DESTRA E SINISTRA?
L’errore storico del marxismo.
Al centro del tema ambiente e sviluppo c’è il nostro giudizio sulla società moderna, che non è la causa dei problemi sociali come pretende il marxismo, ma al contrario l’unico rimedio.
Marx non ha capito la crescita economica moderna e il lavoro di economisti come Adam Smith e David Ricardo, i quali hanno dimostrato i vantaggi della specializzazione produttiva e del commercio.
Marx afferma, senza però dimostrare nulla, che c’è una contrapposizione di interessi tra i “capitalisti” che li sfruttano e i lavoratori che vengono sfruttati, e accusa la società moderna - capitalista di essere la causa delle ingiustizie sociali.
In realtà i capitalisti, che sarebbe meglio chiamare imprenditori, svolgono un ruolo fondamentale per l’economia e per la creazione dei posti di lavoro, perché sono pochi quelli che riescono ad inventarsi dei beni e dei servizi e ad organizzarne la produzione e la vendita in un mercato competitivo (cosa che non riesce a fare uno stato sovietico).
E non è nemmeno vero che c’è un radicale contrasto di interessi tra imprenditori e lavoratori come in natura tra predatori e prede, sia perché in una società deve prevalere la collaborazione sia perché ci deve sempre essere equilibrio tra la produttività e quello che l’imprenditore spende per il lavoro e gli altri strumenti della produzione. Un imprenditore non può pagare né molto di più né molto di meno per i vari fattori della produzione rispetto alla produttività, che siano macchinari o forza lavoro, perché in ambedue i casi andrebbe fuori mercato e sarebbe costretto a chiudere.
Una volta per mietere il grano c’erano delle file di operai con un falcetto in mano. Oggi un solo operatore di una mietitrebbiatrice sostituisce centinaia di operai agricoli di cento anni fa. È evidente che questi mietitori dotati solo di un falcetto non potevano essere pagati molto, perché il loro lavoro era poco produttivo, a differenza di quello dell’operatore di una grossa macchina. Quindi l’unica condizione per aumentare sia i profitti dell’imprenditore che le retribuzioni (reali) dei lavoratori dipendenti è la produttività. E tutti, imprenditori e dipendenti, hanno interesse ad aumentarla.
Eppure il marxismo, che accusa gli imprenditori di sfruttare i lavoratori, ha avuto una grande fortuna perché anche nella nostra società ci sono i poveri e i ricchi e viene naturale accusare questi ultimi di essere la causa della povertà degli altri. Però gli imprenditori sono diversi dai ricchi di una volta. Infatti essi sono diventati tali grazie al loro lavoro e reinvestono i loro capitali in attività produttive di cui beneficia tutta la società, mentre i nobili dovevano la loro ricchezza alla rendita fondiaria e la spendevano in beni di lusso o per costruire chiese e palazzi.
La storia di Ferrara può insegnarci qualcosa.
Se leggiamo l’Istoria di Ferrara di Girolamo Baruffaldi (1675 – 1753) che copre il periodo che va dall’anno 1655 all’anno 1700, possiamo toccare con mano la differenza tra il mondo antico e quello moderno.
Nel 1598 gli Este se ne erano andati da Ferrara per essere sostituiti dallo Stato della Chiesa e dai legati pontifici. Il potere era nelle mani delle famiglie nobili e dell’alto clero, che erano i soli a possedere la terra, la principale e quasi unica fonte di reddito.
Questa era la situazione anche nell’epoca romana, quando le attività artigianali erano all’ultimo posto della scala sociale. All’inizio del secondo impero Diocleziano creò le corporazioni di arti e mestieri, allo scopo di rendere gli appartenenti a queste categorie solidali nel pagamento delle tasse.
Poi con la fine dell’impero romano crollò l’intera società civile e nei secoli bui del Medioevo la Chiesa e le corporazioni furono le uniche istituzioni che riuscirono a sopravvivere.
Nelle città le corporazioni presero il controllo della politica: è l’epoca dei Comuni che si autodefinivano repubbliche perché le loro istituzioni di governo si ispiravano a quelle della repubblica romana. Nelle campagne vigeva invece il diritto feudale, dato che erano i nobili a possedere la terra.
In Italia ai Comuni subentrarono le Signorie che, come quella degli Este a Ferrara, cercavano di accumulare ricchezza, potere e tesori. Però per lo più esse conservarono le istituzioni amministrative comunali e sostennero le attività economiche cittadine, perché avevano capito che avrebbero potuto ottenere di più dai dazi e dalle tasse.
Con questa politica la città di Ferrara, che controllava le vie di commercio fluviali della Pianura Padana prima del loro sbocco in mare, raggiunse una relativa prosperità e crebbe di dimensioni. Però siamo ancora molto lontani dalla società moderna, perché mancavano le tecnologie di oggi e delle adeguate fonti di energia,
e la grande maggioranza della popolazione rimaneva molto povera.
Gli Este e la stessa città di Ferrara accumularono immensi tesori e collezioni d’arte, anche se alla fine questo patrimonio andò quasi tutto perduto o disperso. E anche i monumenti più importanti nel corso dei secoli sono andati distrutti, quasi tutti, o sono stati gravemente manomessi.
Quando lo Stato della Chiesa sostituì la signoria estense, mantenne le istituzioni cittadine dell’epoca comunale, ma era meno interessato alle attività artigianali e al commercio, che erano considerate di importanza minore rispetto all’agricoltura dalla quale i nobili e il clero traevano le loro rendite. E gli artigiani, come nell’epoca romana, erano di nuovo finiti all’ultimo posto della scala sociale.
Le difficoltà dell’economia erano aggravate dal clima molto rigido. Nella seconda metà del Seicento siamo nel culmine della “piccola glaciazione” e spesso il Po, il Reno e i fiumi della Romagna esondavano perché in inverno faceva molto freddo, nelle montagne si accumulava della neve, che poi tra aprile e giugno si scioglieva e andava ad aggiungersi alle piogge primaverili, come racconta il Baruffaldi a pag. 274 e 425 della sua Istoria.
Per questo motivo lo Stato della Chiesa faceva tutto quello che poteva per rafforzare gli argini dei fiumi, anche se con scarsi risultati, mentre ci vollero moltissimi anni prima che trovasse le risorse per scavare il Po di Volano, il canale che collega il Po al mare passando per Ferrara, che si era interrato e non era più navigabile. L’interruzione della navigazione aveva creato enormi difficoltà all’economia cittadina. Per tutti questi motivi la situazione peggiorò al punto che, come ci racconta il Baruffaldi a pag. 196 dell’Istoria, la popolazione al tempo degli ultimi principi estensi era due terzi più numerosa che alla sua epoca.
La miseria era sotto gli occhi di tutti, ma gli unici rimedi conosciuti erano le processioni e le elemosine. I buoni sentimenti sono sempre importanti, però con le elemosine il volume dell’economia non aumenta e, tenendo conto della crescita demografica, la povertà non può diminuire.
In questo contesto i nobili, che spesso disponevano di grossi capitali, li impiegavano in consumi di lusso, per costruire chiese e palazzi o per organizzare spettacoli teatrali e tornei cavallereschi a volte con macchine sceniche costosissime, allo scopo di aumentare il loro prestigio e ottenere altri privilegi. E questo anche quando la gente moriva di fame o di freddo.
Con la diminuzione dei suoi abitanti anche il centro storico si ridusse di dimensioni, perché le case e i palazzi “dirupati” - perché in stato di abbandono - venivano demoliti forse per non pagarci sopra delle tasse. Infine anche i suoi famosi teatri furono tutti distrutti da incendi.
Questa difficile situazione sociale ed economica, però, non era esclusiva dello Stato della Chiesa, ma riguardava tutto il vecchio sistema di potere – quello che i francesi chiamano ancien regime - costituito dalle monarchie e dalle classi nobili (fa eccezione l’Inghilterra da Enrico VIII in poi, che aveva venduto i beni della Chiesa e creato una nuova classe di proprietari terrieri diversa da quella nobile).
Nella società moderna invece giocano un ruolo fondamentale gli imprenditori, che il marxismo chiama “capitalisti” che però, a differenza dei nobili del passato, reinvestono i loro capitali in attività produttive di cui beneficiano l’economia e la società.
Con la Rivoluzione francese e con il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale la società feudale è stata sostituita da quella moderna. Negli ultimi due secoli essa ha abolito i titoli nobiliari e la schiavitù, non solo in Europa ma in tutto il mondo, e ha innalzato il livello di vita al punto che la sua lunghezza è triplicata. E anche nell’ultimo mezzo secolo tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento.
