UN PROGRAMMA PER QUALSIASI GOVERNO
Fin dagli anni Sessanta i governi italiani hanno fatto di tutto per aumentare le nostre importazioni di combustibili fossili, allora sicuramente in cambio di tangenti, invece di fare il contrario. La conseguenza è stato un grave impoverimento dell’economia. Già in tempi normali, ma ancora di più durante le ricorrenti crisi energetiche quando i prezzi si impennano. I danni sono stati tali da trasformarci in un paese di serie B.
Milioni di famiglie sono in difficoltà. I tassi di natalità sono crollati e la popolazione italiana sta velocemente diminuendo: l’effetto è quasi quello di un genocidio.
Negli stessi anni abbiamo spalancato le porte all’immigrazione clandestina di disperati provenienti da ogni parte del mondo. Molti per fortuna si sono integrati. Molti altri, però, dopo avere speso tutti i loro risparmi per venire nel nostro paese, non hanno nulla di cui vivere, fanno la fame o vivono di espedienti e di attività illegali.
La soluzione, però, non è mantenerle le famiglie in difficoltà a spese dello Stato, perché questo sarebbe un costo aggiuntivo che soffoca l’economia. E se l’economia si indebolisce i problemi sociali aumentano e la situazione peggiora ancora di più, invece di migliorare.
Gli aiuti alle persone o alle famiglie si possono giustificare solo per situazioni estreme e come misura temporanea. Anche perché, una volta concessi, è difficile abolirli senza scatenare delle proteste, perché i benefici sono concentrati su categorie ristrette mentre i danni sono diffusi e poco visibili.
Ma un discorso analogo deve essere fatto per gli incentivi decisi a favore di questo o di quel settore economico o di questo o di quel prodotto, oggi per lo con delle motivazioni ambientali. Anche queste sono forzature del mercato che provocano sempre molti più danni che vantaggi. Anche perché quasi sempre incentivano delle presunte soluzioni che non funzionano o che sono addirittura controproducenti.
All’inizio dell’Ottocento l’economista David Ricardo, con la teoria dei vantaggi comparati, ha dimostrato che se ogni paese si impegna a produrre quello che sa fare meglio e a costi più bassi, i vantaggi per tutti sono massimizzati. La conseguenza è che tutto quello che altera il funzionamento ottimale del mercato diminuisce i vantaggi e quindi provoca dei danni all’economia. In realtà sono pochi i casi in cui gli aiuti o gli incentivi sono davvero giustificati.
Però da molti anni questa è la politica dei governi italiani: scavalcare le regole del mercato per concedere dei benefici a questa o quella categoria o per sostenere questo o quel prodotto, sia in nome della giustizia sociale che della sostenibilità ambientale. Questi però sono solo dei pretesti, perché il vero scopo è assicurarsi il consenso clientelare delle categorie beneficiate, a spese di tutti gli altri, e nello stesso colpire l’economia capitalista e il mercato con tasse più alte. E dato che sono i regimi di tipo sovietico quelli che hanno proibito il commercio e il mercato, questa è anche una sovietizzazione dell’economia (vedi l’articolo “Governare attraverso le distorsioni del mercato”).
Secondo il marxismo l’abolizione del mercato renderebbe la società più giusta. Ma se il mercato viene anche solo ostacolato l’economia si indebolisce, diminuisce la capacità di spesa delle famiglie, i negozi e le aziende chiudono, altri posti di lavoro vanno perduti e altre famiglie finiscono in povertà. Non è ora di sbarazzarsi di queste idee sbagliate?
Nell’Unione sovietica una vecchina che vendeva sulla porta di casa un paio di guanti fatti all’uncinetto rischiava il gulag. La proibizione del commercio è ancora più assurda perché questa attività è profondamente radicata nella natura umana. Infatti lo scambio di beni tra tribù diverse, che è una elementare forma di commercio, risale alla più lontana preistoria (vedi l’articolo “Lo scambio ci rende unici”).
Una volta il regime comunista di Mosca si giustificava con l’ideologia marxista. Poi, con la fine dell’Unione sovietica, questa ideologia è stata abbandonata. Ma adesso in Russia un’altra dittatura ha preso il sopravvento e ha soffocato la democrazia. Come tutte le dittature anche questa basa il suo potere sulla forza invece che sul consenso, ma non ha più questa giustificazione ideologica.
