LA CRIMINALIZZAZIONE DELLA SOCIETA' MODERNA

Da molti anni i governi italiani prendono decisioni contrarie all’interesse nazionale, mentre dovrebbero fare il contrario. Decisioni che, per esempio, hanno aumentato il più possibile e reso drammatica la nostra dipendenza dalle importazioni di energia.
Nel 2008, all’epoca della precedente crisi energetica, dovevamo importare l’85 per cento dell’energia di cui avevamo bisogno perché erano 15 anni che avevamo bloccato l’estrazione del gas sul suolo nazionale. Un fiume di denaro che ogni anno se ne andava all’estero e già impoveriva tutto il sistema paese. Ma in pochi mesi i prezzi dell’energia triplicarono, con la conseguenza che il costo della bolletta energetica superò il 10 per cento del PIL. E’ questa la causa della crisi economica che dura da allora, perché nessun paese può resistere ad un impoverimento di questa portata protratto per molti anni! Poi, lentamente, a causa dei prezzi alti, l’estrazione del gas era ripresa. Ma qualcuno è riuscito di nuovo a bloccarla. E purtroppo nessun’altra forza politica ha cercato di impedirlo.
Dopo l’invasione dell’Ucraina i prezzi del gas sono di nuovo saliti alle stelle, e ce ne stiamo accorgendo. Ma qual è la vera ragione di questa politica energetica autolesionista che sta di nuovo causando così tanti danni all’economia?
Molti sono convinti che la società moderna sia la causa delle ingiustizie sociali e dei danni all’ambiente, e che per questo debba essere combattuta in tutti i modi possibili. E per combatterla hanno strumentalizzato i temi ambientali. Tutte le fonti affidabili di energia sono state ostacolate o bloccate per imporre le energie alternative, costosissime e inutili. Una politica che è stata fatta propria da molti governi, dall’Europa, dall’America e dall’ONU. Il risultato è quello che vediamo oggi: stiamo addirittura finanziando, con gli altissimi prezzi del gas, le campagne militari di Putin!
In realtà la società moderna è l’unica sostenibile sul piano sociale, perché è l’unica nella Storia che sconfigge la miseria assoluta dei secoli passati. E dopo la crescita che porta dalla povertà al benessere, essa è anche l’unica sostenibile sul piano ambientale.
Ma non si stava meglio nel Medioevo? Allora non c’era il capitalismo, non c’era lo sfruttamento degli operai, non c’erano le multinazionali, le fabbriche, l’inquinamento, i pericoli del traffico. I cibi erano genuini e la vita più semplice e autentica. Tutti i mali derivano dalla società moderna!
Per dirimere la questione, per capire se una volta si stesse meglio di oggi, bisogna rivolgersi agli esperti. Il libro più informato su come si viveva una volta in Europa rimane la “Storia economica dell’Europa pre-industriale” di Carlo M. Cipolla (1922 – 2000) pubblicato dalla Casa editrice Il Mulino di Bologna.


La vita una volta: dura, bestiale e breve
Spulciando tra le pagine possiamo leggere:
A pagina 39 - “La massa viveva in uno stato di fame endemica e sotto l’incubo permanente della carestia… Quando il raccolto andava male e i prezzi dei commestibili si impennavano, anche spendendo il 100 per cento del proprio reddito l’uomo medio non riusciva a sfamare né sé né la propria famiglia. Allora era la carestia e la gente moriva letteralmente di fame”.


Per quanto riguarda le disparità sociali si può leggere:
A pag. 22 - “E’ innegabile comunque che una delle caratteristiche tipiche dell’Europa pre-industriale fu un allucinante contrasto tra la miseria abietta della massa dei più poveri e l’opulenza e la magnificenza dei più ricchi”.
A pag. 24 - “Uno studio su una città lombarda ha messo in luce per la metà del Cinquecento la distribuzione indicata nella tabella 3d. Secondo i dati di questa tabella il 2 per cento delle famiglie deteneva il 45 per cento delle scorte di grano mentre il 60 per cento non aveva scorta alcuna”.
A pag. 29 - “… la massa dei mendicanti era altamente fluttuante. Molta gente viveva con livelli di reddito minimi e non aveva risparmi. Un’annata di cattivo raccolto, un ristagno negli affari e di colpo i mendicanti si moltiplicavano a dismisura. Ogni operaio o contadino era un potenziale mendicante”.