Il marxismo però ignora, anzi rovescia questi fondamentali dati storici e mette sotto accusa e combatte proprio la società moderna.
La fine dell’Unione sovietica e la crescita degli emergenti.
Il marxismo ha ispirato i regimi di tipo sovietico che hanno abolito l’economia di mercato e privato molti paesi della libertà, impedendone la crescita materiale e civile.
Dopo il crollo dell’Unione sovietica gli ex paesi “satelliti” hanno finalmente cominciato a crescere e oggi stanno raggiungendo gli altri paesi europei, dimostrando che questo regime era una sorta di tappo che impediva loro di sfuggire alla povertà e al sottosviluppo.
Però paradossalmente le idee del marxismo si sono diffuse nei paesi ricchi, nonostante che essi siano diventati tali proprio grazie alla società moderna.
Quando è crollata l’Unione sovietica i partiti comunisti dei paesi occidentali hanno cambiato nome. Però, invece di prendere atto del loro fallimento (è difficile ammettere di avere fatto la cosa sbagliata per tutta la vita), hanno continuato la loro guerra anti storica contro la società “capitalista”.
Mentre la Cina, pur mantenendo il sistema di governo imperniato sul partito comunista, ha adottato la società moderna (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà), i partiti comunisti dei paesi occidentali hanno cambiato nome ma hanno continuato la loro guerra contro la società “capitalista” come si ci fosse ancora l’Unione sovietica.
Come i paesi satelliti anche la Russia aveva cominciato a crescere, ma poi è finita di nuovo sotto lo stivale di una dittatura. Il vecchio apparato burocratico - militare sovietico ha ripreso il sopravvento. Esso non ha più la giustificazione ideologica del marxismo: è la solita dittatura predatoria che, come sempre accade in questi casi, sta impedendo a questo grande paese di crescere sia in termini economici che di sviluppo civile. Infine, per compensare i propri inevitabili fallimenti, essa ha intrapreso una guerra contro l’Ucraina che sta producendo altri gravi danni sia al paese aggressore che a quello aggredito.
I regimi di tipo sovietico hanno fatto gravi danni anche in molte altre parti del mondo. La Cina maoista è rimasta bloccata per decenni su un livello di vita bassissimo. L’India, pur essendo una democrazia, aveva come modello l’economia statalizzata di tipo sovietico che per molto tempo ha rallentato la sua crescita, mentre in Africa e in America latina le dittature marxiste hanno fatto disastri tali da ritardarne lo sviluppo per decine di anni.
Si potrebbe pensare che quando il regime sovietico è collassato su se stesso l’ideologia che l’aveva ispirato sia stata abbandonata. In realtà questo è avvenuto in molti paesi, perché quasi tutto il mondo ha capito cosa doveva fare per sconfiggere la povertà, e da allora lo sta facendo con risultati straordinari.
Infine negli ultimi 20 / 25 anni hanno intrapreso la strada dello sviluppo anche i paesi dell’Africa a sud del Sahara, del Medio oriente e del nord Africa.
Per l’Africa subsahariana l’impulso però non è venuto né dall’Europa né dall’America, intrise di idee anti sviluppo, ma dalla Cina. Secondo il giornalista Federico Rampini, il paese più grande del mondo è andato a cercare in Africa la forza lavoro a basso costo che non trova più a casa propria e ha creato 85 milioni di posti di lavoro che hanno dato una spinta formidabile alla crescita del continente (vedi l’articolo Lo sviluppo dell’Africa).
Ma negli ultimi anni è cambiato qualcosa anche nei paesi del Medio oriente e del nord Africa. Una volta, quando questi paesi guardavano all’Europa, gli venivano in mente le crociate. Ma poi hanno visto l’America e l’Europa porre fine al regime sanguinario di Saddam Hussein e alla pulizia etnica di Milosevic, e liberare l’Iraq e la Bosnia da queste dittature. E questi due paesi, entrambi islamici, da allora sono liberi e autonomi. E poi c’è l’esempio della Turchia, un grande paese islamico che, anche senza il petrolio, è cresciuto al punto che da qualche anno è entrato a far parte del club dei paesi ricchi. Pertanto oggi, quando i paesi del Medio oriente e del nord Africa guardano all’Europa, quello che pensano è che anche loro vogliono raggiungere lo stesso livello di sviluppo e di benessere.
Inoltre essi si sono resi conto che lo stato di Israele non è un regime dispotico che opprime i Palestinesi, ma un paese benestante nel quale tutti i suoi abitanti sono liberi, vivono in pace, possono andare a votare, spesso lavorano nelle stesse aziende, abitano negli stessi condomini ecc. Mentre fino a poco tempo fa in Siria, a pochi chilometri di distanza, c’era il regime sanguinario di Assad (contro il quale la sinistra italiana non ha mai fatto manifestazioni di protesta).
Anzi, è stato proprio l’intervento israeliano a Gaza a suscitare le rivolte che hanno portato al crollo del regime e alla fuga del dittatore siriano, che ha trovato rifugio a Mosca presso un altro dittatore. Subito dopo Israele ne ha approfittato per distruggere – lì non c’erano degli scudi umani ad impedirlo -, l’immenso arsenale di armi e di missili che era stato accumulato sulle alture del Golan, subito al di là del confine, disinnescando così un’altra grande polveriera.
La guerra contro la società moderna.
Da qui il paradosso: mentre le sinistre italiane e di altri paesi europei mobilitavano la piazza per protestare contro l’intervento israeliano a Gaza, nulla del genere è avvenuto nei paesi islamici.
Ormai quasi tutto il mondo ha scelto la strada della crescita e dello sviluppo. Gli unici che lo rifiutano e addirittura lo combattono sono la Russia di Putin, la Corea del Nord e le sinistre marxiste dei paesi occidentali, che stanno continuando la loro guerra contro la società capitalista come se ci fosse ancora l’Unione sovietica. E stanno facendo manifestazioni a favore di Hamas perché evidentemente avevano un legame di ferro con questo regime oppressivo che a freddo ha lanciato migliaia di missili sulle case di Israele e catturato centinaia di ostaggi; poi si è fatto scudo della popolazione civile ed è arrivato al punto di uccidere gli autisti dei camion che trasportavano gli aiuti alimentari. E adesso sono proprio i paesi islamici del Medio oriente a dire che, qualunque sarà soluzione che verrà trovata per Gaza, Hamas dovrà starne fuori.
Purtroppo l’intervento militare a Gaza ha causato molte vittime anche tra i civili. Ma di chi è la colpa? Attribuirla a Israele e trasformare Hamas in un campione della resistenza contro il capitalismo è aberrante.
Però oggi in Europa e nei paesi occidentali le armi principali della guerra contro la società capitalista sono la strumentalizzazione dei temi ambientali e gli allarmi sul clima.
All’inizio l’interesse per l’ambiente era positivo e propositivo. Gli ambientalisti cercavano di capire i problemi ambientali e di trovare delle soluzioni. Ma poi i temi ambientali sono stati strumentalizzati per mettere sotto accusa la società moderna, lo sviluppo e la stessa presenza umana su questo pianeta. Il vero scopo di questo finto ambientalismo non è più quello di tutelare l’ambiente, ma di mettere sotto accusa la società capitalista.
Innanzi tutto, per crearsi un’immagine “green”, questi finti ambientalisti hanno individuato dei problemi minori o addirittura inesistenti, per i quali hanno imposto le loro soluzioni con un tono moraleggiante da sacerdoti dell’ambiente. Dall’altra hanno criminalizzato e impedito tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, sia per lasciarli irrisolti e farne ricadere la colpa sulla società capitalista, sia per imporre delle finte soluzioni, specialmente nel campo strategico dell’energia, studiate apposta per fare il massimo danno all’economia. Inoltre con questo sovvertimento dei valori è diventato ancora più difficile individuare e contrastare le vere speculazioni economiche che danneggiano l’ambiente. Che anzi spesso trovano in questo ambientalismo deviato un potente alleato. Infine per i problemi sociali creati dall’impoverimento dell’economia che loro stessi hanno causato adesso ripropongono il salario minimo garantito, cioè la sovietizzazione dell’economia, dimenticando che il modello di economia sovietico è fallito dovunque nel mondo.
Lo strumento principale di questa politica sono gli allarmi sul clima, che sono diventati il pretesto per imporre la folle politica delle “energie alternative” che negli ultimi vent’anni ha causato danni tali da impoverire il nostro paese di 700 / 800 miliardi, ha distrutto milioni di posti di lavoro, ha aumentato le tasse, abbassato i redditi reali e messo in difficoltà milioni di famiglie.
