Percorso di una lattina di CocaCola© inglese dal momento della sua nascita
La fabbricazione della lattina è ben più costosa e complicata di quella della bevanda che contiene. La bauxite viene estratta in Australia, poi trasportata a uno stabilimento chimico dove un procedimento che dura circa mezz’ora riduce una tonnellata di bauxite in mezza tonnellata di ossido di alluminio. Quando è stata accumulata una quantità sufficiente del composto, essa viene caricata su un enorme container adibito al trasporto di minerali e spedita in Svezia o in Norvegia, dove le centrali idroelettriche forniscono energia a basso costo. Dopo avere viaggiato per un mese attraverso due oceani, il materiale solitamente resta per un paio di mesi in una fonderia. Qui, con un procedimento di due ore per ogni tonnellata di ossido di alluminio, viene trasformata in un quarto di tonnellata di alluminio, in blocchi di dieci metri di lunghezza. Dopo circa due settimane questi vengono trasportati agli stabilimenti di laminazione in Svezia o in Germania. Ogni blocco viene riscaldato a quasi 500 gradi centigradi e compresso fino a raggiungere uno spessore di tre millimetri. Le lamine vengono arrotolate in rulli di dieci tonnellate ciascuno e inviate a un deposito e successivamente a uno stabilimento di laminazione a freddo, nello stesso paese o all’estero, dove vengono ulteriormente compresse fino a uno spessore dieci volte inferiore, e sono finalmente pronte per la fabbricazione. L’alluminio approda a questo punto in Inghilterra, dove le lamine vengono tagliate e modellate in forma di lattine, che a loro volta vengono lavate, asciugate, trattate con una colorazione di fondo alla quale si sovrappone poi la serigrafia. I passaggi successivi sono la laccatura, la bordata (a questo punto le lattine sono ancora prive della superficie superiore), il trattamento dell’interno con un rivestimento protettivo che impedisca al liquido di corrodere il metallo e il controllo.
Le lattine vengono sistemate su pallet, poi trasportate da un carrello elevatore e immagazzinate; poi partono per lo stabilimento di imbottigliamento, dove vengono nuovamente lavate, poi riempite con la bevanda fatta di acqua, sciroppo aromatizzato, fosfato, caffeina e anidride carbonica. Lo zucchero proviene dalle coltivazioni di barbabietola della Francia, ed è anch’esso sottoposto a trasferimenti e a varie fasi di lavorazione. Il fosforo viene dall’Idaho, dove si estrae da profondi pozzi aperti, con un procedimento che porta in superficie anche cadmio e torio radioattivo. In una giornata la compagnia mineraria consuma la stessa quantità di elettricità di una città di 100.000 abitanti, per portare il fosforo al livello qualitativo adatto agli usi alimentari. La caffeina viene trasferita dallo stabilimento chimico di fabbricazione agli stabilimenti inglesi che producono lo sciroppo. Le lattine piene vengono sigillate con lamine di alluminio al ritmo di 1.500 al minuto, confezionate in cartoni stampati con gli stessi colori e decorazioni. Il cartone dei contenitori è fatto con polpa di legno fornita dagli alberi di un bosco svedese o siberiano, o dalle foreste vergini della Columbia Britannica, abitate da orsi, lontre e aquile. Dopo essere state risistemate sui pallet, le lattine partono verso i distributori locali e dopo breve tempo verso i supermercati dove solitamente una lattina viene acquistata nel giro di tre giorni. Il consumatore compera i suoi 33 centilitri di acqua zuccherata, colorata con il fosfato, infusa con la caffeina e aromatizzata con il caramello.
Berla richiede pochi minuti, gettar via la lattina giusto un secondo. In Inghilterra i consumatori buttano l’84 % delle lattine, il che significa che il tasso di eliminazione dell’alluminio, calcolati gli scarti di produzione, è dell’88%.
James Womack
(citato – a pag. 64 e 65 – del saggio CAPITALISMO NATURALE di Paul Hawken, Amory Lovins e L. Hunter Lovins – Edizioni Ambiente – anno 2001)
Le lattine vengono sistemate su pallet, poi trasportate da un carrello elevatore e immagazzinate; poi partono per lo stabilimento di imbottigliamento, dove vengono nuovamente lavate, poi riempite con la bevanda fatta di acqua, sciroppo aromatizzato, fosfato, caffeina e anidride carbonica. Lo zucchero proviene dalle coltivazioni di barbabietola della Francia, ed è anch’esso sottoposto a trasferimenti e a varie fasi di lavorazione. Il fosforo viene dall’Idaho, dove si estrae da profondi pozzi aperti, con un procedimento che porta in superficie anche cadmio e torio radioattivo. In una giornata la compagnia mineraria consuma la stessa quantità di elettricità di una città di 100.000 abitanti, per portare il fosforo al livello qualitativo adatto agli usi alimentari. La caffeina viene trasferita dallo stabilimento chimico di fabbricazione agli stabilimenti inglesi che producono lo sciroppo. Le lattine piene vengono sigillate con lamine di alluminio al ritmo di 1.500 al minuto, confezionate in cartoni stampati con gli stessi colori e decorazioni. Il cartone dei contenitori è fatto con polpa di legno fornita dagli alberi di un bosco svedese o siberiano, o dalle foreste vergini della Columbia Britannica, abitate da orsi, lontre e aquile. Dopo essere state risistemate sui pallet, le lattine partono verso i distributori locali e dopo breve tempo verso i supermercati dove solitamente una lattina viene acquistata nel giro di tre giorni. Il consumatore compera i suoi 33 centilitri di acqua zuccherata, colorata con il fosfato, infusa con la caffeina e aromatizzata con il caramello.
Berla richiede pochi minuti, gettar via la lattina giusto un secondo. In Inghilterra i consumatori buttano l’84 % delle lattine, il che significa che il tasso di eliminazione dell’alluminio, calcolati gli scarti di produzione, è dell’88%.
James Womack
(citato – a pag. 64 e 65 – del saggio CAPITALISMO NATURALE di Paul Hawken, Amory Lovins e L. Hunter Lovins – Edizioni Ambiente – anno 2001)