Riguardo alle condizioni abitative.
A pag. 41 - “Vi era un eccessivo affollamento in locali malsani, soprattutto nelle zone più povere, con conseguenze nefaste sulla salute pubblica. Secondo la relazione del procuratore G.F. Besta in Milano, nel 1576 nei quartieri maggiormente infestati dalla peste, 4.066 famiglie vivevano addensate nelle 8.953 camere esistenti in 1653 case”.
A pag. 42 - “A Palermo durante l’epidemia di peste del 1575. La peste si fa di giorno in giorno più crudele massimamente nel quartiere di Celvaccari, come e più mal disposto e pieno di gente più bassa e vile, in certi luoghi chiamati cortigli, che sono ridotti di certe casette basse, attaccate l’una con l’altra, che molte case spesso si congiungono non havendo salvo che una entrata, con un pozzo in mezzo, comun per tutte”.
A pag. 42 - “A Genova durante la terribile epidemia di peste del 1656 – 57 una suora annotò: In Genova … grandissimo popolo, tutto povero, ristretto in case di 10 o 12 famiglie, … habitano per il più in una stanza otto o più persone prive di acqua e di ogni altra comodità”.


Le condizioni igieniche erano terribili.
A pag. 155 - “La gente usava strade e piazze come pubbliche latrine e gettava ogni cosa fuor dalla finestra senza curarsi di chi passava di sotto”.
A pag. 156 secondo una descrizione dell’epoca - “Parigi è un posto orribile e puzzolente. Le strade sono così mefitiche che non vi si può restare a causa della puzza di carne e pesce che vanno a male e a causa di una folla di gente che orina per le strade”.
A pag. 47 - Nel 1524 Erasmo scriveva a John Francis, medico del cardinale di York, che in Inghilterra anche nelle case dei benestanti il pavimento era sovente ricoperto da rifiuti, vomito ed escrementi d’uomo e d’animali.


Un altro aspetto delle condizioni di vita era la sorte dei bambini abbandonati.
Alle pagine 54 e 55 - “A Venezia, nel XVI secolo, l’Hospedale della Pietà aveva cura in media di circa 1.300 trovatelli che su una popolazione di 130 – 160 mila anime rappresentavano quasi l’1 per cento. A Firenze nel 1552 nell’ospedale degli Innocenti si trovavano 1.200 trovatelli: su una popolazione di circa 60 mila anime rappresentavano quasi il 2 per cento. A Prato nel 1630 l’ospedale della Misericordia aveva in cura 128 fanciulle, 54 fanciulli e 98 infanti , l’1,6 per cento della popolazione totale. Inoltre va anche considerato che le cifre di cui sopra si riferiscono in larga misura ai trovatelli sopravvissuti. Secondo una stima veneziana del XVI secolo, l’80 – 95 per cento dei trovatelli moriva entro il primo anno.


Anche le condizioni di lavoro di uomini, donne e fanciulli erano terribili.
A pagina 87 si legge: In genere si descrive a tinte fosche il lavoro dei fanciulli come qualcosa di tipico della Rivoluzione Industriale. La verità è che nelle società pre-industriali i fanciulli furono impiegati altrettanto largamente e inumanamente”.
A pag. 88 - Una grida lombarda del 1590 a proposito della coltura del riso denunciò che a tempo che si mondano i risi o si fanno intorno ad essi altre opere alcuni chiamati capi de risaroli procurano in più modi unire quantità de figlioli e garzoni con quali usano barbare crudeltà perché, ridotti con promesse o lusinghe al luogo destinato, li trattano molto male non pagando e non provedendo a quelle meschine creature del vitto necessario, e facendo fatticare come schiavi con battiture e con asprezze maggiore di quella che s’usa con i condannati al remo di modo che molti anco ben nati se ne muoiono miseramente nelle casine e nei campi circonvicini”.