Oggi dovrebbe essere chiaro a tutti che l’ideologia marxista era solo un pretesto per giustificare un regime brutale e totalitario. Una dittatura che ha fatto moltissimi danni anche al nostro paese, che aveva il più grosso partito comunista del mondo libero e che riceveva i maggiori finanziamenti dall’Unione sovietica per la sua propaganda.
Eppure, molti anni dopo il crollo dell’Unione sovietica, in Italia è ancora in corso la guerra dichiarata dal marxismo contro la società “capitalista”, che però non è altro che la società in cui viviamo. E oggi per combattere questa guerra vengono usati dei pretesti ambientali.
I nemici della società capitalista si sono finti ambientalisti perché si sono accorti che con la scusa dell’ambiente si può far passare qualsiasi cosa, per quanto assurda possa essere. E così hanno trovato il modo di fare altri gravissimi danni all’economia (vedi l’articolo “I molti danni di un finto ambientalismo”).
Per questo però sono state necessarie grandi campagne di disinformazione, purtroppo quasi mai contrastate, che hanno condotto con il loro collaudato apparato di propaganda. Dopo avere preso di mira il settore strategico dell’energia, hanno messo sotto accusa tutte le fonti di energia affidabili, a partire da quella nucleare, per imporre la follia assoluta delle “energie alternative”.
Pertanto per rimettere l’Italia sulla giusta strada bisogna prima di tutto contrastare questa disinformazione, sia sul problema strategico dell’energia sia più in generale sui temi dell’ambiente e dello sviluppo.
Per esempio bisognerebbe spiegare alla gente come sono fatte e come funzionano le centrali nucleari, affinché tutti possano rendersi conto che questa è la fonte di energia ideale, perché può produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno in maniera quasi miracolosa, cioè senza bruciare combustibili fossili.
L’energia nucleare è anche economica e sicura, la più sicura che si possa immaginare, e l’unica che può abbattere le emissioni di anidride carbonica. Al contrario le energie “alternative” sono solo un’utopia (vedi l’articolo “Energia nucleare pulita e sicura”).
Infatti bisognerebbe anche spiegare gente che gli impianti eolici e fotovoltaici non sono in grado di far chiudere le centrali elettriche perché producono la loro (costosa) energia in maniera discontinua e imprevedibile, oppure nei momenti sbagliati. Inoltre, dato che hanno una bassa densità energetica, essi impegnano (inutilmente) migliaia di chilometri quadrati di territorio, che è il valore ambientale più importante che abbiamo. Quindi è sbagliato dire che questa è l’unica fonte di energia sostenibile, perché è vero l’esatto contrario!
Lo stesso discorso, però, potrebbe essere ripetuto per la distruzione di molte foreste allo scopo di produrre biocarburanti. Distruzione che ha come conseguenza la distruzione della biodiversità e un forte aumento delle emissioni di CO2! E poi per l’ingegneria genetica, che farebbe crollare il consumo di pesticidi senza alcun rischio per la salute o per l’ambiente. In realtà è proprio la loro proibizione, nel paese anti ogm più fondamentalista del mondo, che rischia di far scomparire le api! (vedi l’articolo “Piante geneticamente modificate”).
Infine i nemici dell’economia e della società moderna, impregnati di marxismo, hanno messo sotto accusa anche la crescita economica e lo sviluppo, che accusano di essere la causa delle ingiustizie sociali e dei danni all’ambiente. Su internet parlano di “sviluppismo” come se fosse il nazismo.
Ma questo è un altro grande errore di prospettiva, perché una sana crescita economica è l’unica strada conosciuta per uscire dalla povertà, che è l’unico vero problema sociale. La crescita economica moderna degli ultimi due secoli ha anche diminuito le disparità sociali. Infatti è ad essa che dobbiamo l’abolizione della schiavitù, la quasi scomparsa del razzismo e la conquista della parità di genere. Infine la società moderna ha aumentato la conoscenza che abbiamo del mondo: della realtà fisica, dell’universo, della vita su questo pianeta e infine di noi stessi (vedi per confronto qual’era il livello della conoscenza scientifica solo quattro secoli fa, nella pagina “La scienza prima di Galilei e Newton”).
La soluzione del problema della povertà non è la “redistribuzione”. Questo è solo un altro modo per mettere sotto accusa il benessere raggiunto trasformandolo in una colpa. Però nessun paese ha mai sconfitto la povertà senza la crescita economica. Infine lo sviluppo è anche la condizione per la pace, la stabilità e la sicurezza.
