GOVERNARE L'ECONOMIA SCAVALCANDO IL MERCATO
Il corretto funzionamento del mercato.
Per molti anni in Italia l’attività di governo è stata esercitata attraverso forzature o distorsioni del mercato, prima di tutto per imporre delle soluzioni “alternative” nel settore strategico dell’energia, che non funzionano o che funzionano molto peggio e che sono anche molto costose.
L’economia di mercato è uno dei pilastri su cui si basa la società moderna, che a sua volta è l’unico modello sostenibile sul piano sociale mai comparso nella storia umana. Basti dire che negli ultimi due secoli essa ha migliorato a tal punto la qualità della vita che in media mondiale la sua lunghezza è triplicata.
All'inizio dell'Ottocento l'economista David Ricardo, con la sua teoria dei vantaggi comparati, ha dimostrato che se ogni paese si specializza a produrre i beni per i quali ha un vantaggio competitivo, cioè che riesce a fare meglio e a costi più bassi, e poi li scambia sul mercato, i vantaggio per tutti sono massimizzati. Vogliamo sconfiggere la povertà e rendere la società più prospera? Adam Smith e David Ricardo ci spiegano come farlo.
È per questo che i dazi dovrebbero essere ridotti al minimo, allo scopo di facilitare gli scambi commerciali che fanno crescere l’economia. Tutto quello che, come i dazi, ci allontana dal funzionamento ottimale del mercato, diminuisce i vantaggi e causa dei danni all’economia. Ed è un paradosso della Storia che oggi ad alzarli sia il Governo americano!
Inoltre per assicurare il corretto funzionamento del mercato è necessario contrastare le speculazioni e i monopoli. E c’è un criterio semplice per capire se un’economia è sana: un mercato che funziona bene crea valore per la società, non solo economico, mentre le speculazioni lo distruggono.
Per questo, come la società di cui fa parte, anche l’economia ha bisogno di regole. L’idea che il mercato sia una jungla senza regole in cui prevale la legge del più forte è sbagliata, nel senso che, se lo fosse, vorrebbe dire che il mercato è stato soffocato. Ma ci sono anche delle situazioni in cui è opportuno che le leggi del mercato vengano scavalcate.
Un esempio sono l’istruzione e la sanità pubbliche e gratuite, che un paese civile dovrebbe garantire a tutti, anche a chi non se le può permettere.
Questo però significa creare dei monopoli pubblici in questi settori, e anche qui l’assenza di concorrenza potrebbe trasformarsi in una rendita di posizione, con prestazioni più basse e costi più alti. Pertanto la statalizzazione dell’istruzione e della sanità, necessaria per dare a tutti le stesse opportunità, richiede una maggiore vigilanza affinché la qualità non peggiori e i costi non aumentino.
Ma a volte è opportuno forzare il mercato per sostenere delle tecnologie promettenti allo scopo di facilitarne la diffusione. In questi casi un aiuto da parte dello Stato potrebbe essere giustificato.
Al di fuori di queste situazioni le forzature e le distorsioni del mercato dovrebbero essere evitate, perché esse alterano arbitrariamente il rapporto costi benefici e addossano dei costi inutili all’economia. È giusto forzare il mercato solo quando ci sono dei benefici evidenti.
Purtroppo sono molti quelli che, partendo dal presupposto marxista che il mercato sia la causa delle ingiustizie sociali, lavorano proprio per intralciarne il funzionamento. Ma il risultato che ottengono è sempre l’opposto di quello che essi stessi vorrebbero.
Leggi anti mercato dannose per la società.
Negli anni Settanta venne introdotta la legge 392/78 detta “dell’equo canone” che costringeva gli affittuari ad applicare canoni di affitto molto più bassi di quelli del mercato. Lo scopo demagogico dichiarato era di abbassare i costi sostenuti dagli inquilini.
Ma il risultato ottenuto è stato ben diverso perché chi aveva un appartamento disponibile, piuttosto che affittarlo ad un prezzo che non copriva nemmeno i costi della manutenzione o degli eventuali danni causati dagli inquilini, lo lasciava sfitto o al più lo affittava ad un parente.
