza ancora più grande di qualsiasi politica imperialista o di un immenso territorio libero (o quasi) da occupare. L’economia moderna, inventata in Europa, moltiplica la produzione dei beni di decine di volte. Una formula magica (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà) che può essere copiata da qualsiasi paese e che ha dimostrato di funzionare sempre.
Il primo paese a trasformare la produzione da artigianale a industriale è stato l’Inghilterra, ben presto seguito dal resto dell’Europa. Nell’economia moderna, però, non ci sono solo una nuova straordinaria fonte di ricchezza e dei lavoratori che la producono. Adesso i lavoratori assumono anche il ruolo di consumatori e diventano quindi doppiamente indispensabili. Infatti per produrre una grande quantità di beni deve esserci anche un mercato in grado di assorbirli. Quindi deve esserci una vasta platea di compratori con un reddito sufficiente per acquistarli. E questi sono proprio i lavoratori stessi. Questo significa che con l’economia industriale la ricchezza deve essere per forza distribuita ad una vasta platea di lavoratori - consumatori.
Si può dire quindi che l’economia moderna, per funzionare, deve essere per forza democratica. Tant’è che tutti i paesi europei, man mano che si industrializzavano, si sono anche trasformati, sia pure tra grandi crisi come le due guerre mondiali, da monarchie assolute in democrazie. Ed è stata proprio la combinazione tra economia moderna e democrazia che negli ultimi due secoli ha triplicato l’aspettativa di vita media mondiale.
Nonostante questo però anche le democrazie moderne, come quelle dell’antichità, continuano ad avere molti nemici. La democrazia ateniese ha sempre avuto molti nemici nelle famiglie ricche e potenti (che non avrebbero voluto condividere proprio nulla!). Ma anche in Inghilterra e nel resto dell’Europa, fin dalla prima metà dell’Ottocento, sono comparsi dei movimenti intellettuali che condannavano l’economia industriale e la rivoluzione sociale e politica che si portava dietro.
Anche il marxismo, nato da una costola del romanticismo, ha assunto un atteggiamento critico verso la società moderna, capitalista, accusata di essere la causa delle ingiustizie sociali. E ha promosso una propria rivoluzione allo scopo di esautorare la borghesia economica per portare al governo le masse operaie e contadine. E questo nonostante che gli imprenditori siano indispensabili per l’economia, perché sono i soli ad avere la capacità di inventarsi dei beni o dei servizi che possono essere venduti e poi di organizzarne la produzione e la vendita in un mercato competitivo.
La “dittatura del proletariato” non ha prodotto una forma più alta di democrazia, ma solo dei regimi totalitari nei quali la libertà e il mercato vengono aboliti. Delle dittature assolute come mai se n’erano viste che basavano il loro potere su un imponente apparato di polizia e su un altrettanto imponente sistema di propaganda. Questi regimi alla fine sono falliti (rimane solo la Corea del Nord a dimostrarne l’assoluta disumanità) perché un’economia per prosperare ha bisogno di un mercato che funziona, di un alto grado di libertà personale e di istituzioni democratiche. Negli ultimi decenni, dopo la fine del maoismo in Cina e del comunismo in Russia, il modello della società moderna è stato adottato in quasi tutto il resto del mondo, sempre con il risultato di un grande arretramento della povertà e di un avanzamento della libertà e della democrazia.
Ma nei paesi “occidentali” che non hanno mai conosciuto i regimi di tipo sovietico, di marxisti e di nemici della società moderna ce ne sono ancora molti. E alla tradizionale accusa alla società moderna di essere la causa delle ingiustizie sociali (!), si è aggiunta quella di essere insostenibile sul piano ambientale.
In realtà quella in cui viviamo è l’unica società sostenibile anche sul piano ambientale, come dimostrano i paesi più sviluppati che sono oggi, da ogni punto di vista, molto più sostenibili di 50 o 60 anni fa e sostenibili lo diventano sempre di più. Mentre i paesi emergenti stanno percorrendo questa stessa strada, che è una strada obbligata, con solo qualche decennio di ritardo (vedi l’articolo: AMBIENTE E SVILUPPO). E anche per quanto riguarda la crescita demografica e la trappola della povertà, raggiunto un certo livello di sviluppo la natalità comincia a diminuire tanto che oggi, anno 2021, sono già 16 / 17 anni che in media mondiale in numero di nuovi nati anno dopo anno si è stabilizzato, cioè non aumenta più.
Oggi l’ostilità verso la società moderna ha fatto sorgere dei movimenti ambientalisti che strumentalizzano i sentimenti pro ambiente della gente per imporre delle politiche punitive per l’economia e la società civile. Movimenti che non sono interessati a risolvere i problemi, ma che anzi hanno combattuto o bloccato proprio le tecnologie più utili sviluppate in questi anni. E col pretesto della lotta contro il riscaldamento globale sono riusciti ad imporre ai governi dei paesi occidentali e alle istituzioni internazionali la politica costosissima e inefficace, delle energie “alternative”.