Un’altra affermazione sbagliata è che la povertà nel mondo sta aumentando, naturalmente per colpa del mercato e del capitalismo, quando invece sta rapidamente diminuendo. Basti dire che negli ultimi due secoli la media mondiale dell’aspettativa di vita è triplicata. Un miglioramento che ha subìto una forte accelerazione proprio negli ultimi 50 anni, cioè sotto i nostri stessi occhi.
Sono i dati dell’ONU a dirci che negli ultimi decenni tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento: reddito, aspettativa di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a istruzione, cure mediche, acqua potabile, elettricità ecc.
Inoltre, sempre grazie allo sviluppo, stiamo raggiungendo la stabilità demografica anche su scala globale. Infatti è dalla metà degli anni ‘90 che in media mondiale il numero di nuovi nati ha smesso di aumentare. Un altro dato epocale che viene ignorato.
Infine non è vero che lo sviluppo non sia sostenibile dal punto di vista ambientale. Lo dimostrano i paesi più sviluppati che sono oggi, da ogni punto di vista, molto più sostenibili di 50 anni fa e sostenibili lo stanno diventando sempre di più. Mentre gli emergenti stanno percorrendo questa stessa strada, che è una strada obbligata, con solo qualche decennio di ritardo.
Durante la crescita che porta dalla povertà al benessere aumenta la produzione dei beni materiali che servono a soddisfare i bisogni primari, e quindi aumenta l’impatto ambientale. Ma una volta che questi bisogni sono stati soddisfatti, la produzione dei beni materiali viene in larga misura sostituita dai servizi, che sono beni immateriali. Inoltre aumenta l’efficienza con cui i vari beni vengono prodotti, e quindi diminuisce ancora di più il consumo delle risorse primarie. Per questo e per altri motivi un’economia matura e terziarizzata è l’unico modello sostenibile anche dal punto di vista ambientale (vedi l’articolo “Politica e ambiente”).
Da pochi mesi abbiamo un nuovo governo. Auguriamoci che una volta tanto voglia fare gli interessi di questo Paese (e non quello delle multinazionali dei combustibili fossili o dei dittatori), rilanciare l’economia e creare molte nuove opportunità di lavoro, sia per gli italiani che per gli immigrati. Obiettivi che non sono affatto incompatibili, contrariamente a quello che molti pensano, con l’esigenza di tutelare l’ambiente e di diminuire le emissioni di gas serra.
Ecco le linee guida di un programma di governo, di qualsiasi governo di destra o di sinistra interessato a fare gli interessi del nostro Paese, e non a combattere una guerra assurda contro la società stessa in cui viviamo.
Milioni di famiglie sono in difficoltà. I tassi di natalità sono crollati e la popolazione italiana sta velocemente diminuendo: l’effetto è quasi quello di un genocidio.
Negli stessi anni abbiamo spalancato le porte all’immigrazione clandestina di disperati provenienti da ogni parte del mondo. Molti per fortuna si sono integrati. Molti altri, però, dopo avere speso tutti i loro risparmi per venire nel nostro paese, non hanno nulla di cui vivere, fanno la fame o vivono di espedienti e di attività illegali.
La soluzione, però, non è mantenerle le famiglie in difficoltà a spese dello Stato, perché questo sarebbe un costo aggiuntivo che soffoca l’economia. E se l’economia si indebolisce i problemi sociali aumentano e la situazione peggiora ancora di più, invece di migliorare.
Gli aiuti alle persone o alle famiglie si possono giustificare solo per situazioni estreme e come misura temporanea. Anche perché, una volta concessi, è difficile abolirli senza scatenare delle proteste, perché i benefici sono concentrati su categorie ristrette mentre i danni sono diffusi e poco visibili.
Ma un discorso analogo deve essere fatto per gli incentivi decisi a favore di questo o di quel settore economico o di questo o di quel prodotto, oggi per lo con delle motivazioni ambientali. Anche queste sono forzature del mercato che provocano sempre molti più danni che vantaggi. Anche perché quasi sempre incentivano delle presunte soluzioni che non funzionano o che sono addirittura controproducenti.