Ma non c’è solo la politica energetica; c’è anche la criminalizzazione dell’ingegneria genetica per rendere le piante coltivate resistenti ai parassiti, che costringe gli agricoltori a spargere nei campi grandi quantità di pesticidi, che poi diventano il pretesto per mettere sotto accusa l’agricoltura moderna.
C’è persino il tentativo di impedire la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina: una grande opera pubblica che risolverebbe il principale ingorgo di traffico del Bel Paese e rilancerebbe l’immagine e l’economia del Meridione e di tutta l’Italia. Ma proprio perché quest’opera è così importante, qualcuno cerca a tutti i costi di bloccarla. Addirittura la Corte dei conti, che invece non ha mai sanzionato il colossale sperpero di denaro pubblico dell’eolico al Sud e del fotovoltaico nella pianura padana.
(Per esempio a Ferrara - e in molte altre province delle pianura padana - una ventina di anni fa è stato costruito un impianto fotovoltaico costato all’epoca 20 milioni di Euro, che in tutta la sua vita avrebbe prodotto meno energia di quella che è servita per fabbricarlo. Per di più dell’energia prodotta in maniera discontinua e imprevedibile e quindi quasi del tutto inutilizzabile. Bisogna anche tenere conto che questi impianti durano solo 25 anni, che sono fatti con materiali la cui produzione ha un grande impatto ambientale e che sono molto difficili da smaltire. Infine a Ferrara i pannelli solari sono stati preferiti ad un impianto di teleriscaldamento che avrebbe sfruttato il calore di scarto della centrale a turbogas appena costruita e fatto risparmiare la maggior parte del gas naturale che usiamo per il riscaldamento invernale.)
L’Italia è già il paese anti ogm più fondamentalista del mondo e uno dei pochi che non può avere delle centrali nucleari (il paese di Enrico Fermi!). E adesso è anche l’unico al mondo che non può costruire un ponte sospeso! C’entra qualcosa con il fatto che avevamo il più grosso partito comunista del mondo occidentale?
Destra e sinistra.
Ma poi come si concilia questa guerra infinita contro la società stessa in cui viviamo con l’attività di molte associazioni di sinistra impegnate nel sociale, che vanno da iniziative a favore dei disabili o delle persone in difficoltà, all’organizzazione di eventi sportivi per i bambini e i giovani e altro ancora? E come si conciliano gli ideali di giustizia e eguaglianza sociale invocati dal marxismo con l’incitamento all’odio sociale, con le politiche distruttive per l’economia e con la delegittimazione degli avversari politici regolarmente eletti?
Il marxismo, che ha le sue radici nella rivoluzione francese, è portatore di un’istanza di giustizia sociale. Ma mentre la rivoluzione avvenuta in Francia alla fine del Settecento ha il merito di avere contribuito alla nascita della società moderna, che ha diminuito moltissimo le disparità sociali, il marxismo accusa proprio la società moderna - capitalista di esserne la causa!
Non ci potrebbe essere errore più grande, perché tutti i dati storici dimostrano che la società nata dalla rivoluzione industriale ha fatto quasi scomparire la miseria assoluta dei secoli passati e ha molto diminuito le disparità sociali.
D’altra parte affermare che la politica della sinistra marxista è sbagliata, equivale a dire che quella della destra è giusta?
In realtà se la politica delle energie alternative è passata e se ha fatto così tanti danni, è anche perché non è stata contrastata dalle altre forze politiche. La destra non ha contrastato né le grandi campagne di disinformazione portate avanti con il collaudato apparato di propaganda che una volta era finanziato dall’Unione sovietica, né la politica folle della lotta contro il cambiamento climatico, della decarbonizzazione e delle energie alternative.
Ma forse oggi le cose stanno cambiando. In Europa si sta formando una nuova maggioranza molto critica verso quella attuale che ha imposto ai paesi europei di tagliare il 90% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2040.
Quello che invece bisogna fare è abbandonare la politica energetica “alternativa” dell’eolico e del fotovoltaico, perché non è giustificata dal punto di vista scientifico, perché è incredibilmente costosa e perché non è nemmeno in grado di sostituire i combustibili fossili (vedi l’articolo: La costosa follia delle energie alternative).
Per esempio la Germania, per sostituire le 19 centrali nucleari che ha chiuso, prima ha speso oltre 600 miliardi in energie alternative e poi è dovuta tornare al carbone. E con questa politica assurda ha causato gravi danni all’ambiente ed è entrata in recessione. Un conto è adottare delle soluzioni efficaci per risolvere dei reali problemi ambientali, un conto è imporre delle finte e costosissime non soluzioni per dei problemi inesistenti!
Oggi i problemi ambientali più importanti sono causati dalla crescita dei paesi emergenti, dove vive il 75/80 % della popolazione mondiale. Questa crescita, però, non causa solo danni; essa crea anche le risorse per istituire dei parchi naturali e tutelare le specie a rischio. Inoltre, come è avvenuto a suo tempo nei paesi che si sono sviluppati per primi, l’esodo in corso dalle aree rurali alle città sta restituendo alla natura grandi superfici di terreno che vengono ben presto riconquistate dalla foresta. È per questo che le foreste complessivamente stanno aumentando, anche se che da molte parti continuano ad essere abbattute per ampliare pascoli e coltivazioni.
Per esempio negli ultimi anni la Cina e l’India hanno raddoppiato le loro superfici forestali. La Cina è anche all’avanguardia nella lotta contro il deserto dove ha già ottenuto dei risultati importanti.
Oggi quasi tutti i paesi del mondo, anche quando hanno governi di sinistra, hanno scelto la strada della crescita e dello sviluppo. Per esempio il presidente del Brasile Lula, nei suoi due precedenti mandati, ha dato una grossa spinta alla crescita del suo paese. In realtà quello che dovremmo chiederci non è se siamo di destra o di sinistra, ma se siamo a favore o contro la società moderna.
A parte qualche impianto fotovoltaico dimostrativo, i paesi emergenti hanno scelto di non soffocare la crescita che li sta portando fuori dalla povertà. La politica anti sviluppo, attuata con il ricatto degli aiuti, ha avuto successo solo nei paesi più poveri del mondo. A cadere nella trappola di questo ambientalismo ideologico e anti umanista e dei suoi allarmi sul clima sono stati invece i paesi ricchi.
Tutto si basa sull’affermazione che l’anidride carbonica antropica sia la causa del riscaldamento globale (e di tutte le catastrofi che gli vengono assurdamente attribuite).
Ma questo presupposto è sbagliato perché non è vero che una maggiore quantità di questo gas provoca un aumento della temperatura globale. A dirlo sono i dati, ben conosciuti dagli esperti, sulle forme di vita fossili e sulla geologia che si spingono indietro nel tempo fino a 600 milioni di anni fa. Dati dai quali è stato possibile ricostruire le condizioni ambientali e il clima nelle varie epoche.
Se fosse vero che una maggiore quantità di anidride carbonica riscalda il clima, quando il tasso di CO2 era più alto, anche la temperatura avrebbe dovuto essere più alta e viceversa. Invece questa corrispondenza non c’è mai. Per esempio la temperatura globale non è diminuita nemmeno nell’era carbonifera che ha visto la più grande decarbonizzazione della storia della Terra (vedi l’articolo: Era carbonifera).
La causa principale, anche se non l’unica, che determina il clima è invece il sole, e l’ipotesi solare è confermata dai dati storici. Quindi è assurdo pretendere di abbassare la temperatura globale sottraendo anidride carbonica all’atmosfera, e per di più con le inadatte e costosissime energie alternative.
Anche Bjorn Lomborg nel suo libro Falso Allarme parte dal presupposto che la CO2 sia la causa del riscaldamento globale. Ma questo studioso di statistica non è né un biologo né un geologo. È riuscito comunque ad accorgersi che l’anidride carbonica è il principale fertilizzante delle piante e che, proprio dal punto di vista naturalistico, più ce n’è meglio è! E ha fatto anche una stima dei costi della decarbonizzazione fatta con le energie alternative, e il risultato è che la sola Europa da qui alla fine del secolo dovrebbe pagare almeno 2.500 miliardi all’anno (ma il costo reale sarebbe circa doppio). Per di più un costo che pagherà quasi solo l’Europa, perché i paesi emergenti si guarderanno bene dal suicidare le loro economie. Infine Lomborg ha capito che ci sono delle soluzioni molto più efficaci ed economiche per sostituire i combustibili fossili (e le relative emissioni di anidride carbonica).