Questa legge ha contribuito alla proliferazione dei contratti “in nero” e ha paralizzato il mercato delle abitazioni. Un’altra conseguenza negativa è stata che, dato che non si trovavano più appartamenti da prendere in affitto, chi poteva cercava di comprarne uno, con il risultato di far salire alle stelle i prezzi delle poche case in vendita. La legge dell’equo canone è stata modificata nel 1992 e abrogata nel 1998.
In pratica per molti anni, e finché non è stata modificata, era diventato impossibile affittare o comprare un appartamento, e quindi soddisfare il bisogno fondamentale di avere un tetto sopra la testa. Sono stati danneggiati specialmente i giovani che volevano mettere su famiglia e quelli che dovevano spostarsi per lavoro in un’altra città, perché era impossibile trovare casa.
Per molte persone questo è stato un danno enorme che ha inciso profondamente sulla loro vita: a dispetto del nome, quella dell’equo canone è stata una delle leggi più ingiuste che siano mai state scritte!
Anche la “minimum tax” è stata una legge demagogica che ha causato molti danni. Venne introdotta col decreto legislativo n. 384 del 1992 ed è stata abrogata dalla Legge n. 427/93. Anche questa volta i danni non erano generalizzati perché hanno colpito solo alcune particolari categorie di persone, sempre appartenenti però alle classi sociali più deboli.
Questa legge aveva lo scopo di combattere le evasioni fiscali e si basava sul presupposto che un imprenditore o un libero professionista non poteva avere un reddito inferiore a quello che avrebbe potuto ottenere lavorando come dipendente nello stesso settore.
Ma essa non teneva conto del fatto che molte attività di lavoro autonomo non dovevano procurare il reddito principale della famiglia ma solo arrotondarne le entrate. Oppure non tenevano conto del fatto che, pur essendo inferiore al limite di legge, era considerato accettabile in località periferiche dove il costo della vita era più basso. Ma poteva anche capitare che ci fossero delle attività che, per qualsiasi ragione, andavano male o che erano addirittura in perdita.
La minimum tax ha suscitato subito una grande opposizione e, anche se è difficile fare delle stime, nel poco tempo in cui è rimasta in vigore ha fatto chiudere molte centinaia di migliaia di Partite IVA. E questi non erano evasori fiscali!
Anche qui il danno è stato enorme, perché adesso molte famiglie non potevano più contare su quel reddito, piccolo sì ma per loro importante. Infine al danno si è aggiunta la beffa, perché chi aveva dei redditi più alti o anche molto più alti, una volta pagata la minimum pax poteva più facilmente evadere le tasse sui guadagni eccedenti.
Il modo corretto di combattere le evasioni fiscali è rendere più efficiente il lavoro degli uffici delle tasse; cosa che dopo di allora è stata fatta con l’introduzione degli scontrini e l’intensificazione dei controlli fiscali.
Ma adesso ci risiamo. In questo momento l’opposizione di sinistra sta chiedendo con insistenza “il salario minimo garantito”. Lo scopo è sempre quello di combattere il mercato, che il marxismo considera la causa delle ingiustizie sociali, per sostituirlo con soluzioni “alternative” di tipo sovietico.
Proponendo il salario minimo, la sinistra marxista conta anche di ottenere il consenso di chi, comprensibilmente, vorrebbe guadagnare di più. Ma l’importo dei salari o degli stipendi non può essere imposto per legge, perché può essere determinato solo dal mercato. Questo perché il costo della vita può variare molto da una località all’altra, cosa di cui le leggi italiane non hanno mai voluto tenere conto, ma anche perché, se imponiamo alle aziende di pagare delle retribuzioni più alte di quelle che possono permettersi, le costringiamo a chiudere. E allora il risultato non sarebbero degli stipendi più alti, ma degli stipendi che non possono più essere pagati, cioè tanti posti di lavoro perduti. E il rimedio costituito da sovvenzioni pubbliche alle aziende in crisi sarebbe ancora peggiore del male, perché introdurrebbe una completa sovietizzazione dell’economia.
A quanto pare molti ancora non si rendono ancora conto che l’Unione sovietica è fallita ed è collassata su se stessa più di 35 anni fa, a dimostrazione che l’economia di Stato non funziona.
Quello che bisogna fare, invece, è creare un contesto favorevole alla prosperità dell’economia, come diminuire il costo dell’energia e il livello delle tasse (invece di fare il contrario). Poi bisogna aiutare i lavoratori che hanno perso il lavoro a trovarne un altro. Infine bisogna aiutare le aziende ad innovarsi e ad aumentare la produttività, che è l’unica condizione per aumentare le retribuzioni reali dei lavori dipendenti.