Al di là di queste forme abiette di sfruttamento, molti lavori artigianali avevano conseguenze funeste per la salute. Dal libro De Morbis artificun diatriba del medico modenese Bernardino Ramazzini (fine ‘600 e inizio ‘700), a pag. 157 si legge:
Minatori. Qualunque sia la natura del materiale di scavo finiscono sempre con l’accusare malattie gravissime, ribelli a tutti i rimedi …
Doratori. Nessuno ignora le terribili malattie che incolgono gli orafi che della doratura dell’argento e del rame. Poiché questa operazione si compie solo amalgamando oro e mercurio e volatilizzando poi il mercurio al fuoco, per quante cautele prendano questi operai, anche di voltar altrove il viso, non possono evitare di accogliere attraverso la bocca i vapori velenosi …
Vasai. Per verniciare le stoviglie hanno bisogno di piombo bruciato e polverizzato … e dopo breve tempo ne risentono gravissime malattie …
Vetrai. Più gravi sono i mali di quelli che fabbricano i vetri colorati per i braccialetti e gli ornamenti delle donne del popolo e altri usi. Per colorare il cristallo devono adoperare il borace calcinato e l’antimonio unito a una certa quantità di oro … Accade che spesso alcuni cadano a terra esanimi e soffrano di soffocazioni o con l’andar del tempo abbiano la bocca, l’esofago, la trachea coperti di piaghe e che finiscano coi polmoni ulcerati a far parte della famiglia dei tisici, come appare chiaro dalle autopsie …


Ma anche le donne, sempre secondo il medico Ramazzini, erano spesso impiegate in lavori pesanti e insalubri.
A pag. 88 si legge: “in autunno c’è la consuetudine di mettere a macerare negli stagni la canapa e il lino, compito che spetta soprattutto alle donne, le quali devono immergersi nell’acqua dei pantani e dei maceri fino alla cintola per tirarne fuori i fasci di canapa e lavarli. Non poche dopo questo lavoro sono prese dalla febbre e muoiono.


E si potrebbe continuare a lungo. Il numero degli omicidi era 10 o 20 volte superiore a quello dei giorni nostri. Le guerre, con il loro carico di devastazioni, erano ricorrenti. La grande massa dei contadini era in uno stato di schiavitù di fatto. La lunghezza media della vita si aggirava intorno ai 24 anni. Altre fonti parlano di 30 anni. Ma, al di là dell’esatta quantificazione di questo dato, non ci possono essere dubbi che nei secoli e nei millenni passati le condizioni fossero quelle di una miseria assoluta. A questo punto diventa inevitabile il confronto col mondo di oggi.