Del resto è giusto cercare di sostituire il carbone e il petrolio con qualcosa di meglio, perché l’inquinamento uccide ogni anno cinque milioni di persone. Ma questo è un problema diverso. Il gas naturale invece è pulito, viene usato con grande efficienza nella produzione di energia elettrica e produce solo un po’ di anidride carbonica, che non solo non stravolge il clima, ma è benefica per l’ambiente.
Insomma la politica energetica è troppo importante per lasciare che venga decisa da questo ambientalismo ideologico. Ma per cambiare rotta è necessario contrastare la disinformazione, prima sulla società moderna e poi sul clima.
Per quanto riguarda la società moderna e il tema ambiente e sviluppo, nel sito di Ecofantascienza c’è già un’analisi molto ampia che è stata riassunta nel breve testo della Presentazione. Ma anche per quanto riguarda il clima non è necessario partire da zero, perché è proprio la scienza, quella vera e non quella politicizzata, a smentire l’allarmismo (vedi l’articolo: Reimpostare la discussione sul clima).
Ma allora quali dovrebbero essere i punti principali di una politica energetica che faccia davvero gli interessi del nostro Paese e che nello stesso tempo sia sostenibile sul piano ambientale?
La prima cosa da fare è eliminare gli incentivi diretti e indiretti alle energie alternative. Senza gli aiuti di stato tutto questo settore di economia artificiale crollerebbe. Dobbiamo evitare a tutti i costi di distruggere delle altre importanti risorse economiche, che invece è il vero scopo degli allarmi sul clima e della politica energetica “alternativa”.
Poi, dopo la pars destruens, bisogna avviare la pars costruens.
Una cosa che possiamo fare subito è varare un piano nazionale per il teleriscaldamento. Sfruttando una risorsa già esistente e usando delle tecnologie e delle capacità produttive di cui già disponiamo, possiamo sfruttare il calore di scarto delle centrali elettriche per scaldare case e uffici in inverno, come fanno a Torino, e risparmiare un bel po’ del gas che dobbiamo importare dall’estero. E dato che questa soluzione aumenta l’efficienza delle centrali a turbogas (fino ad almeno il 75%), essa aumenta anche l’efficienza dei veicoli elettrici che usano la loro energia. E le auto elettriche sono anch’esse una soluzione, perché consumano appena un decimo dell’energia di quelle tradizionali (vedi l’articolo: I vantaggi della trazione elettrica).
Infine nel lungo termine dovremo puntare sull’energia nucleare, che è di gran lunga la fonte di energia più pulita e sicura che esista e già adesso una delle più economiche. Ma essa è destinata a diventare ancora più economica con le centrali nucleari di IV generazione – il modello più interessante è proprio quello sviluppato in Italia -, che useranno come combustibile le attuali scorie radioattive e le consumeranno completamente. Infine, dato che tutto il mondo ha bisogno di energia pulita ed economica, potremmo creare un nuovo settore industriale che produce ed esporta centrali nucleari (vedi l’articolo Energia nucleare pulita e sicura).
Ma per noi l’energia nucleare è una scelta quasi obbligata anche perché ci aiuterebbe a risolvere il problema delle pensioni.
In un paese in cui metà della politica incita all’odio sociale e lavora per fare il massimo danno all’economia, le famiglie hanno una tale paura del futuro che hanno smesso di fare figli. Una delle conseguenze è che fra qualche decina d’anni un terzo della popolazione italiana sarà costituito da pensionati. Come faremo a pagare tutte queste pensioni?
L’energia nucleare necessita di un grosso investimento iniziale che di solito viene ammortizzato nei primi 25 anni (investimento che potremo ripagare con quello che risparmieremo tagliando gli incentivi all’eolico e al fotovoltaico). Poi, una volta terminato l’ammortamento, l’energia elettrica verrà prodotta al solo costo del personale più il costo insignificante del combustibile. E dato che oggi la durata delle centrali nucleari è di 80 anni e che in futuro forse arriverà a 100, per un lunghissimo periodo di tempo l’energia elettrica verrà prodotta a costi bassissimi. E sarà questa energia a basso costo a compensare quello che dovremo pagare in più per le pensioni.
E poi la politica estera.
È evidente che bisogna promuovere lo sviluppo dovunque nel mondo: per lo stesso motivo per cui è meglio abitare in un quartiere benestante piuttosto che in uno povero e degradato, è preferibile vivere in un mondo prospero e sviluppato. E quella della crescita e dello sviluppo è una strada che oggi stanno percorrendo i paesi emergenti, sia che abbiano governi di destra che di sinistra.
Ma allora perché la sinistra italiana continua a combattere la società “capitalista”, che oggi sta liberando dalla povertà il 75 / 80 % della popolazione mondiale, come se ci fosse ancora l’Unione sovietica.
Un discorso che può essere esteso a tutto il vecchio continente: l’Europa, che pure ha inventato la società moderna, non può costringere i paesi che ne fanno parte a distruggere, con il falso pretesto del clima, delle immense risorse economiche. L’Europa non può continuare a stare ferma o andare indietro, mentre il resto del mondo sta correndo!
L’Europa e l’America dovrebbero invece sostenere il modello di economia e di società moderna e adottate tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, invece di criminalizzarle e impedirle.
Poi dovrebbero migliorare i rapporti con le altre grandi potenze e con tutti i paesi emergenti, perché la collaborazione è sempre meglio delle guerre commerciali e dei dazi, che dovrebbero essere diminuiti e non aumentati.
I paesi più sviluppati dovrebbero sostenere lo sviluppo prima di tutto a casa loro, poi dovrebbero fare concorrenza alla Cina nella promozione dello sviluppo nel resto del mondo. Tutto il contrario di quello che hanno fatto in questi anni nei quali l’ideologia anti sviluppo è diventata così pervasiva che persino le massime istituzioni internazionali hanno smesso di finanziare le infrastrutture e le centrali elettriche di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita.
È ora di cambiare strada e il piano Mattei va nella giusta direzione. È stato varato dal governo italiano per convincere i paesi africani a tenere sotto controllo l’emigrazione illegale, offrendo loro in cambio quello che desiderano di più: un po’ del nostro sviluppo! Esso costituisce quindi un esempio virtuoso che anche il resto dell’Europa e l’America dovrebbero seguire.
Però dovrebbe essere lo sviluppo stesso l’obiettivo principale di questi aiuti. Sia perché la crescita e lo sviluppo sono le principali condizioni per la pace e la sicurezza, sia perché sono proprio i paesi più poveri del mondo ad avere davanti a loro il più lungo periodo di robusta crescita economica, e aiutarli in questa fase critica è anche un investimento che alla fine darà i suoi frutti (vedi l’articolo Paesi poveri: problema o opportunità?).
Il Congo è il paese più grande dell’Africa centrale e anche il paese più grande del mondo che non ha ancora iniziato un percorso di crescita. È ricco di giacimenti di gas naturale e anche di corsi d’acqua adatti per degli impianti idroelettrici. Eppure i suoi cento milioni di abitanti hanno come unica fonte di energia la legna da ardere che si procurano tagliando gli alberi della foresta. E dato che la legna non può alimentare un’economia moderna, il Congo è ancora un paese disperatamente povero.
La responsabilità è della Banca Mondiale dell’ONU e dei paesi ricchi dell’Europa e dell’America che da anni cercano di imporre a questo paese le costosissime e inaffidabili energie alternative, mentre si rifiutano di finanziare le centrali idroelettriche e a gas che produrrebbero dell’energia a basso costo e realmente utilizzabile. Il piano Mattei potrebbe finanziare la costruzione di centrali a gas che si ripagherebbero da sole con il valore dell’energia elettrica prodotta.
E dato che stiamo parlando dello sviluppo dell’Africa, questo sito ha rilanciato una proposta per una produzione di carne alternativa all’allevamento dei bovini, adatta ai paesi tropicali ricchi di foreste, paludi e corsi d’acqua ma poveri di terreni da pascolo e che non costerebbe quasi nulla (vedi la voce “Allevare animali da carne diversi dai bovini” nell’articolo Un programma per qualsiasi governo). Questi allevamenti darebbero anch’essi una spinta all’economia e nello stesso tempo diminuirebbero la pressione sulla fauna selvatica che in molti paesi dell’Africa occidentale è quasi l’unica fonte di proteine.
Oggi quasi tutto il mondo ha adottato la società moderna, perché la rivoluzione scientifica e tecnologica, l’economia di mercato e la libertà sono l’unica soluzione per rendere il mondo sempre più prospero, giusto e sostenibile. Gli unici che remano contro, oltre alla Russia di Putin e alla Corea del Nord, sono le sinistre marxiste dei paesi occidentali. È un grande paradosso della Storia.