Quella delle pale eoliche è una politica assurda, perché l’energia deve essere prodotta in una forma sicura e affidabile e non in maniera alternativa, casuale e imprevedibile. E questa è anche una politica di cui non c’è nemmeno bisogno, perché nei prossimi anni le emissioni di anidride carbonica sono destinate a crollare. Quando Cina e India impareranno a sfruttare i propri giacimenti di shale gas e sostituiranno le loro centrali a carbone con quelle a turbogas, le loro emissioni di CO2 diminuiranno dell’80 / 90%. Inoltre nei prossimi 10 / 15 anni le auto elettriche faranno diminuire i consumi di petrolio dell’80%. In tutto il mondo. L’unico risultato ottenuto finora è stato l’aumento del costo dell’energia, cosa che danneggia l’economia, ma che permette alle multinazionali del settore di continuare a guadagnare (vedi l’articolo LE PALE EOLICHE SONO NATURALI?).
Marx vedeva una contrapposizione di interessi tra la borghesia economica e i lavoratori, ma per creare il suo “governo del popolo” ha scelto una soluzione che si è dimostrata molto peggiore del male. E oggi i suoi seguaci hanno stabilito un’alleanza di fatto con i grossi gruppi economici, che è l’esatto contrario della democrazia. Infine questa politica energetica alternativa è stata fatta propria dai governi dei paesi occidentali e dalle istituzioni internazionali!
In Italia la guerra alle soluzioni migliori che abbiamo per imporre l’assurdità delle pale eoliche ha causato una crisi economica devastante che dura dal 2008; una crisi che ha peggiorato la vita di tutti e raddoppiato la disoccupazione. I paesi emergenti, invece, che non sono stati contagiati da questa follia, stanno crescendo in fretta e sono loro adesso a portare avanti il testimone della democrazia. Anche quando, come la Cina, non hanno una democrazia elettiva. Ma comunque di democrazia si tratta perché le condizioni ci sono tutte: un sistema economico che moltiplica la ricchezza, un popolo di lavoratori – consumatori e un sistema politico che la ridistribuisce. La “Repubblica Popolare Cinese” fa davvero gli interessi dei propri cittadini ai quali garantisce anche uno spazio di libertà personale non molto diverso dal nostro, anche se con delle limitazioni che noi non abbiamo. Però oggi, come sta avvenendo anche in Russia o in Turchia, il sistema sta subendo una deriva verso un presidenzialismo forte.
A questi paesi bisogna prima di tutto riconoscere i grandi risultati che hanno raggiunto con la forte crescita degli ultimi decenni per avere adottato il modello di economia e di società moderna. E questo proprio mentre le “grandi democrazie” assumevano delle politiche punitive per l’economia e si indebolivano. Inoltre bisogna riconoscere che i loro governi godono del consenso della maggioranza dei votanti o dell’opinione pubblica.
Le democrazie occidentali possono costituire un esempio per gli altri paesi e spingerli a diventare più liberi e democratici, solo se si rafforzano e dimostrano di essere migliori. Del resto a suo tempo la Cina e la Russia hanno abbandonato il modello sovietico perché era perdente e hanno adottato l’economia moderna perché si era dimostrata vincente. E questo è un altro buon motivo per abbandonare certe presunte soluzioni alternative e fallimentari in settori strategici come quello dell’energia. E anche per promuovere lo sviluppo in casa propria e negli altri paesi a partire da quelli più poveri, invece di fare l’esatto contrario.
Anche la politica per l’Afghanistan non sta certo aiutando la democrazia. Nonostante gli enormi costi economici e umani sostenuti finora, alla fine l’unico risultato sarà stato il rafforzamento in tutto il mondo del fondamentalismo islamico, anch’esso nemico assoluto della società moderna e della democrazia. Prima la pretesa assurda che i problemi di un Paese si possano risolvere “solo” con la forza militare. Poi l’improvviso abbandono di amici e alleati e il rafforzamento di un integralismo che è la negazione del razionalismo e dei valori dell’umanesimo.
Oggi è diventato di nuovo importante parlare di democrazia. Come la storia dimostra, per il buon funzionamento di una democrazia non servono solo delle istituzioni che permettano al popolo di orientare a proprio favore le decisioni politiche (ma in Italia dopo 75 anni gli elettori non possono ancora scegliere chi li deve governare!). E’ necessario anche un sistema economico capace di creare nuova ricchezza perché, più un paese è prospero, più è facile che sia democratico. Viceversa le crisi economiche aumentano le tensioni nella società e creano delle difficoltà alle istituzioni democratiche.
I nemici della società moderna lo sanno bene e per questo da sempre lavorano per fare il massimo danno all’economia, con qualsiasi pretesto. Per esempio non hanno mancato di mettere sotto accusa il “consumismo”, che invece rende ancora più importante il ruolo del popolo e quindi di fatto irrobustisce la democrazia. Per di più questa è anche un’accusa priva di giustificazioni ambientali, perché oggi l’economia dei paesi più sviluppati è costituita per tre quarti da servizi, cioè da beni immateriali. La conclusione è che per rafforzare la democrazia bisogna rendere l’economia più prospera, e oggi la partita più importante si gioca tra chi è favorevole e chi è contrario alla politica energetica insensata di questi anni.




Questo articolo sulla democrazia, così come tutto il sito di Ecofantascienza, è dedicato ai giovani. Perché non debbano impiegarci una vita, come ha dovuto fare chi scrive, per capire come va il mondo. Per loro sarà sufficiente leggere qualche pagina.