Brasile – La guerra legale

Trenta milioni e mezzo di fumatori, di cui il 10% tra i 15 e i 19 anni. Ottantamila morti all’anno. Ma il gigante sudamericano reagisce alla propaganda delle sigarette con nuove regole.
E’ passato del tempo, ma il governo brasiliano ha finalmente dichiarato guerra al fenomeno che uccide cinque volte di più di quanto abbia fatto la guerra del Vietnam e da molti anni arricchisce l’industria del fumo nel paese. Nella battaglia tra le autorità sanitarie e i fabbricanti di sigarette, fino a oggi gli imprenditori hanno avuto la meglio. Dei 158 milioni di persone che abitano le diverse regioni del Brasile 30,6 sono fumatori, secondo una recente indagine del Ministero della sanità e dell’Istituto di ricerca sul cancro. Questo numero rappresenta il 20% della popolazione brasiliana, equivale a quasi tutto il popolo argentino ed è il doppio di quello cileno. Risultato: 80 mila morti all’anno, otto ogni ora.
Sugli schermi televisivi, nelle trasmissioni radiofoniche, sulle pagine delle riviste o sui cartelloni affissi per le strade è il fumo che appare in netto vantaggio. Rimane un simbolo della riuscita nello sport e del successo nella vita. Giovani e adolescenti, sensibili a questo tipo di richiamo, rappresentano il pubblico più indifeso. Inchieste ufficiali dicono che il 90% dei fumatori comincia a far uso di sigarette tra i 15 e i 19 anni. Il numero dei giovani dipendenti, in Brasile, supera oggi i 2 milioni e 400 mila. Una quota che rappresenta quasi il 10% dei clienti del settore fumo.

Allarme tabacco
La campagna di allarme contro i mali provocati dal tabagismo è cominciata otto anni fa, quando i produttori furono obbligati dalla legge a informare sugli effetti del fumo, con alcune frasi del Ministero della sanità nelle loro pubblicità e sui pacchetti di sigarette. “Il Ministero della sanità avverte: evitate di fumare in presenza di bambini” era una tra le più comuni.
I produttori di sigarette, intanto, continuavano a vendere. E molto. A contrastare la timida politica contro il fumo, le industrie manufatturiere del tabacco rispondevano infatti con aggressività. Ci fu un aumento significativo non solo delle pubblicità, ma anche del numero di contratti per patrocinare eventi sportivi e culturali. Il pubblico più vulnerabile, ancora una volta, era costituito da giovani e adolescenti.
Benchè le filiali brasiliane delle multinazionali del tabacco affermassero il contrario, molti piani segreti di marketing messi in opera nel paese, scoperti per casi giudiziari, mostrano che l’industria aveva come obiettivo la popolazione giovane. Documenti interni della R.J. Reynolds, resi pubblici nel gennaio 1998, rivelano che l’industria voleva invertire la caduta di consumo puntando sui ragazzi tra i 14 e i 24 anni.
Le indagini condotte con minori di 17 anni mostrano un conflitto tra la pubblicità aggressiva dei fabbricanti e quella per la lotta al tabagismo. “In verità, quando vedo una nuova pubblicità che parla di una sigaretta a basso tenore di nicotina e catrame, cerco di cambiare marca per sentirmi meno male”, ammette lo studente di diritto Marcelo Oliveira.
E’ proprio questo che i medici brasiliani vogliono evitare e contrattaccano con più dati. Il Brasile, che ha uno dei maggiori tassi di consumo di tabacco al mondo, ne soffre pesanti conseguenze. Il tabagismo è diventato un serio problema di salute pubblica, che provoca migliaia di casi di malattie e morti, ed è uno dei fattori che più contribuiscono ad aumentare le spese del sistema sanitario pubblico.

L’impatto economico
Uno degli argomenti più utilizzati contro la proibizione della pubblicità contro le sigarette, l’impatto economico negativo che questo causerebbe, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove il consumo è maggiore. Le aziende sostengono che con la diminuzione della produzione ci sarebbe un aumento della disoccupazione e gli stessi governi sarebbero toccati da una riduzione del gettito di imposte. D’altro canto, uno studio, questa volta realizzato nella città di York, in Inghilterra, smentisce la tesi. L’inchiesta ha mostrato che una politica rigorosa di controllo del tabagismo favorisce un aumento dell’impiego. La ragione è che chi smette di fumare inizia a consumare altri beni, spendendo i propri soldi in diversi prodotti o servizi.
La spesa delle organizzazioni pubbliche di sanità nella maggioranza dei paesi dell’America Latina, secondo il Ministero della sanità brasiliano, è stata maggiore degli incassi ottenuti con le tasse sulla vendita delle sigarette.

Lo scontro ufficiale
Nel novembre scorso, dopo un anno di discussione, i senatori brasiliani hanno approvato un progetto di legge che restringe l’uso e la propaganda delle sigarette e degli altri derivati del tabacco. Con l’approvazione finale del progetto(che deve arrivare alla Camera dei deputati) sarà proibita la pubblicità con mezzi elettronici, inclusi televisione e Internet. Quest’ultimo non potrà essere usato per la vendita. La propaganda sarà permessa solo attraverso cartelloni all’interno degli esercizi commerciali. La proposta vieta il fumo sugli aerei e sugli altri mezzi di trasporto pubblico.
L’autore del progetto, il ministro della sanità Josè Serra, orgoglioso della vittoria ricorda: “la restrizione della pubblicità delle sigarette ha portato a una riduzione nella vendita del prodotto del 20% in Norvegia, 37% in Finlandia, 21% in Nuova Zelanda e 14% in Francia”. Secondo il ministro, l’80% dei fumatori vorrebbe smettere, ma solo il 3% ci riesce; ecco perchè considera essenziale colpire la propaganda del prodotto “per diminuire il consumo, ma principalmente per evitare nuovi fumatori”.
Dopo la decisione favorevole al Senato, il 21 novembre scorso, il progetto di legge è dovuto ritornare alla Camera, perchè passato con diversi emendamenti che non comparivano nel disegno originale, già approvato dai deputati. In questi passaggi si è prorogato il termine dei contratti per la sponsorizzazione di eventi sportivi e culturali, fissandolo al 2003.
Una volta arrivata la seconda ratificazione della Camera – cosa ormai certa – la legge verrà firmata dal presidente della repubblica ed entrerà in vigore. Per l’imprenditore Josè Costa Meirelles, fumatore da 22 anni, “se ci fosse stata proibizione all’epoca in cui avevo 14 anni, forse non avrei cominciato a fumare. Ho provato a smettere innumerevoli volte, senza successo”. Secondo la pubblicitaria Luciana Rodriguez, ex fumatrice da 11 anni, se anche la pubblicità non venisse proibita, l’industria potrebbe risultare comunque penalizzata, “dovendo investire lo stesso denaro che usa in propaganda per risarcire le vittime delle sigarette che, come me, hanno contratto seri problemi di salute”.
Il ministro Serra conferma che l’Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria prenderà misure per ridurre la quantità di catrame e nicotina in tutte le sigarette brasiliane. Per quelle che entrano irregolarmente nel paese, annuncia che saranno creati meccanismi di controllo e punizione. “Chi si opporrà a queste misure violerà la legge” avverte Josè Serra.

Dalla rivista VOLONTARI PER LO SVILUPPO

Marzo 2001
http://www.arpnet.it/volosvi/