Al centro del tema ambiente e sviluppo c’è il nostro giudizio sulla società moderna, che non è la causa dei problemi sociali come pretende il marxismo, ma al contrario l’unico rimedio.
Marx non ha capito la crescita economica moderna e il lavoro di economisti come Adam Smith e David Ricardo, i quali hanno dimostrato i vantaggi della specializzazione produttiva e del commercio.
Marx afferma, senza però dimostrare nulla, che c’è una contrapposizione di interessi tra i “capitalisti” che li sfruttano e i lavoratori che vengono sfruttati, e accusa la società moderna - capitalista di essere la causa delle ingiustizie sociali.
In realtà i capitalisti, che sarebbe meglio chiamare imprenditori, svolgono un ruolo fondamentale per l’economia e per la creazione dei posti di lavoro, perché sono pochi quelli che riescono ad inventarsi dei beni e dei servizi e ad organizzarne la produzione e la vendita in un mercato competitivo (cosa che non riesce a fare uno stato sovietico).
E non è nemmeno vero che c’è un radicale contrasto di interessi tra imprenditori e lavoratori come in natura tra predatori e prede, sia perché in una società deve prevalere la collaborazione sia perché ci deve sempre essere equilibrio tra la produttività e quello che l’imprenditore spende per il lavoro e gli altri strumenti della produzione. Un imprenditore non può pagare né molto di più né molto di meno per i vari fattori della produzione rispetto alla produttività, che siano macchinari o forza lavoro, perché in ambedue i casi andrebbe fuori mercato e sarebbe costretto a chiudere.
Una volta per mietere il grano c’erano delle file di operai con un falcetto in mano. Oggi un solo operatore di una mietitrebbiatrice sostituisce centinaia di operai agricoli di cento anni fa. È evidente che questi mietitori dotati solo di un falcetto non potevano essere pagati molto, perché il loro lavoro era poco produttivo, a differenza di quello dell’operatore di una grossa macchina. Quindi l’unica condizione per aumentare sia i profitti dell’imprenditore che le retribuzioni (reali) dei lavoratori dipendenti è la produttività. E tutti, imprenditori e dipendenti, hanno interesse ad aumentarla.
Eppure il marxismo, che accusa gli imprenditori di sfruttare i lavoratori, ha avuto una grande fortuna perché anche nella nostra società ci sono i poveri e i ricchi e viene naturale accusare questi ultimi di essere la causa della povertà degli altri. Però gli imprenditori sono diversi dai ricchi di una volta. Infatti essi sono diventati tali grazie al loro lavoro e reinvestono i loro capitali in attività produttive di cui beneficia tutta la società, mentre i nobili dovevano la loro ricchezza alla rendita fondiaria e la spendevano in beni di lusso o per costruire chiese e palazzi.
La storia di Ferrara può insegnarci qualcosa.
Se leggiamo l’Istoria di Ferrara di Girolamo Baruffaldi (1675 – 1753) che copre il periodo che va dall’anno 1655 all’anno 1700, possiamo toccare con mano la differenza tra il mondo antico e quello moderno.
Nel 1598 gli Este se ne erano andati da Ferrara per essere sostituiti dallo Stato della Chiesa e dai legati pontifici. Il potere era nelle mani delle famiglie nobili e dell’alto clero, che erano i soli a possedere la terra, la principale e quasi unica fonte di reddito.
Questa era la situazione anche nell’epoca romana, quando le attività artigianali erano all’ultimo posto della scala sociale. All’inizio del secondo impero Diocleziano creò le corporazioni di arti e mestieri, allo scopo di rendere gli appartenenti a queste categorie solidali nel pagamento delle tasse.
Poi con la fine dell’impero romano crollò l’intera società civile e nei secoli bui del Medioevo la Chiesa e le corporazioni furono le uniche istituzioni che riuscirono a sopravvivere.
Nelle città le corporazioni presero il controllo della politica: è l’epoca dei Comuni che si autodefinivano repubbliche perché le loro istituzioni di governo si ispiravano a quelle della repubblica romana. Nelle campagne vigeva invece il diritto feudale, dato che erano i nobili a possedere la terra.
In Italia ai Comuni subentrarono le Signorie che, come quella degli Este a Ferrara, cercavano di accumulare ricchezza, potere e tesori. Però per lo più esse conservarono le istituzioni amministrative comunali e sostennero le attività economiche cittadine, perché avevano capito che avrebbero potuto ottenere di più dai dazi e dalle tasse.
Con questa politica la città di Ferrara, che controllava le vie di commercio fluviali della Pianura Padana prima del loro sbocco in mare, raggiunse una relativa prosperità e crebbe di dimensioni. Però siamo ancora molto lontani dalla società moderna, perché mancavano le tecnologie di oggi e delle adeguate fonti di energia,
e la grande maggioranza della popolazione rimaneva molto povera.
Gli Este e la stessa città di Ferrara accumularono immensi tesori e collezioni d’arte, anche se alla fine questo patrimonio andò quasi tutto perduto o disperso. E anche i monumenti più importanti nel corso dei secoli sono andati distrutti, quasi tutti, o sono stati gravemente manomessi.
Quando lo Stato della Chiesa sostituì la signoria estense, mantenne le istituzioni cittadine dell’epoca comunale, ma era meno interessato alle attività artigianali e al commercio, che erano considerate di importanza minore rispetto all’agricoltura dalla quale i nobili e il clero traevano le loro rendite. E gli artigiani, come nell’epoca romana, erano di nuovo finiti all’ultimo posto della scala sociale.
Le difficoltà dell’economia erano aggravate dal clima molto rigido. Nella seconda metà del Seicento siamo nel culmine della “piccola glaciazione” e spesso il Po, il Reno e i fiumi della Romagna esondavano perché in inverno faceva molto freddo, nelle montagne si accumulava della neve, che poi tra aprile e giugno si scioglieva e andava ad aggiungersi alle piogge primaverili, come racconta il Baruffaldi a pag. 274 e 425 della sua Istoria.
Per questo motivo lo Stato della Chiesa faceva tutto quello che poteva per rafforzare gli argini dei fiumi, anche se con scarsi risultati, mentre ci vollero moltissimi anni prima che trovasse le risorse per scavare il Po di Volano, il canale che collega il Po al mare passando per Ferrara, che si era interrato e non era più navigabile. L’interruzione della navigazione aveva creato enormi difficoltà all’economia cittadina. Per tutti questi motivi la situazione peggiorò al punto che, come ci racconta il Baruffaldi a pag. 196 dell’Istoria, la popolazione al tempo degli ultimi principi estensi era due terzi più numerosa che alla sua epoca.
La miseria era sotto gli occhi di tutti, ma gli unici rimedi conosciuti erano le processioni e le elemosine. I buoni sentimenti sono sempre importanti, però con le elemosine il volume dell’economia non aumenta e, tenendo conto della crescita demografica, la povertà non può diminuire.
In questo contesto i nobili, che spesso disponevano di grossi capitali, li impiegavano in consumi di lusso, per costruire chiese e palazzi o per organizzare spettacoli teatrali e tornei cavallereschi a volte con macchine sceniche costosissime, allo scopo di aumentare il loro prestigio e ottenere altri privilegi. E questo anche quando la gente moriva di fame o di freddo.
Con la diminuzione dei suoi abitanti anche il centro storico si ridusse di dimensioni, perché le case e i palazzi “dirupati” - perché in stato di abbandono - venivano demoliti forse per non pagarci sopra delle tasse. Infine anche i suoi famosi teatri furono tutti distrutti da incendi.
Questa difficile situazione sociale ed economica, però, non era esclusiva dello Stato della Chiesa, ma riguardava tutto il vecchio sistema di potere – quello che i francesi chiamano ancien regime - costituito dalle monarchie e dalle classi nobili (fa eccezione l’Inghilterra da Enrico VIII in poi, che aveva venduto i beni della Chiesa e creato una nuova classe di proprietari terrieri diversa da quella nobile).
Nella società moderna invece giocano un ruolo fondamentale gli imprenditori, che il marxismo chiama “capitalisti” che però, a differenza dei nobili del passato, reinvestono i loro capitali in attività produttive di cui beneficiano l’economia e la società.
Con la Rivoluzione francese e con il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale la società feudale è stata sostituita da quella moderna. Negli ultimi due secoli essa ha abolito i titoli nobiliari e la schiavitù, non solo in Europa ma in tutto il mondo, e ha innalzato il livello di vita al punto che la sua lunghezza è triplicata. E anche nell’ultimo mezzo secolo tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento.
Il marxismo però ignora, anzi rovescia questi fondamentali dati storici e mette sotto accusa e combatte proprio la società moderna.