All’inizio dell’Ottocento l’economista David Ricardo, con la teoria dei vantaggi comparati, ha dimostrato che se ogni paese si impegna a produrre quello che sa fare meglio e a costi più bassi, i vantaggi per tutti sono massimizzati. La conseguenza è che tutto quello che altera il funzionamento ottimale del mercato diminuisce i vantaggi e quindi provoca dei danni all’economia. In realtà sono pochi i casi in cui gli aiuti o gli incentivi sono davvero giustificati.
Però da molti anni questa è la politica dei governi italiani: scavalcare le regole del mercato per concedere dei benefici a questa o quella categoria o per sostenere questo o quel prodotto, sia in nome della giustizia sociale che della sostenibilità ambientale. Questi però sono solo dei pretesti, perché il vero scopo è assicurarsi il consenso clientelare delle categorie beneficiate, a spese di tutti gli altri, e nello stesso colpire l’economia capitalista e il mercato con tasse più alte. E dato che sono i regimi di tipo sovietico quelli che hanno proibito il commercio e il mercato, questa è anche una sovietizzazione dell’economia (vedi l’articolo “Governare attraverso le distorsioni del mercato”).
Secondo il marxismo l’abolizione del mercato renderebbe la società più giusta. Ma se il mercato viene anche solo ostacolato l’economia si indebolisce, diminuisce la capacità di spesa delle famiglie, i negozi e le aziende chiudono, altri posti di lavoro vanno perduti e altre famiglie finiscono in povertà. Non è ora di sbarazzarsi di queste idee sbagliate?
Nell’Unione sovietica una vecchina che vendeva sulla porta di casa un paio di guanti fatti all’uncinetto rischiava il gulag. La proibizione del commercio è ancora più assurda perché questa attività è profondamente radicata nella natura umana. Infatti lo scambio di beni tra tribù diverse, che è una elementare forma di commercio, risale alla più lontana preistoria (vedi l’articolo “Lo scambio ci rende unici”).
Una volta il regime comunista di Mosca si giustificava con l’ideologia marxista. Poi, con la fine dell’Unione sovietica, questa ideologia è stata abbandonata. Ma adesso in Russia un’altra dittatura ha preso il sopravvento e ha soffocato la democrazia. Come tutte le dittature anche questa basa il suo potere sulla forza invece che sul consenso, ma non ha più questa giustificazione ideologica.
Oggi dovrebbe essere chiaro a tutti che l’ideologia marxista era solo un pretesto per giustificare un regime brutale e totalitario. Una dittatura che ha fatto moltissimi danni anche al nostro paese, che aveva il più grosso partito comunista del mondo libero e che riceveva i maggiori finanziamenti dall’Unione sovietica per la sua propaganda.
Eppure, molti anni dopo il crollo dell’Unione sovietica, in Italia è ancora in corso la guerra dichiarata dal marxismo contro la società “capitalista”, che però non è altro che la società in cui viviamo. E oggi per combattere questa guerra vengono usati dei pretesti ambientali.
I nemici della società capitalista si sono finti ambientalisti perché si sono accorti che con la scusa dell’ambiente si può far passare qualsiasi cosa, per quanto assurda possa essere. E così hanno trovato il modo di fare altri gravissimi danni all’economia (vedi l’articolo “I molti danni di un finto ambientalismo”).
Per questo però sono state necessarie grandi campagne di disinformazione, purtroppo quasi mai contrastate, che hanno condotto con il loro collaudato apparato di propaganda. Dopo avere preso di mira il settore strategico dell’energia, hanno messo sotto accusa tutte le fonti di energia affidabili, a partire da quella nucleare, per imporre la follia assoluta delle “energie alternative”.
Pertanto per rimettere l’Italia sulla giusta strada bisogna prima di tutto contrastare questa disinformazione, sia sul problema strategico dell’energia sia più in generale sui temi dell’ambiente e dello sviluppo.
Per esempio bisognerebbe spiegare alla gente come sono fatte e come funzionano le centrali nucleari, affinché tutti possano rendersi conto che questa è la fonte di energia ideale, perché può produrre tutta l’energia di cui abbiamo bisogno in maniera quasi miracolosa, cioè senza bruciare combustibili fossili.
L’energia nucleare è anche economica e sicura, la più sicura che si possa immaginare, e l’unica che può abbattere le emissioni di anidride carbonica. Al contrario le energie “alternative” sono solo un’utopia (vedi l’articolo “Energia nucleare pulita e sicura”).