La vita oggi: mai così bene
Per conoscere il livello di vita raggiunto dalla popolazione mondiale c’è un altro libro importante da segnalare. “FACTFULNESS” di Hans Rosling (1948 – 2017), pubblicato dall’Editore Rizzoli, presenta sotto forma di grafici di facile lettura i dati sullo sviluppo dell’ultimo mezzo secolo. L’autore, morto poco dopo avere completato questo lavoro, era uno dei principali accademici svedesi. Un medico – eroe che più volte è volato in Africa per tamponare delle epidemie di Ebola. Era anche un esperto di statistica e ha trasformato le tabelle di dati numerici dell’ONU in grafici.
Questi dati dimostrano che negli ultimi 50 anni tutti gli indicatori globali dello sviluppo hanno conosciuto uno straordinario miglioramento. Quello più significativo, che ne riassume molti altri, è il dato dell’aspettativa di vita. Nei paesi più sviluppati oggi è di circa 81 anni, in Italia di 82, nel resto del mondo di 71, mentre la media mondiale in questo momento dovrebbe essere di 74 anni.
Ad avere sconfitto la miseria assoluta di tutte le altre epoche è senza dubbio la società moderna. Prima nei paesi “occidentali” e adesso nel resto del mondo.
Ma però molti sono ancora fermi a 50 anni fa, quando il mondo era nettamente diviso tra un piccolo gruppo di paesi ricchi e la grande maggioranza della popolazione mondiale, che si trovava ancora in uno stato di grande povertà. Ma i dati dell’ONU dimostrano che nell’ultimo mezzo secolo i paesi poveri hanno conosciuto una fortissima crescita e stanno a poco a poco raggiungendo quelli più sviluppati.
Mezzo secolo fa la Cina, l’India e la Corea del Sud erano, da molti punti di vista, molto più indietro dell’Africa sub sahariana, e si riteneva che il destino dell’Asia sarebbe stato identico a quello cui l’Africa pareva condannata: “Non riusciranno mai a sfamare quattro miliardi di persone”. Eppure questi paesi hanno già raggiunto o stanno raggiungendo quelli più sviluppati.
Ma adesso la crescita rapida (superiore al 5 per cento annuo) si è estesa anche a diversi paesi africani, che vanno dal Ghana, alla Nigeria, al Kenia e all’Etiopia, fino a ieri fra i più poveri al mondo. Prima di loro la crescita aveva interessato i paesi del Centro e Sud America, dell’ex Unione sovietica, dell’estremo Oriente e del mondo islamico.
Tra i dati globali più significativi riportati da FACTFULNESS c’è quello della percentuale della popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà estrema, cioè con un reddito inferiore a 2 dollari al giorno. Nell’anno 1800 era l’85 per cento, nel 1966 era ancora il 50 per cento, nel 1997 era il 29 per cento mentre nel 2017, solo 20 anni dopo, era crollata al 9 per cento.
Ma oltre al reddito sono migliorati in misura analoga tutti gli altri indicatori dello sviluppo: speranza di vita, sopravvivenza alla nascita, accesso a cure mediche, istruzione, acqua potabile, elettricità ecc.
Per esempio nel 1950 15 neonati su 100 morivano prima di compiere un anno. Nel 2016 questa percentuale si era ridotta al 3 per cento. La percentuale dei bambini di un anno che hanno ricevuto almeno una vaccinazione è passata dal 22 per cento del 1980 all’88 per cento del 2016.
Altri dati significativi. Le rese cerealicole sono passate da 1,4 tonnellate per ettaro nel 1961 a 4 tonnellate nel 2014. Il tasso di scolarizzazione delle bambine è passato dal 65 per cento del 1965 al 90 per cento del 2015. L’accesso all’elettricità è passato dal 72 per cento del 1991 all’85 per cento del 2015. L’accesso all’acqua da fonte protetta è passato dal 58 per cento del 1980 all’88 per cento del 2015.