La follia delle energie alternative.
Infine le stesse forze politiche che combattono il mercato hanno imposto con la forza (della legge) le cosiddette “energie alternative”, che però non sono in grado di sostituire né le centrali elettriche né i combustibili fossili.
Invece di usare le leve dell’economia per promuovere le soluzioni migliori che abbiamo, hanno fatto il contrario. Hanno criminalizzato e impedito tutte le soluzioni migliori che abbiamo per imporre la follia delle “energie alternative”, costosissime, che funzionano molto peggio e che hanno anche un grande impatto ambientale.
Una campagna di disinformazione di dimensioni industriali ha creato il pretesto ambientale: la lotta contro il cambiamento climatico. Un falso pretesto, perché l’anidride carbonica non può essere la causa del riscaldamento globale. Infatti nei secoli, nei millenni e nei milioni di anni passati non c’è mai alcuna relazione tra il tasso di anidride carbonica e la temperatura globale. La causa più importante che determina il clima è invece il sole, come è confermato anche dai dati storici (vedi l’articolo Reimpostare la discussione sul clima).
Queste finte soluzioni vengono sostenute da incentivi di ogni tipo a dimostrazione che non sono convenienti. Lo Stato ha anche costretto le società elettriche a comprare l’energia eolica e fotovoltaica anche se non sanno cosa farsene, e queste si rifanno aumentando le bollette elettriche delle famiglie che ogni anno pagano per questo circa 15miliardi di Euro in più.
E sono proprio gli incentivi pubblici e questi miliardi pagati in più che dimostrano che la maggior parte dell’energia prodotta da queste centrali elettriche “alternative”, oltre che costosa, è quasi del tutto inutilizzabile.
Perché allora costringere le famiglie a pagare per dell’energia che nessuno consuma? Perché altrimenti tutto il castello di carte delle energie alternative crollerebbe!
Con questa politica assurda abbiamo anche deturpato il paesaggio di intere regioni con migliaia di altissimi pali di cemento visibili da decine di chilometri di distanza.
Come se non bastasse dei governi che avrebbero dovuto perseguire l’interesse nazionale hanno bloccato per ben due volte gli impianti per l’estrazione del gas sul suolo nazionale per costringerci a comprare il gas russo. Tanto che, nel momento in cui iniziava la guerra contro l’Ucraina, ci siamo accorti che eravamo proprio noi a finanziarla!
L’imposizione delle energie alternative attraverso delle pesanti forzature del mercato è equiparabile ad una grossa speculazione. Una speculazione che danneggia l’ambiente e l’interesse nazionale, ma voluta e imposta proprio dallo Stato!
Bisognerebbe invece eliminare questi incentivi, sia per alleggerire l’onere a carico dello Stato, dei contribuenti e delle famiglie, sia perché si possa capire quali sono i vantaggi in relazione ai costi. Perché se le energie alternative fossero convenienti, si diffonderebbero da sole senza bisogno di incentivi.
Adesso però in Italia c’è un governo di destra. Ci si sarebbe aspettati un cambiamento di questa politica energetica “di sinistra”. Invece il nuovo governo, dopo avere fatto installare (finalmente!) alcuni rigassificatori che ci hanno reso indipendenti dal gas russo, sta continuando la stessa politica delle “energie alternative”. Cioè non ha avuto il coraggio di eliminare gli incentivi.
Del resto, dopo decine di anni di disinformazione mai contrastata, l’opinione pubblica è convinta che eolico e fotovoltaico possano davvero risolvere il problema dell’energia. E a questo punto è difficile per chiunque abbandonare questa politica energetica autolesionista. Prima la gente dovrebbe essere meglio informata …
La guerra contro la società capitalista.
La lezione di David Ricardo è più che mai valida ancora oggi. Scavalcare il mercato, non per sostenere delle tecnologie vantaggiose per l’economia e per l’ambiente, ma delle finte soluzioni studiate apposta per fare il massimo danno all’economia, è l’errore più grande che si possa fare.
All’origine c’è sempre l’’ideologia marxista, a cui si ispirano le forze politiche della sinistra. Nella prima metà del dopoguerra l’Italia aveva il più grosso partito comunista del mondo libero. Un partito che aveva come modello l’oppressivo regime sovietico, dal quale riceveva cospicui finanziamenti per la sue campagne di propaganda.