Infatti bisognerebbe anche spiegare gente che gli impianti eolici e fotovoltaici non sono in grado di far chiudere le centrali elettriche perché producono la loro (costosa) energia in maniera discontinua e imprevedibile, oppure nei momenti sbagliati. Inoltre, dato che hanno una bassa densità energetica, essi impegnano (inutilmente) migliaia di chilometri quadrati di territorio, che è il valore ambientale più importante che abbiamo. Quindi è sbagliato dire che questa è l’unica fonte di energia sostenibile, perché è vero l’esatto contrario!
Lo stesso discorso, però, potrebbe essere ripetuto per la distruzione di molte foreste allo scopo di produrre biocarburanti. Distruzione che ha come conseguenza la distruzione della biodiversità e un forte aumento delle emissioni di CO2! E poi per l’ingegneria genetica, che farebbe crollare il consumo di pesticidi senza alcun rischio per la salute o per l’ambiente. In realtà è proprio la loro proibizione, nel paese anti ogm più fondamentalista del mondo, che rischia di far scomparire le api! (vedi l’articolo “Piante geneticamente modificate”).
Infine i nemici dell’economia e della società moderna, impregnati di marxismo, hanno messo sotto accusa anche la crescita economica e lo sviluppo, che accusano di essere la causa delle ingiustizie sociali e dei danni all’ambiente. Su internet parlano di “sviluppismo” come se fosse il nazismo.
Ma questo è un altro grande errore di prospettiva, perché una sana crescita economica è l’unica strada conosciuta per uscire dalla povertà, che è l’unico vero problema sociale. La crescita economica moderna degli ultimi due secoli ha anche diminuito le disparità sociali. Infatti è ad essa che dobbiamo l’abolizione della schiavitù, la quasi scomparsa del razzismo e la conquista della parità di genere. Infine la società moderna ha aumentato la conoscenza che abbiamo del mondo: della realtà fisica, dell’universo, della vita su questo pianeta e infine di noi stessi (vedi per confronto qual’era il livello della conoscenza scientifica solo quattro secoli fa, nella pagina “La scienza prima di Galilei e Newton”).
La soluzione del problema della povertà non è la “redistribuzione”. Questo è solo un altro modo per mettere sotto accusa il benessere raggiunto trasformandolo in una colpa. Però nessun paese ha mai sconfitto la povertà senza la crescita economica. Infine lo sviluppo è anche la condizione per la pace, la stabilità e la sicurezza.
Un’altra affermazione sbagliata è che la povertà nel mondo sta aumentando, naturalmente per colpa del mercato e del capitalismo, quando invece sta rapidamente diminuendo. Basti dire che negli ultimi due secoli la media mondiale dell’aspettativa di vita è triplicata. Un miglioramento che ha subìto una forte accelerazione proprio negli ultimi 50 anni, cioè sotto i nostri stessi occhi.
Sono i dati dell’ONU a dirci che negli ultimi decenni tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento: reddito, aspettativa di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a istruzione, cure mediche, acqua potabile, elettricità ecc.
Inoltre, sempre grazie allo sviluppo, stiamo raggiungendo la stabilità demografica anche su scala globale. Infatti è dalla metà degli anni ‘90 che in media mondiale il numero di nuovi nati ha smesso di aumentare. Un altro dato epocale che viene ignorato.
Infine non è vero che lo sviluppo non sia sostenibile dal punto di vista ambientale. Lo dimostrano i paesi più sviluppati che sono oggi, da ogni punto di vista, molto più sostenibili di 50 anni fa e sostenibili lo stanno diventando sempre di più. Mentre gli emergenti stanno percorrendo questa stessa strada, che è una strada obbligata, con solo qualche decennio di ritardo.
Durante la crescita che porta dalla povertà al benessere aumenta la produzione dei beni materiali che servono a soddisfare i bisogni primari, e quindi aumenta l’impatto ambientale. Ma una volta che questi bisogni sono stati soddisfatti, la produzione dei beni materiali viene in larga misura sostituita dai servizi, che sono beni immateriali. Inoltre aumenta l’efficienza con cui i vari beni vengono prodotti, e quindi diminuisce ancora di più il consumo delle risorse primarie. Per questo e per altri motivi un’economia matura e terziarizzata è l’unico modello sostenibile anche dal punto di vista ambientale (vedi l’articolo “Politica e ambiente”).