Un miglioramento spettacolare
Ma forse il miglioramento più spettacolare è quello demografico. La crescita demografica, che è esponenziale, rende la povertà inevitabile perché diminuisce sempre di più la disponibilità dei beni pro capite. In tutte le altre epoche storiche il tasso di crescita demografica era di circa il 6 per cento l’anno. Ma con il passaggio dalla produzione artigianale a quella industriale la crescita economica ha sorpassato quella demografica. E man mano che la povertà diminuiva e venivano soddisfatti i bisogni fondamentali, cominciava a diminuire la natalità.
In questa fase, però, diminuisce prima la mortalità e solo in un secondo tempo la natalità. Questo determina un temporaneo, forte aumento della popolazione, conosciuto come transizione demografica. Questa crescita, però, è presto seguita dal raggiungimento dell’equilibrio demografico.
La transizione demografica è avvenuta prima nei paesi europei o occidentali, perché sono stati loro ad inventare la società moderna. Ma dopo la fine del maoismo in Cina e del comunismo in Russia, tutti hanno capito cosa bisogna fare per sconfiggere la povertà. E da allora lo stanno facendo, e una delle conseguenze è che la natalità è crollata anche a livello mondiale.
Dal 1965 a 2017 il numero medio di figli per donna è passato da 5 a 2,5. E sono ormai 25 anni che, in media mondiale, il numero di nuovi nati si è stabilizzato, come si può vedere nel grafico di pag. 97. Anche se, in termini assoluti, la popolazione continuerà ad aumentare ancora per qualche decina d’anni. Ma a crescere di numero saranno le classi di età adulte, mentre il numero di bambini che nascono ogni anno non aumenta più da 25 anni!
I dati sullo sviluppo degli ultimi decenni sono stati riassunti nei due grafici a bolle delle pagine 35 e 36. Il primo rappresenta la situazione nell’anno 1965. Qui i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo sono separati da un grande divario: da una parte, in alto a destra, ci sono i paesi ricchi e dall’altra, molto più indietro e più in basso, quelli poveri.
Nel secondo grafico, che rappresenta la situazione nell’anno 2017, l’85 per cento dell’umanità si trova già nella casella che un tempo si chiamava “Mondo sviluppato”. E solo il 6 per cento della popolazione mondiale è ancora all’interno della casella “in via di sviluppo”, ma ne sta velocemente uscendo.
Quindi non si possono mettere in dubbio né la miseria assoluta di tutte le altre epoche, né il forte arretramento della povertà prima nei paesi occidentali e poi nel resto del mondo. Al ritmo del 6 per cento annuo con cui stanno crescendo molti paesi emergenti, il volume dell’economia raddoppia ogni 12 anni. Quindi nei prossimi 24 anni ci saranno altri due raddoppi: a cosa si sarà ridotta allora la povertà, che già oggi è così diminuita?


Il miracolo della società moderna
Ma la domanda che dobbiamo porci adesso è: cosa ha prodotto questo miracolo, questo straordinario arretramento della povertà? Non c’è dubbio, il merito è della società moderna. Cioè della rivoluzione scientifica e tecnologica, dell’economia di mercato e della libertà. La società in cui viviamo deve quindi essere considerata l’unico modello sostenibile sul piano sociale, perché è la povertà l’unico vero problema sociale.
Negli ultimi 200 / 250 anni la produzione dei beni materiali che servono a soddisfare i bisogni primari e a sconfiggere la povertà è aumentata di circa 30 volte. Questo però ha aumentato la pressione delle attività antropiche sull’ambiente. E’ questo il motivo per cui molti sono convinti che la società moderna non sia sostenibile.
Ma, come quella demografica, anche la crescita della produzione dei beni materiali non dura all’infinito. Una volta raggiunta la saturazione del mercato, essa si arresta e poi comincia a diminuire.
Nei paesi che si sono sviluppati per primi, per esempio in Italia, la produzione dei beni materiali ha smesso di crescere già mezzo secolo fa e da allora, a seconda dei settori, si è stabilizzata, è diminuita o è crollata.
A crescere sono stati invece i servizi, che oggi coprono i tre quarti dell’economia. E dato che i servizi non sono altro che beni immateriali, essi esercitano un impatto molto minore sull’ambiente. Per di più i beni che consumiamo li produciamo in maniera molto più efficiente, cioè usando sempre meno risorse naturali, che è quello che conta ai fini della sostenibilità ambientale (vedi l’articolo “LO SVILUPPO COME SOLUZIONE DEI PROBLEMI DELLA POVERTA' E DELL'AMBIENTE”).
Inoltre le possibilità dell’innovazione tecnologica non sono affatto esaurite. Per esempio adesso sta iniziando l’era delle auto elettriche, che faranno crollare i consumi di energia dei veicoli leggeri di un buon 80 per cento (vedi l’articolo sull’AUTO ELETTRICA).
Per tutti questi motivi i paesi più sviluppati sono oggi molto più sostenibili di quello che erano 50 o 60 anni fa, e sostenibili col tempo lo diventano sempre di più. In Italia nel dopoguerra la superficie dei boschi è più che raddoppiata, è tornata la fauna selvatica, il livello dei principali inquinanti è crollato e sono molto diminuite anche le nostre emissioni di anidride carbonica.
Per quanto riguarda i paesi emergenti, essi stanno percorrendo la stessa strada di quelli più sviluppati con solo qualche decennio di ritardo. Per alcuni aspetti il loro impatto ambientale sta ancora aumentando, ma per altri sta già diminuendo. In questi paesi c’è già una classe media, più o meno estesa e in crescita, che ha soddisfatto i suoi bisogni primari e che si sta orientando sui servizi.
I paesi emergenti, come dimostrano i dati dell’ONU, stanno crescendo rapidamente (come l’Italia nel boom economico degli anni ’50 e ’60). E presto il loro impatto ambientale comincerà a diminuire. Anzi già adesso, in quelli più avanzati come la Cina, l’impatto ambientale complessivo è già in diminuzione. Infine la società moderna ha già tutte le soluzioni che possiamo desiderare per i principali problemi dello sviluppo e della sostenibilità, sia nei paesi più sviluppati che in quelli emergenti.