Poi il sistema sovietico è crollato. Però, paradossalmente, dopo la fine del comunismo in Russia è diventato ancora più facile diffondere, non solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale, delle idee originate dal marxismo ma che non sono più legate a dei regimi dittatoriali. Idee che sono state fatte proprie anche da molte persone che non si considerano marxiste. E oggi, per combattere l’economia “capitalista”, sono stati strumentalizzati i temi ambientali.
Però non è stato colpito solo il mercato, ma ciascuno dei tre i pilastri su cui si fonda la società moderna (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà).
Si è già detto dell’economia di mercato. Per quanto riguarda la libertà e le libere elezioni, è difficile convincere gli italiani a rinunciarvi. Meglio svuotarle di contenuto. Di fatto la sinistra italiana ha sempre impedito una riforma costituzionale che desse ai votanti il potere di eleggere direttamente i governi nazionali. Con il risultato che dopo quasi 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale gli elettori italiani non possono ancora scegliere chi li deve governare. Gli elettori votano per i partiti, e sono i partiti che decidono i governi. Per questo a volte si parla di regime partitico.
Per rendere la politica più democratica e trasparente è necessario invece che siano i votanti ad eleggere direttamente i governi nazionali, come già succede per i sindaci.
Infine, per quanto riguarda l’innovazione scientifica e tecnologica, i governi di sinistra e gli ambientalisti ideologizzati hanno ostacolato o impedito tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, a partire da quello strategico dell’energia.
In particolare hanno criminalizzato e ci hanno impedito di usare per usi pacifici l’energia nucleare, nonostante che questa sia la fonte di energia più pulita e sicura che esista, e anche una delle più economiche (vedi l’articolo: “Energia nucleare pulita e sicura”).
L’Italia avrebbe potuto essere uno dei paesi più prosperi e sviluppati del mondo. Invece questa guerra senza quartiere contro l’economia “capitalista” ha fatto danni tali da trasformarci in un paese di serie B, e il danno maggiore lo hanno patito proprio le classi sociali più deboli.
Per molti anni in Italia l’attività di governo è stata esercitata attraverso forzature o distorsioni del mercato, prima di tutto per imporre delle soluzioni “alternative” nel settore strategico dell’energia, che non funzionano o che funzionano molto peggio e che sono anche molto costose.
L’economia di mercato è uno dei pilastri su cui si basa la società moderna, che a sua volta è l’unico modello sostenibile sul piano sociale mai comparso nella storia umana. Basti dire che negli ultimi due secoli essa ha migliorato a tal punto la qualità della vita che in media mondiale la sua lunghezza è triplicata.
All'inizio dell'Ottocento l'economista David Ricardo, con la sua teoria dei vantaggi comparati, ha dimostrato che se ogni paese si specializza a produrre i beni per i quali ha un vantaggio competitivo, cioè che riesce a fare meglio e a costi più bassi, e poi li scambia sul mercato, i vantaggio per tutti sono massimizzati. Vogliamo sconfiggere la povertà e rendere la società più prospera? Adam Smith e David Ricardo ci spiegano come farlo.
È per questo che i dazi dovrebbero essere ridotti al minimo, allo scopo di facilitare gli scambi commerciali che fanno crescere l’economia. Tutto quello che, come i dazi, ci allontana dal funzionamento ottimale del mercato, diminuisce i vantaggi e causa dei danni all’economia. Ed è un paradosso della Storia che oggi ad alzarli sia il Governo americano!
Inoltre per assicurare il corretto funzionamento del mercato è necessario contrastare le speculazioni e i monopoli. E c’è un criterio semplice per capire se un’economia è sana: un mercato che funziona bene crea valore per la società, non solo economico, mentre le speculazioni lo distruggono.
Per questo, come la società di cui fa parte, anche l’economia ha bisogno di regole. L’idea che il mercato sia una jungla senza regole in cui prevale la legge del più forte è sbagliata, nel senso che, se lo fosse, vorrebbe dire che il mercato è stato soffocato. Ma ci sono anche delle situazioni in cui è opportuno che le leggi del mercato vengano scavalcate.