Da pochi mesi abbiamo un nuovo governo. Auguriamoci che una volta tanto voglia fare gli interessi di questo Paese (e non quello delle multinazionali dei combustibili fossili o dei dittatori), rilanciare l’economia e creare molte nuove opportunità di lavoro, sia per gli italiani che per gli immigrati. Obiettivi che non sono affatto incompatibili, contrariamente a quello che molti pensano, con l’esigenza di tutelare l’ambiente e di diminuire le emissioni di gas serra.
Ecco le linee guida di un programma di governo, di qualsiasi governo di destra o di sinistra interessato a fare gli interessi del nostro Paese, e non a combattere una guerra assurda contro la società stessa in cui viviamo.
- Per riportare l’Italia dalla serie B alla serie A la prima cosa da fare è puntare sull’autonomia energetica, allo scopo di diminuire le nostre importazioni di energia e il conseguente impoverimento del sistema paese. Impoverimento che in tempi normali vale diversi punti di PIL e che raddoppia o triplica durante le crisi energetiche. Bisogna riaprire gli impianti di estrazione del gas, costruire i rigassificatori e sfruttare il calore di scarto delle centrali elettriche per scaldare case e uffici in inverno. A questo punto si potranno togliere gli incentivi agli inutili impianti eolici e fotovoltaici, in modo da risparmiare altri 10 miliardi all’anno. Infine bisognerebbe dare una spintina alle auto elettriche. Questo è uno dei pochi casi in cui gli incentivi sono giustificati perché le auto elettriche farebbero crollare sia i consumi di petrolio che le emissioni di anidride carbonica (vedi l’articolo “I vantaggi della trazione elettrica”). Per il problema dell’energia però la soluzione a lungo termine sono le centrali nucleari, adesso ancora molto più convenienti grazie ai reattori modulari. Quale sarebbe oggi il tasso di anidride carbonica se l’energia nucleare fosse stata sostenuta invece di essere ostacolata? Poi bisogna rilanciare l’economia sfruttando le grandi opportunità che noi abbiamo e che altri paesi non hanno (vedi le “Proposte per rilanciare l'economia”).
- Bisogna anche investire di più nella ricerca scientifica e nella valorizzazione del nostro patrimonio storico e artistico, che non ha eguali al mondo. E’ nostro dovere tutelare questo grande patrimonio di arte e cultura classica, che però è anche una grossa opportunità per la nostra economia e per migliorare la nostra immagine all’estero, che a sua volta ci aiuterebbe a vendere meglio i nostri prodotti di qualità e il nostro turismo. Discorso analogo per quanto riguarda la scienza. Quelli nella ricerca scientifica sono alla lunga gli investimenti migliori, perché creano le condizioni per la crescita in molti settori dell’economia.
- Però un paese come il Nostro non dovrebbe fermarsi qui. Certo, dobbiamo imparare a fare i nostri interessi, invece di fare l’esatto contrario come i governi degli ultimi anni. Però non dovremmo nemmeno perseguire in maniera egoistica il nostro solo interesse. Sarebbe un comportamento miope e poco lungimirante. La ONG anti capitaliste, non solo aiutano i trafficanti di carne umana a trasferire in Italia milioni di disperati per mettere in difficoltà un paese capitalista e peggio ancora mediterraneo, ma hanno anche convinto la Banca Mondiale (dell’ONU) e la Banca Europea per gli Investimenti ad interrompere i finanziamenti alle infrastrutture nei paesi più poveri. Per esempio nella regione più povera del mondo da anni tengono bloccato il progetto Grande Inga, che prevede la costruzioni di una serie di dighe sugli affluenti del fiume Congo che potrebbero soddisfare il fabbisogno energetico di tutta l’Africa centrale. Questi impianti sarebbero molto più sostenibili della legna da ardere ottenuta con il taglio degli alberi della foresta e si ripagherebbero da soli con il valore dell’energia elettrica prodotta. L’Italia, oltre a costringere le ONG a portare nel loro paese i migranti dei barconi (perché altrimenti la loro è solo ipocrisia allo stato puro), dovrebbe anche sostenere gli investimenti nelle infrastrutture di cui i paesi più poveri hanno un disperato bisogno per uscire dalla povertà. Aiutare questi paesi a crescere è anche un buon investimento, sia perché questa è la condizione per la pace e la sicurezza, sia perché l’Africa centrale, proprio perché è così povera, ha davanti a sé un lungo periodo di robusta crescita economica. E quindi è anche la regione del mondo in cui è più conveniente investire (vedi l’articolo “Paesi poveri: problema o opportunità?”).