La criminalizzazione della modernità
Eppure molti sono convinti che la società moderna sia la causa delle ingiustizie sociali e dei danni all’ambiente. E per questo l’hanno criminalizzata insieme a tutte le sue conquiste più importanti. La condanna della società moderna è arrivata al punto che sono stati messi sotto accusa persino i vaccini.
La sconfitta della povertà e il raggiungimento di un alto livello di benessere, invece di essere considerati un grande successo, una conquista epocale dopo migliaia di anni di miseria abissale, sono diventati una colpa, un’ingiustizia verso chi è rimasto indietro. Anzi, l’unica colpa veramente imperdonabile.
Sono state messe sotto accusa anche le tecnologie più utili sviluppate in questi anni, a partire da quelle riguardanti il settore strategico dell’energia. Infatti sono state condannate, ostacolate o bloccate tutte le fonti di energia sicure e affidabili: l’energia nucleare, il gas naturale e persino le efficientissime centrali a turbogas e l’energia idroelettrica. Che si è preteso di sostituire con le “energie alternative”, che però non sono in grado di sostituire le normali centrali elettriche e quindi nemmeno di diminuire le emissioni di anidride carbonica. Per produrre l’energia di cui abbiamo bisogno e in maniera sostenibile ci sono delle soluzioni molto migliori, come l’auto elettrica, l’energia nucleare e la sostituzione del carbone con il gas naturale e le centrali a turbogas.
La rinuncia al nucleare, avvenuta negli anni sessanta e la scelta di dipendere dalle importazioni di combustibili fossili, ha impoverito a tal punto l’Italia rispetto ad altri paesi europei, da farci diventare un paese di serie B. Il nostro livello di vita è molto più basso di quello che avrebbe potuto essere, siamo pieni di disoccupati e ci sono sempre meno soldi da investire nella ricerca, nelle nuove tecnologie e nei grandi progetti.
Sono state messe sotto accusa anche alcune importanti tecnologie. Per esempio è stata criminalizzata l’ingegneria genetica, che in trent’anni non ha mai causato danni alla salute o all’ambiente, che aumenterebbe le rese per ettaro e farebbe crollare il consumo dei pesticidi.
Sono state criminalizzate anche le sostanze chimiche in generale, comprese le piccolissime quantità di cloro necessarie in molti paesi per potabilizzare l’acqua, o le minuscole quantità di DDT che servono per combattere la malaria. E si stima che quest’ultima proibizione abbia causata 50 milioni di morti.
Infine ai paesi più poveri (e ricattabili) viene impedito l’accesso a fonti di energia affidabili. Per esempio in Africa è ancora bloccato il progetto Grande Inga, che prevede la costruzione di una serie di dighe sugli affluenti del fiume Congo per produrre 60 mila MW di energia idroelettrica, sufficienti per tutta l’Africa a Sud del Sahara. L’unica fonte di energia consentita, perché “naturale”, è la legna da ardere! Per fortuna la grande maggioranza dei paesi emergenti non sono più ricattabili. Essi hanno capito cosa devono fare per sfuggire alla povertà e lo stanno facendo. E che stiano davvero uscendo dalla povertà lo dicono le statistiche dell’ONU.