Un esempio sono l’istruzione e la sanità pubbliche e gratuite, che un paese civile dovrebbe garantire a tutti, anche a chi non se le può permettere.
Questo però significa creare dei monopoli pubblici in questi settori, e anche qui l’assenza di concorrenza potrebbe trasformarsi in una rendita di posizione, con prestazioni più basse e costi più alti. Pertanto la statalizzazione dell’istruzione e della sanità, necessaria per dare a tutti le stesse opportunità, richiede una maggiore vigilanza affinché la qualità non peggiori e i costi non aumentino.
Ma a volte è opportuno forzare il mercato per sostenere delle tecnologie promettenti allo scopo di facilitarne la diffusione. In questi casi un aiuto da parte dello Stato potrebbe essere giustificato.
Al di fuori di queste situazioni le forzature e le distorsioni del mercato dovrebbero essere evitate, perché esse alterano arbitrariamente il rapporto costi benefici e addossano dei costi inutili all’economia. È giusto forzare il mercato solo quando ci sono dei benefici evidenti.
Purtroppo sono molti quelli che, partendo dal presupposto marxista che il mercato sia la causa delle ingiustizie sociali, lavorano proprio per intralciarne il funzionamento. Ma il risultato che ottengono è sempre l’opposto di quello che essi stessi vorrebbero.
Leggi anti mercato dannose per la società.
Negli anni Settanta venne introdotta la legge 392/78 detta “dell’equo canone” che costringeva gli affittuari ad applicare canoni di affitto molto più bassi di quelli del mercato. Lo scopo demagogico dichiarato era di abbassare i costi sostenuti dagli inquilini.
Ma il risultato ottenuto è stato ben diverso perché chi aveva un appartamento disponibile, piuttosto che affittarlo ad un prezzo che non copriva nemmeno i costi della manutenzione o degli eventuali danni causati dagli inquilini, lo lasciava sfitto o al più lo affittava ad un parente.
Questa legge ha contribuito alla proliferazione dei contratti “in nero” e ha paralizzato il mercato delle abitazioni. Un’altra conseguenza negativa è stata che, dato che non si trovavano più appartamenti da prendere in affitto, chi poteva cercava di comprarne uno, con il risultato di far salire alle stelle i prezzi delle poche case in vendita. La legge dell’equo canone è stata modificata nel 1992 e abrogata nel 1998.
In pratica per molti anni, e finché non è stata modificata, era diventato impossibile affittare o comprare un appartamento, e quindi soddisfare il bisogno fondamentale di avere un tetto sopra la testa. Sono stati danneggiati specialmente i giovani che volevano mettere su famiglia e quelli che dovevano spostarsi per lavoro in un’altra città, perché era impossibile trovare casa.
Per molte persone questo è stato un danno enorme che ha inciso profondamente sulla loro vita: a dispetto del nome, quella dell’equo canone è stata una delle leggi più ingiuste che siano mai state scritte!
Anche la “minimum tax” è stata una legge demagogica che ha causato molti danni. Venne introdotta col decreto legislativo n. 384 del 1992 ed è stata abrogata dalla Legge n. 427/93. Anche questa volta i danni non erano generalizzati perché hanno colpito solo alcune particolari categorie di persone, sempre appartenenti però alle classi sociali più deboli.
Questa legge aveva lo scopo di combattere le evasioni fiscali e si basava sul presupposto che un imprenditore o un libero professionista non poteva avere un reddito inferiore a quello che avrebbe potuto ottenere lavorando come dipendente nello stesso settore.
Ma essa non teneva conto del fatto che molte attività di lavoro autonomo non dovevano procurare il reddito principale della famiglia ma solo arrotondarne le entrate. Oppure non tenevano conto del fatto che, pur essendo inferiore al limite di legge, era considerato accettabile in località periferiche dove il costo della vita era più basso. Ma poteva anche capitare che ci fossero delle attività che, per qualsiasi ragione, andavano male o che erano addirittura in perdita.
La minimum tax ha suscitato subito una grande opposizione e, anche se è difficile fare delle stime, nel poco tempo in cui è rimasta in vigore ha fatto chiudere molte centinaia di migliaia di Partite IVA. E questi non erano evasori fiscali!