La fine dell’Unione sovietica e la crescita degli emergenti.
Il marxismo ha ispirato i regimi di tipo sovietico che hanno abolito l’economia di mercato e privato molti paesi della libertà, impedendone la crescita materiale e civile.
Dopo il crollo dell’Unione sovietica gli ex paesi “satelliti” hanno finalmente cominciato a crescere e oggi stanno raggiungendo gli altri paesi europei, dimostrando che questo regime era una sorta di tappo che impediva loro di sfuggire alla povertà e al sottosviluppo.
Però paradossalmente le idee del marxismo si sono diffuse nei paesi ricchi, nonostante che essi siano diventati tali proprio grazie alla società moderna.
Quando è crollata l’Unione sovietica i partiti comunisti dei paesi occidentali hanno cambiato nome. Però, invece di prendere atto del loro fallimento (è difficile ammettere di avere fatto la cosa sbagliata per tutta la vita), hanno continuato la loro guerra anti storica contro la società “capitalista”.
Mentre la Cina, pur mantenendo il sistema di governo imperniato sul partito comunista, ha adottato la società moderna (rivoluzione scientifica e tecnologica, economia di mercato e libertà), i partiti comunisti dei paesi occidentali hanno cambiato nome ma hanno continuato la loro guerra contro la società “capitalista” come si ci fosse ancora l’Unione sovietica.
Come i paesi satelliti anche la Russia aveva cominciato a crescere, ma poi è finita di nuovo sotto lo stivale di una dittatura. Il vecchio apparato burocratico - militare sovietico ha ripreso il sopravvento. Esso non ha più la giustificazione ideologica del marxismo: è la solita dittatura predatoria che, come sempre accade in questi casi, sta impedendo a questo grande paese di crescere sia in termini economici che di sviluppo civile. Infine, per compensare i propri inevitabili fallimenti, essa ha intrapreso una guerra contro l’Ucraina che sta producendo altri gravi danni sia al paese aggressore che a quello aggredito.
I regimi di tipo sovietico hanno fatto gravi danni anche in molte altre parti del mondo. La Cina maoista è rimasta bloccata per decenni su un livello di vita bassissimo. L’India, pur essendo una democrazia, aveva come modello l’economia statalizzata di tipo sovietico che per molto tempo ha rallentato la sua crescita, mentre in Africa e in America latina le dittature marxiste hanno fatto disastri tali da ritardarne lo sviluppo per decine di anni.
Si potrebbe pensare che quando il regime sovietico è collassato su se stesso l’ideologia che l’aveva ispirato sia stata abbandonata. In realtà questo è avvenuto in molti paesi, perché quasi tutto il mondo ha capito cosa doveva fare per sconfiggere la povertà, e da allora lo sta facendo con risultati straordinari.
Infine negli ultimi 20 / 25 anni hanno intrapreso la strada dello sviluppo anche i paesi dell’Africa a sud del Sahara, del Medio oriente e del nord Africa.
Per l’Africa subsahariana l’impulso però non è venuto né dall’Europa né dall’America, intrise di idee anti sviluppo, ma dalla Cina. Secondo il giornalista Federico Rampini, il paese più grande del mondo è andato a cercare in Africa la forza lavoro a basso costo che non trova più a casa propria e ha creato 85 milioni di posti di lavoro che hanno dato una spinta formidabile alla crescita del continente (vedi l’articolo Lo sviluppo dell’Africa).
Ma negli ultimi anni è cambiato qualcosa anche nei paesi del Medio oriente e del nord Africa. Una volta, quando questi paesi guardavano all’Europa, gli venivano in mente le crociate. Ma poi hanno visto l’America e l’Europa porre fine al regime sanguinario di Saddam Hussein e alla pulizia etnica di Milosevic, e liberare l’Iraq e la Bosnia da queste dittature. E questi due paesi, entrambi islamici, da allora sono liberi e autonomi. E poi c’è l’esempio della Turchia, un grande paese islamico che, anche senza il petrolio, è cresciuto al punto che da qualche anno è entrato a far parte del club dei paesi ricchi. Pertanto oggi, quando i paesi del Medio oriente e del nord Africa guardano all’Europa, quello che pensano è che anche loro vogliono raggiungere lo stesso livello di sviluppo e di benessere.
Inoltre essi si sono resi conto che lo stato di Israele non è un regime dispotico che opprime i Palestinesi, ma un paese benestante nel quale tutti i suoi abitanti sono liberi, vivono in pace, possono andare a votare, spesso lavorano nelle stesse aziende, abitano negli stessi condomini ecc. Mentre fino a poco tempo fa in Siria, a pochi chilometri di distanza, c’era il regime sanguinario di Assad (contro il quale la sinistra italiana non ha mai fatto manifestazioni di protesta).
Anzi, è stato proprio l’intervento israeliano a Gaza a suscitare le rivolte che hanno portato al crollo del regime e alla fuga del dittatore siriano, che ha trovato rifugio a Mosca presso un altro dittatore. Subito dopo Israele ne ha approfittato per distruggere – lì non c’erano degli scudi umani ad impedirlo -, l’immenso arsenale di armi e di missili che era stato accumulato sulle alture del Golan, subito al di là del confine, disinnescando così un’altra grande polveriera.
La guerra contro la società moderna.
Da qui il paradosso: mentre le sinistre italiane e di altri paesi europei mobilitavano la piazza per protestare contro l’intervento israeliano a Gaza, nulla del genere è avvenuto nei paesi islamici.
Ormai quasi tutto il mondo ha scelto la strada della crescita e dello sviluppo. Gli unici che lo rifiutano e addirittura lo combattono sono la Russia di Putin, la Corea del Nord e le sinistre marxiste dei paesi occidentali, che stanno continuando la loro guerra contro la società capitalista come se ci fosse ancora l’Unione sovietica. E stanno facendo manifestazioni a favore di Hamas perché evidentemente avevano un legame di ferro con questo regime oppressivo che a freddo ha lanciato migliaia di missili sulle case di Israele e catturato centinaia di ostaggi; poi si è fatto scudo della popolazione civile ed è arrivato al punto di uccidere gli autisti dei camion che trasportavano gli aiuti alimentari. E adesso sono proprio i paesi islamici del Medio oriente a dire che, qualunque sarà soluzione che verrà trovata per Gaza, Hamas dovrà starne fuori.
Purtroppo l’intervento militare a Gaza ha causato molte vittime anche tra i civili. Ma di chi è la colpa? Attribuirla a Israele e trasformare Hamas in un campione della resistenza contro il capitalismo è aberrante.
Però oggi in Europa e nei paesi occidentali le armi principali della guerra contro la società capitalista sono la strumentalizzazione dei temi ambientali e gli allarmi sul clima.
All’inizio l’interesse per l’ambiente era positivo e propositivo. Gli ambientalisti cercavano di capire i problemi ambientali e di trovare delle soluzioni. Ma poi i temi ambientali sono stati strumentalizzati per mettere sotto accusa la società moderna, lo sviluppo e la stessa presenza umana su questo pianeta. Il vero scopo di questo finto ambientalismo non è più quello di tutelare l’ambiente, ma di mettere sotto accusa la società capitalista.
Innanzi tutto, per crearsi un’immagine “green”, questi finti ambientalisti hanno individuato dei problemi minori o addirittura inesistenti, per i quali hanno imposto le loro soluzioni con un tono moraleggiante da sacerdoti dell’ambiente. Dall’altra hanno criminalizzato e impedito tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, sia per lasciarli irrisolti e farne ricadere la colpa sulla società capitalista, sia per imporre delle finte soluzioni, specialmente nel campo strategico dell’energia, studiate apposta per fare il massimo danno all’economia. Inoltre con questo sovvertimento dei valori è diventato ancora più difficile individuare e contrastare le vere speculazioni economiche che danneggiano l’ambiente. Che anzi spesso trovano in questo ambientalismo deviato un potente alleato. Infine per i problemi sociali creati dall’impoverimento dell’economia che loro stessi hanno causato adesso ripropongono il salario minimo garantito, cioè la sovietizzazione dell’economia, dimenticando che il modello di economia sovietico è fallito dovunque nel mondo.
Lo strumento principale di questa politica sono gli allarmi sul clima, che sono diventati il pretesto per imporre la folle politica delle “energie alternative” che negli ultimi vent’anni ha causato danni tali da impoverire il nostro paese di 700 / 800 miliardi, ha distrutto milioni di posti di lavoro, ha aumentato le tasse, abbassato i redditi reali e messo in difficoltà milioni di famiglie.