Una destra e una sinistra italiane poco liberali o anti liberali
Però la società moderna non è fatta solo di innovazione tecnologica, ma anche di economia di mercato e di libertà. L’Italia, che aveva il più grosso partito comunista dell’Occidente, è anche il paese europeo nel quale c’è meno cultura liberale. Qui da anni i governi ostacolano o bloccano le soluzioni migliori nel settore strategico dell’energia, per imporre, attraverso fortissime distorsioni del mercato, l’assurdità delle energie “alternative” (vedi l’articolo “GOVERNARE ATTRAVERSO LE DISTORSIONI DEL MERCATO”).
E per quanto riguarda la libertà e la democrazia, dopo più di 75 anni dalla Seconda guerra mondiale gli elettori italiani non possono ancora scegliere chi li deve governare. Dopo tanto tempo non abbiamo ancora sostituito il regime fascista con una democrazia degna di questo nome!
La sinistra italiana non ha ancora capito che la società moderna non è la causa delle ingiustizie sociali e dei danni all’ambiente, ma la soluzione. E purtroppo nell’altro schieramento politico le cose non vanno molto meglio.
In teoria dovrebbe essere la destra liberale a contrastare la guerra in corso contro la società in cui viviamo. Invece anche nella destra italiana di cultura liberale ce n’è ben poca. Anzi una parte della destra, come succede del resto anche in altri paesi, è anch’essa anti liberale. Si chiama destra perché si contrappone alla sinistra, non perché è liberale.
Infatti c’è una grossa fetta dell’opinione pubblica che ha una visione della società troppo legata al passato e ai suoi valori (o disvalori). Che ha una conoscenza superficiale della scienza oppure la rifiuta. Che non ha un’idea chiara del mondo di oggi e non capisce o rifiuta la modernità.
Poi c’è la destra liberale, o che tale dovrebbe essere. In realtà in Italia c’è quasi solo quello che è stato definito “liberismo economico”. E’ sempre meglio di niente, ma di fatto questo è il liberismo di chi ha dei privilegi economici da difendere, mentre manca una cultura liberale diffusa. Il liberismo di Adam Smith e David Ricardo non è del tutto sconosciuto, ma è confinato in qualche aula universitaria (chi è interessato all’argomento potrebbe leggere “La grande ricchezza” di Deirdre Nansen McCloskey con Art Carden della LUISS University Press).
Prevale quindi una visione elitaria dell’economia legata alla tutela di qualche privilegio, che in qualche modo conferma, dall’altra parte della barricata, l’interpretazione in senso “capitalista” del marxismo.
L’opinione pubblica, anche la più istruita, ancora non sa cosa sia la crescita economica moderna. Non è consapevole dell’enorme miglioramento delle condizioni di vita rispetto ai secoli passati e ancora meno ne ha compreso le cause. E non si è nemmeno accorta della straordinaria crescita in corso nel resto del mondo, che replica, con mezzo secolo di ritardo, quella dei paesi “occidentali”.