Anche qui il danno è stato enorme, perché adesso molte famiglie non potevano più contare su quel reddito, piccolo sì ma per loro importante. Infine al danno si è aggiunta la beffa, perché chi aveva dei redditi più alti o anche molto più alti, una volta pagata la minimum pax poteva più facilmente evadere le tasse sui guadagni eccedenti.
Il modo corretto di combattere le evasioni fiscali è rendere più efficiente il lavoro degli uffici delle tasse; cosa che dopo di allora è stata fatta con l’introduzione degli scontrini e l’intensificazione dei controlli fiscali.
Ma adesso ci risiamo. In questo momento l’opposizione di sinistra sta chiedendo con insistenza “il salario minimo garantito”. Lo scopo è sempre quello di combattere il mercato, che il marxismo considera la causa delle ingiustizie sociali, per sostituirlo con soluzioni “alternative” di tipo sovietico.
Proponendo il salario minimo, la sinistra marxista conta anche di ottenere il consenso di chi, comprensibilmente, vorrebbe guadagnare di più. Ma l’importo dei salari o degli stipendi non può essere imposto per legge, perché può essere determinato solo dal mercato. Questo perché il costo della vita può variare molto da una località all’altra, cosa di cui le leggi italiane non hanno mai voluto tenere conto, ma anche perché, se imponiamo alle aziende di pagare delle retribuzioni più alte di quelle che possono permettersi, le costringiamo a chiudere. E allora il risultato non sarebbero degli stipendi più alti, ma degli stipendi che non possono più essere pagati, cioè tanti posti di lavoro perduti. E il rimedio costituito da sovvenzioni pubbliche alle aziende in crisi sarebbe ancora peggiore del male, perché introdurrebbe una completa sovietizzazione dell’economia.
A quanto pare molti ancora non si rendono ancora conto che l’Unione sovietica è fallita ed è collassata su se stessa più di 35 anni fa, a dimostrazione che l’economia di Stato non funziona.
Quello che bisogna fare, invece, è creare un contesto favorevole alla prosperità dell’economia, come diminuire il costo dell’energia e il livello delle tasse (invece di fare il contrario). Poi bisogna aiutare i lavoratori che hanno perso il lavoro a trovarne un altro. Infine bisogna aiutare le aziende ad innovarsi e ad aumentare la produttività, che è l’unica condizione per aumentare le retribuzioni reali dei lavori dipendenti.
La follia delle energie alternative.
Infine le stesse forze politiche che combattono il mercato hanno imposto con la forza (della legge) le cosiddette “energie alternative”, che però non sono in grado di sostituire né le centrali elettriche né i combustibili fossili.
Invece di usare le leve dell’economia per promuovere le soluzioni migliori che abbiamo, hanno fatto il contrario. Hanno criminalizzato e impedito tutte le soluzioni migliori che abbiamo per imporre la follia delle “energie alternative”, costosissime, che funzionano molto peggio e che hanno anche un grande impatto ambientale.
Una campagna di disinformazione di dimensioni industriali ha creato il pretesto ambientale: la lotta contro il cambiamento climatico. Un falso pretesto, perché l’anidride carbonica non può essere la causa del riscaldamento globale. Infatti nei secoli, nei millenni e nei milioni di anni passati non c’è mai alcuna relazione tra il tasso di anidride carbonica e la temperatura globale. La causa più importante che determina il clima è invece il sole, come è confermato anche dai dati storici (vedi l’articolo Reimpostare la discussione sul clima).
Queste finte soluzioni vengono sostenute da incentivi di ogni tipo a dimostrazione che non sono convenienti. Lo Stato ha anche costretto le società elettriche a comprare l’energia eolica e fotovoltaica anche se non sanno cosa farsene, e queste si rifanno aumentando le bollette elettriche delle famiglie che ogni anno pagano per questo circa 15miliardi di Euro in più.
E sono proprio gli incentivi pubblici e questi miliardi pagati in più che dimostrano che la maggior parte dell’energia prodotta da queste centrali elettriche “alternative”, oltre che costosa, è quasi del tutto inutilizzabile.
Perché allora costringere le famiglie a pagare per dell’energia che nessuno consuma? Perché altrimenti tutto il castello di carte delle energie alternative crollerebbe!
Con questa politica assurda abbiamo anche deturpato il paesaggio di intere regioni con migliaia di altissimi pali di cemento visibili da decine di chilometri di distanza.