Ma non c’è solo la politica energetica; c’è anche la criminalizzazione dell’ingegneria genetica per rendere le piante coltivate resistenti ai parassiti, che costringe gli agricoltori a spargere nei campi grandi quantità di pesticidi, che poi diventano il pretesto per mettere sotto accusa l’agricoltura moderna.
C’è persino il tentativo di impedire la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina: una grande opera pubblica che risolverebbe il principale ingorgo di traffico del Bel Paese e rilancerebbe l’immagine e l’economia del Meridione e di tutta l’Italia. Ma proprio perché quest’opera è così importante, qualcuno cerca a tutti i costi di bloccarla. Addirittura la Corte dei conti, che invece non ha mai sanzionato il colossale sperpero di denaro pubblico dell’eolico al Sud e del fotovoltaico nella pianura padana.
(Per esempio a Ferrara - e in molte altre province delle pianura padana - una ventina di anni fa è stato costruito un impianto fotovoltaico costato all’epoca 20 milioni di Euro, che in tutta la sua vita avrebbe prodotto meno energia di quella che è servita per fabbricarlo. Per di più dell’energia prodotta in maniera discontinua e imprevedibile e quindi quasi del tutto inutilizzabile. Bisogna anche tenere conto che questi impianti durano solo 25 anni, che sono fatti con materiali la cui produzione ha un grande impatto ambientale e che sono molto difficili da smaltire. Infine a Ferrara i pannelli solari sono stati preferiti ad un impianto di teleriscaldamento che avrebbe sfruttato il calore di scarto della centrale a turbogas appena costruita e fatto risparmiare la maggior parte del gas naturale che usiamo per il riscaldamento invernale.)
L’Italia è già il paese anti ogm più fondamentalista del mondo e uno dei pochi che non può avere delle centrali nucleari (il paese di Enrico Fermi!). E adesso è anche l’unico al mondo che non può costruire un ponte sospeso! C’entra qualcosa con il fatto che avevamo il più grosso partito comunista del mondo occidentale?
Destra e sinistra.
Ma poi come si concilia questa guerra infinita contro la società stessa in cui viviamo con l’attività di molte associazioni di sinistra impegnate nel sociale, che vanno da iniziative a favore dei disabili o delle persone in difficoltà, all’organizzazione di eventi sportivi per i bambini e i giovani e altro ancora? E come si conciliano gli ideali di giustizia e eguaglianza sociale invocati dal marxismo con l’incitamento all’odio sociale, con le politiche distruttive per l’economia e con la delegittimazione degli avversari politici regolarmente eletti?
Il marxismo, che ha le sue radici nella rivoluzione francese, è portatore di un’istanza di giustizia sociale. Ma mentre la rivoluzione avvenuta in Francia alla fine del Settecento ha il merito di avere contribuito alla nascita della società moderna, che ha diminuito moltissimo le disparità sociali, il marxismo accusa proprio la società moderna - capitalista di esserne la causa!
Non ci potrebbe essere errore più grande, perché tutti i dati storici dimostrano che la società nata dalla rivoluzione industriale ha fatto quasi scomparire la miseria assoluta dei secoli passati e ha molto diminuito le disparità sociali.
D’altra parte affermare che la politica della sinistra marxista è sbagliata, equivale a dire che quella della destra è giusta?
In realtà se la politica delle energie alternative è passata e se ha fatto così tanti danni, è anche perché non è stata contrastata dalle altre forze politiche. La destra non ha contrastato né le grandi campagne di disinformazione portate avanti con il collaudato apparato di propaganda che una volta era finanziato dall’Unione sovietica, né la politica folle della lotta contro il cambiamento climatico, della decarbonizzazione e delle energie alternative.
Ma forse oggi le cose stanno cambiando. In Europa si sta formando una nuova maggioranza molto critica verso quella attuale che ha imposto ai paesi europei di tagliare il 90% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2040.
Quello che invece bisogna fare è abbandonare la politica energetica “alternativa” dell’eolico e del fotovoltaico, perché non è giustificata dal punto di vista scientifico, perché è incredibilmente costosa e perché non è nemmeno in grado di sostituire i combustibili fossili (vedi l’articolo: La costosa follia delle energie alternative).
Per esempio la Germania, per sostituire le 19 centrali nucleari che ha chiuso, prima ha speso oltre 600 miliardi in energie alternative e poi è dovuta tornare al carbone. E con questa politica assurda ha causato gravi danni all’ambiente ed è entrata in recessione. Un conto è adottare delle soluzioni efficaci per risolvere dei reali problemi ambientali, un conto è imporre delle finte e costosissime non soluzioni per dei problemi inesistenti!
Oggi i problemi ambientali più importanti sono causati dalla crescita dei paesi emergenti, dove vive il 75/80 % della popolazione mondiale. Questa crescita, però, non causa solo danni; essa crea anche le risorse per istituire dei parchi naturali e tutelare le specie a rischio. Inoltre, come è avvenuto a suo tempo nei paesi che si sono sviluppati per primi, l’esodo in corso dalle aree rurali alle città sta restituendo alla natura grandi superfici di terreno che vengono ben presto riconquistate dalla foresta. È per questo che le foreste complessivamente stanno aumentando, anche se che da molte parti continuano ad essere abbattute per ampliare pascoli e coltivazioni.
Per esempio negli ultimi anni la Cina e l’India hanno raddoppiato le loro superfici forestali. La Cina è anche all’avanguardia nella lotta contro il deserto dove ha già ottenuto dei risultati importanti.
Oggi quasi tutti i paesi del mondo, anche quando hanno governi di sinistra, hanno scelto la strada della crescita e dello sviluppo. Per esempio il presidente del Brasile Lula, nei suoi due precedenti mandati, ha dato una grossa spinta alla crescita del suo paese. In realtà quello che dovremmo chiederci non è se siamo di destra o di sinistra, ma se siamo a favore o contro la società moderna.
A parte qualche impianto fotovoltaico dimostrativo, i paesi emergenti hanno scelto di non soffocare la crescita che li sta portando fuori dalla povertà. La politica anti sviluppo, attuata con il ricatto degli aiuti, ha avuto successo solo nei paesi più poveri del mondo. A cadere nella trappola di questo ambientalismo ideologico e anti umanista e dei suoi allarmi sul clima sono stati invece i paesi ricchi.
Tutto si basa sull’affermazione che l’anidride carbonica antropica sia la causa del riscaldamento globale (e di tutte le catastrofi che gli vengono assurdamente attribuite).
Ma questo presupposto è sbagliato perché non è vero che una maggiore quantità di questo gas provoca un aumento della temperatura globale. A dirlo sono i dati, ben conosciuti dagli esperti, sulle forme di vita fossili e sulla geologia che si spingono indietro nel tempo fino a 600 milioni di anni fa. Dati dai quali è stato possibile ricostruire le condizioni ambientali e il clima nelle varie epoche.
Se fosse vero che una maggiore quantità di anidride carbonica riscalda il clima, quando il tasso di CO2 era più alto, anche la temperatura avrebbe dovuto essere più alta e viceversa. Invece questa corrispondenza non c’è mai. Per esempio la temperatura globale non è diminuita nemmeno nell’era carbonifera che ha visto la più grande decarbonizzazione della storia della Terra (vedi l’articolo: Era carbonifera).
La causa principale, anche se non l’unica, che determina il clima è invece il sole, e l’ipotesi solare è confermata dai dati storici. Quindi è assurdo pretendere di abbassare la temperatura globale sottraendo anidride carbonica all’atmosfera, e per di più con le inadatte e costosissime energie alternative.
Anche Bjorn Lomborg nel suo libro Falso Allarme parte dal presupposto che la CO2 sia la causa del riscaldamento globale. Ma questo studioso di statistica non è né un biologo né un geologo. È riuscito comunque ad accorgersi che l’anidride carbonica è il principale fertilizzante delle piante e che, proprio dal punto di vista naturalistico, più ce n’è meglio è! E ha fatto anche una stima dei costi della decarbonizzazione fatta con le energie alternative, e il risultato è che la sola Europa da qui alla fine del secolo dovrebbe pagare almeno 2.500 miliardi all’anno (ma il costo reale sarebbe circa doppio). Per di più un costo che pagherà quasi solo l’Europa, perché i paesi emergenti si guarderanno bene dal suicidare le loro economie. Infine Lomborg ha capito che ci sono delle soluzioni molto più efficaci ed economiche per sostituire i combustibili fossili (e le relative emissioni di anidride carbonica).