I paesi con una cultura liberale diffusa
Quindi in Italia manca una cultura liberale diffusa. Ma anche nei paesi che possono vantare una forte tradizione liberale, c’è qualcosa da aggiustare. Certo, anche lì spesso gli interessi economici più forti prevalgono su quello generale. Anche lì c’è la tendenza a creare dei monopoli e delle rendite di posizione. Del resto è nell’ordine delle cose che chi è più forte cerchi di far sentire il proprio peso.
Ma la critica principale è che anche nei paesi che danno un grande valore all’innovazione tecnologica, all’economia di mercato e alla libertà, la cultura liberale non si è aggiornata per tenere conto dei problemi ambientali, oggi così importanti. Inoltre il liberalismo classico non tiene conto nemmeno del fatto che un’economia matura è in grande prevalenza costituita da servizi, con tutto quello che ne consegue. Infine anche qui manca la consapevolezza dei grandi cambiamenti in corso, che stanno facendo uscire dalla povertà quasi tutto il resto del mondo.
Il fatto che nei paesi più sviluppati l’economia sia costituita per tre quarti da servizi cambia molte cose. Significa che la produzione dei beni materiali non cresce all’infinito. Significa che ad certo punto essa si arresta e comincia a diminuire per essere sostituita dai servizi, che sono beni immateriali.
I servizi soddisfano dei bisogni meno fondamentali, che spingono l’economia con meno forza. Ma in compenso essi soddisfano dei bisogni più sofisticati, come quello della tutela dell’ambiente, che fanno fare un altro salto di qualità alla società. Una società che grazie ai servizi diventa sempre meno “materialista”, sempre più ricca culturalmente e sempre più evoluta e sofisticata.
L’aver trascurato i temi ambientali ha lasciato campo libero ai nemici della società moderna. Lo dimostra il fatto che nelle librerie ci sono quasi solo libri che la mettono sotto accusa. Anzi, in mancanza di una propria elaborazione, per lo più la cultura liberale ha fatto propria questa stessa interpretazione che strumentalizza i dati ambientali allo scopo di combattere la società moderna.
Tutto questo spiega perché le posizioni anti liberali, anti moderniste e anti sviluppo da anni stanno ispirando le decisioni dei governi europei, dell’America e dell’ONU. Con danni devastanti sia per le economie di molti paesi sviluppati, sia per quelle dei paesi più poveri.
E’ a questo che dobbiamo la follia delle pale eoliche, delle auto a idrogeno o degli impianti fotovoltaici nella Pianura padana, dove il 70 / 80 per cento dei giorni dell’anno sono di copertura nuvolosa. E’ a questo che dobbiamo il disinteresse per le soluzioni efficaci dei problemi più importanti, sia dello sviluppo che della sostenibilità.
La Germania e lo Stato della California hanno smantellato le loro centrali nucleari, che hanno preteso di sostituire con degli impianti eolici e fotovoltaici (quando in realtà per lo più le hanno sostituite con il carbone). Ma se il problema principale, la catastrofe universale, è il riscaldamento globale, perché le centrali nucleari sono state chiuse? La risposta è che le energie alternative, grazie agli aiuti di stato e alle leggi che stravolgono il mercato, sono diventate per molti un grosso affare e nessuno a cercato di impedirle.
Quindi è necessario che anche la cultura liberale si aggiorni. Ma per questo serve un’analisi ampia e approfondita dei temi dell’ambiente e dello sviluppo, basata sui dati della realtà e non su un’ideologia. Come quella proposta dal sito di Ecofantascienza nella pagina “AMBIENTE E SVILUPPO” e riassunta nell’articolo “POLITICA E AMBIENTE”.


L’invasione dell’Ucraina
Qualche giorno fa l’apparato burocratico – militare russo ha deciso di invadere l’Ucraina. Purtroppo c’è ancora qualcuno che non ha capito qual è la strada per il bene di un paese. Che ancora non sa che l’unico modo efficace per fare gli interessi di un paese è una sana crescita economica, non le guerre di conquista.
Una volta l’economia era un gioco a somma zero: un paese poteva arricchirsi, anche se in misura limitata, impoverendone altri. La strategia era quella dell’impero romano: armarsi, partire per una guerra di conquista e assoggettare altri paesi da sfruttare come colonie.
Questa era anche la filosofia del fascismo e del nazismo, che però hanno causato solo infiniti lutti e distruzioni, al proprio e a tanti altri paesi. Purtroppo non tutti hanno imparato questa lezione della Storia.
Capire che la società moderna, in maniera pacifica e sempre più sostenibile, sta sconfiggendo la povertà dovunque nel mondo, oggi è ancora più importante.