Come se non bastasse dei governi che avrebbero dovuto perseguire l’interesse nazionale hanno bloccato per ben due volte gli impianti per l’estrazione del gas sul suolo nazionale per costringerci a comprare il gas russo. Tanto che, nel momento in cui iniziava la guerra contro l’Ucraina, ci siamo accorti che eravamo proprio noi a finanziarla!
L’imposizione delle energie alternative attraverso delle pesanti forzature del mercato è equiparabile ad una grossa speculazione. Una speculazione che danneggia l’ambiente e l’interesse nazionale, ma voluta e imposta proprio dallo Stato!
Bisognerebbe invece eliminare questi incentivi, sia per alleggerire l’onere a carico dello Stato, dei contribuenti e delle famiglie, sia perché si possa capire quali sono i vantaggi in relazione ai costi. Perché se le energie alternative fossero convenienti, si diffonderebbero da sole senza bisogno di incentivi.
Adesso però in Italia c’è un governo di destra. Ci si sarebbe aspettati un cambiamento di questa politica energetica “di sinistra”. Invece il nuovo governo, dopo avere fatto installare (finalmente!) alcuni rigassificatori che ci hanno reso indipendenti dal gas russo, sta continuando la stessa politica delle “energie alternative”. Cioè non ha avuto il coraggio di eliminare gli incentivi.
Del resto, dopo decine di anni di disinformazione mai contrastata, l’opinione pubblica è convinta che eolico e fotovoltaico possano davvero risolvere il problema dell’energia. E a questo punto è difficile per chiunque abbandonare questa politica energetica autolesionista. Prima la gente dovrebbe essere meglio informata …
La guerra contro la società capitalista.
La lezione di David Ricardo è più che mai valida ancora oggi. Scavalcare il mercato, non per sostenere delle tecnologie vantaggiose per l’economia e per l’ambiente, ma delle finte soluzioni studiate apposta per fare il massimo danno all’economia, è l’errore più grande che si possa fare.
All’origine c’è sempre l’’ideologia marxista, a cui si ispirano le forze politiche della sinistra. Nella prima metà del dopoguerra l’Italia aveva il più grosso partito comunista del mondo libero. Un partito che aveva come modello l’oppressivo regime sovietico, dal quale riceveva cospicui finanziamenti per la sue campagne di propaganda.
Poi il sistema sovietico è crollato. Però, paradossalmente, dopo la fine del comunismo in Russia è diventato ancora più facile diffondere, non solo in Italia ma in tutto il mondo occidentale, delle idee originate dal marxismo ma che non sono più legate a dei regimi dittatoriali. Idee che sono state fatte proprie anche da molte persone che non si considerano marxiste. E oggi, per combattere l’economia “capitalista”, sono stati strumentalizzati i temi ambientali.
Però non è stato colpito solo il mercato, ma ciascuno dei tre i pilastri su cui si fonda la società moderna (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà).
Si è già detto dell’economia di mercato. Per quanto riguarda la libertà e le libere elezioni, è difficile convincere gli italiani a rinunciarvi. Meglio svuotarle di contenuto. Di fatto la sinistra italiana ha sempre impedito una riforma costituzionale che desse ai votanti il potere di eleggere direttamente i governi nazionali. Con il risultato che dopo quasi 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale gli elettori italiani non possono ancora scegliere chi li deve governare. Gli elettori votano per i partiti, e sono i partiti che decidono i governi. Per questo a volte si parla di regime partitico.
Per rendere la politica più democratica e trasparente è necessario invece che siano i votanti ad eleggere direttamente i governi nazionali, come già succede per i sindaci.
Infine, per quanto riguarda l’innovazione scientifica e tecnologica, i governi di sinistra e gli ambientalisti ideologizzati hanno ostacolato o impedito tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, a partire da quello strategico dell’energia.
In particolare hanno criminalizzato e ci hanno impedito di usare per usi pacifici l’energia nucleare, nonostante che questa sia la fonte di energia più pulita e sicura che esista, e anche una delle più economiche (vedi l’articolo: “Energia nucleare pulita e sicura”).
L’Italia avrebbe potuto essere uno dei paesi più prosperi e sviluppati del mondo. Invece questa guerra senza quartiere contro l’economia “capitalista” ha fatto danni tali da trasformarci in un paese di serie B, e il danno maggiore lo hanno patito proprio le classi sociali più deboli.