Del resto è giusto cercare di sostituire il carbone e il petrolio con qualcosa di meglio, perché l’inquinamento uccide ogni anno cinque milioni di persone. Ma questo è un problema diverso. Il gas naturale invece è pulito, viene usato con grande efficienza nella produzione di energia elettrica e produce solo un po’ di anidride carbonica, che non solo non stravolge il clima, ma è benefica per l’ambiente.
Insomma la politica energetica è troppo importante per lasciare che venga decisa da questo ambientalismo ideologico. Ma per cambiare rotta è necessario contrastare la disinformazione, prima sulla società moderna e poi sul clima.
Per quanto riguarda la società moderna e il tema ambiente e sviluppo, nel sito di Ecofantascienza c’è già un’analisi molto ampia che è stata riassunta nel breve testo della Presentazione. Ma anche per quanto riguarda il clima non è necessario partire da zero, perché è proprio la scienza, quella vera e non quella politicizzata, a smentire l’allarmismo (vedi l’articolo: Reimpostare la discussione sul clima).
Ma allora quali dovrebbero essere i punti principali di una politica energetica che faccia davvero gli interessi del nostro Paese e che nello stesso tempo sia sostenibile sul piano ambientale?
La prima cosa da fare è eliminare gli incentivi diretti e indiretti alle energie alternative. Senza gli aiuti di stato tutto questo settore di economia artificiale crollerebbe. Dobbiamo evitare a tutti i costi di distruggere delle altre importanti risorse economiche, che invece è il vero scopo degli allarmi sul clima e della politica energetica “alternativa”.
Poi, dopo la pars destruens, bisogna avviare la pars costruens.
Una cosa che possiamo fare subito è varare un piano nazionale per il teleriscaldamento. Sfruttando una risorsa già esistente e usando delle tecnologie e delle capacità produttive di cui già disponiamo, possiamo sfruttare il calore di scarto delle centrali elettriche per scaldare case e uffici in inverno, come fanno a Torino, e risparmiare un bel po’ del gas che dobbiamo importare dall’estero. E dato che questa soluzione aumenta l’efficienza delle centrali a turbogas (fino ad almeno il 75%), essa aumenta anche l’efficienza dei veicoli elettrici che usano la loro energia. E le auto elettriche sono anch’esse una soluzione, perché consumano appena un decimo dell’energia di quelle tradizionali (vedi l’articolo: I vantaggi della trazione elettrica).
Infine nel lungo termine dovremo puntare sull’energia nucleare, che è di gran lunga la fonte di energia più pulita e sicura che esista e già adesso una delle più economiche. Ma essa è destinata a diventare ancora più economica con le centrali nucleari di IV generazione – il modello più interessante è proprio quello sviluppato in Italia -, che useranno come combustibile le attuali scorie radioattive e le consumeranno completamente. Infine, dato che tutto il mondo ha bisogno di energia pulita ed economica, potremmo creare un nuovo settore industriale che produce ed esporta centrali nucleari (vedi l’articolo Energia nucleare pulita e sicura).
Ma per noi l’energia nucleare è una scelta quasi obbligata anche perché ci aiuterebbe a risolvere il problema delle pensioni.
In un paese in cui metà della politica incita all’odio sociale e lavora per fare il massimo danno all’economia, le famiglie hanno una tale paura del futuro che hanno smesso di fare figli. Una delle conseguenze è che fra qualche decina d’anni un terzo della popolazione italiana sarà costituito da pensionati. Come faremo a pagare tutte queste pensioni?
L’energia nucleare necessita di un grosso investimento iniziale che di solito viene ammortizzato nei primi 25 anni (investimento che potremo ripagare con quello che risparmieremo tagliando gli incentivi all’eolico e al fotovoltaico). Poi, una volta terminato l’ammortamento, l’energia elettrica verrà prodotta al solo costo del personale più il costo insignificante del combustibile. E dato che oggi la durata delle centrali nucleari è di 80 anni e che in futuro forse arriverà a 100, per un lunghissimo periodo di tempo l’energia elettrica verrà prodotta a costi bassissimi. E sarà questa energia a basso costo a compensare quello che dovremo pagare in più per le pensioni.
E poi la politica estera.
È evidente che bisogna promuovere lo sviluppo dovunque nel mondo: per lo stesso motivo per cui è meglio abitare in un quartiere benestante piuttosto che in uno povero e degradato, è preferibile vivere in un mondo prospero e sviluppato. E quella della crescita e dello sviluppo è una strada che oggi stanno percorrendo i paesi emergenti, sia che abbiano governi di destra che di sinistra.
Ma allora perché la sinistra italiana continua a combattere la società “capitalista”, che oggi sta liberando dalla povertà il 75 / 80 % della popolazione mondiale, come se ci fosse ancora l’Unione sovietica.
Un discorso che può essere esteso a tutto il vecchio continente: l’Europa, che pure ha inventato la società moderna, non può costringere i paesi che ne fanno parte a distruggere, con il falso pretesto del clima, delle immense risorse economiche. L’Europa non può continuare a stare ferma o andare indietro, mentre il resto del mondo sta correndo!
L’Europa e l’America dovrebbero invece sostenere il modello di economia e di società moderna e adottate tutte le soluzioni migliori che abbiamo per i principali problemi di oggi, invece di criminalizzarle e impedirle.
Poi dovrebbero migliorare i rapporti con le altre grandi potenze e con tutti i paesi emergenti, perché la collaborazione è sempre meglio delle guerre commerciali e dei dazi, che dovrebbero essere diminuiti e non aumentati.
I paesi più sviluppati dovrebbero sostenere lo sviluppo prima di tutto a casa loro, poi dovrebbero fare concorrenza alla Cina nella promozione dello sviluppo nel resto del mondo. Tutto il contrario di quello che hanno fatto in questi anni nei quali l’ideologia anti sviluppo è diventata così pervasiva che persino le massime istituzioni internazionali hanno smesso di finanziare le infrastrutture e le centrali elettriche di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per la loro crescita.
È ora di cambiare strada e il piano Mattei va nella giusta direzione. È stato varato dal governo italiano per convincere i paesi africani a tenere sotto controllo l’emigrazione illegale, offrendo loro in cambio quello che desiderano di più: un po’ del nostro sviluppo! Esso costituisce quindi un esempio virtuoso che anche il resto dell’Europa e l’America dovrebbero seguire.
Però dovrebbe essere lo sviluppo stesso l’obiettivo principale di questi aiuti. Sia perché la crescita e lo sviluppo sono le principali condizioni per la pace e la sicurezza, sia perché sono proprio i paesi più poveri del mondo ad avere davanti a loro il più lungo periodo di robusta crescita economica, e aiutarli in questa fase critica è anche un investimento che alla fine darà i suoi frutti (vedi l’articolo Paesi poveri: problema o opportunità?).
Il Congo è il paese più grande dell’Africa centrale e anche il paese più grande del mondo che non ha ancora iniziato un percorso di crescita. È ricco di giacimenti di gas naturale e anche di corsi d’acqua adatti per degli impianti idroelettrici. Eppure i suoi cento milioni di abitanti hanno come unica fonte di energia la legna da ardere che si procurano tagliando gli alberi della foresta. E dato che la legna non può alimentare un’economia moderna, il Congo è ancora un paese disperatamente povero.
La responsabilità è della Banca Mondiale dell’ONU e dei paesi ricchi dell’Europa e dell’America che da anni cercano di imporre a questo paese le costosissime e inaffidabili energie alternative, mentre si rifiutano di finanziare le centrali idroelettriche e a gas che produrrebbero dell’energia a basso costo e realmente utilizzabile. Il piano Mattei potrebbe finanziare la costruzione di centrali a gas che si ripagherebbero da sole con il valore dell’energia elettrica prodotta.
E dato che stiamo parlando dello sviluppo dell’Africa, questo sito ha rilanciato una proposta per una produzione di carne alternativa all’allevamento dei bovini, adatta ai paesi tropicali ricchi di foreste, paludi e corsi d’acqua ma poveri di terreni da pascolo e che non costerebbe quasi nulla (vedi la voce “Allevare animali da carne diversi dai bovini” nell’articolo Un programma per qualsiasi governo). Questi allevamenti darebbero anch’essi una spinta all’economia e nello stesso tempo diminuirebbero la pressione sulla fauna selvatica che in molti paesi dell’Africa occidentale è quasi l’unica fonte di proteine.
Oggi quasi tutto il mondo ha adottato la società moderna, perché la rivoluzione scientifica e tecnologica, l’economia di mercato e la libertà sono l’unica soluzione per rendere il mondo sempre più prospero, giusto e sostenibile. Gli unici che remano contro, oltre alla Russia di Putin e alla Corea del Nord, sono le sinistre marxiste dei paesi occidentali. È un grande paradosso della Storia.
